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Disposizioni finanziarie per la redazione del Bilancio pluriennale 2016-2018 della Regione Abruzzo (Legge di Stabilità Regionale 2016). (19-1-2016)
Abruzzo
Legge n.5 del 19-1-2016
n.11 del 22-1-2016
Politiche economiche e finanziarie
21-3-2016 /
Impugnata
Legge Regione Abruzzo n. 5 pubblicata sul B.U.R n. 11 del 22/01/2016 recante: “Disposizioni finanziarie per la redazione del Bilancio pluriennale 2016-2018 della Regione Abruzzo (Legge di Stabilità Regionale 2016)” presenta profili illegittimi in relazione l’articolo 11, comma 6, lettera b) in violazione l’articolo 117, comma 2, lettera e) della Costituzione.
E’ necessario premettere che la legge regionale Abruzzo n. 5 del 2016, nello specifico l’art. 11, comma 6, nel modificare la legge n. 36 del 2015, introduce una “nuova” definizione di potenza efficiente del tutto equivalente a quella contenuta nella legge da ultimo citata che è stata oggetto di precedente e autonoma impugnativa alla Corte costituzionale. Infatti, l’art. 11, comma 6, della legge in esame interviene nuovamente sul criterio per la determinazione dell'entità del canone già oggetto dell'art. 1, comma 2, lett. b) della legge n. 36 del 2015 che viene in questa quindi novellato. L'art. 1 coma 2, lett. b) della legge n. 36 del 2015, appena citato, aveva modificato la definizione di "potenza elettrica efficiente" sulla base della quale andava calcolata l'entità del canone idroelettrico e in base a tale normativa per potenza efficiente si intende la massima potenza elettrica con riferimento alla potenza attiva comunque realizzabile dall’impianto durante un intervallo di tempo di funzionamento pari a quattro ore supponendo le parti dell 'impianto in funzione in piena efficienza e nelle condizioni ottimali di portata e di salto (art. 1, comma 2, lett. b). Va premesso che detto parametro della "potenza efficiente" era già previsto con rinvio alla definizione del GSE (Gestione Servizi Energetici), dall'art 16 della legge regionale 10 gennaio 2012. n. 1 che ha superato il vaglio di costituzionalità avendo la Corte Costituzionale rilevato che non veniva dimostrato “come il riferimento alla potenza efficiente influisca sui costi e quale sia il “verso economico” di tale effetto” (sentenza n. 95 del 2014).
In particolare, detto articolo 16, aveva introdotto modifiche alla legge regionale n. 25 del 3 agosto 2011 (in materia di proventi relativi alle utenza pubbliche) prevedendo l'aumento da 27.50 € a 35.00 € del valore unitario del canone e, per quel che qui interessa, stabilendo come parametro di riferimento non più la potenza nominale concessa o riconosciuta, bensì la potenza efficiente riportata nei rapporti annuali dell’anno precedente dal GSE parte, questa, che veniva poi soppressa dall'art 1, comma 2, lett. a). della citala legge regionale n. 36/2015.
Come detto in premessa, poi, con ricorso del 12 gennaio 2016, il Governo ha impugnato il citato art. 1. comma 2, lett. b) della legge n. 36/2015.
Operata tale premessa, l’art. 11 comma 6, lett. b) della legge in oggetto, rinviando alla definizione ufficiale utilizzata dal GSE e dall’Autorità dell’Energia Elettrica e il Gas, ha solo apparentemente modificato la citata legge 36/2015 perpetuando la medesima illegittimità già riscontrata ed evidenziata con il ricorso avverso la legge n. 36 del 2015. Ed invero, la definizione che GSE e AEEG adottano dal 2014, ai sensi della delibera AEEG 179/2014/R/EFR, è la stessa presente nella legge regionale del 2015 “potenza efficiente o massima potenza elettrica di un impianto di produzione di (una sezione) è la massima potenza elettrica, con riferimento esclusivo alla massima potenza attiva che può essere prodotta con continuità durante un dato intervallo di tempo sufficientemente lungo di funzionamento (almeno quattro ore per gli impianti idroelettrici) supponendo tutte le parti dell’impianto in funzione in piena efficienza di portata e di salto nel caso degli impianti idroelettrici”.
Pertanto è di tutta evidenza che questa "nuova" definizione, del tutto equivalente a quella contenuta nella legge n. 36/2015, fondandosi sulla potenza di targa della macchina e non sulla potenza nominale media di concessione, comporta i medesimi negativi effetti discriminatori e anticoncorrenziali sugli operatori idroelettrici in Abruzzo.
Per arginare il tentativo della Regione Abruzzo di eludere la definizione del giudizio instaurate con il ricorso avverso la legge n. 36 atteso che l'ultimo intervento legislativo è solo apparentemente modificativo dei termini della questione che rimangono invece nella sostanza invariati, si richiama la sentenza della Corte Costituzionale n. 272 del 2009 che conferma il pregresso orientamento secondo cui «il principio di effettività della tutela costituzionale delle parti nei giudizi in via di azione non tollera che, attraverso l’uso distorto della potestà legislativa, uno dei contendenti possa introdurre una proposizione normativa di “contenuto” equivalente a quella impugnata e nel contempo sottrarla al già istaurato giudizio di legittimità costituzionale. Si impone pertanto, in simili casi, il trasferimento della questione alla norma che, sebbene portata da una atto legislativo diverso da quello di impugnazione, sopravvive nel suo immutato contenuto precettivo (sentenze nn. 168/2008 e 533/2002). ».
Tale orientamento è confermato dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 249 del 2014 relativa ad una legge della stessa Regione Abruzzo, nella quale si stabilisce inoltre che «Poiché nella specie, ricorrono (tali condizioni - avendo, come si è detto, la Regione sostituito testo originario con una variante avente analogo contenuto lesivo del precetto comunitario - le censure proposte in riferimento, all’ art. 38 della legge regione Abruzzo n. 55 del 2013 debbono ritenersi trasferite al nuovo lesto. con la conseguente pronuncia di legittimità costituzionale dell’art. 7 della legge della Regione Abruzzo n. 14 del 2014 per violazione dell’art. 117, primo comma Cost. ».
In conclusione si ribadisce, che la disposizione incide fortemente sulla capacità di operare in pari condizioni sul mercato unico dell’energia elettrica, perché le imprese operanti in Abruzzo, gravate di un canone maggiore andrebbero a competere con analoghi impianti che avendo, invece, un canone molto più basso sono in grado di offrire sul mercato dell’energia prezzi più bassi di quelli degli impianti abruzzesi. Per le ragioni esposte, l’articolo 11, comma 6 lettera b) contrasta con i principi in materia di tutela della concorrenza contenuti all’art. 37, comma 7, del d.l. 83/2012 e conseguentemente viola l’articolo 117, comma 2, lettera e) della Costituzione. Per i suesposti motivi, anche alla luce della giurisprudenza costituzionale richiamata, si ritiene che la legge esaminata debba essere impugnata per le disposizioni recate dall’articolo 11, comma 6, lett. b) ai sensi dell’art. 127, comma 1, della Costituzione.
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