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“Disposizioni per la gestione unitaria ed efficiente delle funzioni afferenti al Servizio idrico integrato”. (28-3-2024)
Puglia
Legge n.14 del 28-3-2024
n.27 del 2-4-2024
Politiche infrastrutturali
29-5-2024 /
Impugnata
La legge della Regione Puglia n.14 del 28 marzo 2024 recante “Disposizioni per la gestione unitaria ed efficiente delle funzioni afferenti al servizio idrico integrato” è censurabile relativamente a diverse disposizioni, che, per le ragioni che di seguito si illustrano, violano l’articolo 117, primo comma e secondo comma , lettere e), l) , ed s) della Costituzione, con riferimento al rispetto del diritto europeo e alla competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela della concorrenza, ordinamento civile e tutela dell’ambiente, in quanto recanti una disciplina incompatibile? con i requisiti necessari per la configurabilità dell’in house providing come definito dal? Testo Unico in materia di società a partecipazione pubblica, nonché con le disposizioni statali che hanno disciplinato la gestione del servizio idrico integrato in Puglia, e, infine con la disciplina contenuta nell’art. 149 – bis del D.lgs. n. 152 del 2006 recante l’individuazione dei? presupposti necessari per l’affidamento diretto dei servizi idrici integrati.?
Risultano in particolare censurabili, gli articoli 1, 2, 3, 4, 5, 6 e 7:?
l’art. 1 (“Oggetto e finalità”) enuncia gli intenti che la legge dichiara di perseguire, consistenti nel disciplinare: “… incentivi ai Comuni pugliesi per la costituzione di una società nel rispetto dell’articolo 6, comma 2, ultimo periodo, del decreto legislativo 23 dicembre 2022, n. 201 (Riordino della disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica), con la finalità di assicurare l’esercizio unitario ed efficiente delle funzioni comunali afferenti alla gestione del Servizio idrico integrato (SII) nell’ambito territoriale unico regionale, istituito con legge regionale 6 settembre 1999, n. 28 (Delimitazione degli ambiti territoriali ottimali e disciplina delle forme e dei modi di cooperazione tra gli enti locali, in attuazione della legge 5 gennaio 1994, n. 36), nonché con la finalità di creare le condizioni per l’individuazione, da parte dell’autorità idrica pugliese, nell’esercizio delle proprie competenze, delle modalità di affidamento del SII che ritiene più opportuna, tra quelle previste dal d.lgs. 201/2022 e dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale)”;??
l’art. 2 (“Società dei Comuni pugliesi”) prevede che, per il raggiungimento delle finalità di cui all’art. 1: “i Comuni pugliesi possono costituire, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, una società per azioni, denominata Società veicolo, a totale partecipazione pubblica e a controllo analogo congiunto di tutti i Comuni ricadenti nel territorio regionale, da esercitare indipendentemente dalla partecipazione al capitale sociale”;??
l’art. 3 (“Capitale sociale e finanziamento regionale”) prevede lo stanziamento di somme economiche da parte della Regione per le finalità della legge, consistenti in: a) 400.000 euro quale capitale sociale della società e, pur nella non chiara formulazione della legge, sembrerebbe trattarsi di una somma attribuita dalla Regione ai Comuni, “in base alla consistenza delle infrastrutture destinate alla gestione del SII”, e che questi a loro volta conferiranno alla costituenda società (art. 3, comma 1); b) contributo di 300.000 euro destinato dalla Regione direttamente alla costituenda società (art. 3, comma 3);??
l’art. 4 (“Incentivi”) prevede, al comma 2, che: “a seguito della costituzione della Società veicolo nel termine previsto nell’articolo 2, la Regione avvierà il trasferimento graduale a titolo gratuito, nella misura massima del 20 per cento, delle azioni di Acquedotto Pugliese s.p.a. in favore dei Comuni aderenti, in proporzione alla consistenza delle infrastrutture destinate alla gestione del SII, come riportata nell’allegato A. Ciascun comune aderente si impegna a trasferire le suddette azioni alla Società veicolo entro trenta giorni dall’acquisizione, pena la decadenza dell’incentivo”;?
?gli artt. 5, 6 e 7 disciplinano, poi, la costituzione, le elezioni e le funzioni del “Comitato di coordinamento e controllo” che viene costituito nel caso in cui alla data del 30 giugno 2025 non tutti i Comuni pugliesi abbiano aderito alla Società veicolo; la legge prevede che, tramite la partecipazione al detto Comitato, tutti i Comuni della Regione, ancorché non aderenti alla società veicolo, esercitano sulla detta? società i poteri di “indirizzo, coordinamento, controllo e supervisione sugli obiettivi strategici e sulle decisioni più significative” (art. 5, comma 1).??
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Si ricorda che, come costantemente affermato dalla giurisprudenza costituzionale (sentenze nn. 119/2022, 93/2017, 160/2016, 187/2011, 128/2011, 325/2010, 142/2010, 307/2009, 246/2009), la disciplina concernente l’affidamento del servizio idrico integrato attiene alle materie della tutela della concorrenza e della tutela dell’ambiente, riservate alla competenza legislativa esclusiva dello Stato (ex articolo 117, comma 2, lettere e) ed s), della Costituzione). In questo contesto, la legge regionale deve limitarsi a individuare l’ente o il soggetto preposto a deliberare la forma di gestione del servizio idrico integrato e ad aggiudicare la gestione di detto servizio, ma non dovrebbe direttamente provvedere all’esercizio di tali funzioni, neanche precostituendone le condizioni, come nel caso della legge regionale in esame.
