Dettaglio Legge Regionale

Collegato alla legge di stabilità regionale 2016. (4-3-2016)
Basilicata
Legge n.5 del 4-3-2016
n.9 del 4-3-2016
Politiche economiche e finanziarie
29-4-2016 / Impugnata
La legge Basilicata n. 5 del 2016 recante “Collegato alla legge di stabilità regionale 2016” presenta profili di illegittimità costituzionale in ordine alle seguenti norme:

A.1 articolo 42;
A.2 articolo 44;
B. articolo 63, comma 1.


A.1 Articolo 42
L’articolo 42 della LR in oggetto reca una disposizione interpretativa dell’articolo 3 della legge regionale 7 agosto 2009. n. 25 e s.m.i. Tale disposizione recita testualmente:
“1. L'articolo 3, comma 1 della legge regionale 7 agosto 2009, n. 25, come modificato dall'articolo 4 della legge regionale 3 dicembre 2012, n. 25, nella parte in cui prevede che: "A tal fine sono consentiti interventi straordinari di demolizione e ricostruzione di edifici esistenti, autorizzati o condonati, con aumento della superficie complessiva entro il limite max del 30%", va interpretato con continuità temporale nel senso che: "tra gli edifici esistenti sono ricompresi anche gli edifici residenziali in fase di realizzazione in forza di titolo abilitativo in corso di validità".
Con specifico riguardo alla disposizione di interpretazione autentica della predetta L.R. sopra riportata, va rammentato che la Corte Costituzionale ha ripetutamente affermato che il divieto di retroattività della legge, previsto dall’art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale, pur costituendo valore fondamentale di civiltà giuridica, non riceve nell’ordinamento la tutela privilegiata di cui all’art. 25 Cost. (sentenze n. 78 e n. 15 del 2012, n. 236 del 2011, e n. 393 del 2006), e che «il legislatore – nel rispetto di tale previsione – può emanare norme retroattive, anche di interpretazione autentica, purché la retroattività trovi adeguata giustificazione nell’esigenza di tutelare principi, diritti e beni di rilievo costituzionale, che costituiscono altrettanti «motivi imperativi di interesse generale», ai sensi della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU). La norma che deriva dalla legge di interpretazione autentica, quindi, non può dirsi costituzionalmente illegittima qualora si limiti ad assegnare alla disposizione interpretata un significato già in essa contenuto, riconoscibile come una delle possibili letture del testo originario (ex plurimis: sentenze n. 271 e n. 257 del 2011, n. 209 del 2010 e n. 24 del 2009). In tal caso, infatti, la legge interpretativa ha lo scopo di chiarire «situazioni di oggettiva incertezza del dato normativo», in ragione di «un dibattito giurisprudenziale irrisolto» (sentenza n. 311 del 2009), o di «ristabilire un’interpretazione più aderente alla originaria volontà del legislatore» (ancora sentenza n. 311 del 2009), a tutela della certezza del diritto e dell’eguaglianza dei cittadini, cioè di principi di preminente interesse costituzionale. Accanto a tale caratteristica, il Giudice delle leggi ha individuato una serie di limiti generali all’efficacia retroattiva delle leggi, attinenti alla salvaguardia, oltre che dei principi costituzionali, di altri fondamentali valori di civiltà giuridica, posti a tutela dei destinatari della norma e dello stesso ordinamento, tra i quali vanno ricompresi il rispetto del principio generale di ragionevolezza, che si riflette nel divieto di introdurre ingiustificate disparità di trattamento; la tutela dell’affidamento legittimamente sorto nei soggetti quale principio connaturato allo Stato di diritto; la coerenza e la certezza dell’ordinamento giuridico; il rispetto delle funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario (sentenza n. 209 del 2010, citata, punto 5.1, del Considerato in diritto).
La norma della L.R. in questione travalica i limiti individuati dalla giurisprudenza della Corte ora richiamata, violando l’articolo 3 della Costituzione.
Infatti, l'articolo 3, comma 1 della legge regionale 7 agosto 2009, n. 25, che la disposizione in esame è volta ad autenticamente interpretare, prevede che “1. La Regione Basilicata, per le finalità di cui all'art. 1, in deroga agli strumenti urbanistici comunali vigenti e all'art. 44 della L.R. n. 23/1999, promuove il rinnovamento e la sostituzione del patrimonio edilizio esistente realizzato dopo il 1942 che non abbia un adeguato livello di protezione sismica rispetto alle norme tecniche vigenti o che non abbia adeguati livelli di prestazione energetica. A tal fine sono consentiti interventi straordinari di demolizione e ricostruzione di edifici esistenti, autorizzati o condonati, con aumento della superficie complessiva esistente entro il limite max del 30%.”
Pertanto il dettato normativo in commento che in via retroattiva dispone che “tra gli edifici esistenti sono ricompresi anche gli edifici residenziali in fase di realizzazione in forza di titolo abilitativo in corso di validità”, seppure formulata quale norma di interpretazione autentica, non interviene ad assegnare alla disposizione interpretata un significato già in questa contenuto, «riconoscibile come una delle possibili letture del testo originario», al fine di chiarire «situazioni di oggettiva incertezza del dato normativo» in ragione di «un dibattito giurisprudenziale irrisolto» o di «ristabilire un’interpretazione più aderente alla originaria volontà del legislatore» a tutela della certezza del diritto e degli altri principi costituzionali richiamati. Ciò a motivo dell’estensione della portata derogatoria dell’art. 3, co. 1 della LR n. 25/2009 ad interventi su edifici (residenziali in fase di realizzazione) che di tale deroga non avrebbero potuto beneficiare.
Al riguardo la stessa Corte ha affermato, in particolare, che «per quanto attiene alle norme che pretendono di avere natura meramente interpretativa, la palese erroneità di tale auto-qualificazione, ove queste non si limitino ad assegnare alla disposizione interpretata un significato già in essa contenuto e riconoscibile come una delle possibili letture del testo originario, potrà costituire un indice di manifesta irragionevolezza» (ex plurimis, sentenze n. 41 del 2011, n. 234 del 2007, n. 274 del 2006). In secondo luogo, la retroattività della disposizione de qua non trova giustificazione nella tutela di «principi, diritti e beni di rilievo costituzionale, che costituiscono altrettanti “motivi imperativi di interesse generale”, ai sensi della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU)». (cfr. Corte Costituzionale, sentenza n. 103/2013).

