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Prime disposizioni per la semplificazione e la crescita relative allo sviluppo
economico, alla formazione e lavoro, al trasporto pubblico locale, alla materia ordinamentale, alla cultura, spettacolo, turismo, sanità, programmi regionali di intervento strategico (P.R.I.S.), edilizia, protezione della fauna omeoterma e prelievo venatorio (Collegato alla legge di stabilità 2016). (30-12-2015)
Liguria
Legge n.29 del 30-12-2015
n.23 del 31-12-2015
Politiche economiche e finanziarie
26-2-2016 /
Impugnata
La legge regionale, che detta disposizioni per la semplificazione e la crescita relative allo sviluppo economico, alla formazione e lavoro, al trasporto pubblico locale, alla materia ordinamentale, alla cultura, spettacolo, turismo, sanità, programmi regionali di intervento strategico (P.R.I.S.), edilizia, protezione della fauna omeoterma e prelievo venatorio (Collegato alla legge di stabilità 2016)”, presenta aspetti di illegittimità costituzionale relativamente alle disposizioni in materia protezione della fauna omeoterma e prelievo venatorio di seguito indicate, che risultano in contrasto con la normativa vigente in materia di protezione della fauna selvatica e di prelievo venatorio recata dalla legge quadro 11 febbraio 1992, n. 157, concernente «Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio». La Corte Costituzionale ha ritenuto che la disciplina dettata da detta legge contiene, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lett. s) della Costituzione, il nucleo minimo di salvaguardia della fauna selvatica e il cui rispetto deve essere assicurato sull’intero territorio nazionale (Corte Cost. 233/2010).
In particolare :
1) L’ articolo 88, comma 1, aggiunge il nuovo comma 8-bis all’articolo 16 della legge regionale 29/1994, fissando, dunque, con legge regionale, anziché con provvedimento amministrativo, il periodo di addestramento dei cani da caccia, dal 15 agosto alla seconda domenica di settembre .
Ai fini della pianificazione generale del territorio agro-silvo-pastorale le province, ai sensi dell’articolo 10, comma 7, della legge n. 157/1992 predispongono, articolandoli per comprensori omogenei, piani faunistico-venatori. Detti piani, ai sensi del successivo comma 8, comprendono, tra le altre, anche:
[omissis]
«e) le zone e i periodi per l'addestramento, l'allenamento e le gare di cani anche su fauna selvatica naturale o con l'abbattimento di fauna di allevamento appartenente a specie cacciabili, la cui gestione può essere affidata ad associazioni venatorie e cinofile ovvero ad imprenditori agricoli singoli o associati».
Occorre preliminarmente svolgere alcune considerazioni in ordine alla citata attività di addestramento. Al riguardo, la Corte Costituzionale, nelle sentenze n. 578/1990, n. 350/1991, n. 339/2003, sul presupposto che l'addestramento dei cani, in quanto attività strumentale all’esercizio dell’attività venatoria, sia riconducibile alla materia «caccia», ritiene tale addestramento soggetto ai divieti previsti dalla normativa quadro statale, costituita dalla legge 11 febbraio 1992 n. 157 (sul punto anche Consiglio di Stato, sezione sesta, n. 717/2002; TAR Campania, Napoli, prima sezione, n. 4639/2001; TAR Liguria, seconda sezione, n. 368/2004).
A tal proposito, l’ISPRA, con il parere del 22 agosto 2012 rilasciato alla Regione Veneto, ha evidenziato che «l’allenamento e l’addestramento dei cani da caccia, indipendentemente dalla loro età, durante il periodo riproduttivo di uccelli e mammiferi selvatici determina un evidente e indesiderabile fattore di disturbo, in grado di determinare in maniera diretta o indiretta una mortalità aggiuntiva per le popolazioni faunistiche interessate. Questa attività andrebbe consentita solo nel periodo che precede l’apertura della caccia in forma vagante, in ogni caso mai prima dei primi di settembre ed escludendo quindi i mesi che vanno da febbraio a agosto».
