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Disposizioni straordinarie per il rilascio delle autorizzazioni allo scarico di acque reflue urbane in corpi idrici superficiali. (27-1-2016)
Toscana
Legge n.5 del 27-1-2016
n.3 del 5-2-2016
Politiche infrastrutturali
/ Rinuncia impugnativa
RINUNCIA
Con deliberazione del Consiglio dei Ministri del 21/03/2016 il Governo ha impugnato l’articolo 1 , nonché gli articoli 2, comma 2 e 6, comma 2, della legge regionale, in combinato disposto, che erano apparsi costituzionalmente illegittimi nella parte in cui estendevano l’autorizzazione provvisoria anche alle ipotesi in cui lo scarico fosse sprovvisto di impianto di depurazione e recapitante direttamente in un corpo idrico ricettore senza subire alcun trattamento,anche nella loro fase di realizzazione , ponendosi in contrasto con l’articolo 117, primo e secondo comma, lett. s), per violazione delle norme interposte di cui la direttiva 91/271/CE e gli articoli 74, comma 1, lett. n) e 124, comma 6, del d.lgs. 152/2006.
Con l'articolo 40 della legge regionale n. 58 del 2016, recante «Legge di manutenzione dell'ordinamento regionale 2016», la Regione ha modificato la disposizione contenuta nel comma 2 dell'articolo 2, limitando l'autorizzazione provvisoria solo alla fase di adeguamento degli impianti e non anche a quella di realizzazione, facendo venire meno i motivi del ricorso pendente dinanzi alla Corte Costituzionale.
Pertanto, considerato anche che la Regione ha fornito rassicurazioni circa la non applicazione medio tempore delle norme impugnate, si propone la rinuncia alla impugnativa.
21-3-2016 /
Impugnata
La legge regionale , che detta disposizioni straordinarie per il rilascio delle autorizzazioni allo scarico di acque reflue urbane in corpi idrici superficiali, è censurabile relativamente alle disposizioni contenute negli articolo 1, 2, comma 2 e 6, comma 2, per i seguenti motivi.
L’articolo 1, enunciando l’oggetto della legge regionale, afferma che essa disciplina «le fasi di autorizzazione provvisoria agli scarichi in acque superficiali di acque reflue urbane, provenienti da agglomerati superiori o uguali ai duemila abitanti equivalenti, se recapitanti in acque dolci o in acque di transizione, e superiori o uguali ai diecimila abitanti equivalenti, se recapitanti in acque marino costiere, per il tempo necessario allo svolgimento degli interventi di cui all'articolo 2.»
L’articolo 2, a tal fine, provvede, al comma 2, all’approvazione di un piano stralcio il quale definisce «il programma degli interventi indifferibili ed urgenti di realizzazione o adeguamento degli impianti di depurazione e di collettamento ad impianti di depurazione delle acque reflue urbane relativi agli scarichi di cui all'articolo 1 […]»
L’articolo 6 prevede, poi, al comma 1, che «La struttura regionale competente, nell'ambito dell'autorizzazione unica ambientale […]autorizza, in via provvisoria e in deroga a quanto previsto all'articolo 3, comma 6, del […] regolamento emanato con D.P.R. n. 59/2013, gli scarichi di cui all'articolo 2, comma 2, della presente legge per il periodo necessario alla realizzazione dei relativi interventi e, comunque, non oltre i termini indicati nel piano stralcio».
Le disposizioni regionali sopra richiamate, dunque, prevedono il rilascio di un’autorizzazione provvisoria allo scarico, non solo per il tempo strettamente necessario all’adeguamento degli impianti di depurazione e di collettamento ad impianti di depurazione delle acque reflue ma anche per la loro realizzazione, ponendosi, pertanto, in contrasto con la normativa nazionale di riferimento.
Si premette che la disciplina degli scarichi idrici, per costante giurisprudenza della Corte Costituzionale, si colloca nell'ambito della «tutela dell'ambiente e dell'ecosistema», di competenza esclusiva statale ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione.
