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Proroga di termini previsti da disposizioni legislative, disposizioni in materia sanitaria e ulteriori disposizioni urgenti. (12-1-2017)
Abruzzo
Legge n.4 del 12-1-2017
n.4 del 13-1-2017
Politiche socio sanitarie e culturali
3-3-2017 /
Impugnata
La legge della regione Abruzzo 12 gennaio 2017, n. 4, recante “Proroga di termini previsti da disposizioni legislative, disposizioni in materia sanitaria e ulteriori disposizioni urgenti” presenta profili di illegittimità costituzionale con riferimento all’art. 1, comma 17, lett. a) e c), per violazione dell’art. 117, secondo comma, lett. s), nonché dell’art. 118, primo e secondo comma, della Costituzione
Occorre premettere che l’art. 1, comma 17, lett. a) e c), della legge in esame apporta modifiche e integrazioni alla legge regionale n. 42/2016 recante “Istituzione Rete Escursionistica Alpinistica Speleologica Torrentistica Abruzzo (REASTA) per lo sviluppo sostenibile socio-economico delle zone montane e nuove norme per il Soccorso in ambiente montano.” , in ordine alla quale il Consiglio dei Ministri, con delibera del 23 febbraio 2017, ha promosso la questione di legittimità costituzionale, ai sensi dell’articolo 127, della Costituzione, per violazione da parte di alcune norme in essa contenute dell’art. 117, secondo comma, lett. s), e sesto comma, nonché dell’art. 118, primo e secondo comma, della Costituzione.
Tuttavia le modifiche apportate dall’art. 17, comma 1, lett. a) e c), della legge in esame alla menzionata l. r. n. 42/2016, invadono ulteriormente la competenza legislativa riservata allo Stato in materia di “tutela dell’ambiente e dell’ecosistema”, e presentano pertanto i medesimi vizi di legittimità costituzionale censurati con il ricorso pendente dinanzi alla Corte Costituzionale nei confronti della l. r. n. 42 del 2016.
Si ricorda che la legge regionale n. 42/2016 ha previsto l’istituzione, l’individuazione e la definizione delle modalità di gestione di una rete escursionistica in Abruzzo (REASTA), «quale infrastruttura viaria necessaria alla gestione, al controllo, alla fruizione ed alla valorizzazione delle aree naturali montane dell’Abruzzo» (art. 1, comma 3). Tale rete interessa tutto il territorio regionale, compreso quello ricadente nei tre parchi nazionali e nelle aree protette regionali presenti sul territorio. La menzionata legge, inoltre, stabilisce che le funzioni di gestione e programmazione riguardanti tale rete escursionistica siano attribuite alla stessa Regione, ai Comuni, al CAI Abruzzo, ai collegi regionali dei maestri di sci, delle guide alpine e delle guide speleologiche, al comitato regionale della Federazione ciclistica, e ad un Coordinamento tecnico regionale.
Come sopra evidenziato, la menzionata legge n. 42 del 2016 è stata impugnata dinanzi alla Consulta in quanto le funzioni gestorie da essa disciplinate – nella misura in cui sono destinate a trovare concreta applicazione nei territori del Parchi nazionali o delle aree protette presenti sul territorio - sono state ritenute gravemente lesive delle funzioni che la legge attribuisce agli Enti Parco e ai soggetti gestori delle altre aree protette esistenti nel territorio regionale, nonché – più in generale – contrastante con importanti norme della legislazione statale ascrivibili alla competenza esclusiva in tema di “tutela dell’ambiente e dell’ecosistema”.
La giurisprudenza costituzionale ha da tempo chiarito come la «materia delle aree protette» statali e regionali, di cui la legge n. 394 del 1991, rappresentando la disciplina fondamentale, sia ascrivibile all’«esercizio della competenza esclusiva in materia di tutela dell’ambiente, di cui all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.» (tra le altre, cfr. le sentt. n. 20 e n. 315 del 2010; n. 44 del 2011). La Regione, dunque, può certo esercitare le proprie funzioni legislative anche quando incidano su tale sfera, ma «senza potervi derogare», potendo viceversa «determinare, sempre nell’àmbito delle proprie competenze, livelli maggiori di tutela» (sentenze n. 193 del 2010 e n. 61 del 2009; sent. n. 44 del 2011). Più nello specifico, la giurisprudenza costituzionale ha chiarito come «il territorio dei parchi, siano essi nazionali o regionali, ben (possa) essere oggetto di regolamentazione da parte della Regione, in materie riconducibili ai commi terzo e quarto dell’art. 117 Cost., purché in linea con il nucleo minimo di salvaguardia del patrimonio naturale, da ritenere vincolante per le Regioni» (sentt. nn. 232 del 2008 e 44 del 2011). Il Giudice costituzionale, inoltre, ha avuto modo di precisare che «la disciplina statale delle aree protette, che inerisce alle finalità essenziali della tutela della natura attraverso la sottoposizione di porzioni di territorio soggette a speciale protezione», risponde a tali finalità per mezzo di due differenti tipi di strumenti: la regolamentazione sostanziale delle attività che possono essere svolte in quelle aree, come le «limitazioni all’esercizio della caccia» (sentenza n. 315 del 2010, n. 44 del 2011), e la «predisposizione di strumenti programmatici e gestionali per la valutazione di rispondenza delle attività svolte nei parchi, alle esigenze di protezione della flora e della fauna» (sentenza n. 387 del 2008, n. 44 del 2011). Ebbene, la legge regionale indicata in epigrafe, analogamente alla legge menzionata legge n. 42 del 2016, contiene profili di contrasto con strumenti dell’uno e dell’altro tipo tra quelli predisposti dalla legislazione statale, e dunque deve ritenersi costituzionalmente illegittima nelle parti e per i motivi di seguito illustrati.
