Dettaglio Legge Regionale

Disposizioni modificative della legge regionale 11 dicembre 2009, n. 30 (Intervento regionale straordinario volto a rilanciare il settore edilizio, a promuovere le tecniche di bioedilizia e l’utilizzo di fonti di energia alternative e rinnovabili, nonché a sostenere l’edilizia sociale da destinare alle categorie svantaggiate e l’edilizia scolastica). (14-4-2015)
Molise
Legge n.7 del 14-4-2015
n.9 del 16-4-2015
Politiche infrastrutturali
11-6-2015 / Impugnata
La legge della Regione Molise n. 7 del 2015 presenta profili di illegittimità costituzionale con riferimento ad alcune disposizioni (art. 2, comma 1, lettere g) ed i); art. 4, comma 1, lettera g); art. 18, comma 2) che, nel dettare deroghe generalizzate al rispetto delle distanze previste dal d.m. n. 1444/1968, invadono la potestà legislativa esclusiva statale nella materia “ordinamento civile” (e quindi violano l’art. 117, comma 2, lett. l), e contrastano con i principi fondamentali dettati dallo Stato nella materia “governo del territorio” (e quindi violano l’art. 117, comma 3, Costituzione). Ulteriori profili di incostituzionalità sono rilevati con riferimento all’articolo 17, che inserisce dopo l'articolo 14-bis della legge regionale n. 30/2009 l’articolo 14-ter (“Interventi per favorire il rilancio del settore edilizio nelle località a forte attrazione turistica). Per i motivi d’appresso specificati, detta disposizione si pone in contrasto con le norme in materia di pianificazione paesaggistica contenute nel d.lgs. n. 42/2004, e pertanto viola l’articolo 117, comma 2, lettera s) della Costituzione.

Le norme censurate, in particolare, prevedono:

- all’articolo 2, comma 1, lettera g) (che sostituisce l’art. 2, comma 5, della l.r. n. 30/2009), una deroga al rispetto delle distanze previste dall’articolo 9 del d.m. n. 1444/1968 per gli ampliamenti in sopraelevazione degli edifici esistenti;

- all’articolo 2, comma 1, lettera i) (che sostituisce l’art. 2, comma 8, della L.R. n. 30/2009), la deroga agli strumenti urbanistici vigenti rispetto “all’altezza massima e alle distanze dai confini e dai fabbricati, fermo restando quanto stabilito dal codice civile”, dunque senza richiamare il rispetto delle norme in materia di distanze contenute nel d.m. 1444/1968;

- all’articolo 4, comma 1, lett. g) (che modifica l’articolo 3, comma 7, primo e secondo periodo della L.R. n. 30/2009), che gli interventi di demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma, nonché sulla medesima area di sedime, non configurano la fattispecie di nuova costruzione al fine del calcolo delle distanze tra edifici, anche di quelle previste dall'articolo 9 del D.M. n. 1444/1968; analoga previsione è dettata le aree prospicienti le strade pubbliche, anche in caso di demolizione e ricostruzione e/o sopraelevazione.

- all’articolo 18, comma 2, l’applicabilità delle disposizioni in esame anche ai procedimenti avviati prima dell’entrata in vigore della legge in esame, per i quali non sono ancora stati versati gli oneri concessori. Tale norma può consentire di legittimare ex post interventi illecitamente realizzati nella vigenza della precedente legge regionale in deroga alle distanze minime stabilite dall’articolo 9 del D.M. n. 1444/1968. In questo modo, sarebbero travalicati i limiti indicati dalla Corte Costituzionale in materia di condono edilizio (sentenze nn. 225/2012 e 290/2009).

Le suddette previsioni contrastano con l’articolo 2-bis del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 che attribuisce alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano la facoltà di prevedere, con proprie leggi e regolamenti, disposizioni derogatorie al D.M. n. 1444/1968 “nell’ambito della definizione o revisione di strumenti urbanistici comunque funzionali a un assetto complessivo e unitario o di specifiche aree territoriali”.
Tale previsione, che recepisce consolidata giurisprudenza costituzionale, va intesa nel senso che, ferma restando la competenza legislativa statale esclusiva sulla disciplina delle distanze minime tra costruzioni, ascrivibile alla materia dell’ordinamento civile (sentenze n. 6 del 2013, n. 114 del 2012, n. 232 del 2005; ordinanza n. 173 del 2011), alle Regioni è consentito fissare limiti in deroga alle distanze minime stabilite nella normativa statale, ma unicamente a condizione che tale deroga sia giustificata dall’esigenza di soddisfare interessi pubblici legati al governo del territorio. la legislazione regionale che interviene sulle distanze, interferendo con l’ordinamento civile, è quindi legittima solo in quanto persegue chiaramente finalità di carattere urbanistico, demandando l’operatività dei suoi precetti a «strumenti urbanistici funzionali ad un assetto complessivo ed unitario di determinate zone del territorio» (sentenza n. 232 del 2005). Ciò è stato ribadito, da ultimo, nella recente pronuncia della Corte Costituzionale n. 134 del 2014.
Nel caso di specie, non ricorre quella finalizzazione urbanistica dell’intervento regionale, intesa alla costruzione di un assetto complessivo ed unitario di determinate zone del territorio, che costituisce l’estrinsecazione della relativa competenza legislativa regionale. Infatti, che le deroghe alle distanze previste dalla normativa in esame operano in deroga agli strumenti urbanistici e che, in base al comma 11-bis dell’articolo 2 della L.R. n. 30/2009, nonché secondo quanto previsto al comma 7-bis dell’articolo 3 della stessa legge (non modificati dalla L.R. in esame), l’applicabilità delle norme di cui al comma 8 dell’articolo 2 e al comma 7 dell’articolo 3 della L.R. n. 30/2009, fatta eccezione per i centri storici, non può essere oggetto di esclusione da parte dei Comuni (comma 3, articolo 11 della medesima L.R. n. 30/2009).
Pertanto, le disposizioni censurate devono essere ritenute invasive della competenza statale in materia di “ordinamento civile” e dei principi fondamentali della legislazione statale in materia di “governo del territorio” e devono essere impugnate ai sensi dell’art. 127 della Costituzione.

Con riferimento all’articolo 17, la disposizione censurata prevede che entro il 31 maggio 2016, la Giunta regionale adotta i Piani Paesistici Esecutivi di ambito (PPE) di cui all'articolo 11 della legge regionale 1 dicembre 1989, n. 24. Nelle more, fermo restando l'obbligo di richiedere l'autorizzazione di cui all'articolo 146 del decreto legislativo22 gennaio 2004, n. 42, consente, nelle zone sottoposte a vincolo paesistico, la realizzazione di interventi edilizi a valore strategico finalizzati alla ripresa del turismo e ad incrementare la competitività del sistema di offerta nelle aree a forte attrazione turistico-ricettiva.

Nel rinviare all’adozione dei “Piani Paesistici Esecutivi di ambito (PPE)” che, essendo regolati da una normativa risalente al 1989, non tengono conto delle novità in materia di pianificazione paesaggistica introdotte dalla normativa statale con il d.lgs. n. 42/2004 e, in particolare, non contemplano il necessario coinvolgimento degli organi ministeriali competenti nella formazione dei piani paesaggistici e nell’adeguamento degli altri strumenti urbanistici alle disposizioni ivi contenute come previsto dagli articoli 135 e 143 del suddetto d.lgs. n. 42/2004, la disposizione impugnata viola l’art. 117, comma 2, lettera s), della Costituzione.

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