Pertanto, l'attività di addestramento dei cani da caccia comporta un rischio per la fauna selvatica, assimilabile a quello dell’attività venatoria e, dunque, deve rispettare gli standard minimi e uniformi di tutela della fauna in tutto il territorio nazionale e le relative garanzie procedimentali, poste dalla legge statale ai sensi dell’articolo 117, comma 2, lett. s), Cost.
La norma regionale in esame fissa il periodo di addestramento e allevamento cani con legge regionale anziché con provvedimento amministrativo, ponendosi in palese contrasto con quanto previsto dall’articolo 10, comma 8, della legge 157/1992.
La Corte Costituzionale ha stabilito, in più occasioni, l’illegittimità costituzionale dell’approvazione del calendario venatorio con legge anziché con atto amministrativo, esplicitando la natura tecnica del provvedere. Più precisamente, appare evidente che il legislatore statale, prescrivendo la pubblicazione del calendario venatorio e contestualmente del “regolamento” sull’attività venatoria e imponendo l’acquisizione obbligatoria del parere dell’ISPRA, e dunque esplicitando la natura tecnica del provvedere, abbia inteso realizzare un procedimento amministrativo, al termine del quale la Regione è tenuta a provvedere nella forma che naturalmente ne consegue, con divieto di impiegare, invece, la legge-provvedimento (sentenza n. 20 del 2012).
Vi è di più, l’approvazione del calendario venatorio con regolamento, «esprime una scelta compiuta dal legislatore statale che attiene alle modalità di protezione della fauna e si ricollega, per tale ragione, alla competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema» (sentenza n. 105 del 2012). Analogamente, nel caso in esame, il legislatore ligure, nella disposizione de qua, ha illegittimamente attratto a sé la competenza provvedimentale e si è spinto ad irrigidire nella forma della legge il periodo per l’addestramento e l’allevamento cani, indebolendo quel “regime di flessibilità” che solo attraverso l’atto amministrativo consente di assicurare. «Ove si tratti di proteggere la fauna, un tale assetto è infatti il solo idoneo a prevenire i danni che potrebbero conseguire a un repentino ed imprevedibile mutamento delle circostanze di fatto (…). È chiaro che quando, come nel caso in questione, vi è ragionevole motivo di supporre che l’attività amministrativa non si esaurisca in un unico atto, ma possa e debba tornare a svilupparsi con necessaria celerità per esigenze sopravvenute, le forme e i tempi del procedimento legislativo possono costituire un aggravio, persino tale in casi estremi da vanificare gli obiettivi di pronta regolazione dei casi di urgenza» (Corte Cost. 20/2012, considerato in diritto 5.2). E’ in questo quadro che va collocata la disciplina di allenamento e addestramento dei cani da caccia, in quanto rientrante nel concetto di attività venatoria: anch’essa, dunque, si deve ritenere soggetta alla pianificazione con le medesima modalità procedimentali e con le connesse garanzie sostanziali (Corte Cost. 193/2013).
La norma , pertanto, disciplinando l’allenamento e addestramento dei cani da caccia con legge regionale, e quindi al di fuori della pianificazione faunistico-venatoria prevista dall’art. 10 della legge n. 157 del 1992, e senza le relative garanzie procedimentali imposte dalla stessa legge (art. 18), determina una violazione degli standard minimi e uniformi di tutela della fauna fissati dal legislatore statale nell’esercizio della sua competenza esclusiva in materia, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.
La medesima disposizione regionale, fissando l’inizio del periodo per l’addestramento e allevamento dei cani da caccia al giorno 15 agosto, presenta inoltre un ulteriore aspetto di illegittimità, sempre in relazione all’articolo 117, secondo comma lettera s) della Costituzione , ponendosi in contrasto con quanto previsto dalla legge n. 157/1992.