Le sopra descritte disposizioni regionali appaiono dunque inficiate da plurimi vizi di legittimità costituzionale, che di seguito si illustrano.?
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Innanzitutto, occorre premettere che, come noto, il il D.lgs. 11 maggio 1999, n. 141, all’art. 1, ha disposto la trasformazione del preesistente Ente Autonomo Acquedotto Pugliese (EAAP) (costituito con Regio decreto-legge 19 ottobre 1919, n. 2060, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 settembre 1920, n. 1365) in società per azioni con la denominazione di «Acquedotto pugliese S.p.a.», le cui azioni, ai sensi dell’art. 4, D.lgs. n. 141/1999, sono state definitivamente trasferite senza oneri alle Regioni Puglia e Basilicata e, successivamente, sono interamente confluite nel patrimonio della Regione Puglia, che allo stato è l’unico azionista della società. Inizialmente, l’art. 4, comma 1, prevedeva, al secondo periodo, un obbligo per dette Regioni di dismettere, con procedure ad evidenza pubblica, tali partecipazioni azionarie, successivamente l'articolo 149-bis, del D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, inserito dall'articolo 7, comma 1, lettera d), del D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito con modificazioni dalla Legge 11 novembre 2014, n. 164, ha abrogato tale previsione.??
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L’art. 2, comma 1 del predetto D.lgs. 141/1999, ha affidato ad Acquedotto pugliese s.p.a, sino al 31 dicembre 2018, la prosecuzione dei compiti precedentemente svolti dall’Ente Autonomo Acquedotto Pugliese (EAAP) prima della trasformazione in Acquedotto pugliese s.p.a. L’art. 16-bis del D.L. 6 novembre 2021, n. 152, convertito con modificazioni dalla Legge 29 dicembre 2021, n. 233, ha prorogato più volte tale termine che è attualmente è fissato al 31.12.2025 e? al comma 2, ha altresì disposto, senza prevedere un termine di scadenza, che Acquedotto pugliese s.p.a. debba provvedere alla “gestione del ciclo integrato dell’acqua e, in particolare, alla captazione, adduzione, potabilizzazione, distribuzione di acqua ad usi civili, di fognatura e depurazione delle acque reflue”.??
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La Regione Puglia, già precedentemente aveva fatto il tentativo di incidere sulla disciplina statale di cui al D.lgs. n. 141/1999 con proprie norme: in particolare, con la legge regionale 20 giugno 2011, n. 11, era stata istituita l’azienda pubblica regionale “Acquedotto pugliese – AQP” cui veniva affidato il servizio idrico integrato regionale (art. 2, comma 1), con subentro di tale azienda nel patrimonio e nei rapporti della Acquedotto pugliese s.p.a. (art. 5).??
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La Corte costituzionale con sentenza n.62/2012 ha dichiarato l’illegittimità delle disposizioni regionali in quanto la normativa statale non consente che la legge regionale individui direttamente il soggetto affidatario della gestione del SII e che stabilisca i requisiti generali dei soggetti affidatari di tale gestione. In secondo luogo, la Corte ha dichiarato costituzionalmente illegittima la normativa regionale del 2011 anche laddove ha inciso sull’assetto della società Acquedotto pugliese s.p.a. prevedendo il trasferimento del relativo patrimonio e dei rapporti ad altro ente. A tale ultimo riguardo, la Corte ha altresì evidenziato quanto segue: “…non è dubbio che detta normativa regionale incide sul patrimonio e sui rapporti attivi e passivi di una società per azioni costituita con legge statale; società nel cui oggetto sociale rientra la «gestione del ciclo integrato dell’acqua» e che è destinata ad operare (in base al citato d.lgs. n. 141 del 1999) almeno fino al 31 dicembre 2018. In considerazione di tale contenuto e, in particolare, della sua attinenza (proprio perché trasferisce le risorse ed i rapporti dell’indicata società per azioni) alla gestione del servizio idrico integrato, la norma regionale impugnata è riconducibile – oltre che alla materia ordinamento civile – alle materie tutela della concorrenza e tutela dell’ambiente, entrambe riservate alla competenza legislativa esclusiva dello Stato in base agli evocati parametri costituzionali (come evidenziato dalle sopra citate sentenze n. 187 del 2011; n. 128 del 2011; n. 325 del 2010; n. 142 del 2010; n. 307 del 2009; n. 246 del 2009). La previsione del subentro dell’AQP nel patrimonio e nei rapporti della s.p.a. Acquedotto pugliese, ponendosi in palese contrasto con la suddetta disciplina statale (che non prevede tale subentro), integra, perciò, la denunciata illegittimità costituzionale”.???
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Il legislatore regionale con la legge regionale in esame?finisce?nuovamente, seppure attraverso diverse modalità, ad incidere sulle norme statali che hanno disciplinato l’affidamento del SII nella regione fino al 31 dicembre 2025. Infatti, l’art. 4 della l. r. n. 14/2024 in esame si pone in contrasto con il citato art. 2 comma 2 del Dlgs 141/1999, normativa espressione della potestà legislativa statale in materia di ordinamento civile, tutela della concorrenza e tutela dell’ambiente.??