Lo Stato, nell'esercizio di tale competenza - al fine di dettare, su tutto il territorio nazionale, una disciplina unitaria ed omogenea che superi gli interessi locali e regionali - ha adottato una propria normativa, stabilendo «standard minimi di tutela» volti ad assicurare una tutela «adeguata e non riducibile dell'ambiente», «non derogabile dalle Regioni», neppure se a statuto speciale, o dalle Province autonome (sentenze nn. 234 del 2010, n. 187 del 2011, n. 133 del 2012).
L’articolo 124 del d.legislativo n. 152/2006 detta i criteri generali per il rilascio dell’autorizzazione agli scarichi, prevedendo, al comma 6, che «le regioni disciplinano le fasi di autorizzazione provvisoria agli scarichi degli impianti di depurazione delle acque reflue per il tempo necessario al loro avvio oppure, se già in esercizio, allo svolgimento di interventi, sugli impianti o sulle infrastrutture ad essi connesse, finalizzati all'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea, ovvero al potenziamento funzionale, alla ristrutturazione o alla dismissione».
Il presupposto della normativa nazionale ai fini del rilascio di dette autorizzazioni provvisorie è, dunque, che gli impianti di depurazione siano già realizzati, ancorché non avviati, ovvero in attesa del completamento di interventi di potenziamento o adeguamento funzionale delle infrastrutture ad essi connessi.
Pertanto, la disciplina dettata dall’articolo 124, comma 6, del d.lgs. 152/2006 non trova applicazione allo scarico sprovvisto di impianto di depurazione e recapitante direttamente in un corpo idrico ricettore senza subire alcun trattamento.
Le norme regionali sopra indicate appaiono, inoltre, in contrasto con quanto previsto dall’articolo 74, dello stesso d.lgs. 152/2006. Infatti, ai sensi del comma 1, lett. n), del citato articolo per scarico si intende «qualsiasi immissione effettuata esclusivamente tramite un sistema stabile di collettamento che collega senza soluzione di continuità il ciclo di produzione del refluo con il corpo ricettore acque superficiali, sul suolo, nel sottosuolo e in rete fognaria, indipendentemente dalla loro natura inquinante, anche sottoposte a preventivo trattamento di depurazione […]».
Di contro, dal combinato disposto degli articoli della legge regionale sopra richiamati, sembra derivare lo scarico diretto «in acque superficiali di acque reflue urbane, provenienti da agglomerati superiori o uguali ai duemila abitanti equivalenti, se recapitanti in acque dolci o in acque di transizione, e superiori o uguali ai diecimila abitanti equivalenti, se recapitanti in acque marino costiere» per il tempo necessario alla realizzazione degli impianti di depurazione, determinando ripercussioni negative, dovute dall’inquinamento delle acque, che sia la normativa nazionale che quella dell’Unione Europea, con la direttiva 91/271/CE, mirano a scongiurare.
Le disposizioni regionali dunque determinano un livello di protezione del bene ambientale senza dubbio deteriore rispetto a quello stabilito dalla legislazione nazionale ed europea.
Alla luce di quanto sopra esposto, l’articolo 1 , nonché gli articoli 2 e 6 della legge regionale, in combinato disposto, risultano costituzionalmente illegittimi nella parte in cui estendono l’autorizzazione provvisoria anche alle ipotesi in cui lo scarico sia sprovvisto di impianto di depurazione e recapitante direttamente in un corpo idrico ricettore senza subire alcun trattamento, ponendosi in contrasto con l’articolo 117, primo e secondo comma, lett. s), per violazione delle norme interposte di cui la direttiva 91/271/CE e gli articoli 74, comma 1, lett. n) e 124, comma 6, del d.lgs. 152/2006.
Le suddette norme regionali devono quindi essere impugnate ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione.
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