A.2 articolo 44

Analoghe sostanziali considerazioni vanno svolte in relazione all’articolo 44 della LR in commento, da leggersi in combinato con l’articolo 42 di cui sopra, che dispone:
“Articolo 44 (Interpretazione autentica dell'articolo 8 della legge regionale 7 agosto 2009, n. 25 e s.m.i.)
1. Le disposizioni di cui al comma 1-bis dell'articolo 8 della legge regionale 7 agosto 2009, n. 25 e s.m.i. inerenti i casi di interventi edilizi che diano origine ad una ristrutturazione edilizia, si applicano anche agli edifici in fase di realizzazione in forza di titolo abilitativo in corso di validità, compreso quelli aventi ad oggetto nuove costruzioni, così come definito dal D.P.R. 380/2001.
2. Le disposizioni di cui al comma 1-ter dell'articolo 8 della legge regionale 7 agosto 2009, n. 25 e s.m.i. si applicano a tutti i casi individuati dal comma 1-bis dell'articolo 8 della legge regionale 7 agosto 2009, n. 25 e s.m.i. così come interpretato dal comma precedente.
3. Le modifiche introdotte con la legge regionale 27 gennaio 2015, n. 4, in quanto esplicitazione dell'interpretazione normativa del combinato disposto di quanto stabilito nel D.P.R. n. 380/2001 e ss.mm.ii. e nella legge regionale n. 25/2009, vanno intese con efficacia ab origine dall'entrata in vigore della legge regionale 7 agosto 2009, n. 25 e s.m.i.”