Come si è detto, la legge statale ha costituito la società Acquedotto pugliese s.p.a., attribuendone interamente le azioni alle Regioni interessate, ed affidando a detta società i servizi in materia di SSI con affidamento destinato a durare, almeno con riguardo ai “compiti precedentemente svolti dall’Ente Autonomo Acquedotto Pugliese”, fino al 31.12.2025. La norma originaria, prima delle ulteriori modifiche che hanno prorogato la data finale di affidamento, prevedeva espressamente le modalità con le quali si poteva procedere alla cessione delle quote di AQP. Ne deriva che la modifica della composizione della compagine sociale può essere definita solo con disposizione inserita in una legge dello Stato.??
L’art. 4 della legge regionale in esame, pur non incidendo formalmente sul contenuto delle richiamate norme statali, modifica nella sostanza l’assetto dato dal legislatore statale alla società Acquedotto pugliese s.p.a., prevedendo la modifica degli assetti proprietari con il trasferimento del 20 per cento del pacchetto azionario dalla Regione Puglia ai Comuni e, quindi, da questi alla società cd. veicolo che verrà costituita dai Comuni medesimi.?
L’obiettivo finale del legislatore regionale è quello di assicurare che l’affidamento del servizio avvenga ad un soggetto in house individuato dalla regione medesima. Tanto emerge anche dai lavori preparatori della legge che, nella proposta originaria era intitolata “Costituzione del Comitato per il controllo di Acquedotto Pugliese s.p.a. (AQP) e gestione in house del servizio idrico integrato” e aveva quale finalità, dichiarata nella relazione di accompagnamento sottoscritta dai consiglieri regionali proponenti, quella di “affidare dal 1° gennaio 2026 al 31 dicembre 2046 ad Acquedotto pugliese S.p.A., società pubblica detenuta al 100% dalla Regione Puglia, il servizio idrico integrato della Puglia preservare il regime interamente pubblicistico della gestione del servizio in Puglia, posto in discussione qualora dovesse intervenire la scadenza (31.12.2025) della concessione attuale in favore di AQP, in costanza dell'attuale ordinamento”. Anche a seguito dei rilievi critici mossi alla proposta di legge dal Referto tecnico adottato dagli uffici regionali e dalla relazione del Servizio Affari e Studi Giuridici del Consiglio regionale della Puglia, il testo della legge definitivamente approvato è stato modificato rispetto alla proposta originaria pur continuando a presentare, come si dirà, rilevanti profili di incostituzionalità.?
Il legislatore regionale, al fine di non porsi “frontalmente” in contrasto con la precedente sentenza della Corte Cost. n. 62/2012, non ha disposto direttamente l’affidamento del servizio ad un nuovo ente, come aveva tentato di fare con la l. r. n. 11/2011 sopra?citata.?
Tuttavia, la Regione mira a raggiungere tale scopo indirettamente, modificando nell’arco temporale in cui ancora si applica la disciplina del D. Lgs. n. 141/1999 l’assetto proprietario della società costituita dalla Stato. Mentre con la l. r. n. 11/2011 (dichiarata sul punto incostituzionale, come si è detto) la Regione aveva costituito un nuovo ente cui aveva conferito il patrimonio ed i rapporti della Acquedotto pugliese S.p.a., nel caso di specie la Regione intende raggiungere, de facto, il medesimo risultato modificando significativamente gli assetti proprietari di quest’ultima società.??
Si ricorda, al riguardo, che il D.lgs. n. 141/1999 ha previsto che le azioni della s.p.a. siano detenute esclusivamente dalle regioni (essendo stata abrogata, altresì, la disposizione, inizialmente adottata, che prevedeva la cessione delle dette azioni) nel cui ambito era svolto il servizio affidato alla medesima società, mentre la legge regionale n. 14/2024 in esame prevede ora il trasferimento del 20 per cento di tale pacchetto azionario ai Comuni e, da questi, alla? società veicolo che verrà costituita dai Comuni.??
Si tratta, a ben vedere, della cessione di una quota di azioni particolarmente significativa e, comunque, suscettibile di determinare il trasferimento del controllo su Acquedotto Pugliese s.p.a. dalla regione Puglia alla c.d. società veicolo. Tant’è che l’art. 7, comma 1, lettera g) della legge regionale in esame attribuisce al Comitato di coordinamento e controllo, istituito ai sensi dell’art. 5, il compito di adottare “decisioni significative inerenti alla partecipazione e al controllo da parte della Società veicolo su Acquedotto Pugliese s.p.a.”.??
Le previsioni della legge regionale in esame rappresentano dunque una inammissibile “intrusione” del legislatore regionale nell’ambito delle materie dell’ordinamento civile, della tutela della concorrenza e della tutela dell’ambiente, tutte riservate alla competenza legislativa esclusiva dello Stato.??
L’effetto finale che si verrà a realizzare è quello, nel periodo di vigenza del D. lgs. 141/1999, di una sostanziale modifica del soggetto in house cui la legge statale ha affidato la gestione del servizio idrico integrato: non più una società totalmente partecipata dalla regione nel cui ambito il servizio è svolto, bensì una società controllata, per il tramite di altra società ,cd. veicolo, dai Comuni,?
Come noto, l’ordinamento nazionale, anche in applicazione dei principi concorrenziali di matrice comunitaria, prevede che l’affidamento in house dei servizi pubblici locali possa avvenire unicamente a fronte dell’assolvimento di stringenti vincoli motivazionali che consentano di ritenere oggettivamente più conveniente tale modalità di affidamento rispetto a quelle che comportano il ricorso al mercato.??
