Dettaglio Legge Regionale

Legge sulla partecipazione. (13-7-2017)
Puglia
Legge n.28 del 13-7-2017
n.84 del 17-7-2017
Politiche socio sanitarie e culturali
8-9-2017 / Impugnata
La legge della Regione Puglia 13 luglio 2017 n. 28, recante “Legge sulla partecipazione” presenta profili di illegittimità costituzionale.

La legge regionale in esame disciplina le modalità e gli strumenti di partecipazione al dibattito pubblico su opere, progetti o interventi di particolare rilevanza per la comunità regionale.

Tuttavia i commi 2, 5 e 12 dell’art. 7 della legge in esame disciplinano strumenti di partecipazione anche riguardo a opere statali e di interesse nazionale che, ai sensi della normativa statale in materia, esulano dalla competenza regionale. Esse stabiliscono inoltre sui progetti pubblici relativi a tali opere un’inchiesta regionale che interferisce con il dibattito pubblico previsto per le opere pubbliche nazionali dalla legislazione statale di riferimento. Ne consegue la violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., ridondando le norme regionali in ambiti materiali espressamente riservati alla competenza legislativa esclusiva dello Stato in punto di determinazione dei livelli essenziali concernenti i diritti civili e sociali; la violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., per violazione dei princìpi fondamentali in materia di «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia», dettati dalla legge n. 239 del 2004; la violazione dell’art. 118, Cost., in quanto le menzionate norme regionali comportano un’interferenza con l’attività amministrativa di competenza dello Stato, e in particolare con i procedimenti riguardanti il dibattito pubblico per i progetti di competenza statale; nonché per violazione del principio di buon andamento dell'azione amministrativa ex art. 97, primo comma, della Costituzione, introducendo ingiustificati aggravamenti procedimentali.

In particolare l'art. 7, rubricato "dibattito pubblico per le grandi opere", al comma 2, prevede che: “La procedura del dibattito pubblico, tesa al confronto pubblico e alla informazione di tutti i soggetti titolari del diritto di partecipazione ai sensi dell’articolo 3, comma 1, è disposto, oltre che nelle ipotesi previste dalla normativa nazionale, per:
a) le opere di iniziativa pubblica che comportano investimenti complessivi superiori a euro 50 milioni;
b) fatta salvo quanto previsto dall’articolo 9, le previsioni di localizzazione contenute in piani regionali in relazione a opere nazionali che comportano investimenti complessivi superiori a euro 50 milioni;
c) per le opere pubbliche e private che comportano investimenti complessivi fino a euro 50 milioni, che presentino rilevanti profili di interesse regionale.”

Lo stesso art. 7, al comma 5 prevede che “ Il dibattito pubblico si svolge sulle seguenti tipologie di opere nazionali per le quali la Regione Puglia è chiamata a esprimersi:
a) infrastrutture stradali e ferroviarie,
b) elettrodotti,
c) impianti per lo stoccaggio di combustibili;
d) porti e aeroporti;
e) bacini idroelettrici e dighe;
j) reti di radiocomunicazione;
g) trivellazioni a terra e a mare per la ricerca e produzione di idrocarburi”.

Al comma 12, l’art. 7 prevede inoltre che “ All'esito del dibattito pubblico, il soggetto titolare o il responsabile della realizzazione dell'opera sottoposta a dibattito pubblico dichiara pubblicamente, motivando adeguatamente le ragioni di tale scelta, se intende, anche in accoglimento di quanto emerso dal dibattito:
a) rinunciare all'opera, al progetto o all'intervento o presentarne formulazioni alternative;
b) proporre le modifiche che intende realizzare;
c) confermare il progetto sul quale si è svolto il dibattito pubblico”.