Infatti, con il comma 1, che richiama il comma 1-bis dell’art. 8 della LR n. 25/2009 (introdotto dall’art. 14, co. 1 della LR n. 4/2015) il quale prevede che “1-bis. Nei casi di interventi edilizi che diano origine ad una ristrutturazione edilizia, con conseguenziale aumento delle superfici effettuati in applicazione del precedente art. 3, gli stessi possono essere assentiti con permesso di costruire o anche con denuncia di inizio attività, in base all'art. 22, comma 3, lettera a), del D.P.R. n. 380/2001”, si estende retroattivamente la possibilità di assentire interventi in deroga anche su edifici in fase di realizzazione, comprese le nuove costruzioni e, con il comma 2, (“Le disposizioni di cui al comma 1-ter dell'articolo 8 della legge regionale 7 agosto 2009, n. 25 e s.m.i. si applicano a tutti i casi individuati dal comma 1-bis dell'articolo 8 della legge regionale 7 agosto 2009, n. 25 e s.m.i. così come interpretato dal comma precedente”) si dispone retroattivamente l’estensione ai procedimenti di ristrutturazione edilizia avviati con presentazione di permesso di costruire (art. 10 d.P.R. n. 380/2001), o DIA (art. 22 d.P.R. n. 380/2001) della disposizione che prevede che il deposito dei calcoli strutturali, presso i competenti uffici regionali (art. 2, comma 1, L.R. 38/97), possa essere effettuato 30 giorni prima dell'effettivo inizio dei lavori e, comunque, dopo aver ricevuto l'assenso urbanistico dell'ufficio competente, con provvedimento esplicito o tramite l'istituto del silenzio-assenso.
Oltre al profilo di illegittimità sopra esposto con riferimento alla portata di interpretazione autentica della suddette disposizioni regionali, si aggiunga che le stesse risultano adottate in violazione degli articoli 36 e 37 comma 4 del dPR n. 380/2001 che richiede, ai fini del rilascio del titolo abilitativo in sanatoria, la doppia conformità intesa come conformità dell’intervento sia al momento della realizzazione sia al momento della presentazione della domanda. Infatti è evidente che la portata derogatoria della LR n. 25 del 2009 e successive modifiche, diviene ora applicabile anche ad interventi che, invece, eseguiti medio-tempore, avrebbero dovuto essere realizzati in conformità agli strumenti urbanistici.
Giova ricordare che la previsione statale del rilascio del titolo in sanatoria di cui all’ art. 36 del TUE è volta a sanare violazioni solo “formali”. La “doppia conformità” è riconosciuta a livello giurisprudenziale come principio fondamentale vincolante per la legislazione regionale (cfr. C. Cost. n. 101/2013; Cons. Stato, IV, n. 32/2013, ove si precisa, tra l’altro che la disciplina urbanistica non ha effetto retroattivo; Cons. Stato, V, n.3220/2013; TAR Umbria n. 590/2014), La “doppia conformità”, è prevista sia per gli interventi realizzati in assenza di permesso di costruire, o in difformità da esso, ovvero in assenza di DIA alternativa o in difformità da essa (art. 36 del dPR n. 380/2001), sia per quelli eseguiti in assenza della o in difformità dalla SCIA (art. 37, co. 4 del dPR n. 380/2001).