L’attuale disciplina, espressione di regole e principi vigenti anche in precedenza, è rinvenibile agli artt. 14 e 17 del D.lgs. 23 dicembre 2022, n. 201 che impone agli enti competenti una seria istruttoria in merito al mancato ricorso al mercato, illustrando – nelle delibere di affidamento in house - le efficienze nella gestione del servizio nonché, inter alia, gli eventuali benefici per la collettività della forma di gestione prescelta con riguardo agli investimenti, alla qualità del servizio, ai costi dei servizi nonché all’impatto sulla finanza pubblica.??
Nel caso di specie, tali valutazioni sono state effettuate dal legislatore statale che, almeno fino al 31.12.2025, ha disposto l’affidamento del SII in Puglia ad un ente in house costituito dalla legge statale e le cui azioni sono state attribuite dalla medesima legge statale ai soli enti regionali interessati.??
L’intervento legislativo regionale di cui alla legge regionale in esame travalica la disciplina nazionale nonché vanifica tali valutazioni del legislatore statale modificando fin da subito la natura del soggetto in house affidatario del servizio.?
Ferme le considerazioni che precedono, le disposizioni contenute nella legge regionale sopra richiamata appaiano inficiate da vizi di legittimità costituzionale anche sotto ulteriori profili.??
La partecipazione della Regione al capitale sociale del gestore del servizio idrico integrato risulta infatti violare una serie di disposizioni nazionali a carattere concorrenziale, in particolare l’articolo 4, comma 1, del TUSPP (d. lgs. N. 175 del 2016), il quale stabilisce che le amministrazioni pubbliche possono costituire, acquisire o mantenere partecipazioni esclusivamente in società che abbiano per oggetto la produzione di beni o servizi strettamente necessari per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, circostanza che non si riscontra nel caso in esame. Parimenti violato appare l’articolo 16, comma 3, del medesimo TUSPP, secondo cui la società in house deve realizzare oltre l’80% del proprio fatturato nello svolgimento dei compiti a essa affidati dagli enti pubblici soci, e non, dunque, nei confronti di soggetti che non dispongono di competenze di gestione dei servizi svolti. Infine , come meglio si dirà avanti, si evidenzia il contrasto con l’articolo 149-bis, comma 1, del TUA (d.lgs. n. 152 del 2006), in base al quale l’affidamento diretto del servizio idrico integrato può avvenire a favore di società interamente pubbliche, in possesso dei requisiti prescritti dall’ordinamento europeo per la gestione in house, comunque partecipate dagli enti locali ricadenti nell’ambito territoriale ottimale.
L’art. 6 del D.lgs. n. 201 del 2022 (richiamato nell’art. 1 della l.r. in oggetto) stabilisce che: “1. Ferme restando le competenze delle autorità nazionali in materia di regolazione economico-tariffaria e della qualità, a livello locale le funzioni di regolazione, di indirizzo e di controllo e quelle di gestione dei servizi pubblici locali a rete sono distinte e si esercitano separatamente. 2. Al fine di garantire il rispetto del principio di cui al comma 1, gli enti di governo dell'ambito o le Autorità specificamente istituite per la regolazione e il controllo dei servizi pubblici locali non possono direttamente o indirettamente partecipare a soggetti incaricati della gestione del servizio. Non si considerano partecipate indirettamente le società formate o partecipate dagli enti locali ricompresi nell'ambito. 3. Qualora gli enti locali titolari del servizio e a cui spettano le funzioni di regolazione assumano direttamente o per mezzo di soggetto partecipato la gestione del servizio, le strutture, i servizi, gli uffici e le unità organizzative dell'ente ed i loro dirigenti e dipendenti preposti a tali funzioni di regolazione non possono svolgere alcuna funzione o alcun compito inerente alla gestione ed al suo affidamento.”.??
Ai sensi dell’art. 149 – bis del D.lgs. n. 152 del 2006, “1. L'ente di governo dell'ambito, nel rispetto del piano d'ambito di cui all'articolo 149 e del principio di unicità della gestione per ciascun ambito territoriale ottimale, delibera la forma di gestione fra quelle previste dall'ordinamento europeo provvedendo, conseguentemente, all'affidamento del servizio nel rispetto della normativa nazionale in materia di organizzazione dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica. L'affidamento diretto può avvenire a favore di società interamente pubbliche, in possesso dei requisiti prescritti dall'ordinamento europeo per la gestione in house, comunque partecipate dagli enti locali ricadenti nell'ambito territoriale ottimale. 2. Alla successiva scadenza della gestione di ambito, al fine di assicurare l'efficienza, l'efficacia e la continuità del servizio idrico integrato, l'ente di governo dell'ambito dispone l'affidamento al gestore unico di ambito entro i sei mesi antecedenti la data di scadenza dell'affidamento previgente.”.?