1) L’art. 17, comma, 1, lett. a), aggiunge il comma 2-bis all’art. 5 della legge regionale n. 42/2016, secondo il quale “ Con atto del Dirigente della Struttura regionale di cui al comma 1 viene stabilito, tra le attività elencate al comma 2, quali siano quelle da ritenersi prioritarie nell'ambito dell'attivazione e gestione della REASTA, provvedendo ad individuare altresì, tra i soggetti indicati sempre al comma 1, quali siano quelli di cui avvalersi nonché determinare l'importo per la copertura delle eventuali spese."
2) L’art. 17, comma, 1, lett. c), sostituisce l’art. 10, comma 4, della legge regionale n. 42/2016 con il seguente comma: “4. In via di prima attuazione della presente legge e sino all'adozione del programma regionale di cui al comma 1, con atto del Dirigente della Struttura regionale competente in materia di pianificazione territoriale viene stabilito, tra le attività elencate al comma 2, quali siano quelle da ritenersi prioritarie, provvedendo altresì ad individuare i soggetti cui demandare la relativa attuazione, nonché la determinazione dell'importo dei contributi da erogare entro il 31 dicembre 2016."
Le disposizioni regionali in esame, nell’affidare all’amministrazione regionale il compimento di specifici atti gestori ( ivi compresa l’individuazione dei soggetti deputati alla loro attuazione) destinati a trovare attuazione anche nei territori dei Parchi nazionali senza la “previa intesa” con gli Enti gestori di quest’ultimi, contrastano con gli artt. 1, commi 3 e 4, 2, comma 1, 9 e 12 della legge quadro sulle aree protette n. 394/1991.
Infatti le funzioni individuate dall’art. 5, comma 2 e dall’art. 10, comma 2, della legge n. 42 del 2016, richiamate dalle disposizioni regionali in esame, sono funzioni di tipo specificatamente programmatorio e gestorio e comprendono, dunque, anche la pianificazione, la promozione e la realizzazione di interventi. La legge n. 394 del 1991, tuttavia, è chiara nell’affidare l’attività di gestione e programmazione dei Parchi nazionali all’Ente Parco. In tal senso depone, inequivocabilmente, l’art. 1, comma 3, di tale atto normativo, che esplicitamente individua nella disciplina dal medesimo dettata lo «speciale regime (…) di gestione» cui i territori delle aree protette sono sottoposti. Tale speciale regime di gestione, in particolare per i Parchi nazionali, è imperniato – dal punto di vista del soggetto titolato allo svolgimento dell’attività di gestione – sull’Ente Parco, individuato e disciplinato dall’art. 9, e – dal punto di vista funzionale – sul Piano del Parco, di cui al già citato art. 12. Ancora, nello stesso senso depone l’art. 29 della legge n. 394 del 1991, che affida agli organismi gestori delle aree protette speciali poteri di controllo sulla conformità delle attività realizzate all’interno delle medesime rispetto al regolamento, al Piano, o al nulla osta.
Ora, essendo la REASTA destinata ad includere anche porzioni di territorio ulteriori rispetto a quelle dei Parchi nazionali, ed essendo volto l’intervento legislativo regionale a mettere in connessione e coordinare tutti i percorsi escursionistici regionali, si può riconoscere alla Regione la possibilità di predisporre atti gestori quali quelli sopra menzionati. Tuttavia, appare del tutto evidente che, nella misura in cui gli atti gestori siano destinati a dispiegare i propri effetti anche all’interno dei territori dei Parchi nazionali, pregiudicano le funzioni affidate agli Enti Parco dalla legge statale, nell’esercizio della propria competenza esclusiva in materia di “tutela dell’ambiente e dell’ecosistema”, determinando così una violazione dell’art. 117, secondo comma, lett. s), Cost. Risulta inoltre violato l’art. 118, primo e secondo comma, Cost., poiché si tratta di funzioni affidate – da parte del legislatore statale competente per materia – in base ai principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza ad un ente pubblico nazionale quale l’Ente Parco.
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