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Istituzione del servizio di sociologia del territorio della Regione Campania (22-5-2017)
Campania
Legge n.13 del 22-5-2017
n.41 del 22-5-2017
Politiche socio sanitarie e culturali
21-7-2017 /
Impugnata
La legge della regione Campania n. 13 del 22 maggio 2017, recante "Istituzione del servizio di sociologia del territorio della Regione Campania" presenta profili d’illegittimità costituzionale.
L’art.1 della legge regionale in oggetto, al comma1, istituisce, nel sistema dei servizi sociali della Regione, “il Servizio di sociologia del territorio”, da garantirsi, secondo quanto prevede il comma 3 del medesimo articolo 1, “in ogni ambito territoriale con la presenza di almeno un operatore sociologo". Il comma 4, alla lettera a), attribuisce poi a tale servizio il compito di fronteggiare e prevenire "i fenomeni di disagio relazionale in famiglia, nella scuola e nella comunità".
L’art. 2, comma1, riguardante i compiti e le attività del Servizio di sociologia del territorio, prevede che esso svolga, come attività, "interventi socio-relazionali e comunicazionali" in contesti di accoglienza di persone in determinate situazioni di bisogno, quali i soggetti con disagio sociale, le donne e i minori maltrattati e abusati, o in favore di vittime di violenza fisica, sessuale e di stalking, di famiglie ad alto rischio di disgregazione o nei percorsi di affido e di adozione, in favore di minori e adulti dell’area penale; nonché “interventi socio-relazionali e comunicazionali" per la piena integrazione psico-sociale degli immigrati, in ambito scolastico e di mediazione familiare a favore delle famiglie in fase di separazione o di divorzio con alto tasso di conflittualità.
L'art. 3 dispone che "il servizio di sociologia del territorio si avvale per lo svolgimento delle proprie funzioni di sociologi professionisti che esercitano la professione ai sensi di legge".
L'art. 4, recante la norma finanziaria, omette di quantificare la spesa derivante dall’applicazione della legge.
Tali norme regionali presentano vari profili d’incostituzionalità.
In particolare.
1) l’art. 1, commi 3 e 4, lett.a), l’art. 2, comma1, e l’art. 3, che individuano la figura del "sociologo professionista”, attribuendogli specifiche funzioni nell’ambito del sistema dei servizi sociali della Regione, istituiscono e disciplinano ex novo la figura professionale del sociologo, non regolamentata dalla legislazione statale. Esse inoltre, attribuendo a tale figura professionale lo svolgimento in via esclusiva di compiti e attività operative che la legge statale, e in particolare con l’art. 1 della legge n. 84 del 1993, attribuisce al profilo professionale dell'assistente sociale non rispettano il limite imposto dall’art. 117, terzo comma, Cost. in materia di professioni, secondo il quale l’individuazione delle figure professionali, con i relativi profili e titoli abilitanti, è riservata, per il suo carattere necessariamente unitario, allo Stato.
L'articolo 1 della legge 84 del 1993, recante “Ordinamento della professione di assistente sociale e istituzione dell'albo professionale”, prevede, infatti, che:
"L'assistente sociale opera con autonomia tecnico-professionale e di giudizio in tutte le fasi dell'intervento per la prevenzione, il sostegno e il recupero di persone, famiglie, gruppi e comunità in situazioni di bisogno e di disagio e può svolgere attività didattico-formative.
2. L'assistente sociale svolge compiti di gestione, concorre all'organizzazione e alla programmazione e può esercitare attività di coordinamento e di direzione dei servizi sociali.
3. La professione di assistente sociale può essere esercitata in forma autonoma o di rapporto di lavoro subordinato.
4. Nella collaborazione con l'autorità giudiziaria, l'attività dell'assistente sociale ha esclusivamente funzione tecnico-professionale."