Tale rilievo è avvalorato da quanto disposto dal comma 3 dell’articolo 44 della LR in esame, laddove, peraltro con una previsione assai poco intellegibile, si dispone che “3. Le modifiche introdotte con la legge regionale 27 gennaio 2015, n. 4, in quanto esplicitazione dell'interpretazione normativa del combinato disposto di quanto stabilito nel D.P.R. n. 380/2001 e ss.mm.ii. e nella legge regionale n. 25/2009, vanno intese con efficacia ab origine dall'entrata in vigore della legge regionale 7 agosto 2009, n. 25 e s.m.i.”. Pertanto, a tutte le rilevanti innovazioni introdotte ad opera della LR n. 4/2015, viene conferita efficacia retroattiva, con l’effetto di legittimare ex post interventi cui la LR n. 25/2009, nella sua stesura originaria, non avrebbe potuto essere applicata.
A mero titolo esemplificativo, si richiama l’articolo 10, comma 1, della LR n. 4/2015 con il quale nel sostituire il comma 1 dell’articolo 2 della L.R. 7 agosto 2009, n. 25, è stato previsto che al fine di consentire i previsti interventi di ampliamento, è stato inserito il riferimento agli edifici residenziali esistenti “oggetto di procedimento amministrativo ai sensi degli artt. 36 e 37 del dPR n. 380/2001”, ossia per i quali, all’epoca dell’emanazione della LR n. 4/2015 il procedimento amministrativo di cui, in particolare, all’art 36 del TUE non si era ancora perfezionato con il rilascio del titolo abilitativo in sanatoria, sulla cui domanda di rilascio, è appena il caso di ricordare, ai sensi del comma 3, del medesimo articolo 36 del testo unico il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale si pronuncia con adeguata motivazione, entro sessanta giorni decorsi i quali la richiesta si intende rifiutata. In tali casi, invece, alla luce delle nuove disposizioni interpretative di cui alla LR in commento tale tipologia di interventi, viene legittimata mediante, si ribadisce l’estensione della portata derogatoria delle previsioni della LR n. 25/2009, e con la possibilità di legittimo rilascio dei prescritti titoli abilitativi.
Al riguardo, innanzitutto, corre l’obbligo di rammentare che l’articolo 5 (Costruzioni private) del DL 70/2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 106/2011, il quale ai commi da 9 a 14 reca la disciplina di principio per la razionalizzazione del patrimonio edilizio esistente e per la promozione e agevolazione della riqualificazione di aree urbane degradate con presenza di funzioni eterogenee e tessuti edilizi disorganici o incompiuti nonché di edifici a destinazione non residenziale dismessi o in via di dismissione ovvero da rilocalizzare, al comma 10, prevede che “10. Gli interventi di cui al comma 9 non possono riferirsi ad edifici abusivi o siti nei centri storici o in aree ad inedificabilità assoluta, con esclusione degli edifici per i quali sia stato rilasciato il titolo abilitativo edilizio in sanatoria.”
Per le motivazioni sopra indicate, gli articoli 42 e 44 violano l’art. 3 della Costituzione sotto il profilo relativo alla portata di norme interpretative autentiche secondo i criteri indicati dalla stessa Corte Costituzionale, nonchè travalicano i limiti della potestà legislativa regionale invadendo l’ambito assegnato dalla Costituzione alla legge dello Stato in materia di “governo del territorio”, articolo 117, terzo comma.


