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Nella riunione dell'8 agosto 2018 il Consiglio dei Ministri ha deliberato l'impugnativa della legge della Regione Basilicata n. 10 del 27 giugno 2018 recante "Disposizioni in materia sanitaria”, per violazione degli artt. 117, secondo comma, lett. l), e 3 della Costituzione.
E’ stata sollevata questione di legittimità costituzionale in quanto gli artt. 1 e 2 della predetta legge regionale, e l'intera legge regionale avente contenuto normativo omogeneo, nel riconoscere ai medici di continuità assistenziale, fino alla Delib. G.R. n. 347 del 3 maggio 2017, un compenso aggiuntivo stabilito dall’Accordo Integrativo Regionale approvato con Delib. G.R. n. 311 dell’11 marzo 2018, contrastavano con la normativa statale di riferimento la quale prevede che i compensi dei medici di continuità assistenziale sono regolati dall’Accordo Collettivo Nazionale di settore.
Successivamente la Regione Basilicata, con l’art. 15, comma 2, della legge regionale 13 marzo 2019, n. 4, recante “Ulteriori disposizioni urgenti in cari settori d'intervento della Regione Basilicata”, ha abrogato la legge n. 3 del 2018 sopra citata .
Il Consiglio dei Ministri, nella seduta del l’8 maggio 2019, ha deliberato la non impugnativa del menzionato art. 15, comma 2, della legge regionale n. 4/2019.
Pertanto, considerato che appaiono venute meno le ragioni che hanno determinato l’impugnativa della legge in oggetto, su parere conforme del Ministero della salute e a seguito di comunicazione da parte della Regione della mancata applicazione delle disposizioni censurate, sussistono i presupposti per rinunciare al ricorso.
Si propone pertanto la rinuncia all'impugnazione legge della regione Basilicata n. 10 del 27 giugno 2018 .
8-8-2018 /
Impugnata
La legge della Regione Basilicata del 27 giugno 2018 n. 10, recante “Disposizioni in materia sanitaria”, presenta profili d’illegittimità costituzionale in quanto invade la competenza esclusiva statale in materia di “ordinamento civile”, in violazione dell’articolo 117, secondo comma, lett. l), Cost., ledendo altresì il precetto costituzionale di eguaglianza di cui all’art. 3, Cost.
In particcolare.
1) L’art. 1 rubricato “Disposizioni in materia di sanità convenzionata”, al comma 1, dispone che “Fino all’approvazione della Delib. G.R. n. 347 del 3 maggio 2017, le indennità aggiuntive di cui all’articolo 35, comma 1, dell'Accordo Integrativo Regionale approvato con Delib. G.R. n. 331 dell'11 marzo 2008, sono da intendersi riconosciute in quanto correlate ai servizi resi da tutto il personale medico operante nel settore delle prestazioni assistenziali della medicina convenzionata a garanzia del miglioramento e dell'integrazione dell'assistenza medica ai cittadini”. Il successivo comma 2 precisa che “le indennità di cui al comma 1 si intendono finalizzate alla remunerazione delle particolari e specifiche condizioni di disagio e difficoltà in cui vengono rese le prestazioni sanitarie al fine di garantire i livelli essenziali di assistenza e del contributo offerto, anche in termini di disponibilità, allo svolgimento di tutte le attività..”. A sua volta l’art. 35 dell’Accordo Integrativo Regionale, richiamato dalla norma regionale in esame, al comma 1, prevede che ai medici di continuità assistenziale spetti un compenso aggiuntivo pari a “4 euro l’ora quale indennità per i rischi derivanti dalla peculiarità del servizio svolto”.
Le disposizioni regionali in esame riconoscono pertanto ai medici di continuità assistenziale, fino alla data di approvazione della delibera della Giunta regionale n. 347 del 3 maggio 2017, un compenso aggiuntivo, che, ai sensi dell’articolo 35, comma 1, dell'Accordo Integrativo Regionale sopra menzionato, è pari a euro 4/ora, quale indennità per i rischi legati alla tipologia dell’incarico e per le particolari e specifiche condizioni di disagio e difficoltà in cui vengono rese le prestazioni sanitarie.
Il riconoscimento del predetto compenso aggiuntivo si discosta dai principi che ispirano l’Accordo Collettivo Nazionale di settore che regola le attribuzioni degli incarichi ai medici di continuità assistenziale, preposti ad assicurare prestazioni assistenziali territoriali non differibili.
In particolare, l’articolo 67, comma 1, dell’ACN 29 luglio 2009, di modifica dell’ACN del 2005 stabilisce che “Il medico di continuità assistenziale assicura le prestazioni sanitarie non differibili ai cittadini residenti nell’ambito territoriale afferente alla sede di servizio”. Il comma 17 del medesimo articolo stabilisce inoltre che “Il medico di continuità assistenziale partecipa alle attività previste dagli Accordi regionali e aziendali. Per queste attività vengono previste quote variabili aggiuntive di compenso, analogamente agli altri medici di medicina generale che ad esse partecipano. Tali attività sono primariamente orientate, in coerenza con l’impianto generale del presente Accordo, a promuovere la piena integrazione tra i diversi professionisti della Medicina generale, anche mediante la regolamentazione di eventuali attività ambulatoriali”.