L’attività di allenamento e addestramento dei cani da caccia provoca un evidente e grave fattore di disturbo durante il periodo riproduttivo degli uccelli e dei mammiferi selvatici. A tal proposito la legge 157/1992 “Norme per la protezione della fauna omeoterma e per il prelievo venatorio” all’articolo 10, relativo all’obbligo per le regioni di predisporre i piani faunistico-venatori, finalizzati a garantire la conservazione delle specie mediante la riqualificazione delle risorse ambientali e la regolamentazione del prelievo venatorio, prevede, anche al fine di compenetrare le esigenze della cinofilia venatoria (comma 8, lettera e), che i citati piani indichino “le zone e i periodi per l’addestramento, l’allenamento e le gare di cani anche su fauna selvatica naturale...”.
L’ISPRA ai sensi dell’articolo 7 della legge 157/1992 è l’organismo che ha il compito di censire il patrimonio ambientale costituito dalla fauna selvatica, di studiarne lo stato, l'evoluzione ed i rapporti con le altre componenti ambientali, nonché di controllare e valutare gli interventi faunistici operati dalle regioni e dalle province autonome, formulando i pareri tecnico-scientifici richiesti dallo Stato, dalle regioni e dalle province autonome. Detto Istituto , nei pareri rilasciati alle Regioni ai fini della stesura dei calendari venatori, indica il mese di settembre come periodo iniziale dell’addestramento dei cani da caccia.
Poiché, come affermato dalla Corte Costituzionale e sopra ricordato, l’attività di addestramento cani è assimilabile in tutto e per tutto alla materia della caccia, essa può essere consentita senza limiti di tempo, solo nelle zone di addestramento all’uopo istituite dalle Amministrazioni ai sensi del citato articolo 10, comma 8, lett. e) della legge n. 157/92.
Pertanto, la norma regionale de qua nel fissare il periodo di addestramento e allenamento dei cani da caccia dal 15 agosto e quindi anche in periodi di caccia chiusa, si pone in contrasto con l’articolo 7 in combinato disposto con l’articolo 10 della legge regionale 157/1992, la quale, dettando disposizioni per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio, stabilisce standard minimi e uniformi di tutela della fauna in tutto il territorio nazionale.
2) La norma contenuta nell’articolo 89, comma 1, modifica l’articolo 18 della legge regionale Liguria 1 luglio 1994, n. 29 (rubricata “Norme regionali per la protezione della fauna omeoterma e per il prelievo venatorio”), aggiungendovi il comma 1-bis.
La nuova disposizione consente al cacciatore che abbia optato per la forma di caccia in via esclusiva “da appostamento fisso” di disporre di quindici giornate di caccia vagante nell’insieme delle altre forme, anche con l’uso del cane. La medesima disposizione consente, altresì, al cacciatore che abbia optato per la forma di caccia in via esclusiva “vagante in zona Alpi”, oppure per le altre forme rimanenti (ovvero diverse dall’appostamento fisso o vagante in zona Alpi) di esercitare anche quindici giornate di caccia da appostamento fisso in tutti gli ambiti territoriali e nei comprensori alpini della Regione.
L’articolo 12,comma 5 della legge 157/1992 prevede che «fatto salvo l'esercizio venatorio con l'arco o con il falco, l'esercizio venatorio stesso può essere praticato in via esclusiva in una delle seguenti forme: a) vagante in zona Alpi; b) da appostamento fisso; c) nell'insieme delle altre forme di attività venatoria consentite dalla presente legge e praticate nel rimanente territorio destinato all'attività venatoria programmata».
La richiamata norma nazionale non consente, pertanto, il “cumulo” delle diverse forme di esercizio venatorio come, invece, previsto dalla disposizione regionale.
