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Disposizioni in materia di acque e di autorizzazione provvisoria degli scarichi relativi ad impianti di depurazione delle acque reflue urbane in attuazione dell’art. 124, comma 6, del decreto legislativo 152/2006 e modifica alla L.R. 5/2015. (3-11-2015)
Abruzzo
Legge n.36 del 3-11-2015
n.121 del 6-11-2015
Politiche infrastrutturali
23-12-2015 /
Impugnata
La legge della Regione Abruzzo n. 36/2015 presenta profili di illegittimità costituzionale in relazione al l’articolo 1, comma 2, lettera b). In particolare, la disposizione contrasta, per i motivi di seguito specificati, con le disposizioni in materia di tutela della concorrenza contenute all’art. 37 del d.l. 83/2012 e quindi viola l’art. 117, comma 2, lettera e) della Costituzione.
La disposizione regionale censurata definisca la “potenza elettrica efficiente” come “la massima potenza elettrica con riferimento alla potenza attiva comunque realizzabile dall’impianto durante un intervallo di tempo di funzionamento pari a 4 ore supponendo le parti dell’impianto in funzione di piena efficienza e nelle condizioni ottimali di portata e salto”. Sulla base di questa nozione si calcola l’entità del canone idroelettrico (valore unitario euro 35), e si introduce la sanzione pecuniaria nel caso in cui il concessionario non comunichi all’autorità regionale competente il dato relativo a detta potenza.
Occorre premettere che il parametro di “potenza efficiente” era già previsto, ma non in questi termini, dall’art. 16 della legge regionale 10 gennaio 2012, n. 1. Avverso tale articolo, che modificava la l.r. n. 25/2011 prevedendo l’aumento da 27,50 a 35 euro del valore unitario del canone e stabiliva come parametro di riferimento non più la potenza normale concessa o riconosciuta, ma la potenza efficiente “riportata nei rapporti annuali dell’anno precedente, dal GSE” (parte oggi soppressa dall’articolo 1, comma 2, lettera a), è stata sollevata questione di legittimità costituzionale. La Corte Costituzionale, con sentenza n. 85/2014, ha dichiarato la questione in parte non fondata (in particolare, per quanto concernente le censure sollevate con riferimento agli ambiti competenziali inerenti alla materia “tutela dell’ambiente” e ai principi fondamentali in materia di produzione, distribuzione e trasporto dell’energia), in parte inammissibile (in particolare, con riferimento alle censure formulate in relazione al parametro “tutela della concorrenza” e alla violazione dei principi fondamentali in materia di produzione dell’energia elettrica, la Corte osservava che “le censure sono evidentemente inammissibili, in quanto non risulta in alcun modo specificato nel riscorso, come il riferimento alla potenza efficiente influisca sui costi e quale fosse il “verso economico” di tale effetto”).
Alla luce della nuova definizione di “potenza efficiente” contenuta nella disposizione censurata, è possibile ora fornire gli elementi atti a dimostrare come la norma abbia l’effetto di alterare le condizioni concorrenziali sul territorio nazionale, discriminando gli operatori idroelettrici insediati in Abruzzo e quindi violando l’articolo 117, comma 2, lettera e) della Costituzione.
Al riguardo, occorre premettere che l’esigenza di tutela della concorrenza in materia di determinazione dei canoni idroelettrici è stata affermata dal legislatore nazionale con l’art. 37 del d.l. n. 83/2012 che, come affermato dalla Corte Costituzionale nella pronuncia n. 28/2014, mira ad agevolare l’accesso degli operatori economici al mercato dell’energia secondo condizioni uniformi sul territorio nazionale. Il suddetto articolo 37, proprio al fine di assicurare un’omogenea disciplina sul territorio nazionale dell’attività di generazione idroelettrica e parità di trattamento tra gli operatori, prevede, al comma 7, che con decreto del Ministro per lo sviluppo economico, sentita la Conferenza Stato-Regioni, siano stabiliti i criteri generali per la determinazione da parte delle regioni, di valori massimi delle concessioni ad uso idroelettrico. Tale norma, dunque, demanda alla legislazione regionale di dettagli la fissazione dei canoni di concessione, all’interno di valori massimi stabiliti dallo Stato. Al momento dell’entrata in vigore della disposizione impugnata, sono ancora in corso i lavori per l’elaborazione di detto decreto ministeriale.
