Dettaglio Legge Regionale

“Modifica ed integrazione della legge regionale 12 febbraio 2016, n. 2 (Istituzione del registro tumori di popolazione della Regione Calabria)”. (14-3-2024)
Calabria
Legge n.9 del 14-3-2024
n.58 del 15-3-2024
Politiche socio sanitarie e culturali
6-5-2024 / Impugnata
Con la legge in esame, la Regione Calabria introduce modifiche e integrazioni alla legge regionale 12 febbraio 2016, n. 2 (Istituzione del registro tumori di popolazione della Regione Calabria).
In particolare, l’art. 5 della l.r. in esame inserisce nella l.r. 2/2016 l’art. 3-ter, recante clausola valutativa, che alla lettera b) prevede che la Giunta regionale relazioni annualmente alla compente Commissione del Consiglio regionale, tra l'altro, relativamente agli “interventi da parte della Giunta regionale nella programmazione sanitaria e nella rimodulazione dell’offerta sanitaria territoriale e ospedaliera..."
L'art. 3-ter, lett. b) citato presenta profili di illegittimità costituzionale in quanto, nel prevedere interventi da parte della Giunta regionale nella programmazione sanitaria e nella rimodulazione dell’offerta sanitaria territoriale e ospedaliera e la relativa, conseguenziale, attività di relazione alla commissione consiliare, rimette all’organo regionale una materia che rientra nelle attribuzioni del Commissario ad acta, incaricato dell’attuazione del Piano di rientro dal disavanzo sanitario previamente concordato tra lo Stato e la Regione Calabria.
La norma, pertanto, viola l’art. 120, comma secondo della Costituzione, in quanto gli interventi programmatori e di rimodulazione dell’offerta assistenziale di cui alla richiamata lettera b) e la relativa, conseguenziale, attività di relazione alla Commissione consiliare che la norma regionale rimette alle competenze della Giunta regionale, rientrano nelle attribuzioni del Commissario ad acta incaricato dell’attuazione del Piano di rientro dal disavanzo sanitario previamente concordato tra lo Stato e la regione interessata.
Ne deriva una potenziale interferenza con una materia di competenza del Commissario ad acta, che, in quanto tale, non può essere oggetto di legislazione regionale.
La legge, pertanto, va impugnata, ai sensi dell’art. 127 della Costituzione.
Al riguardo, si richiama l’articolata giurisprudenza costituzionale costante nel ritenere che le funzioni del Commissario ad acta, come definite nel mandato conferitogli e come specificate dai programmi operativi (ex art. 2, comma 88, della legge n. 191 del 2009), “ pur avendo carattere amministrativo e non legislativo (sentenza n. 361 del 2010), devono restare, fino all’esaurimento dei compiti commissariali, al riparo da ogni interferenza degli organi regionali – anche qualora questi agissero per via legislativa – pena la violazione dell’art. 120, secondo comma, Cost.” (cfr. sentenza n. 190 del 2017; ex plurimis, sentenze n. 278 e n. 110 del 2014, n. 228, n. 219, n. 180 e n. 28 del 2013 e già n. 78 del 2011).
Nella stessa direzione la giurisprudenza costituzionale ha evidenziato che l’illegittimità costituzionale della legge regionale può sussistere “anche quando l’interferenza è meramente potenziale e, dunque, a prescindere dal verificarsi di un contrasto diretto con i poteri del commissario incaricato di attuare il piano di rientro” (sentenze n. 110 del 2014, n. 14 del 2017 e n. 227 del 2015).
La Corte Costituzionale (sentenza n. 110 del 2014 ) ha, altresì, ribadito che l’autonomia legislativa delle regioni nel settore della tutela della salute ed in particolare nell’ambito della gestione del servizio sanitario è concorrente con quella statale e, pertanto, può incontrare limiti alla luce degli obiettivi della finanza pubblica e del contenimento della spesa, in un quadro di esplicita condivisione da parte delle regioni della assoluta necessità di contenere i disavanzi del settore sanitario. Pertanto, il legislatore statale può legittimamente imporre alle regioni vincoli alla spesa corrente per assicurare l’equilibrio unitario della finanza pubblica complessiva, in connessione con il perseguimento di obiettivi nazionali, condizionati anche da obblighi comunitari, identificando tali vincoli con gli interventi individuati negli accordi di cui all’art. 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2005), finalizzati a realizzare il contenimento della spesa sanitaria ed a ripianare i debiti (i c.d. piani di rientro).
Ciò posto, giova rammentare che la fonte della disciplina del commissario ad acta va rinvenuta all’articolo 120 della Costituzione.
La legge 5 giugno 2003 n. 131, contenente “Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla L.Cost., 18 ottobre 2001, n. 3” (cd legge La Loggia), con l’articolo 8, comma 1, ha dettato i principi per l’attuazione dell’articolo 120 della Costituzione sul potere sostitutivo. Tale potere deve sempre essere supportato da una previsione normativa, che indichi i presupposti sostanziali e procedurali per l’esercizio dello stesso. Il potere conferito dal Governo al commissario ad acta trova fondamento e limite nella delega governativa, attraverso la delibera di nomina. In caso di esercizio del potere sostitutivo statale, si determina dunque la cessazione del potere d’intervento regionale.