Orbene, con specifico riguardo alla corretta interpretazione dell’art. 149 – bis sopra richiamato e, in particolare, alle previsioni di cui al secondo periodo del comma 1, è stato affermato quanto segue: 1) “Il legislatore comunitario, con riferimento al settore idrico, ha affermato che “le concessioni nel settore idrico sono spesso soggette a regimi specifici e complessi che richiedono una particolare considerazione data l’importanza dell’acqua quale bene pubblico di valore fondamentale per tutti i cittadini dell’Unione. Le caratteristiche particolari di tali regimi giustificano le esclusioni nel settore idrico dall’ambito di applicazione della presente direttiva. L’esclusione riguarda le concessioni di lavori e di servizi per la messa a disposizione o la gestione di reti fisse destinate alla fornitura di un servizio al pubblico in connessione con la produzione, il trasporto o la distribuzione di acqua potabile o l’alimentazione di tali reti con acqua potabile. Anche le concessioni per lo smaltimento o il trattamento delle acque reflue e per progetti di ingegneria idraulica, irrigazione o drenaggio (in cui il volume d’acqua destinato all’approvvigionamento d’acqua potabile rappresenti più del 20 % del volume totale d’acqua reso disponibile da tali progetti o impianti di irrigazione o drenaggio) dovrebbero essere escluse nella misura in cui siano collegate a una attività esclusa” (considerando 40 direttiva 2014/23/UE). Per tale ragione, la direttiva comunitaria, pur avendo disciplinato per la prima volta l’affidamento delle concessioni dei servizi pubblici, ne ha escluso espressamente l’applicazione al settore idrico (considerando 40 e articolo 12 direttiva 2014/23/UE; articolo 12 codice dei contratti pubblici).?
Analogamente l’articolo 12 del Codice Contratti stabilisce:??
“1. Le disposizioni del presente codice non si applicano alle concessioni aggiudicate per? fornire o gestire reti fisse destinate alla fornitura di un servizio al pubblico in connessione con la produzione, il trasporto o la distribuzione di acqua potabile; b) alimentare tali reti con acqua potabile.
2. Le disposizioni del presente codice non si applicano alle concessioni riguardanti uno o entrambi dei seguenti aspetti quando sono collegate a un'attività di cui al comma 1: a) progetti di ingegneria idraulica, irrigazione, drenaggio, in cui il volume d'acqua destinato all'approvvigionamento d'acqua potabile rappresenti più del 20 per cento del volume totale d'acqua reso disponibile da tali progetti o impianti di irrigazione o drenaggio; b) smaltimento o trattamento delle acque reflue”.??
Inoltre, il settore idrico rientra tra i c.d. settori speciali e per gli appalti si applica dunque la disciplina più elastica e flessibile propria dei settori speciali (articolo 117 codice dei contratti pubblici).??
Giova ricordare inoltre che, pur non essendo applicabile la disciplina del codice dei contatti, occorre pur sempre osservare, ai sensi dell’articolo 4 d.lgs. n. 50/2016, i principi relativi ai contratti esclusi: “1. L'affidamento dei contratti pubblici aventi ad oggetto lavori, servizi e forniture, esclusi, in tutto o in parte, dall'ambito di applicazione oggettiva del presente codice, avviene nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità, pubblicità, tutela dell'ambiente ed efficienza energetica”.??
Per il vero con l’articolo 1, comma 1, lett. hhh) legge n. 11 del 2016, il Parlamento aveva delegato il Governo a provvedere alla: “hhh) disciplina organica della materia dei contratti di concessione mediante l’armonizzazione e la semplificazione delle disposizioni vigenti, nonché la previsione di criteri per le concessioni indicate nella sezione II del capo I del titolo I della direttiva 2014/23/UE, nel rispetto dell’esito del referendum abrogativo del 12-13 giugno 2011 per le concessioni nel settore idrico, introducendo altresì criteri volti a vincolare la concessione alla piena attuazione del piano finanziario e al rispetto dei tempi previsti dallo stesso per la realizzazione degli investimenti in opere pubbliche, nonché al rischio operativo ai sensi della predetta direttiva 2014/23/UE, e a disciplinare le procedure di fine concessione e le modalità di indennizzo in caso di subentro”. La delega, tuttavia, non è stata attuata.??
Così ricostruito il quadro normativo, va conseguentemente affermato che il d.lgs. 152/2006 (Codice dell’ambiente) rappresenta il punto di riferimento della regolazione del settore idrico e, in particolare, l’art 149-bis per le forme di affidamento.??
Tale disposizione, come prima ricordato, prevede che “L'ente di governo dell'ambito, nel rispetto del piano d'ambito di cui all'articolo 149 e del principio di unicità della gestione per ciascun ambito territoriale ottimale, delibera la forma di gestione fra quelle previste dall'ordinamento europeo provvedendo, conseguentemente, all'affidamento del servizio nel rispetto della normativa nazionale in materia di organizzazione dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica. L'affidamento diretto può avvenire a favore di società interamente pubbliche, in possesso dei requisiti prescritti dall'ordinamento europeo per la gestione in house, comunque partecipate dagli enti locali ricadenti nell'ambito territoriale ottimale”.??
L’attuale disciplina delle forme di gestione del sistema idrico integrato sono pertanto quelle previste dall'ordinamento europeo per la generalità dei servizi pubblici locali. Con l’ulteriore conseguenza che l'affidamento diretto a società in house richiede i requisiti previsti dall'ordinamento europeo per tali servizi.??
Giova osservare inoltre che gli acquedotti, le fognature, gli impianti di depurazione e le altre infrastrutture idriche, fino al punto di consegna o misurazione, fanno parte del demanio “accidentale”, ai sensi dell'art. 822 ss. c.c. e come confermato dall'art. 143, comma 1, d.lg. n. 152 del 2006. Ai sensi dell'art. 153, comma 1, d.lg. n. 152 del 2006, le infrastrutture idriche di proprietà degli enti locali devono essere affidate in concessione d'uso gratuita per tutta la durata della gestione al gestore del servizio idrico integrato che ne assume i relativi oneri secondo le clausole contenute nella convenzione (che regola i rapporti tra ente locale e gestore) e nel relativo disciplinare (Corte cost. 4 maggio 2017 n. 93), (cfr. Cons. Stato, sez, I, parere n. 1389/2019 del 7 maggio 2019).
