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Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione per l'anno 2016 e per gli anni 2016-2018 (legge di stabilità 2016). (11-4-2016)
Sardegna
Legge n.5 del 11-4-2016
n.18 del 13-4-2016
Politiche economiche e finanziarie
10-6-2016 /
Impugnata
la legge Regione Sardegna – legge regionale n. 5/2016 “Pubblicata sul BUR n. 18 del 13/04/2016 recante:” Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione per l’anno 2016 e per gli anni 2016-2018” (legge di stabilità 2016) presenta profili illegittimi per gli aspetti di seguito evidenziati.
1) L’art. 1 (Disposizioni in materia di programmazione unitaria e finanziaria), al comma 12, prevede che "A decorrere dall'anno 2016, si applicano agli enti strumentali della Regione, alle unioni dei comuni, ai consorzi industriali provinciali e ai consorzi di bonifica le disposizioni dei commi 1, 3 e 4 dell'articolo 159 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali), e successive modifiche e integrazioni, relativamente ai fondi, di qualunque natura, messi a disposizione da parte dello Stato, della Regione o dell'Unione europea in favore degli enti locali, delle loro associazioni e dei loro consorzi ed unioni, dei consorzi industriali provinciali e dei consorzi di bonifica, in quanto siano specificatamente destinati alla realizzazione di opere pubbliche delegate dalla Regione. A tal fine, la dichiarazione di impignorabilità è formalizzata con deliberazione da adottarsi a cadenza trimestrale, da parte degli organi di amministrazione degli enti da notificarsi contestualmente alla Tesoreria regionale e agli istituti di credito presso i quali gli enti di cui ai presente comma intrattengono rapporti.".
Con tale norma la legge regionale - estendendo agli enti strumentali della Regione, alle unioni dei comuni, ai consorzi industriali provinciali e ai consorzi di bonifica le disposizioni dei commi 1, 3 e 4 dell'articolo 159 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali), "relativamente ai fondi, di qualunque natura, messi a disposizione da parte dello Stato, della Regione o dell'Unione europea in favore degli enti locali, delle loro associazioni e dei loro consorzi ed unioni, dei consorzi industriali provinciali e dei consorzi di bonifica, in quanto siano specificatamente destinati alla realizzazione di opere pubbliche delegate dalla Regione" - pone limiti all'esecuzione forzata sulle somme destinate alla realizzazione di opere pubbliche delegate dalla Regione, al di fuori dell'ambito oggettivo e soggettivo di applicazione dell'articolo 159 del Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali.
La disposizione in esame è illegittima in quanto incide su di una materia riservata dall'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. alla competenza legislativa esclusiva dello Stato e pertanto eccede dalla competenza regionale. Ed invero, secondo un principio costantemente affermato dalla giurisprudenza costituzionale, "l'ordinamento del diritto privato si pone quale limite alla legislazione regionale in quanto fondato sull'esigenza, sottesa al principio costituzionale di eguaglianza, di garantire nel territorio nazionale l'uniformità della disciplina dettata per i rapporti tra privati.
Il limite dell'ordinamento privato, quindi identifica un'area riservata alla competenza esclusiva della legislazione statale e comprende i rapporti tradizionalmente oggetto di codificazione ex plurimis, con specifico riferimento a norme regionali che ponevano limiti ai pignoramenti nei confronti degli enti da essa indicati, (sentenze n. 123 del 2010 e n. 93 del 2013). La norma in oggetto, proprio come quelle scrutinate dalle citate sentenza n. 123 del 2010 n. 98 del 2013 "nel disporre la suddetta impignorabilità, introduce una limitazione al soddisfacimento patrimoniale delle ragioni dei creditori non prevista dalla normativa statale riguardante la materia, assegnando alle situazioni soggettive di coloro che hanno avuto rapporti patrimoniali con quegli enti un regime, sostanziale e processuale, peculiare rispetto a quello ordinario, previsto dai codice civile e da quello di procedura civile altrimenti applicabile" (sentenza n. 25 del 2007", incidendo in tal modo su di una materia riservata dall'art. 117, secondo comma, lettera l) Cost. alla competenza legislativa esclusiva dello Stato e palesandosi illegittima deve essere impugnata ex art. 127 della Costituzione. Per le addotte motivazione la norma censurata è illegittima in quanto eccede dalla competenza regionale e viola l’art. 117, secondo comma, lettera l) della Costituzione.
2) L’art. 4 (Disposizioni nel settore ambientale e del territorio) detta disposizioni in materia ambientale e del territorio e presenta profili illegittimi nei commi 24 (che proroga i termini per la richiesta di sclassificazione dal regime demaniale civico dei terreni), 25 (che inserisce un’ulteriore ipotesi di sclassificazione), 26 e 27 (che sclassificano alcuni terreni sottraendoli al regime demaniale degli usi civici).
In relazione a tale premessa e ai fini di una più chiara esplicitazione dei profili di incostituzionalità presenti nelle disposizioni richiamate, appare necessario collocare la lettura delle norme censurate nel quadro dei principi fondamentali che sorreggono la materia della tutela del paesaggio sotto il profilo, soprattutto, della pianificazione paesaggistica.
