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Disciplina organica della gestione dei rifiuti e principi di economia circolare. (20-10-2017)
Friuli Venezia Giulia
Legge n.34 del 20-10-2017
n.42 del 25-10-2017
Politiche infrastrutturali
18-12-2017 /
Impugnata
La legge regionale , che reca una disciplina organica della gestione dei rifiuti e principi di economia circolare, eccede dalle competenze riconosciute alla regione Friuli Venezia Giulia dallo Satuto speciale di autonomia (l.c. n. 1/1963), con riferimento alle norme contenute negli articoli 13, 15, comma 4, e 23 che, rispettivamente si pongono in contrasto con gli articoli 13, 94 e 208, comma 13, del d.lgs. n. 152 del 2006, andando a violare l’art. 4, comma primo, dello Statuto di autonomia , risultando invasive della competenza legislativa in materia di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema riconosciuta allo Stato dall’art. 117, secondo comma, lett. s), della Costituzione.
Si premette che la disciplina dei rifiuti afferisce alla materia della tutela dell'ambiente, attribuita alla potestà legislativa esclusiva dello Stato (Corte Costituzionale, sentenza 249/2009). Le norme contenute nel d.lgs. n. 152/2006 sono espressione di questa potestà legislativa esclusiva e si impongono all’osservanza delle Regioni, anche a statuto speciale, che non possono derogarvi neppure in via sussidiaria e cedevole.
Ciò premesso, risultano quindi censurabili le seguenti disposizioni della legge regionale:
1) L’ art. 13 definisce il procedimento di formazione, adozione e approvazione del Piano regionale di gestione dei rifiuti in modo non coerente con le disposizioni di cui al Titolo II della Parte Seconda del d.lgs. n. 152/2006, in quanto omette di considerare, all’interno del procedimento, tutte le necessarie e simultanee fasi di redazione del Rapporto ambientale di VAS previste dalla normativa statale e comunitaria in materia.
In particolare, sebbene nella legge in oggetto si faccia esplicito riferimento alle diposizioni contenute nel d.lgs. n.152/2006, si deve evidenziare che la normativa in esame appare regolare la procedura in modo tale da escludere la necessità di svolgere la fase di valutazione e di consultazione preliminare, come prevista dall’ art. 13 comma 1 del d.lgs. n. 152/2006, ai sensi del quale“Sulla base di un rapporto preliminare sui possibili impatti ambientali significativi dell'attuazione del piano o programma, il proponente e/o l'autorità procedente entrano in consultazione, sin dai momenti preliminari dell'attività di elaborazione di piani e programmi, con l'autorità competente e gli altri soggetti competenti in materia ambientale, al fine di definire la portata ed il livello di dettaglio delle informazioni da includere nel rapporto ambientale».Tale omissione determina che all’interno del procedimento non venga predisposto un provvedimento di adozione di un documento di Piano (in versione preliminare) e del corrispondente Rapporto preliminare di VAS; in conseguenza di ciò non vengono effettuate le necessarie consultazioni di scoping. La situazione, in sintesi, è del tutto analoga a quella della disposizione regionale colpita da illegittimità costituzionale dalla sent. n. 210 del 2016 con riferimento al rapporto ambientale.
2) L’articolo 15, comma 4, prevede che «le discariche per rifiuti pericolosi e per rifiuti non pericolosi sono localizzate a distanza superiore a tremila metri dai punti di captazione posti a valle delle stesse». Al riguardo si rileva che l’insediamento di centri di pericolo, a maggior ragione per la tipologia di cui trattasi, in prossimità di un’opera di captazione di acque destinate al consumo umano non può essere semplicisticamente subordinato ad una distanza predefinita applicabile in modo uniforme a tutto il territorio regionale ma va regolamentato a livello regionale nell’ambito della norma sulle aree di salvaguardia di cui all’articolo 94 del decreto legislativo n. 152/2006 in funzione delle caratteristiche idrogeologiche dei siti interessati. La disposizione da ultimo menzionata, in particolare, prevede, al comma 1, che le aree di salvaguardia, suddivise in zona di tutela assoluta, zona di rispetto e zona di protezione, debbano essere definite in maniera specifica e caso per caso, in relazione alle singole captazioni o derivazioni, sulla base delle indicazioni riportate nello stesso art. 94. In tema è peraltro intervenuto anche l’Accordo tra Stato e Regioni del 12 dicembre 2002 (Linee guida per la tutela della qualità delle acque destinate al consumo umano e criteri generali per l’individuazione delle aree di salvaguardia delle risorse idriche). Quindi appare evidente che la prescrizione imposta dalla norma in oggetto sul potenziale insediamento di discariche di rifiuti pericolosi e non pericolosi rispetto alle opere di captazione secondo un criterio generale meramente geometrico (3000 metri a monte delle captazioni), anche se in alcuni casi potrebbe essere sufficiente a garantire la sicurezza degli acquiferi utilizzati, non esclude a priori che per molti altri possa essere del tutto inadeguato.
3) L’articolo 22 della legge regionale in oggetto, prevede al comma 1 la «sospensione dell’autorizzazione unica» a seguito del verificarsi di alcune specifiche condizioni. In tali casi l’autorità competente in materia di gestione dei rifiuti diffida, ai sensi del comma 2, il soggetto titolare dell’autorizzazione unica a far cessare la causa dell’inadempimento o della violazione assegnandogli un termine entro cui provvedere. Il comma 3 stabilisce altresì che qualora il soggetto titolare dell’autorizzazione unica non ottemperi, a quanto previsto nell’atto di diffida, entro il termine assegnato nell’atto di diffida stesso, è ordinata la sospensione dell’attività autorizzata per un periodo massimo di dodici mesi. Il comma 4 infine prevede che per motivi di tutela igienico-sanitaria e della salute pubblica può essere disposta la sospensione dell’attività autorizzata a decorrere dalla data di ricezione della diffida.
Ciò premesso l’articolo 22 prevede procedure di intervento, da parte dell’autorità competente in caso di inosservanza delle prescrizioni autorizzative, almeno in parte differenti da quanto stabilito dall’articolo 208, comma 13 alle lettere b) e c), d.lgs. n. 152/06. Queste stabiliscono infatti: alla lettera b) che la sospensione dell’autorizzazione per un tempo determinato viene prevista, contestualmente all’atto di diffida, al manifestarsi di situazioni di pericolo per la salute pubblica e per l’ambiente; mentre alla lettera c) la revoca dell’autorizzazione nel caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida e in caso di reiterate violazioni che creino situazioni di pericolo per la salute e l’ambiente.
Sulla base delle norme come riportate appare evidente il contrasto tra il comma 3, articolo 22 della legge regionale secondo il quale alla non ottemperanza a quanto previsto nell’atto di diffida entro il termine assegnato nell’atto di diffida stesso, è ordinata la sospensione dell’attività autorizzata per un periodo massimo di dodici mesi; e quanto invece stabilito, differentemente, dalla lettera c), comma 13, dell’articolo 208, d.lgs. n. 152/06 che prevede, in caso di non ottemperanza a quanto previsto nell’atto di diffida “la revoca” dell’autorizzazione in luogo “della sospensione”.
Per i motivi sopra esposti le norme regionali indicate devono essere impugnate ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione in quanto eccedono dalle competenze Statutarie della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, violando l'articolo 4 dello stesso Statuto speciale, in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lett. s), della Costituzione.
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