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Disposizioni in materia di cultura, sport, risorse agricole e forestali, risorse ittiche, attività venatoria e raccolta funghi, imposte e tributi, autonomie locali e coordinamento della finanza pubblica, funzione pubblica, infrastrutture, territorio, ambiente, energia, attività produttive, cooperazione, turismo, lavoro, biodiversità, paesaggio, salute e disposizioni istituzionali. (27-3-2018)
Friuli Venezia Giulia
Legge n.12 del 27-3-2018
n.20 del 28-3-2018
Politiche infrastrutturali
16-5-2018 /
Impugnata
La legge regionale , che detta disposizioni in materia di cultura, sport, risorse agricole e forestali, risorse ittiche, attività venatoria e raccolta funghi, imposte e tributi, autonomie locali e coordinamento della finanza pubblica, funzione pubblica, infrastrutture, territorio, ambiente, energia, attività produttive, cooperazione, turismo, lavoro, biodiversità, paesaggio, salute e disposizioni istituzionali eccede dalle competenze attribuite alla Regione Fiuli Venezia Giulia dallo Statuto speciale di autonomia, 31 gennaio 1963, n.1 e successive modifche e integrazioni, in relazione alle norme sotto specificate, per i motivi di seguito illlustrati .
1. Illegittimità costituzionale dell’art. 7, comma 1, della legge regionale in oggetto, per violazione dell’art. 117, secondo comma, lett. s), Cost., in relazione agli artt. 95 e 96 del d.lgs. n. 152 del 2006.
L’art. 7, comma 1, della legge regionale in oggetto prevede che «le limitazioni alle nuove concessioni di derivazione d’acqua previste dall’articolo 43, commi 3, 4 e 5, delle Norme di attuazione del Piano regionale di tutela delle acque, non si applicano alle istanze di concessione di derivazione d’acqua presentate prima della data di approvazione del Piano stesso».
La norma de qua presenta profili di illegittimità costituzionale in quanto è in diretto contrasto con disposizioni statali ed europee in materia di tutela quantitativa delle acque, con conseguenze altresì sulla tutela qualitativa dei corpi idrici.
In via preliminare, preme evidenziare che, secondo una consolidata giurisprudenza costituzionale spetta al legislatore statale, titolare della competenza esclusiva stabilita dalla lettera s) del secondo comma dell’art. 117 Cost., disciplinare l’ambiente inteso come entità organica, dettando norme che «hanno ad oggetto il tutto e le singole componenti considerate come parti del tutto», posto che una simile disciplina inerisce ad un interesse pubblico di valore costituzionale primario (sentenza n. 151 del 1986) ed assoluto (sentenza n. 210 del 1978) e deve garantire, come prescrive il diritto comunitario, un elevato livello di tutela, come tale inderogabile da altre discipline di settore.
In particolare, riguardo alla normativa regionale in esame, se ne evidenzia il contrasto con l’art. 96 del d. lgs. n. 152/2006 che stabilisce che, nel procedimento di rilascio di una concessione, il parere vincolante dell’Autorità di bacino territorialmente competente debba verificare la compatibilità della concessione medesima con le previsioni del Piano di tutela delle acque «anche in attesa di approvazione del Piano anzidetto».
Tale disposizione statale, peraltro, va letta in combinato disposto con l’art. 95 (in particolare, commi 2 e 4) del suddetto d.lgs., ai sensi del quale i rilasci di concessioni devono essere “volti a garantire il minimo deflusso vitale dei corpi idrici, come definito secondo i criteri adottati dal Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare”, e con l’art. 12-bis del R. D. n. 1775/1933 ai sensi del quale “il provvedimento di concessione è rilasciato se non pregiudica il mantenimento o il raggiungimento degli obiettivi di qualità definiti per il corso d’acqua interessato e se è garantito il minimo deflusso vitale”. Le predette tre norme, analizzate in un’ottica sistematica, esprimono la chiara volontà legislativa che le concessioni di derivazione rilasciate dalle Amministrazioni rispettino la pianificazione e programmazione dei Piani di tutela delle acque.
2. Illegittimità costituzionale dell’art. 7, comma 11, della legge regionale in oggetto, per violazione degli artt. 117, secondo comma, lett. s), e 119 Cost.
La legge regionale in parola all’articolo 7 introduce alcune modifiche alla legge regionale n. 34 del 20 ottobre 2017, in particolare con il comma 11 viene introdotto il comma 3ter all’articolo 27 recante “Indennizzo ai Comuni”. Tale comma 3ter stabilisce che: “i gestori degli impianti di cui agli articoli 3 e 3bis possono stipulare con i Comuni sul cui territorio sono situati i relativi impianti convenzioni che prevedono la corresponsione di un indennizzo, determinato dal regolamento regionale di cui all’articolo 10, comma 1, lettera b)”. La finalità è quella di imporre ai soggetti gestori di impianti di smaltimento localizzati sul territorio regionale, il pagamento di un indennizzo, necessario a compensare il disagio legato alla presenza dell’impianto di smaltimento o di recupero sul territorio comunale pur non essendo sostenuto da specifica norma statale.
In proposito si rappresenta che la legge n. 549/1995 istituisce il tributo per il conferimento rifiuti in discarica ed impianti di incenerimento senza recupero energetico, avente come soggetto passivo « il gestore dell'impresa di stoccaggio definitivo con obbligo di rivalsa nei confronti di colui che effettua il conferimento». Ebbene, l’art. 3 di tale atto normativo, come recentemente modificato dalla legge n. 205/2017, al comma 27 stabilisce che proprio in ragione di compensare il disagio provocato dalla presenza di tali tipologie di impianti sul territorio, la regione destina parte del gettito derivante dal pagamento del suddetto tributo (per il deposito in discarica e in impianti di incenerimento senza recupero energetico dei rifiuti solidi, compresi i fanghi palabili), ai comuni anche qualora limitrofi. Come si vede, il legislatore statale ha già istituito un tributo sovrapponibile a quello previsto dalla legge regionale, configurandolo peraltro in modo significativamente diverso. Ciò rende immediatamente palese il contrasto della disposizione in esame con l’art. 119 Cost.
E’ utile inoltre segnalare che previsioni analoghe a quelle qui in discussione sono state già oggetto in passato annullamento nella sede del giudizio di legittimità costituzionale. Si veda, in particolare, la sentenza n. 280/2011, che ha ravvisato il contrasto di una disposizione non dissimile da quella contenuta nell’art. 7, comma 11, della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia con l’art. 119 Cost.
Si rappresenta infine che essendo la legislazione in materia di ambiente di competenza esclusiva dello Stato, ed essendo in tale ambito ricompreso il settore dei rifiuti, ne risulta anche un contrasto con l’articolo e 117, comma 2, lettera s) della Costituzione.
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