La copianificazione obbligatoria per le aree vincolate gravate da vincoli paesaggistici prevista dall’ art. 143 del codice dei beni culturali e del paesaggio è norma di grande riforma economico-sociale. L’attività di ricognizione e delimitazione delle aree tutelate per legge (tra cui gli usi civici), ai sensi dell’articolo 142 del codice, costituisce uno dei contenuti minimi del piano paesaggistico (art. 143, comma 1, lettera c, del codice) e deve essere svolta congiuntamente dallo Stato e dalla Regione (art. 135 del codice).
Operata tale premessa la normativa regionale, intervenendo unilateralmente, anche con norme provvedimentali come si rinviene nei commi 26 e 27 dell’art. 4, anziché con la dovuta pianificazione condivisa con gli organi statali, viola l’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione e le norme interposte sulla pianificazione congiunta rappresentate dagli articoli 135 e 143 del codice del paesaggio, oltre a svolgere effetti negativi diretti sul processo di copianificazione paesaggistica attualmente in corso.
Inoltre, la nuova normativa regionale sugli usi civici, presente nelle censurate disposizioni, si pone in contrasto con il principio di leale collaborazione desumibile dall’art. 118 della Costituzione, richiamato più volte dalla Corte costituzionale in relazione a settori in cui vi è una connessione indissolubile tra materie di diversa attribuzione. E’ oramai pacifico, infatti, che gli usi civici non svolgono unicamente la funzione economico-sociale di garantire risorse alla collettività che ne è proprietaria, ma interferiscono sulla tutela del paesaggio, materia assegnata alla potestà legislativa esclusiva dello Stato, in ragione dei parametri costituzionali sopra richiamati.
Tali conclusioni e tali principi sono stati del resto di recente ulteriormente ribaditi dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 210 del 2014, resa proprio su ricorso dello Stato avverso una legge regionale (n. 19 del 2013) della Regione Sardegna sugli usi civici, nella quale afferma che quanto agli usi civici in particolare, la competenza statale nella materia trova attualmente la sua espressione nel citato art. 142 del codice dei beni culturali e del paesaggio, le cui disposizioni fondamentali questa Corte ha qualificato come norme di grande riforma economico-sociale (sentenze n. 207 e n. 66 del 2012, n. 226 e n. 164 del 2009 e n. 51 del 2006): esse si impongono pertanto al rispetto del legislatore della Regione autonoma Sardegna, tenuto conto dei limiti posti dallo stesso statuto sardo alla propria potestà legislativa (sentenza n. 51 del 2006). La coesistenza dei due ambiti competenziali impone la ricerca di un modello procedimentale che permetta la conciliazione degli interessi che sono ad essi sottesi.
Con la citata sentenza la Corte ha dichiarato, quindi, l’illegittimità costituzionale dell’art. 1 della legge reg. Sardegna n. 19 del 2013 nella parte in cui non prevede la tempestiva comunicazione del Piano straordinario di accertamento e degli altri atti modificativi dei vincoli di destinazione ai competenti organi statali, affinché lo Stato possa far valere la propria competenza a tutelare il paesaggio con la conservazione dei vincoli esistenti o l’apposizione di diversi vincoli, e affinché, in ogni caso, effetti giuridici modificativi del regime dei relativi beni non si producano prima, e al di fuori, del Piano paesaggistico regionale.
Gli effetti modificativi diretti del regime dei beni gravati da usi civici, prodotti dalla legge regionale in esame al di fuori della copianificazione paesaggistica, appaiono pertanto non in linea con quanto stabilito dalla Corte.
Per le motivazioni esposte, i commi 24, 25, 26 e 27 dell’art. 4, della legge in esame devono essere impugnati, ex art. 127 della Costituzione in quanto violano l’articolo 117, secondo comma, lettera s), nonché l’art. 118 della Costituzione.
L’art. 8 (Disposizioni in materia di enti locali, pianificazione paesaggistica e urbanistica, edilizia residenziale pubblica e lavori pubblici) prevede al comma 13, per i piccoli comuni sardi l’esenzione dal regime sanzionatorio in caso di mancato rispetto del Patto di stabilità interno 2015. Al riguardo, premesso che non è chiaro l’ambito soggettivo della deroga in esame, attesa la genericità della locuzione “piccoli comuni sardi”, la disposizione esorbita dalla competenza statutaria in materia di ordinamento degli enti locali di cui all’art. 3 della legge costituzionale n. 3/1948 (statuto speciale Sardegna). Infatti la disciplina sanzionatoria del Patto di stabilità interno contenuta nell’art. 31 (patto di stabilità interno), comma 26 della legge n. 183/2011 (Legge di Stabilità 2012), collocandosi all’interno di un quadro normativo volto ad assicurare il rispetto dei vincoli posti dallo stesso Patto di Stabilità, è riconducibile all’ambito della finanza pubblica piuttosto che a quello degli enti locali e della finanza locale. Pertanto per tali considerazioni la disposizione dell’art. 8, comma 13, eccede dalle competenze della Regione fissate dallo statuto regionale dall’art. 3 della predetta legge costituzionale n. 3 del 1948 , confligge con la disposizione dell’art. 31, comma 26, della legge n. 183/2011 e viola l’art. 117, terzo comma Costituzione (coordinamento della finanza pubblica).
Per i motivi esposti, le norme regionali sopra evidenziate devono essere impugnate ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione.
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