Venendo al merito della questione, si rileva che tutte le Regioni adottano canoni parametrati alla potenza nominale media di concessione, con valori oscillanti tra i 13 e i 37 euro/kw (segnatamente: Veneto 29,68 euro/kw; Sardegna, 14,35 euro/kw; Lombardia 31,09 euro/kw; Basilicata 13,85 euro/kw; Campania 13,89 euro/kw; Campania 13,89 euro/kw; Calabria 14,05 euro/kw; Molise 37, 91 euro/kw; Sicilia 14,46 euro/kw; Toscana 15,26 euro/kw; Emilia Romagna 14,3 euro/kw; Piemonte 28,24 euro/kw). La definizione di potenza efficiente contenuta nella disposizione censurata prevede invece una diversa grandezza di riferimento a cui applicare il canone.
In particolare, mentre la potenza nominale media di concessione rappresenta il valore medio annuo della risorsa sfruttabile durante l’anno, la definizione di “potenza efficiente” introdotta dalla regione Abruzzo identifica i dati di targa del macchinario installato e può discostarsi di molto dal valore della potenza nominale di concessione. Ciò vale specialmente per gli impianti dotati di lago o bacino di accumulo dell’acqua, che utilizzano grandi quantità d’acqua in periodi limitati dell’anno e che hanno, dunque, necessità di macchinari con una potenza efficiente molto maggiore di quella media annua di concessione. Ad esempio: un impianto a bacino di grandi dimensioni con potenza media di concessione pari a 50 MW, avrà tipicamente una potenza efficiente – secondo la definizione introdotta dalla disposizione censurata – di circa 150 MW (potenza efficiente pari a 3 volte circa quella di concessione).
L’incidenza economica della disposizione sulle imprese ubicate in Abruzzo è conseguente: fermo restando il parametro di euro 36 per kW, l’applicazione dello stesso a una grandezza sino a 3 volte maggiore (di quella media di concessione) comporta che l’importo dei canoni possa arrivare ad essere triplicato.
Per apprezzare come a tale aumento del canone, introdotto in via diretta dalla legge regionale in esame, consegua una sperequazione fra le imprese ubicate in Abruzzo e quelle ubicate in altre Regioni, è necessario considerare il prezzo di vendita del bene prodotto, cioè dell’energia elettrica. Restando all’esempio del grande impianto di bacino, il canone, calcolato in base alla legge in esame, può arrivare a pesare sino a 21 euro per ogni MWh prodotto, mentre sarebbe di 7 euro per MWh, se calcolato sulla base della potenza media di concessione. Tale grandezza va confrontata con l’attuale prezzo di mercato dell’energia elettrica per impianti a bacino, che può oscillare tra 50-90 euro per MWh. Ne consegue, come dimostra la tabella allegata, che gli importi del canone possono arrivare ad essere pari a un terzo del prezzo di vendita dell’energia.
Si può concludere, quindi, che la disposizione incide fortemente sulla capacità di operare in pari condizioni sul mercato unico dell’energia elettrica, perché le imprese operanti in Abruzzo, gravate di un canone pari a 21 euro per MWh, andrebbero a competere con analoghi impianti che avendo, invece, un canone molto più basso (oscillante tra i 4 e i 7 MWh) sono in grado di offrire sul mercato dell’energia prezzi più bassi di quelli degli impianti abruzzesi.
Per le ragioni esposte, l’articolo 1, comma 2, lettera b) contrasta con i principi in materia di tutela della concorrenza contenuti all’art. 37, comma 7, del d.l. 83/2012 e conseguentemente viola l’articolo 117, comma 2, lettera e) della Costituzione.
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