B) Articolo 63, comma 1

L’articolo 63, comma 1 della legge regionale in esame detta disposizioni in materia di limiti di spesa del personale delle Aziende sanitarie. In particolare, il comma 1 dell’articolo 63 prevede che “Il comma 4 dell'articolo 20 della legge regionale 8 agosto 2012, n. 16 come modificato dall'articolo 1 della legge regionale 13 agosto 2015, n. 36 è così sostituito: "4. In ogni caso la spesa complessiva del personale per le Aziende Sanitarie provinciali di Potenza e Matera nonché per l'Azienda Ospedaliera Regionale San Carlo di Potenza, al netto dei rinnovi contrattuali intervenuti successivamente all'anno 2004, non può essere superiore a quella dell'anno precedente, così come risultante da idonea attestazione aziendale. In attuazione delle disposizioni di cui all'art. 1, comma 584, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, la Giunta regionale adotta un programma pluriennale di graduale riduzione della spesa del personale delle Aziende ed Enti del servizio sanitario regionale, al fine di garantire l'obiettivo, previsto per l'anno 2020, di una spesa complessiva del personale pari a quella sostenuta nell'anno 2004 ridotta dell'1,4% al netto della spesa per il personale del sistema dell'emergenza urgenza 118 e dell'IRCCS CROB di Rionero in Vulture non ancora strutturata alla data del 31 dicembre 2004, individuando il limite di spesa annuale per ciascuna Azienda.".
Al riguardo, si rappresenta che l’articolo 2, comma 71, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (legge finanziaria 2010), prevede che “ Fermo restando quanto previsto dall’articolo 1, comma 565, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni, per il triennio 2007-2009, gli enti del Servizio sanitario nazionale concorrono alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica adottando, anche nel triennio 2010-2012, misure necessarie a garantire che le spese del personale, al lordo degli oneri riflessi a carico delle amministrazioni e dell’imposta regionale sulle attività produttive, non superino per ciascuno degli anni 2010, 2011 e 2012 il corrispondente ammontare dell’anno 2004 diminuito dell’1,4 per cento. A tale fine si considerano anche le spese per il personale con rapporto di lavoro a tempo determinato, con contratto di collaborazione coordinata e continuativa, o che presta servizio con altre forme di rapporto di lavoro flessibile o con convenzioni. Ai fini dell’applicazione delle disposizioni di cui al presente comma, le spese per il personale sono considerate al netto: a) per l’anno 2004, delle spese per arretrati relativi ad anni precedenti per rinnovo dei contratti collettivi nazionali di lavoro; b) per ciascuno degli anni 2010, 2011 e 2012, delle spese derivanti dai rinnovi dei contratti collettivi nazionali di lavoro intervenuti successivamente all’anno 2004. Sono comunque fatte salve, e devono essere escluse sia per l’anno 2004 sia per ciascuno degli anni 2010, 2011 e 2012, le spese di personale totalmente a carico di finanziamenti comunitari o privati, nonché le spese relative alle assunzioni a tempo determinato e ai contratti di collaborazione coordinata e continuativa per l’attuazione di progetti di ricerca finanziati ai sensi dell’ articolo 12-bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni”. Il successivo comma 72 stabilisce anche che gli enti destinatari delle disposizioni di cui al comma 71, nell’ambito degli indirizzi fissati dalle regioni, anche in connessione con i processi di riorganizzazione, ivi compresi quelli di razionalizzazione ed efficientamento della rete ospedaliera, per il conseguimento degli obiettivi di contenimento della spesa previsti dal medesimo comma predispongono un programma annuale di revisione delle consistenze di personale dipendente a tempo indeterminato, determinato, che presta servizio con contratti di collaborazione coordinata e continuativa o con altre forme di lavoro flessibile o con convenzioni, finalizzato alla riduzione della spesa complessiva per il personale, con conseguente ridimensionamento dei pertinenti fondi della contrattazione integrativa.

Le predette disposizioni, benché riferite al triennio 2010-2012, sono state successivamente estese agli anni dal 2013 al 2020, ai sensi dell’articolo 17 comma 3 del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98, così come modificato dall’articolo 1, comma 584 della legge 23 dicembre 2014, n. 190.
Premesso quanto sopra, si rileva che l’articolo 63, comma 1, della legge regionale in esame, escludendo dal computo della spesa cui applicare il predetto obiettivo di risparmio il personale del sistema dell’emergenza urgenza, nonché quello dell'IRCCS CROB di Rionero in Vulture, contrasta con la citata normativa statale, in base alla quale il limite di spesa riferito al 2004 meno 1,4 per cento si applica anche a tale personale.
Al riguardo, si osserva che tale previsione compromette il rispetto, a livello regionale, degli obiettivi di contenimento della spesa di personale di cui all'art. 2, commi 71 e 72, della legge n. 191/2009 e dall’articolo 17, comma 3, della legge 6 luglio 2011, n. 98, le cui disposizioni si configurano quali principi di coordinamento della finanza pubblica, ai sensi dell'art. 117, comma 3, della Costituzione.


Per i motivi esposti, si propone l’impugnativa della legge in esame dinanzi alla Corte costituzionale, ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione.

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