Considerato che la disciplina contenuta nel secondo comma dell’art. 120 Cost. non può essere interpretata come implicitamente legittimante il conferimento di poteri di tipo legislativo ad un soggetto che sia stato nominato Commissario del Governo, sul punto è intervenuto il decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, che, modificando la legge 23 dicembre 2009, n. 191, ha ulteriormente integrato la materia stabilendo che, qualora, in corso di attuazione del piano o dei programmi operativi, gli ordinari organi di attuazione del piano o il commissario ad acta rinvengano ostacoli derivanti da provvedimenti legislativi regionali, li trasmettono al Consiglio regionale, indicandone puntualmente i motivi di contrasto con il Piano di rientro o con i programmi operativi.
Il Consiglio regionale, entro i successivi sessanta giorni, deve apportare le necessarie modifiche alle leggi regionali in contrasto, sospendendole o abrogandole. Qualora il Consiglio regionale non provveda ad apportare le necessarie modifiche legislative entro i termini indicati, ovvero vi provveda in modo parziale o comunque in modo tale da non rimuovere gli ostacoli all’attuazione del piano o dei programmi operativi, il Consiglio dei ministri adotta, ai sensi dell’articolo 120 della Costituzione, le necessarie misure, anche normative, per il superamento dei predetti ostacoli.
Dal quadro così delineato, emerge chiaramente che i provvedimenti regionali, sia pur finalizzati al rispetto degli obiettivi posti dai piani di rientro, non possono, in alcun caso, sovrapporsi ai poteri attribuiti al commissario ad acta.
Ciò posto, venendo al dettaglio della disposizione regionale oggetto di esame, si ritiene che sia fonte di un rischio di potenziale interferenza con le funzioni del Commissario ad acta la stessa attività di rendicontazione della Giunta alla commissione consiliare su temi che sono oggetto del mandato commissariale (quali gli “interventi da parte della Giunta regionale nella programmazione sanitaria e nella rimodulazione dell’offerta sanitaria territoriale e ospedaliera.”).
Non può trascurarsi di considerare che è lo stesso Commissario ad acta a rendicontare (non alla commissione consiliare regionale) ma direttamente al Governo, nelle sedute dei Tavoli di verifica, sui risultati raggiunti a verifica dell'attuazione del piano di rientro, con periodicità trimestrale e annuale.
Peraltro, tenuto conto che la generalità delle attribuzioni della Giunta in materia sanitaria sono assorbite dal Commissario ad acta sino ad esaurimento del relativo mandato, la norma censurata appare inutiliter data: non si vede, infatti, quali siano gli interventi che la Giunta può realizzare in materia di programmazione sanitaria o rimodulazione dell’offerta sanitaria e sui quali, secondo la disposizione attenzionata, sarebbe chiamata a relazionare.
Al riguardo, si segnala che nel censurare le interferenze anche solo potenziali con le funzioni attribuite al Commissario, la Corte Costituzionale ha, altresì, evidenziato (sent. n. 233 del 2019) che la pretesa della regione di fungere da supporto all’attività commissariale si pone in contrasto con l’esercizio pieno della potestà sostitutiva statale, benché resti, comunque, consentita la partecipazione paritaria della regione al Tavolo di verifica del Piano di rientro e al Comitato sui livelli essenziali di assistenza sanitaria.
Tanto premesso, sebbene nel caso in esame non sia ravvisabile un diretto contrasto con i poteri del commissario, ricorre una situazione di potenziale e indiretta interferenza sulle funzioni commissariali, idonea ad integrare la violazione dell’art. 120, secondo comma, Cost.
Giova, infatti, rammentare – come già ha sottolineato in passato dalla Corte, sin dalla sentenza n. 193 del 2007 – che l’operato del commissario ad acta, incaricato dell’attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario previamente concordato tra lo Stato e la regione interessata, sopraggiunge all’esito di una persistente inerzia degli organi regionali, essendosi questi ultimi sottratti – malgrado il carattere vincolante (art. 1, comma 796, lettera b), della legge 27 dicembre 2006, n. 296) dell’accordo concluso dal Presidente della Regione – ad un’attività che è imposta anche dalle esigenze della finanza pubblica.
È, dunque, proprio tale dato – in uno con la constatazione che l’esercizio del potere sostitutivo è, nella specie, imposto dalla necessità di assicurare la tutela dell’unità economica della Repubblica, oltre che dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti un diritto fondamentale (art. 32 Cost.), qual è quello alla salute – a legittimare la conclusione secondo cui le funzioni amministrative del commissario, ovviamente fino all’esaurimento dei suoi compiti di attuazione del piano di rientro, devono essere poste al riparo da ogni interferenza degli organi regionali, senza che possa essere evocato il rischio di fare di esso l’unico soggetto cui spetti di provvedere per il superamento della situazione di emergenza sanitaria in ambito regionale.
In conclusione, l’art. 3 ter, lettera b) della l.r. n. 2/2016, come introdotto dall’art. 5 della legge n.9/2024, laddove prevede che la Giunta regionale relazioni annualmente alla compente Commissione del Consiglio regionale, tra l'altro, relativamente agli “..interventi da parte della Giunta regionale nella programmazione sanitaria e nella rimodulazione dell’offerta sanitaria territoriale e ospedaliera...", opera una potenziale interferenza con la materia di competenza del Commissario ad acta, che, in quanto tale, non può essere oggetto di legislazione regionale.
Alla luce dei motivi sopra illustrati si ritiene sussistano i presupposti per l’impugnativa davanti alla Corte costituzionale, ex art. 127 della Costituzione, dell'art. 5, nella parte in cui introduce l’art. 3 ter, lettera b), della l.r. n. 2/2016, in quanto in violazione dell’art. 120, comma secondo, della Costituzione, poichè l’intervento legislativo interferisce con i poteri e le funzioni assegnati al Commissario incaricato di attuare il Piano di rientro dal deficit sanitario della Regione Calabria.

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