Sul punto, la Corte Costituzionale ha affermato che « l’art. 12, comma 5, della legge n. 157 del 1992 ha introdotto il principio cosiddetto della caccia di specializzazione, in base al quale, fatta eccezione per l’esercizio venatorio con l’arco o con il falco, ciascun cacciatore può praticare la caccia in una sola delle tre forme ivi indicate («vagante in zona Alpi»; «da appostamento fisso»; «nelle altre forme» consentite dalla citata legge «e praticate sul restante territorio destinato all’attività venatoria programmata»). Il cacciatore è tenuto, dunque, a scegliere, nell’ambito di tale ventaglio di alternative, la modalità di esercizio dell’attività venatoria che gli è più consona, fermo restando che l’una forma esclude l’altra. Tale criterio di esclusività che vale a favorire il radicamento del cacciatore in un territorio e, al tempo stesso, a sollecitarne l’attenzione per l’equilibrio faunistico trova la sua ratio giustificativa nella constatazione che un esercizio indiscriminato dell’attività venatoria, da parte dei soggetti abilitati, su tutto il territorio agro-silvo-pastorale e in tutte le forme consentite rischierebbe di mettere in crisi la consistenza delle popolazioni della fauna selvatica». (Sentenza 116/2012 considerato in diritto punto 2.1 si veda inoltre la sentenza 278/2012).
Pertanto, la normativa regionale, nel prevedere l’esercizio cumulativo di diverse forme di caccia, deroga in peius alla normativa nazionale sopra citata, introducendo soglie di tutela minore rispetto alla normativa nazionale. L’articolo 12, comma 5– concorrendo alla definizione del nucleo minimo di salvaguardia della fauna selvatica – «stabilisce, in particolare, una soglia uniforme di protezione da osservare su tutto il territorio nazionale (con riguardo a previsioni di analoga ispirazione, sentenze n. 441 del 2006, n. 536 del 2002, n. 168 del 1999 e n. 323 del 1998): ponendo, con ciò, una regola che – per consolidata giurisprudenza di questa Corte – può essere modificata dalle Regioni, nell’esercizio della loro potestà legislativa residuale in materia di caccia, esclusivamente nella direzione dell’innalzamento del livello di tutela (soluzione che comporta logicamente il rispetto dello standard minimo fissato dalla legge statale: ex plurimis, sentenze n. 106 del 2011, n. 315 e n. 193 del 2010, n. 61 del 2009)» (Corte Cost. 116/2012 e 278/2012). Detta normativa nazionale si inquadra, dunque, nell’ambito materiale della tutela dell’ambiente e dell’ecosistema: tutela riservata alla potestà legislativa esclusiva statale dall’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.
Si deve, peraltro, evidenziare che ai sensi dell’articolo 31, comma 1, lett. a) della legge 157/1992, chiunque eserciti la caccia in una forma diversa da quella prescelta ai sensi dell'art. 12, comma 5, è punito con una sanzione amministrativa da euro 206 a euro 1.239. Il successivo articolo 32, comma 4, prevede, oltre alla sanzione amministrativa, la sospensione per un anno della licenza di porto di fucile per uso di caccia.
Alla luce di quanto esposto, la norma regionale in esame, nella parte in cui consente la pratica dell’esercizio venatorio in via non esclusiva, viola l’articolo 117, secondo comma, lett. s) Cost., in riferimento all’articolo 12, comma 5, della legge 157/1992.
3) la norma contenuta nell’articolo 92 sostituisce integralmente l’articolo 35 della legge regionale Liguria 1 luglio 1994, n. 29 (rubricata “Norme regionali per la protezione della fauna omeoterma e per il prelievo venatorio”).
Il nuovo articolo, tramite il comma 9 del menzionato articolo 35, disciplina l’attività di “recupero” (ovvero di abbattimento) degli ungulati feriti, stabilendo che: “Per il recupero dei capi feriti è consentito l'uso dei cani da traccia, purché abilitati da prove di lavoro organizzate dall'Ente Nazionale della Cinofilia Italiana (ENCI). I conduttori di cani da traccia devono essere in possesso di abilitazione rilasciata dalla Regione o dalle province previo corso di istruzione e superamento di una prova di esame. A tale scopo essi possono fare uso delle armi di cui all'articolo 13 della legge statale. Le operazioni, da svolgersi con l'uso di un solo cane, possono essere effettuate anche fuori degli orari previsti per la caccia e nelle giornate di silenzio venatorio su tutto il territorio previa comunicazione agli ambiti territoriali di caccia o comprensori alpini di competenza. Negli ambiti protetti e nelle aziende venatorie la ricerca del capo ferito viene compiuta con l'autorizzazione della Regione o del titolare dell'azienda venatoria. Le spoglie dell'animale recuperato sono di proprietà del cacciatore che lo ha ferito”.