Al riguardo è necessario rilevare che tali strumenti di partecipazione sono già previsti nell'ambito della normativa statale in materia ambientale e in particolare all'articolo 24-bis, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, così come introdotto dal D.Lgs n. 104/2017. Tale articolo in particolare prevede che "1. L'autorità competente può disporre che la consultazione del pubblico di cui all'articolo 24, comma 3, primo periodo, si svolga nelle forme dell'inchiesta pubblica, con oneri a carico del proponente, nel rispetto del termine massimo di novanta giorni. L'inchiesta si conclude con una relazione sui lavori svolti ed un giudizio sui risultati emersi, predisposti dall'autorità competente. 2. Per i progetti di cui all'allegato II, e nell'ipotesi in cui non sia stata svolta la procedura di dibattito pubblico di cui all'articolo 22 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, l'autorità competente si esprime con decisione motivata, sentito il proponente, qualora la richiesta di svolgimento dell'inchiesta pubblica sia presentata dal consiglio regionale della Regione territorialmente interessata, ovvero da un numero di consigli comunali rappresentativi di almeno cinquantamila residenti nei territori interessati, ovvero da un numero di associazioni riconosciute ai sensi dell'articolo 18 della legge 8 luglio 1986, n. 349, rappresentativo di almeno cinquantamila iscritti. 3. La richiesta di cui al comma 2, motivata specificamente in relazione ai potenziali impatti ambientali del progetto, è presentata entro il quarantesimo giorno dalla pubblicazione dell'avviso al pubblico di cui all'articolo 24, comma 1".
L'autorità competente cui la norma statale fa riferimento è definita all'articolo 5, lett. p), dello stesso decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, come "la pubblica amministrazione cui compete l'adozione del provvedimento di verifica di assoggettabilità a VIA, l'elaborazione del parere motivato, nel caso di valutazione di piani e programmi, e l'adozione dei provvedimenti di VIA"; pertanto appare chiaro che solo per i progetti di competenza regionale l'autorità competente per l'inchiesta pubblica è la Regione stessa, mentre per i progetti di competenza statale e per i progetti di fattibilità relativi alle grandi opere infrastrutturali e di architettura di rilevanza sociale, aventi impatto sulle città e sull'assetto del territorio (di cui all'art. 22 Digs 50/2016) è l’autorità nazionale competente a disporre e gestire il dibattito pubblico, eventualmente, e in alcuni casi, anche su richiesta del consiglio regionale della regione interessata.
Inoltre va rammentato che il citato D.Lgs n. 104/2017 "Attuazione della direttiva 2014/52/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, che modifica la direttiva 2011/92/UE, concernente la valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, ai sensi degli articoli 1 e 14 della legge 9 luglio 2015, n. 114", all'articolo 25, recante le "Disposizioni attuative", prevede che con successivo decreto del ministeriale saranno disciplinate le modalità di svolgimento e gestione della procedure di inchiesta pubblica di cui all'articolo 24-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.

Con l’art. 7, commi 2, 5 e 12, della legge in esame invece la Regione Puglia disciplina strumenti di partecipazione anche riguardo a opere statali e di interesse nazionale per i quali, come già detto, non può in alcun modo definirsi "autorità competente" ai sensi del D.lgs. n. 152/2006, e può essere al massimo chiamata ad esprimere il parere di spettanza.
Vi è dunque un’incompatibilità con la normativa statale del comma 2, il quale espressamente si pone oltre la previsione normativa nazionale, in quanto estende la previsione dell’inchiesta pubblica anche per opere che possono risultare di competenza statale, in quanto il valore degli investimenti utilizzato come soglia non può essere dirimente per far ritenere che le opere di cui alle lettere a), b), e c) siano automaticamente riconducibili alla competenza regionale.