Pertanto, poiché tra i compiti e le funzioni attribuiti alla nuova figura professionale istituita dalla legge regionale in esame ve ne sono alcuni, sopra descritti, dettagliatamente menzionati all’art. 2, comma 1, riconducibili direttamente allo svolgimento della professione di assistente sociale in quanto volti alla prevenzione, al sostegno e al recupero di persone, famiglie, gruppi e comunità in situazioni di bisogno e di disagio, è evidente l’incompatibilità costituzionale della legge regionale in oggetto con l'articolo 117, terzo comma, Cost., sotto il profilo della possibile violazione, nella materia concorrente delle "professioni", del principio secondo il quale l'individuazione delle figure professionali con i relativi profili e titoli abilitanti è riservata alla normativa dello Stato.
La giurisprudenza della Corte Costituzionale in molteplici occasioni ha avuto modo di affermare che "la potestà legislativa regionale nella materia concorrente delle professioni' deve rispettare il principio secondo cui l'individuazione delle figure professionali, con i relativi profili e titoli abilitanti, è riservata, per il suo carattere necessariamente unitario, allo Stato, rientrando nella competenza delle regioni la disciplina di quegli aspetti che presentano uno specifico collegamento con la realtà regionale; e che tale principio, al di là della particolare attuazione ad opera dei singoli precetti normativi, si configura infatti quale limite di ordine generale, invalicabile dalla legge regionale, da ciò derivando che non è nei poteri delle regioni dar vita a nuove figure professionali (sentenze n. 98 del 2013; n. 178 del 2014; n. 138 del 2009; n. 93 del 2008; n. 300 del 2007; n. 40 del 2006, e n. 424 del 2005)"
In particolare la Consulta, con la sentenza n. 178 del 2014, ha ritenuto in contrasto con l'art. 117, 3° comma, Cost., una norma regionale che attribuiva la possibilità della gestione tecnica delle agenzie di viaggio al titolare o al legale rappresentante in possesso di requisiti professionali diversi da quelli stabiliti dalla legislazione statale, in particolare dall'art. 20 dell'all. 1 del d. lgs. n. 79 del 2011, "in quanto, intervenendo nella materia concorrente delle «professioni», non rispetta il principio secondo il quale l'individuazione delle figure professionali con i relativi profili e titoli abilitanti è riservata alla normativa dello Stato". Con la sentenza n. 300 del 2010 la Consulta ha ritenuto poi in contrasto con l'art. 117, 3° comma, Cost., la legge regionale che, istituendo la figura di autista soccorritore e attribuendole compiti e funzioni riconducibili direttamente allo svolgimento di professioni sanitarie, non rispetta il principio secondo il quale l’individuazione delle figure professionali è riservata allo Stato.
Al riguardo si segnala che l'articolo 12 della legge 328 del 2000 (Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali) prevede che i profili professionali delle figure professionali sociali debbono essere disciplinati con decreti dal Ministro per le politiche sociali di concerto con gli altri Ministri competenti. Tale articolo prevede infatti che :
"1. Con decreto del Ministro per la solidarietà sociale, da emanare entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, di concerto con i Ministri della sanità, del lavoro e della previdenza sociale, della pubblica istruzione e dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, sulla base dei criteri e dei parametri individuati dalla Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, ai sensi dell'articolo 129, comma 2, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, sono definiti i profili professionali delle figure professionali sociali.
2. Con regolamento del Ministro per la solidarietà sociale, da emanare di concerto con i Ministri della sanità e dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica e d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono definiti:
a) le figure professionali di cui al comma 1 da formare con i corsi di laurea di cui all'articolo 6 del regolamento recante norme concernenti l'autonomia didattica degli atenei, adottato con decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica 3 novembre 1999, n. 509;
b) le figure professionali di cui al comma 1 da formare in corsi di formazione organizzati dalle regioni, nonchè i criteri generali riguardanti i requisiti per l'accesso, la durata e l'ordinamento didattico dei medesimi corsi di formazione;
c) i criteri per il riconoscimento e la equiparazione dei profili professionali esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge (...)."
Vi è pertanto il rischio che, attraverso norme regionali riguardanti la materia dei servizi sociali della Campania, il legislatore regionale, invadendo la competenza legislativa riservata allo Stato in materia di professioni sociali, della quale la norma statale sopra descritta è espressione, definisca il profilo professionale del sociologo, e individui di fatto una nuova professione sociale, disattendendo i menzionati principi più volte enunciati dalla Corte Costituzionale.