La disposizione regionale, consente, dunque, l’abbattimento degli ungulati feriti utilizzando cani da traccia e armi da caccia, prevedendo, altresì, la possibilità di svolgere dette attività in maniera generalizzata «anche fuori degli orari previsti per la caccia e nelle giornate di silenzio venatorio su tutto il territorio previa comunicazione agli ambiti territoriali di caccia o comprensori alpini di competenza».
L’articolo 12, commi 2 e 3, della legge 157/1992 prevede che «2. costituisce esercizio venatorio ogni atto diretto all'abbattimento o alla cattura di fauna selvatica mediante l'impiego dei mezzi di cui all'art. 13.
3.E' considerato altresì esercizio venatorio il vagare o il soffermarsi con i mezzi destinati a tale scopo o in attitudine di ricerca della fauna selvatica o di attesa della medesima per abbatterla».
Pertanto, ai sensi della norma statale citata , il recupero dei capi feriti, attraverso cani da traccia o con l’uso della armi di cui all’articolo 13 della legge statale, è considerato esercizio venatorio ed è sottoposto ai medesimi divieti e garanzie procedurali, sottostando alle prescrizioni dei piani faunistico venatori e sulla base di piani di abbattimento selettivi.
L’articolo 21, comma 1, della medesima legge 157/1992 vieta:
«a) l'esercizio venatorio nei giardini, nei parchi pubblici e privati, nei parchi storici e archeologici e nei terreni adibiti ad attività sportive;
b) l'esercizio venatorio nei parchi nazionali, nei parchi naturali regionali e nelle riserve naturali conformemente alla legislazione nazionale in materia di parchi e riserve naturali. Nei parchi naturali regionali costituiti anteriormente alla data di entrata in vigore della legge 6 dicembre 1991, n. 394, le regioni adeguano la propria legislazione al disposto dell'art. 22, comma 6, della predetta legge entro il 31 gennaio 1997, provvedendo nel frattempo all'eventuale riperimetrazione dei parchi naturali regionali anche ai fini dell'applicazione dell'art. 32, comma 3, della legge medesima;
c) l'esercizio venatorio nelle oasi di protezione e nelle zone di ripopolamento e cattura, nei centri di riproduzione di fauna selvatica, nelle foreste demaniali ad eccezione di quelle che, secondo le disposizioni regionali, sentito il parere dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica, non presentino condizioni favorevoli alla riproduzione ed alla sosta della fauna selvatica;
(…)
g) il trasporto, all'interno dei centri abitati e delle altre zone ove è vietata l'attività venatoria, ovvero a bordo di veicoli di qualunque genere e comunque nei giorni non consentiti per l'esercizio venatorio dalla presente legge e dalle disposizioni regionali, di armi da sparo per uso venatorio che non siano scariche e in custodia».
Altresì, l’articolo 30, comma 1, lettere d) e f) prevede «d) l'arresto fino a sei mesi e l'ammenda da lire 900.000 a lire 3.000.000 (da euro 464 a euro 1.549) per chi esercita la caccia nei parchi nazionali, nei parchi naturali regionali, nelle riserve naturali, nelle oasi di protezione, nelle zone di ripopolamento e cattura, nei parchi e giardini urbani, nei terreni adibiti ad attività sportive;
f) l'arresto fino a tre mesi o l'ammenda fino a lire 1.000.000 (euro 516) per chi esercita la caccia nei giorni di silenzio venatorio».