Per quanto riguarda il comma 5, e in particolare per le opere di cui alle lettere b), c) e g), la norma detta disposizioni programmatiche preliminari al rilascio dell'intesa prevista dall'art. 1, comma 7, lettera n), della legge 23 agosto 2004, n. 239, per le quali tutti i provvedimenti finalizzati alla costruzione e all'esercizio sono demandati alla competenza statale.
Infatti l’art. 1, comma 7, della legge n. 239/2004 (concernente il riordino del settore energetico) prevede che siano esercitati dallo Stato, anche avvalendosi dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas, determinati compiti e funzioni amministrativi; tra questi, alla lett. n), ricomprende le determinazioni inerenti la prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi, ivi comprese le funzioni di polizia mineraria, adottate, per la terraferma, di intesa con le regioni interessate.
La norma regionale eccede inoltre dalle proprie competenze anche per quanto riguarda le trivellazioni "a mare" per la ricerca e la produzione di idrocarburi (cfr. seconda parte della lettera g).
Al riguardo si rammenta che la competenza regionale sugli idrocarburi in mare è da escludersi in ragione del fatto che le finalità, cui si collegano la ricerca e l’estrazione degli stessi, non attengono all'interesse esclusivo o prevalente delle Regioni.
Le concessioni per la ricerca e la coltivazione di idrocarburi rientrano, infatti, nel regime demaniale dello Stato; se le forme concertative nello svolgimento delle funzioni amministrative finalizzate al rilascio dei titoli per lo svolgimento delle attività di ricerca ed estrazione di idrocarburi sulla terra ferma, sono dunque garantite alle Regioni alla luce dei diversi interessi coinvolti, un regime differente è stato previsto per le attività upstream in mare.
La Regione Puglia non considera invece il fondamentale limite territoriale che connota le competenze legislative delle Regioni e che costituisce un antecedente logico rispetto alle elencazioni di materie contenute nell'art. 117, secondo e terzo comma, Cost., nonché alle altre disposizioni contenute negli artt. 114 e 118 Cost..
Ogni Regione può, infatti legiferare in relazione agli ambiti che afferiscono al proprio territorio, come delimitato dai suoi confini terrestri e, se Regione costiera, dal lido del mare. Nel mare - non solo quello libero ma anche quello territoriale - e nello spazio aereo o privo di atmosfera non sono tracciabili confini regionali come del resto nel mare libero e nello spazio non atmosferico non sono tracciabili neppure confini statali.
La Corte Costituzionale nella sentenza n. 39 del 2017 ha sottolineato che in base all’ art. 1, comma 7, della legge n. 239 del 2004 «Sono esercitati dallo Stato, anche avvalendosi dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas” i compiti amministrativi riguardanti, da una parte, «l’identificazione delle linee fondamentali dell’assetto del territorio nazionale con riferimento all’articolazione territoriale delle reti infrastrutturali energetiche dichiarate di interesse nazionale ai sensi delle leggi vigenti» (lettera g), e, dall’altra, «l’utilizzazione del pubblico demanio marittimo e di zone del mare territoriale per finalità di approvvigionamento di fonti di energia» (lettera l).
Da questo complesso normativo emerge, sempre secondo la Corte, il principio che per il rilascio dei titoli a mare la competenza dello Stato è esclusiva e che tale principio deve qualificarsi come fondamentale.
Relativamente alla legge n. 239 del 2004, infatti, la Consulta, ha già avuto modo di affermare (sentenza n. 131 del 2016) che: «[s]i tratta di norme che ridefiniscono, “in modo unitario ed a livello nazionale, i procedimenti di localizzazione e realizzazione” delle opere, “in base all’evidente presupposto della necessità di riconoscere un ruolo fondamentale agli organi statali nell’esercizio delle corrispondenti funzioni amministrative, a fronte di esigenze di carattere unitario” […], ma anche in relazione “ai criteri indicati dall’art. 118 Cost. per la allocazione e la disciplina delle funzioni amministrative, nonché al principio di leale collaborazione […]” (sentenza n. 117 del 2013)».
Inoltre sempre con riferimento alla ricerca sottomarina, la Corte, sia pure in un diverso contesto normativo, ha già affermato, con la sentenza n. 21 del 1968, che sul fondo e sul sottofondo marino si esplicano poteri di contenuto e di intensità uguali per tutta la fascia che va dalla linea della bassa marea fino al limite esterno della piattaforma, circostanza che non consente di riconoscere alle Regioni una competenza neppure con riguardo alle attività che possono esercitarsi sulla porzione di fondo e di sottofondo sottostante al mare territoriale
La legge regionale si pone dunque in contrasto con il principio fondamentale dettato dal legislatore, che riserva allo Stato la materia in questione.
Essa, infatti, nello stabilire il proprio ambito di operatività, lungi dal porre mere norme di dettaglio, modifica la disciplina unitaria dell’accesso alle attività di ricerca e coltivazione degli idrocarburi, funzionale al raggiungimento degli obiettivi della politica energetica nazionale, così violando l’art. 117, terzo comma, Cost. in relazione ai princìpi fondamentali in materia di «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia», dettati dalla legge n. 239 del 2004.

Il comma 12 dell’art. 7 prevede infine che all'esito del dibattito pubblico, il soggetto titolare dell'opera, in accoglimento di quanto emerso dal dibattito, possa dichiarare di rinunciare all'opera, al progetto o all'intervento, conferendo in tal modo all’inchiesta regionale un’indebita rilevanza determinante sul dibattito pubblico nazionale, con innegabili conseguenze sullo stesso.