L'art. 149 bis, primo comma, ultimo periodo, del D.Lgs. n. 152 del 2006 prevede espressamente tale possibilità: "L'affidamento diretto può avvenire a favore di società interamente pubbliche, in possesso dei requisiti prescritti dall'ordinamento europeo per la gestione in house, comunque partecipate dagli enti locali ricadenti nell'ambito territoriale ottimale" (in argomento, anche C. conti, Sez. Reg. Campania, 22 aprile 2016, n. 108/2016/PAR). La giurisprudenza amministrativa, pronunciatasi in materia di affidamento del servizio idrico, ha ribadito i precetti espressi dalle leggi che regolano la materia; in particolare, si è affermato l'obbligo di adesione all'autorità d'ambito da parte dei vari comuni interessati e il principio per cui spetta all'ente di governo individuare la figura gestoria più opportuna mediante la quale provvedere alla gestione del servizio idrico integrato. Le decisioni assunte dall'ente di governo sono vincolanti per i comuni aderenti e, del resto, non bisogna dimenticare che tali decisioni sono assunte tramite votazioni espresse dagli stessi rappresentanti degli enti locali, secondo le modalità stabilite dalle convenzioni di istituzione degli enti di governo (C.D.S., sezione quinta, n.4478/2005; T.A.R. Piemonte, n.1229/2016). Ricostruita brevemente la disciplina di riferimento e venendo al merito del quesito ammesso, analizzando, oltre alla sintesi finale, anche la premessa alla questione sollevata, si rileva che, sostanzialmente, il Sindaco chiede se il comune sia tenuto alla partecipazione alla società ovvero possa opporre elementi di incompatibilità finanziario contabile, sottraendosi, quindi, all'obbligo partecipativo; ovvero, ancora, se sia esonerato dagli adempimenti di legge (qualora, ovviamente, sia obbligato a partecipare alla società).??
In relazione all'obbligo partecipativo, non paiono esserci dubbi a riguardo: le disposizioni di riferimento sopra citate lo prevedono espressamente (l'ultimo periodo dell'art. 149 bis prescrive che le società in house siano comunque partecipate dagli enti locali ricadenti nel territorio dell'ambito); la stessa giurisprudenza stabilisce che spetta all'ente di governo individuare la figura gestoria più opportuna, sicché il singolo comune non è più competente e legittimato a costituire in proprio alcuna società o struttura consortile a cui affidare, con gara o meno, la gestione del servizio idrico (T.A.R. Piemonte, cit.).” (cfr. Corte conti, sez. cont. reg. Piemonte, delib. 26 settembre 2022, n. 108).?
Tanto premesso, si osserva che gli artt. 1, 2, 3, 5, 6 e 7, della l.r. in oggetto delineano ?una modalità di affidamento del SII differente da quella prevista dal decreto legislativo n. 152 del 2006 e dall’ordinamento europeo.??
In particolare, il legislatore regionale, nel prevedere (artt. 1 e 2) la possibilità per i comuni pugliesi di costituire una società per azioni “denominata Società veicolo, a totale partecipazione pubblica e a controllo analogo congiunto di tutti i comuni ricadenti nel territorio regionale, da esercitare indipendentemente dalla partecipazione al capitale sociale” cui affidare la gestione del SII e nel definire (artt. 5, 6, 7) le modalità di esercizio del controllo analogo sulla c.d. società veicolo da parte dei Comuni privi di partecipazione nel capitale sociale, disciplina:??
una modalità di affidamento del SII diversa da quella delineata dall’art. 149 – bis, comma 1, secondo periodo, del T.U.A. che, invece, prevede che: “l’affidamento diretto può avvenire a favore di società interamente pubbliche, in possesso dei requisiti prescritti dall’ordinamento europeo per la gestione in house, comunque partecipate dagli enti locali ricadenti nell'ambito territoriale ottimale”;??
?un modello di società in house differente sia da quello delineato dagli artt. 2, comma 1, lett. o) e 15 del D.lgs. n. 175 del 2016, sia da quello desumibile dall’ordinamento europeo.??
