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Disposizioni in materia di sistema integrato del pubblico impiego regionale e locale (9-12-2016)
Friuli Venezia Giulia
Legge n.18 del 9-12-2016
n.55 del 14-12-2016
Politiche economiche e finanziarie
2-2-2017 /
Impugnata
La legge Regione Friuli Venezia Giulia n. 18 pubblicata sul B.U.R. n. 55 del 14.12.2016 – “ Disposizioni in materia di sistema integrato del pubblico impiego regionale e locale presenta aspetti di illegittimità costituzionale per le disposizioni recate dall’articolo 12 , comma 6, e dall'articolo 21.
Per quanto riguarda l’articolo l'art. 12 e utile premettere che la legge regionale in oggetto, recante "Disposizioni in materia di sistema integrato del pubblico impiego regionale e locale incide sulla materia dell'ordinamento civile, in violazione delle prerogative statali di cui all'art. 117, comma 2, lett. 1) della Costituzione. Infatti tale disposizione prevede, tra l'altro, che, laddove le amministrazioni del Comparto unico conferiscano degli incarichi dirigenziali a soggetti non inseriti nel ruolo, "Le amministrazioni definiscono gli elementi negoziali dei contratti di cui al comma 1 e 2, ivi comprese le clausole di risoluzione dei contratti medesimi, sulla base del modello definito dall'Ufficio unico del sistema integrato di Comparto, sentito il Comitato di indirizzo; il contratto è, in ogni caso, risolto di diritto nel caso in cui l'amministrazione che ha conferito l'incarico dichiari il dissesto o venga a trovarsi nelle situazioni strutturalmente deficitarie. " (così al comma 6 del predetto art. 12).
Tanto premesso, considerato che l'art. 4, numero 1, dello Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia, approvato con legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia), attribuisce alla competenza legislativa esclusiva della Regione la materia dell'ordinamento degli Uffici e degli Enti dipendenti dalla Regione e dello stato giuridico ed economico dei personale ad essi addetto, competenza da esercitarsi, peraltro, in armonia con la Costituzione, con i principi generali dell'ordinamento giuridico della Repubblica, con le norme fondamentali delle riforme economico-sociali e con gli obblighi internazionali dello Stato, nonché nel rispetto degli interessi nazionali e di quelli di altre Regioni;
Pertanto l'art 12, comma 6, disciplinando la risoluzione di diritto del contratto dirigenziale nelle descritte ipotesi di dissesto o di deficit strutturale dell'ente pubblico regionale interferisce, direttamente, con la materia - di competenza esclusiva statale - dell'ordinamento civile, afferendo alla gestione del rapporto dirigenziale e pertanto è illegittimo Infatti trattandosi, di un meccanismo che opera, appunto, "ipso iure" sul contratto (con cui è conferito l'incarico dirigenziale) in ragione di un fatto (il dissesto/situazione deficitaria dell'amministrazione), tra l'altro, non imputabile al contraente privato, la relativa disciplina non può che essere uniforme sul territorio nazionale, così come già affermato dalla Corte Costituzionale con riferimento a norme concernenti altri istituti del rapporto di pubblico impiego "contrattualizzato" (cfr. sentenze n. 151 del 2010, in materia di esonero dal servizio; n. 189 del 2007 in materia di trattamento economico); non senza ulteriormente considerare che:
a) la risoluzione rappresenta, di norma, uno dei rimedi - "il rimedio estremo diretto a distruggere il contratto" - apprestati dall'ordinamento al contraente per reagire all'inadempimento della controparte esperibile solo in presenza di rigorosi presupposti fissati dalla legge;
b) eventuali sopravvenienze economico-finanziarie in capo al datore di lavoro non rilevano sotto il profilo della giusta causa del recesso (cfr. art. 2119 c.c., comma 2, secondo cui "Non costituisce giusta causa di risoluzione del contratto il fallimento dell'imprenditore o la liquidazione coatta amministrativa dell'azienda. ");
c) la riferita fattispecie risolutiva è innovativa rispetto alle regole operanti nel settore della dirigenza pubblica (sulla peculiarità del rapporto di lavoro dei dirigenti pubblici cfr. Corte di Cassazione, sentenza n. 2233/2007).
Per quanto esposto la disposizione di cui all’art. 12, comma 6, viola l’art. 117, comma 2, lett. 1) della Costituzione per le norme di competenza statale in tema di ordinamento civile e deve essere pertanto impugnata a norma dell’art. 127 della Costituzione.
L ‘ art. 21, rubricato “ norme per favorire l’inserimento lavorativo ( patto generazionale) prevede la possibilità di concedere, negli ultimi tre anni di servizio del personale in procinto di essere collocato a riposo e su domanda del dipendente, la riduzione da un minimo del 35 per cento a un massimo del 70 per cento dell'orario di lavoro a tempo pieno; contestualmente l'amministrazione di appartenenza provvede, per tale personale e per il corrispondente periodo, al versamento dei contributi di previdenza e quiescenza riferiti al rapporto di lavoro a tempo pieno.
Al riguardo, si osserva che la disposizione regionale in esame da un lato interviene sulla disciplina previdenziale prevedendo un istituto di contribuzione figurativa non di competenza regionale e non previsto dall’attuale disciplina nazionale e, dall’altro, comporta effetti negativi per la finanza pubblica non quantificati né coperti per la sostituzione di entrate da soggetti esterni alla P.A. (lavoratore) con trasferimenti tra soggetti interni alla P.A. non compensati da assunzioni part-time che necessariamente, per garantire l’equilibrio del bilancio regionale, devono riferirsi a un monte salariale inferiore.
Ciò posto, la predetta disposizione si pone in contrasto con l’art. 117, comma secondo, lett. o), della Costituzione, che riserva la previdenza sociale alla competenza esclusiva dello Stato e con l’art. 81 della Costituzione, comportando maggiori oneri non quantificati e non coperti e per tale motivo deve essere impugnata a norma dell’art. 127 della Costituzione.
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