Per i motivi sopra esposti, le norme regionali descritte sono incostituzionali per violazione dell’art. 117, secondo comma, lett. m), e 117, terzo comma, poiché condizionano il rilascio dell’intesa regionale allo svolgimento di un dibattito pubblico "a regia regionale", intervenendo in una materia di competenza esclusiva statale, quale quella relativa alle opere pubbliche di interesse nazionale, e in una materia a legislazione concorrente quale quella relativa all’energia. Esse infatti contrastano con le menzionate norme statali che definiscono in modo unitario ed a livello nazionale, i procedimenti di localizzazione e realizzazione delle opere, riconoscendo un ruolo fondamentale agli organi statali nell’esercizio delle corrispondenti funzioni amministrative, a fronte di esigenze di carattere unitario. Le norme regionali inoltre, comportando una interferenza con l’attività amministrativa di competenza dello Stato, e in particolare con i procedimenti riguardanti il dibattito pubblico per i progetti di competenza statale, violano l’art. 118, Cost., in attuazione del quale sono peraltro attribuite allo Stato anche le competenze amministrative in materia di impianti e infrastrutture energetiche considerate di preminente interesse nazionale per la sicurezza del sistema elettrico e degli approvvigionamenti.
La Corte Costituzionale, ha peraltro già chiarito a quali titoli di competenza vadano ascritte disposizioni normative concernenti la disciplina dell'intesa prevista dal menzionato art. 1, comma 7, lettera n), della legge n. 239 del 2004. Con sentenza n. 331/2010, infatti, il Giudice delle leggi ha affermato che: «la disciplina normativa di queste forme di collaborazione e dell'intesa stessa, spetta [...] al legislatore che sia titolare della competenza legislativa in materia: si tratta, vale a dire, del legislature statale, sia laddove questi sia chiamato a dettare una disciplina esaustiva con riferimento alla tutela dell’ambiente, sia laddove la legge nazionale si debba limitare ai principi fondamentali, con riferimento all'energia. Anche in quest'ultimo caso, infatti, determinare le forme ed i modi della collaborazione, nonché le vie per superare l’eventuale stallo ingenerato dal perdurante dissenso tra le parti, caratterizza, quale principio fondamentale, l'assetto normativo vigente e le stesse opportunità di efficace conseguimento degli obiettivi prioritari, affidati dalla Costituzione alle cure del legislatore statale.»
Con specifico riferimento ai procedimenti di autorizzazione di infrastrutture energetiche, le norme impugnate violano, altresì, l’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., ridondando in ambiti materiali espressamente riservati alla competenza legislativa esclusiva dello Stato in punto di determinazione dei livelli essenziali concernenti i diritti civili e sociali.
I menzionati commi 2, 5 e 12 dell’art. 7 della legge regionale in esame introducono pertanto un'alterazione nel procedimento di composizione d'interessi confliggenti nell'ambito dell'inchiesta pubblica, disciplinato dal legislatore statale nell'art. 24-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, così come introdotto dal Digs 104/2017, da ritenersi norma afferente ai livelli essenziali delle prestazioni di cui all'art. 117, secondo comma, lett. m) della Costituzione, ed in quanto tale, suscettibile di modificazioni solo ad opera del legislatore statale, cui è riconosciuta competenza legislativa esclusiva nella materia de qua.
Le norme in questione comportano infatti un’alterazione del quadro normativo e una disparità di trattamento di taluni impianti e infrastrutture sul territorio nazionale, introducendo ulteriori oneri procedimentali, raddoppiando la consultazione pubblica già svolta dall’autorità statale competente, con tempi ingiustificatamente prolungati, in un’unica regione italiana, sottraendo tra l’altro tali infrastrutture ad una valutazione unitaria, di competenza statale, volta a tracciare le linee fondamentali dell’assetto energetico del territorio nazionale nella politica energetica, importanti per stimolare la ripresa economica del nostro Paese.
In ultima analisi, siffatta alterazione del quadro normativo, che introduce ulteriori oneri procedimentali e tempi ingiustificatamente prolungati, tinge, ancora, d’illegittimità la norma contrastata per violazione del principio di buon andamento dell'azione amministrativa ex art. 97, primo comma, della Costituzione. Infatti secondo l’insegnamento della Corte Costituzionale (sent. n. 298/2013), "non risultano conformi al dettato dell'art. 97 Cost. le disposizioni regionali, che stabiliscano ingiustificati aggravamenti procedimentali ai fini del rilascio dell'intesa in materia di energia, la quale ricade nella competenza legislativa concorrente ex art. 117, terzo comma, Cost"; ancora più ingiustificate risulterebbero poi le disposizioni testé descritte in quanto in generale, e non solo quindi per le opere e infrastrutture energetiche, afferiscono comunque alla materia riguardante le opere pubbliche di competenza statale

Per i motivi esposti le disposizioni regionali indicate devono essere impugnate dinanzi alla Corte Costituzionale, ai sensi dell’art. 127 Cost.

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