A tal proposito, si ricorda che: “Con l’espressione in house providing si fa riferimento all’affidamento di un appalto o di una concessione da parte di un ente pubblico in favore di una società controllata dall’ente medesimo, senza ricorrere alle procedure di evidenza pubblica, in virtù della peculiare relazione che intercorre tra l’ente pubblico e la società affidataria. La società in house è una società dotata di autonoma personalità giuridica che presenta connotazioni tali da giustificare la sua equiparazione ad un "ufficio interno" dell’ente pubblico che l’ha costituita, una sorta di longa manus; non sussiste tra l’ente e la società un rapporto di alterità sostanziale, ma solo formale. Queste caratteristiche della società in house giustificano e legittimano l’affidamento diretto, senza previa gara, per cui un’amministrazione aggiudicatrice è dispensata dall’avviare una procedura di evidenza pubblica per affidare un appalto o una concessione. Ciò in quanto, nella sostanza, non si tratta di un effettivo "ricorso al mercato" (outsourcing), ma di una forma di "autoproduzione" o, comunque, di erogazione di servizi pubblici "direttamente" ad opera dell'amministrazione, attraverso strumenti "propri" (in house providing). L’istituto, le cui radici si rinvengono nella giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea, è espressione del principio di libera amministrazione delle autorità pubbliche di cui all’articolo 2 della direttiva 2014/23/Ue che afferma: “le autorità nazionali, regionali e locali possono liberamente organizzare l’esecuzione dei propri lavori o la prestazione dei propri servizi in conformità del diritto nazionale e dell’Unione. Tali autorità sono libere di decidere il modo migliore per gestire l’esecuzione dei lavori e la prestazione dei servizi per garantire in particolare un elevato livello di qualità, sicurezza e accessibilità, la parità di trattamento e la promozione dell’accesso universale e dei diritti dell’utenza nei servizi pubblici. Dette autorità possono decidere di espletare i loro compiti d’interesse pubblico avvalendosi delle proprie risorse o in cooperazione con altre amministrazioni aggiudicatrici o di conferirli a operatori economici esterni”. In definitiva, un affidamento diretto ad un soggetto che non è sostanzialmente diverso dall’amministrazione affidante non può dare luogo alla lesione dei principi del Trattato e, in particolare, del principio di concorrenza, proprio perché si tratta non di esternalizzazione ma di autoproduzione della stessa P.A. L’in house segna, dunque, una delicata linea di confine tra i casi in cui non occorre applicare le direttive appalti e concessioni, e la relativa normativa nazionale di trasposizione, ed i casi in cui invece è necessaria l’applicazione. I requisiti delle società in house sono stati elaborati nel tempo dalla Corte UE; secondo la giurisprudenza della Corte, a partire dalla sentenza Teckal del 1999 sino alle direttive UE 23, 24 e 25/2014 in materia di appalti e concessioni, le procedure di evidenza pubblica possono escludersi tutte le volte in cui: 1) l’amministrazione aggiudicatrice esercita sul soggetto affidatario un controllo analogo a quello operato sui propri servizi interni (requisito strutturale); 2) il soggetto affidatario realizza la parte più importante della propria attività a favore dell’amministrazione aggiudicatrice che lo controlla (requisito funzionale). Le condizioni necessarie per la configurazione del controllo analogo sono la partecipazione pubblica totalitaria e l’influenza determinante; sin dal 2005, la Corte di Giustizia (Corte di Giustizia UE 11 gennaio 2005, C-26/03, Stadt Halle; Corte di Giustizia UE 21 luglio 2005, C-231/03, Consorzio Coname; Corte di Giustizia UE, sez. I, 18 gennaio 2007, C-225/05, Je. Au.) ha chiarito che la partecipazione, pur minoritaria, di soggetti privati al capitale di una società, alla quale partecipi anche l'amministrazione aggiudicatrice, esclude in ogni caso che tale amministrazione possa esercitare sulla medesima un controllo analogo a quello che essa svolge sui propri servizi. La partecipazione pubblica totalitaria rappresenta una condizione necessaria, ma non ancora sufficiente, dovendosi ulteriormente verificare la presenza di strumenti di controllo da parte dell'ente pubblico più incisivi rispetto a quelli previsti dal diritto civile a favore del socio totalitario. L'amministrazione aggiudicatrice, infatti, deve essere in grado di esercitare un’influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni importanti dell'entità affidataria e il controllo esercitato deve essere effettivo, strutturale e funzionale (in tal senso, Corte di Giustizia UE, sez. III, sentenza 29 novembre 2012, C-182/11 e C-183/11, Econord). La Corte di Giustizia ha riconosciuto altresì che, a determinate condizioni, il controllo analogo può essere esercitato congiuntamente da più autorità pubbliche che possiedono in comune l'ente affidatario, c.d. in house frazionato (Corte di Giustizia UE, 29 novembre 2012, in cause riunite C-182/11 e C-183/11, Econord), e che è configurabile un controllo analogo anche nel caso di partecipazione pubblica indiretta, in cui il pacchetto azionario non è detenuto direttamente dall’ente pubblico di riferimento, ma indirettamente mediante una società per azioni capogruppo (c.d. holding) posseduta al 100% dall’ente medesimo, c.d. in house a cascata (Corte di Giustizia UE 11 maggio 2006 C-340/04). Il secondo requisito indicato dalla Corte è costituito dalla prevalenza dell’attività svolta con l’ente affidante, ossia il soggetto in house deve svolgere la parte più importante della propria attività con il soggetto o i soggetti pubblici che lo controllano e la diversa attività, eventualmente svolta, deve risultare accessoria, marginale e residuale. Sino alle direttive UE del 2014 non vi era una percentuale di attività predeterminata che doveva essere svolta in favore dell’ente affidante e, pertanto, l’interprete era tenuto a prendere in considerazione tutte le circostanze sia qualitative che quantitative del caso concreto. Nel contesto sopra descritto sono intervenute le nuove direttive del Parlamento Europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014 sugli appalti pubblici e le concessioni. I requisiti dell’in house sono adesso chiaramente indicati dall’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 2014/24/UE, dall’articolo 28, paragrafo 1, della direttiva 2014/25/UE e dall’articolo 17, paragrafo 1, della direttiva 2014/23/UE; tutte norme di identico tenore. Non è disciplinato solo l’in house, ma anche la cooperazione tra amministrazioni aggiudicatrici (c.d. accordi di collaborazione), la quale però rimane al di fuori dell’in house, in quanto non comporta la costituzione di organismi distinti rispetto alle amministrazioni interessate all’appalto o alla concessione. In particolare, l’articolo 17, paragrafo 1, della direttiva sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, relativo alle concessioni tra enti nell’ambito del settore pubblico, prevede che una concessione aggiudicata da un’amministrazione aggiudicatrice o da un ente aggiudicatore ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera a), a una persona giuridica di diritto pubblico o di diritto privato non rientra nell’ambito di applicazione della direttiva quando siano soddisfatti tutti i requisiti del controllo analogo a quello da esso esercitato sui propri servizi, quando oltre l’80 per cento delle attività della persona giuridica controllata siano effettuate nello svolgimento dei compiti ad essa affidati dall’ente controllante e non vi sia alcuna partecipazione di capitali privati, ad eccezione di forme di partecipazione di capitali privati che non comportano controllo o potere di veto.” (cfr. Cons. Stato, sez. I, parere n. 1389/2019 del 7 maggio 2019).??