Inoltre, l’articolo 31, comma 1, lett. e) sanziona, in via amministrativa (da euro 103 a euro 619) per chi esercita la caccia in zone di divieto non diversamente sanzionate.
Infine, il successivo articolo 31, comma 1, lett. g) prevede una sanzione amministrativa (da euro 103 a euro 619) per chi esercita l’attività venatoria al di fuori degli orari previsti.
Al tale proposito, la Corte Costituzionale, con sentenza n. 2/2015 ha affermato che «l’art. 21, comma 1, lettera g), della legge n. 157 del 1992, vieta il trasporto di armi per uso venatorio, che non siano scariche e in custodia, nei giorni durante i quali la caccia non è consentita, in particolare nei giorni di martedì e venerdì, «nei quali l’esercizio dell’attività venatoria è in ogni caso sospeso» (art. 18, comma 5, della legge n. 157 del 1992). Il divieto deve ritenersi espressivo della competenza esclusiva dello Stato a determinare standard di tutela della fauna, che non sono derogabili da parte della Regione neppure nell’esercizio della propria competenza legislativa in materia di caccia (ex plurimis, sentenze n. 278 del 2012, n. 151 del 2011 e n. 387 del 2008). È infatti evidente che la facoltà riconosciuta ai recuperatori di utilizzare l’arma durante i giorni della stagione di caccia riservati al cosiddetto silenzio venatorio, e comunque nei due giorni successivi alla chiusura della stagione stessa, si pone in contrasto con la disposizione dell’art. 21, comma 1, lettera g), della legge n. 157 del 1992 ed elude il divieto di cacciare in tali giorni, legittimando una condotta che per l’art. 12, comma 3, della stessa legge, costituisce esercizio venatorio».
Alla luce delle precedenti considerazioni, l’articolo 92, comma 1, della legge regionale Liguria 29/2015, che sostituisce l’articolo 35 della legge regionale 29/1994, nel consentire il recupero di ungulati feriti con armi da fuoco, anche nei giorni di silenzio venatorio, negli orari di divieto di caccia e all’interno di territori protetti, viola l’articolo 117, secondo comma, lett. s) Cost., in riferimento alle disposizioni nazionale sopra evidenziate.
4) l’articolo 93 sostituisce integralmente l’articolo 36 della legge regionale Liguria 1 luglio 1994, n. 29 (rubricata “Norme regionali per la protezione della fauna omeoterma e per il prelievo venatorio”).
Il nuovo articolo, al comma 2 del menzionato articolo 35, disciplina l’attuazione dei così detti piani di abbattimento, stabilendo che: “La Regione, per la migliore gestione del patrimonio zootecnico, per la tutela del suolo, per motivi sanitari, per la selezione biologica, per la tutela del patrimonio storico-artistico, per la tutela delle produzioni zooagro-forestali ed ittiche, provvede al controllo della fauna selvatica, esercitato selettivamente. A tal fine, oltre alle azioni di controllo esercitate con metodi ecologici, può autorizzare piani di abbattimento, da realizzarsi tenendo conto delle modalità indicate dall'ISPRA nei propri documenti, anche nel periodo di divieto venatorio, all'interno di ambiti protetti ai fini venatori ed in deroga alle disposizioni del calendario venatorio inerenti orari e periodi di caccia. Tali piani, alla cui attuazione sono preposti agenti od ausiliari di pubblica sicurezza, sono programmati di concerto con gli enti locali interessati, gli ambiti territoriali di caccia e comprensori alpini e sono realizzati avvalendosi dei seguenti soggetti:
a) cacciatori riuniti in squadre validamente costituite, nonché cacciatori in possesso della qualifica di coadiutore al controllo faunistico o di selecontrollore;
b) guardie volontarie di cui all'articolo 48, comma 2, munite di licenza per l'esercizio venatorio previo corso di formazione sull'organizzazione e gestione collettiva delle attività di controllo agli ungulati;
c) proprietari o conduttori dei fondi muniti di licenza per l'esercizio venatorio, previa autorizzazione regionale.”.
