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Misure urgenti per il reclutamento di personale nel sistema Regione. Modifiche alla legge regionale n. 31 del 1998, alla legge regionale n. 13 del 2006, alla legge regionale n. 36 del 2013 e alla legge regionale n. 37 del 2016. (18-6-2018)
Sardegna
Legge n.21 del 18-6-2018
n.82 del 21-6-2018
Politiche ordinamentali e statuti
8-8-2018 /
Impugnata
Con la legge in esame, la Regione Sardegna intende operare una modifica esplicita di alcune norme della legge regionale n. 31/1998 (Disciplina del personale regionale e dell'organizzazione degli uffici della Regione), in tema di reclutamento di personale con qualifica dirigenziale e di bandi di concorso, nonché di altre leggi regionali in materia di nomina del direttore generale, di proroga dei contratti, di uffici territoriali di protezione civile e di integrazione del fondo per la contrattazione collettiva.
La legge regionale è censurabile in quanto eccede dalla competenza legislativa esclusiva attribuita alla Regione dagli articoli 3 e 5 dello statuto speciale (Legge Cost. n.3/1948), ponendosi in contrasto con i principi fondamentali stabiliti dall’art. 117, secondo comma, lettera l) della Costituzione, per i motivi di seguito meglio esplicitati.
In particolare la legge in oggetto presenta i seguenti profili di illegittimità costituzionale:
1) - l'articolo 2, nel sostituire il comma 3, dell'articolo 26 della precedente legge regionale n. 31/1998, prevede che al personale non dirigente sia riconosciuta un'indennità aggiuntiva equiparata alla retribuzione di posizione spettante al direttore di servizio e alla relativa retribuzione di risultato commisurata al raggiungimento degli obiettivi. Tale disposizione contrasta con l'articolo 45, comma 1, del decreto legislativo n. 165/2001, secondo cui "il trattamento economico fondamentale ed accessorio (…) è definito dai contratti collettivi", e in generale con il titolo III del citato decreto n. 165/2001 (Contrattazione collettiva e rappresentanza sindacale), che obbliga al rispetto della normativa contrattuale e delle procedure da seguire in sede di contrattazione.
Tale disposizione esorbita dalla competenza esclusiva della Regione attribuita dall'articolo 3, comma 1, lettera a) dello Statuto di autonomia, in materia di "ordinamento degli uffici e degli enti amministrativi della Regione e stato giuridico ed economico del personale", in quanto viola la citata disposizione statale di cui all'articolo 45, comma 1, del d.lgs. n. 165/2001, che costituisce norma fondamentale di riforma economico-sociale alla quale la regione non può derogare, ai sensi del citato articolo 3 dello Statuto che prevede il rispetto delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica.
Inoltre la disposizione viola l'articolo 117, secondo comma, lettera l) della Costituzione che riserva l'ordinamento civile, e quindi i rapporti di diritto privato regolabili dal codice civile, alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, come più volte evidenziato dalla Corte Costituzionale. Infatti la Corte ha dichiarato "l'illegittimità di disposizioni regionali intervenute in materia di trattamento economico dei dipendenti regionali. In quelle occasioni è stato affermato che, essendo il rapporto di impiego di tali lavoratori ormai contrattualizzato, la sua disciplina (ivi inclusa quella della retribuzione) rientra nella materia dell'ordinamento civile, riservata alla competenza esclusiva statale (sentenze n. 339 e n. 77 del 2011). In particolare poi, con la sentenza n. 7 del 2011 è stata dichiarata l'illegittimità di una norma regionale che riconosceva a favore di una certa categoria di personale regionale, un' indennità in aggiunta al normale trattamento economico e, con la sentenza n. 332/2010, l'illegittimità di una norma che attribuiva a determinati dipendenti regionali un trattamento accessorio in luogo di quello precedentemente goduto". (sentenza n. 290 del 2012).
Si evidenzia altresì la violazione del principio di buon andamento ed imparzialità della pubblica amministrazione di cui all'articolo 97 della Costituzione;
2) - l'articolo 6, che attribuisce la competenza a determinare il contingente dei posti da mettere a concorso all'Assessore con delega in materia di personale, viola il principio di separazione tra politica e amministrazione in base al quale agli organi di indirizzo spetta il compito di definire gli obiettivi e di verificare la rispondenza dei risultati alle direttive generali impartite, mentre ai dirigenti è affidata la gestione finanziaria, tecnica ed amministrativa, compresa l'adozione degli atti di organizzazione delle risorse umani e strumentali.
Tale principio trova fondamento costituzionale nell' articolo 97 della Costituzione. Esso risulta, inoltre, ribadito dall'articolo 4 del decreto legislativo n. 165/2001 le cui disposizioni, giusta la qualificazione contenuta nel comma 3, dell'articolo 1, del medesimo decreto, costituiscono norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica, che non possono essere derogate dalla Regione, come sopra esplicitato, pur nel rispetto della sua autonomia.
Per quanto sopra esposto si ritiene, pertanto, di promuovere la questione di legittimità costituzionale della legge regionale in esame dinanzi alla Corte Costituzionale.
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