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In particolare, si evidenzia che il legislatore regionale sembra qualificare la c.d. società veicolo come società in house di tutti i Comuni ricadenti nel territorio d’ambito, a prescindere dal possesso di qualsivoglia partecipazione nel capitale sociale (detenuta direttamente o indirettamente) e per il solo fatto di essere rappresentati indirettamente (secondo le modalità delineate dall’art. 6 della legge regionale in oggetto) all’interno del Comitato di indirizzo e di controllo istituito dall’art. 5 della legge in regionale in parola, prescindendo, per l’effetto, dalla verifica della sussistenza dei presupposti sopra indicati e definiti dall’ordinamento europeo, oltreché nazionale, ai fini della configurabilità del c.d. in house providing.??
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A tal fine, è appena il caso di ricordare che “il controllo analogo consiste in una "influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni significative della società controllata" (art. 2 (Definizioni), comma 1, lett. c) D.Lgs. 19 agosto 2016, n. 175 Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica). L'affidamento diretto ad una società in house è consentito, in particolare, a condizione che la società non sia terza rispetto all'ente affidante ma una sua articolazione. Tra socio pubblico controllante e società v'è, infatti, una relazione interorganica e non intersoggettiva. È necessario che tale relazione intercorra tra soci affidanti e società, non anche tra la società e altri suoi soci (non affidanti o non ancora affidanti), rispetto ai quali la società sarebbe effettivamente terza (Corte di Giustizia dell'Unione europea, sentenza 6 febbraio 2020 cause C-89/19 e C-91/19). La Corte di Giustizia (sin da Corte di Giustizia delle Comunità europee 18 novembre 1999 nella causa C-107/98 Teckal) ammette che, in caso di società partecipata da più enti pubblici, il controllo analogo possa essere esercitato in forma congiunta (sentenza 13 novembre 2008 nella causa C-324/07 C.B. SA) e che, inadeguati a tal fine i poteri a disposizione dei soci secondo il diritto comune, sia necessario dotare i soci di appositi strumenti che ne consentano l'interferenza in maniera penetrante nella gestione della società. […]” (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 22 ottobre 2021, n. 70931).?
La stessa nozione di controllo analogo congiunto presuppone quindi la detenzione di una partecipazione - pur anche minima - nel capitale della società sulla quale si esercita il controllo e, dunque, la qualifica di socio. Secondo la giurisprudenza eurounitaria e nazionale maggioritaria in materia di società in house e controllo analogo congiunto, sussiste la necessità che detto controllo analogo si esplichi sotto forma di partecipazione sia al capitale, sia agli organi direttivi dell’organismo controllato, essendo necessario che il singolo socio possa vantare una posizione idonea, per quanto minoritaria, a garantirgli una possibilità effettiva di partecipazione alla gestione dell’organismo del quale è parte. Per tale ragione, una presenza puramente formale nella compagine partecipata o in un organo comune incaricato della direzione della stessa non risulterebbe sufficiente ad assicurare il controllo analogo.
Alla luce delle considerazioni che precedono, gli articoli 1, 2, 3, 4, 5, 6 e 7, delle la legge n. 14/2024 risultano incompatibili di con l’art. 117, primo comma e secondo comma, lettere e), l), ed s), Cost., in quanto recante una disciplina incompatibile:??
a) con i requisiti necessari per la configurabilità dell’in house providing come definito dagli artt. 2, comma 1, lettera o), 4, 15 e 16 del testo unico in materia di società a partecipazione pubblica, di cui al decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175 e alle condizioni rispettivamente indicate dall'articolo 12, paragrafi 1, 2 e 3, della direttiva 24/2014/UE e dall'articolo 17, paragrafi 1, 2 e 3 della direttiva 23/2014/UE, nonché, per i settori speciali, dall'articolo 28, paragrafi 1, 2 e 3, della direttiva 24/2014/UE;??
b) con le disposizioni statali che hanno disciplinato la gestione del servizio idrico integrato in Puglia, ossia il D.lgs. 11 maggio 1999, n. 141 e le successive disposizioni statali - da ultimo l’art. 16-bis del D.L. 6 novembre 2021, n. 152, convertito con modificazioni dalla Legge 29 dicembre 2021, n. 233 - che hanno prorogato l’affidamento ad Acquedotto pugliese s.p.a. dei compiti precedentemente svolti dall’Ente Autonomo Acquedotto Pugliese;??
c) con la disciplina contenuta nell’art. 149 – bis del D.lgs. n. 152 del 2006 recante l’individuazione dei presupposti necessari per l’affidamento diretto dei servizi idrici integrati.?
La legge regionale, per le motivazioni illustrate, deve quindi essere impugnata, limitatamente alle disposizioni sopra indicate, ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione.??
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