Infine è da evidenziare che le norme regionali in esame, escludendo gli assistenti sociali dal servizio di sociologia del territorio, violano anche il principio di razionalità di cui agli articoli 3 e 97, Cost. posto che le attività attribuite a tale servizio sono in larga parte riconducibili a tale profilo professionale.
2) l’art.1, come sopra illustrato, istituisce nel sistema dei servizi sociali della Regione il Servizio di sociologia del territorio, che rappresenta l'insieme coerente e coordinato delle attività sociologiche necessarie ai bisogni dei cittadini, precisando, al comma 3, che il succitato servizio è garantito in ogni ambito territoriale con la presenza di almeno un "operatore sociologo", che deve esercitare la professione di sociologo professionista ai sensi di legge.
Tuttavia la figura dell'operatore sociologo non è contemplata nel CCNL Regioni ed Autonomie Locali del 31.03.1999, che disciplina, ai sensi dell'art. 1, il sistema di classificazione professionale del personale con rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato e determinato - escluso quello con qualifica dirigenziale - del Comparto Regioni e Autonomie locali.
Pertanto la norma regionale in esame si pone in contrasto con l'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., che riserva alla competenza esclusiva dello Stato l'ordinamento civile e, quindi, i rapporti di diritto privato regolabili dal codice civile (contratti collettivi).
3) l’art. 4, recante la norma finanziaria, prevede che “Dall'attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio regionale. Agli adempimenti previsti, l'amministrazione regionale provvede con le risorse disponibili per la realizzazione dei Piani sociali di zona nell'ambito della dotazione della Missione 12 (Diritti sociali, politiche sociali e famiglia), Programma 7 (Programmazione e governo della rete dei servizi sociosanitari e sociali), Titolo 1 del Bilancio di previsione finanziario per il triennio 2017-2019”.
Tale norma regionale, non contenendo alcuna quantificazione degli oneri di spesa sicuramente derivanti dall’istituzione ‘Servizio di sociologia del territorio’ e dai compensi spettanti ai sociologi professionisti che ne garantiscono il funzionamento, rende assolutamente inadeguato il riferimento alla predetta Missione 12 del Bilancio di previsione, in quanto detti oneri potrebbero essere di entità superiore alla capienza del capitolo indicato. La norma regionale in esame si pone pertanto in contrasto con l'articolo 19, comma 1, della legge n. 196 del 2009, secondo il quale “Le leggi e i provvedimenti che comportano oneri, anche sotto forma di minori entrate, a carico dei bilanci delle amministrazioni pubbliche devono contenere la previsione dell'onere stesso e l'indicazione della copertura finanziaria riferita ai relativi bilanci, annuali e pluriennali”. Ne consegue la violazione del principio di copertura finanziaria di cui all’art. 81, terzo comma, della Costituzione secondo il quale “Ogni legge che importi nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi per farvi fronte”.
La Corte Costituzionale, nella sentenza n. 181/2013, ha dichiarato incostituzionale una norma della regione Molise che non quantificava gli oneri finanziari derivanti dall’applicazione della legge, affermando che il menzionato comma 1 dell’art. 19 della l. n. 196 del 2009, “specificativo del precetto di cui all’art. 81, terzo comma, Cost., prescrive quale presupposto della copertura finanziaria la previa quantificazione della spesa o dell’onere, per l’evidente motivo che non può essere assoggettata a copertura un’entità indefinita”. La Corte, inoltre, ha più volte precisato che «il legislatore regionale non può sottrarsi a quella fondamentale esigenza di chiarezza e solidità del bilancio cui l’art. 81 Cost. si ispira» (ex multis, sentenza n. 359 del 2007); ed ha anche chiarito che la copertura di nuove spese «deve essere credibile, sufficientemente sicura, non arbitraria o irrazionale, in equilibrato rapporto con la spesa che si intende effettuare in esercizi futuri» (sentenza n. 213 del 2008).
Pertanto la norma regionale censurata, non contenendo alcuna quantificazione della spesa derivante dall’applicazione della legge, è incostituzionale.
Per i suesposti motivi le disposizioni sopra indicate devono essere impugnate dinanzi alla Corte Costituzionale, ai sensi dell’art.127 della Costituzione.
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