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Disposizioni sui tempi per gli interventi di riqualificazione ambientale delle cave ricadenti in aree di crisi ed in Zone Altamente Critiche (ZAC) e per le cave abbandonate del Piano Regionale delle Attività Estrattive. Modifiche alla legge regionale 13 dicembre 1985, n. 54. (28-7-2017)
Campania
Legge n.22 del 28-7-2017
n.61 del 31-7-2017
Politiche infrastrutturali
28-9-2017 /
Impugnata
La legge regionale, che detta norme sui tempi per gli interventi di riqualificazione ambientale delle cave ricadenti in aree di crisi ed in Zone Altamente Critiche (ZAC) e per le cave abbandonate del Piano Regionale delle Attività Estrattive. Modifiche alla legge regionale 13 dicembre 1985, n. 54, presenta aspetti di illegittimità con riferimento all'articolo 2 , comma 1, lettera c) che modifica l'articolo 25, comma 20, del Piano regionale attività estrattive, prevedendo la prorogabilità triennale di titoli concessori sulle aree suscettibili di nuove estrazioni.
Premesso che desta perplessità la scelta di modificare con una legge regionale un atto complesso qual è il piano in parola ( che è un provvedimento, di norma, approvato dal Consiglio regionale, su proposta della Giunta regionale, sentiti i Comuni, le Comunità montane ed i comprensori interessati, nonché le Province), si rileva che la proroga dei rapporti concessori viola il disposto dell'articolo 117, primo e secondo comma lettere e) ed l) della Costituzione, nella parte in cui prevede che la potestà legislativa sia esercitata dallo Stato nel rispetto dei vincolì derivanti dall'ordinamento comunitario, nonché nella parte in cui assegna allo Stato la competenza esclusiva a legiferare in materia di tutela della concorrenza e di ordinamento civile.
Nello specifico, si evidenzia come la previsione della proroga dei contratti di concessione in parola , in primo luogo, incide su principi fondanti dell'ordinamento comunitario quali quello di libertà di concorrenza, di libertà di stabilimento, di libertà di prestazione dei servizi, di parità di trattamento e divieto di discriminazione in base alla nazionalità, di trasparenza e non discriminazione; inoltre, si interseca con la materia dei contratti pubblici, la cui disciplina, come ormai costantemente affermato dal Giudice delle leggi, spetta alla competenza esclusiva dallo Stato perchè riconducibile sia all'ambito della legislazione della tutela della concorrenza (per tutte quelle attivita che concernono la disciplina delle procedure di gara) che all'ambito della legislazione dell'ordinamento civile (per tutte le attività di definizione ed esecuzione del rapporto contrattuale).
In particolare, la direttiva 12 dicembre 2006, n. 2006/123, con l'articolo 12, ha stabilito che il rilascio di autorizzazioni, qualora il loro numero sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali (come accade per le miniere), deve essere soggetto a una procedura di selezione tra i candidati potenziali che deve presentare tutte le garanzie di imparzialità e di trasparenza (in particolare un'adeguata pubblicità), affermando, inoltre che è vietata una proroga ex lege della data di scadenza delle autorizzazioni perchè equivale a un loro rinnovo automatico. Tali principi sono stati attuati con gli articoli 14 e 16 del d.lgs. n. 59/2010 di recepimento della direttiva sopra citata.
In materia di concessioni di beni pubblici, si segnala come la Corte costituzionale, con sentenza 4 luglio 2013, n. 171 e con sentenza 13 gennaio 2014, n. 2, abbia già dichiarato l'incostituzionalita di leggi regionali che prevedevano rinnovo automatico dei contratti di concessione di beni pubblici (si trattava di concessioni di beni del demanio marittimo) e come la. Corte di Giustizia (C-458/14 e C-67/15, Promoimpresa e Melis) abbia bocciato la disciplina di proroga automatica delle autorizzazioni demaniali marittime e lacuali in essere per attivita turistico¬ricreative, in assenza di qualsiasi procedura di selezione tra i potenziali candidati.
La stessa Corte di Giustizia dell'Unione europea ha ricondotto le concessioni per lo sfruttamento delle risorse naturali alla direttiva 12 dicembre 2006, n. 2006/123 — recepita in Italia dal dlgs. 26 marzo 2010, n. 59, affermando che la proroga automatica di autorizzazioni relative allo sfruttamento di risorse economico del demanio marittimo e lacuale di per se stessa ostacola (come, peraltro, nel caso all'esame) una procedura di selezione trasparente.
Gli Stati membri possono tener conto, esclusivamente allorquando stabiliscono le regole della procedura di selezione, di considerazioni legate a motivi imperativi d'interesse generale fra cui la tutela del legittimo affidamento del concessionario, che richiede tuttavia una valutazione caso per caso che consenta di dimostrare che titolare dell’autorizzazione poteva legittimarnente aspettarsi il rinnovo della propria autorizzazione e ha effettuato i relativi investimenti; una siffatta giustificazione non può pertanto essere invocata validamente a sostegno di una proroga automatica istituita dal legislatore nazionale e applicata indiscriminatamente a tutte le autorizzazioni in questione, specie quando contestualmente alla proroga non sia stata indetta una procedura di gara; la necessità della proroga a tutela degli investimenti effettuati dall'originario concessionario, in quanto espressione della certezza del diritto, trova un ulteriore limite nella circostanza che al momento del rilascio della concessione era già stato chiarito che i contratti aventi un interesse transfrontaliero certo dovevano essere soggetti a obblighi di trasparenza, cosicché il principio della certezza del diritto non può essere invocato per giustificare una disparità di trattamento vietata in forza dell'art. 49 TFUE.
La Corte di Giustizia, infine, ha disposto che qualora non sia applicabile la disciplina stabilita dalla direttiva n. 123/2006 o una qualsiasi altra direttiva relativa alle diverse categorie di appalti pubblici, l'Amministrazione è tenuta a rispettare le regole fondamentali del Trattato FUE, in generale, e il principio di non discriminazione, in particolare; sicché, ove la concessione presenti un interesse transfrontaliero certo, la sua assegnazione in totale assenza di trasparenza ad un'impresa con sede nello Stato membro dell'amministrazione aggiudicatrice costituisce una disparità di trattamento a danno di imprese con sede in un altro Stato membro che potrebbero essere interessate alla suddetta concessione.
Per tutto quanto sin qui esposto la norma regionale in esame , nel porsi in contrasto con la direttiva 12 dicembre 2006, n. 2006/123 — recepita in Italia dal dlgs. 26 marzo 2010, n. 59 — viola l’articolo 117 primo comma della Costituzione, nella parte in cui prevede che la potestà legislativa sia esercitata dallo Stato nel rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario, risultando altresì violare l’articolo 117, secondo comma lettere e) ed l) della Costituzione nella parte in cui assegna allo Stato la competenza esclusiva a legiferare in materia di tutela della concorrenza e di ordinamento civile.
Per questi motivi la legge regionale deve essere impugnata ai sensi dell’articolo127 della Costituzione, limitatamente alla norma indicata.
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