L’articolo 19, comma 2, primo periodo, della legge n. 157/1992 prevede che «le regioni, per la migliore gestione del patrimonio zootecnico, per la tutela del suolo, per motivi sanitari, per la selezione biologica, per la tutela del patrimonio storico-artistico, per la tutela delle produzioni zoo-agro-forestali ed ittiche, provvedono al controllo delle specie di fauna selvatica anche nelle zone vietate alla caccia. Tale controllo, esercitato selettivamente, viene praticato di norma mediante l'utilizzo di metodi ecologici su parere dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica. Qualora l'Istituto verifichi l'inefficacia dei predetti metodi, le regioni possono autorizzare piani di abbattimento.».
La norma regionale sopra riportata si pone in contrasto con la citata norma statale secondo cui il controllo della fauna selvatica, esercitato in maniera selettiva, venga praticato con l’utilizzo di metodi ecologici, previo parere dell’ISPRA, rilasciato caso per caso, e non semplicemente «tenuto conto delle modalità indicate dall’ISPRA nei suoi documenti». Solo successivamente, qualora l’ISPRA reputi che l’utilizzo dei suddetti metodi sia inefficace, è possibile da parte della Regione autorizzare i piani di abbattimento. Si tratta di una procedura di abbattimento è alternativa rispetto ai metodi ecologici e non concorrente come invece dispone la Regione «oltre alle azioni di controllo esercitate con metodi ecologici, può autorizzare piani di abbattimento» e non può prescindere dal necessario e preventivo parere dell’ISPRA.
La Corte Costituzionale ha affermato che le competenze attribuite all’ISPRA dall’art. 19, comma 2, della legge n. 157 del 1992, esprimono standard minimi ed uniformi di protezione ambientale, propri della sfera legislativa esclusiva dello Stato (sentenze n. 107/2014 e 278 del 2012).
Inoltre, lo stesso articolo 19, comma 2, ultimo periodo, della legge n. 157 del 1992, prevede che i piani di abbattimento debbano « essere attuati dalle guardie venatorie dipendenti dalle amministrazioni provinciali. Queste ultime potranno altresì avvalersi dei proprietari o conduttori dei fondi sui quali si attuano i piani medesimi, purché muniti di licenza per l'esercizio venatorio, nonché delle guardie forestali e delle guardie comunali munite di licenza per l'esercizio venatorio».
La norma statale, pertanto, prevede che i piani di abbattimento debbano essere attuati esclusivamente dai soggetti elencati , ovvero dalle guardie venatorie provinciali, dai proprietari e conduttori dei fondi e dalle guardie forestali e comunali.
In particolare, i cacciatori che non risultano proprietari dei terreni non possono mai coadiuvare nei piani di abbattimento i soggetti pubblici preposti.
La Corte Costituzionale ha già riconosciuto che «l’identificazione delle persone abilitate all’attività in questione compete esclusivamente alla legge dello Stato e che, al riguardo, l’art. 19 della legge n. 157 del 1992 contiene un elenco tassativo (sentenza n. 392 del 2005; ordinanza n. 44 del 2012)» (sentenza n. 107 del 2014).
Alla luce delle precedenti considerazioni, la norma regionale de qua ampliando la platea dei soggetti ai quali spetta attuare i piani abbattimento viola l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., in riferimento all’articolo 19, comma 2, legge 157/1992, in violazione del parametro di cui all’articolo 117, comma 2, lettera s), della Costituzione che attribuisce alla competenza legislativa esclusiva dello Stato la materia «tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali».
In tal senso, del resto, si è già orientata la Corte costituzionale con riferimento ad una legge con la quale la Regione Veneto aveva abilitato all’esecuzione dei piani di abbattimento non solo le persone indicate dall’art. 19, comma 2, della legge n. 157 del 1992, ma anche i cacciatori residenti negli ambiti territoriali di caccia.
Per questi motivi le norme sopra indicate devono essere impugnate ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione.
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