Dalla formulazione di tali disposizioni emerge che ai medici di continuità assistenziale possono essere attribuite altre attività che si aggiungono alle normali funzioni istituzionali, ma queste ulteriori attività devono essere stabilite dagli Accordi collettivi regionali e aziendali e per la remunerazione delle stesse devono essere previste quote variabili aggiuntive di compenso. Non possono, invece, essere previsti compensi aggiuntivi, volti ad indennizzare il medico per le particolari e specifiche condizioni di disagio e difficoltà in cui vengono rese le prestazioni sanitarie da esso svolte, posto che, come sopra indicato, le predette quote variabili aggiuntive costituiscono la possibile remunerazione delle sole attività attribuite al medico in aggiunta rispetto a quelle istituzionali e la corresponsione del relativo compenso prescinde dalle particolari condizioni in cui è resa l’attività assistenziale.
Inoltre, pur avendo l'articolo 23 dell'Accordo collettivo nazionale 29 luglio 2009 (di modifica all'articolo 72, comma 1, dell'Accordo collettivo nazionale 23 marzo 2005) eliminato il riferimento ai "compensi lordi omnicomprensivi per ogni ora di attività svolta", va tuttavia segnalato che l'articolo 72, nella nuova formulazione, contiene pur sempre il riferimento alla rideterminazione dell'onorario professionale prevedendo che "A far data dal 1 gennaio 2008 l'onorario professionale di cui all'articolo 72, comma 1, dell'ACN 23 marzo 2005 è rideterminalo in euro 22.03 per ogni ora di attività svolta......”. tale riferimento deve, ad ogni modo, intendersi quale trattamento omnicomprensivo.
Alla luce di quanto rappresentato, con le previsioni di cui ai commi 1 e 2 dell’articolo 1, la legge regionale in questione esercita una competenza non propria, atteso che, ai sensi dell’art. 8, comma 1, prima parte, del decreto legislativo n. 502 del 1992, il rapporto tra il servizio sanitario regionale, i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta è disciplinato da apposite convenzioni di durata triennale, conformi agli accordi collettivi nazionali.
Ed invero, quando - come nel caso in esame - un contratto collettivo nazionale determina, negli ambiti di disciplina ad esso riservati da una legge dello Stato, le materie e i limiti entro i quali deve svolgersi la contrattazione collettiva integrativa, non è consentito ad una legge regionale derogare a quanto in tal senso disposto dal contratto collettivo nazionale.
Pertanto l’art. 1 della legge in esame invade la competenza esclusiva in materia di “ordinamento civile”, alla quale è riconducibile la contrattazione collettiva, in violazione dell’articolo 117, secondo comma, lett. l), Cost., ledendo altresì l’esigenza connessa al precetto costituzionale di eguaglianza di cui all’art. 3, Cost., di garantire l’uniformità, sul territorio nazionale, delle regole fondamentali di diritto che disciplinano i rapporti in questione.
2) All’illegittimità costituzionale dell’art. 1 consegue l’incostituzionalità dell’art. 2 della legge in esame. Tale norma, riguardante le “Procedure per il recupero dei crediti”, prevede che, in applicazione di quanto disposto dal comma 1 dell'articolo 1, non si dia attuazione alle procedure di recupero delle somme percepite dai medici di continuità assistenziale, a titolo di indennità, ai sensi dell'articolo 35 comma 1, alinee 1, 2 e 6, dell'Accordo Integrativo Regionale sopra menzionato.
La norma regionale in esame - che dispone la rinuncia al recupero di somme che, come sopra descritto, sono state indebitamente erogate - ribadisce, infatti, attribuendogli maggior intensità, quanto disposto dall’art. 1, incorrendo pertanto, per i medesimi motivi esposti al punto 1), negli stessi vizi di costituzionalità che inficiano l’art.1.
Pertanto gli artt. 1 e 2 della legge in esame, e l’intera legge regionale avente carattere normativo omogeneo (essendo composta di soli tre articoli tra loro inscindibilmente connessi), invadono la competenza esclusiva statale in materia di “ordinamento civile”, alla quale è riconducibile la contrattazione collettiva, in violazione dell’articolo 117, secondo comma, lett. l), Cost., ledendo altresì l’esigenza connessa al precetto costituzionale di eguaglianza di cui all’art. 3, Cost., di garantire l’uniformità, sul territorio nazionale, delle regole fondamentali di diritto che disciplinano i rapporti in questione.
Per i motivi esposti le norme regionali sopra indicate, e l’intera legge regionale avente carattere normativo omogeneo, devono essere impugnati dinanzi alla Corte Costituzionale ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione.
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