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Disciplina in materia di emissioni odorigene (16-7-2018)
Puglia
Legge n.32 del 16-7-2018
n.96 del 19-7-2018
Politiche infrastrutturali
13-9-2018 /
Impugnata
La legge regionale, che detta una disciplina in materia di emissioni finalizzata a ridurre l’impatto olfattivo derivante dalle attività antropiche, presenta, per i motivi di seguito specificati, profili di illegittimità costituzionale con riferimento a numerose disposizioni che, violando le norme statali interposte sotto indicate, si pongono in contrasto con l’articolo 117, secondo comma lettere l) e s) della Costituzione, che riserva allo Stato la competenza legislativa in materia di ordinamento penale e tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, e con gli articoli 123 e 117, sesto comma della Costituzione, avuto riguardo alla disciplina statutaria delle Regioni ed alla potestà regolamentare delle stesse nelle materie di competenza statale. In particolare :
1) Illegittimità costituzionale dell’articolo 1, comma 2, lettere a) e b), dell’articolo 3, dell’articolo 4, dell’articolo 5, dell’articolo 6, dell’articolo 7 e dell’articolo 9, nonché dell'allegato tecnico, della legge regionale Puglia 16 luglio 2018, n. 32 per violazione dell’articolo 3 e dell’art. 117, secondo comma, lett. s), Cost. in riferimento all’articolo 7, comma 4-bis, comma 4-ter, 5 e 7, all’articolo 29-ter, all’ articolo 29-sexies, comma 3, all’articolo 29-septies, all’articolo 267,comma 3, all’articolo 271, comma 3, all’articolo 272-bis del d.lgs. n. 152 del 2006.
La norma regionale, al fine di controllare e ridurre l’impatto olfattivo derivante dalle attività antropiche, introduce specifiche disposizioni volte a disciplinare le procedure di autorizzazione integrata ambientale (AIA) e di valutazione di impatto ambientale (VIA) in particolare :
-gli artt. 3, 4 e 5 definiscono puntualmente la procedura per la valutazione dell’accettabilità degli impatti olfattivi;
- l’allegato tecnico stabilisce e dettaglia i metodi di monitoraggio e di determinazione degli impatti, nonché i criteri di valutazione degli impatti olfattivi sul territorio.
In materia di emissioni odorigene, nella Parte quinta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, “Norme in materia di tutela dell’aria e di riduzione delle emissioni in atmosfera”, al Titolo I “Prevenzione e limitazione delle emissioni in atmosfera di impianti e attività”, l’articolo 272-bis del d.lgs. 152/2006 prevede che “La normativa regionale o le autorizzazioni possono prevedere misure per la prevenzione e la limitazione delle emissioni odorigene degli stabilimenti di cui al presente titolo. Tali misure possono anche includere, ove opportuno, alla luce delle caratteristiche degli impianti e delle attività presenti nello stabilimento e delle caratteristiche della zona interessata, e fermo restando, in caso di disciplina regionale, il potere delle autorizzazioni di stabilire valori limite più severi con le modalità previste all’articolo 271:
a) valori limite di emissione espressi in concentrazione (mg/Nm3) per le sostanze odorigene;
b) prescrizioni impiantistiche e gestionali e criteri localizzativi per impianti e per attività aventi un potenziale impatto odorigeno, incluso l’obbligo di attuazione di piani di contenimento;
c) procedure volte a definire, nell’ambito del procedimento autorizzativo, criteri localizzativi in funzione della presenza di ricettori sensibili nell’intorno dello stabilimento;
d) criteri e procedure volti a definire, nell’ambito del procedimento autorizzativo, portate massime o concentrazioni massime di emissione odorigena espresse in unità odorimetriche (ouE/m3 o ouE/s) per le fonti di emissioni odorigene dello stabilimento;
e) specifiche portate massime o concentrazioni massime di emissione odorigena espresse in unità odorimetriche (ouE/m3 o ouE/s) per le fonti di emissioni odorigene dello stabilimento.”.
Al riguardo appare opportuno precisare che, la citata Parte quinta, relativamente al proprio campo di applicazione statuisce, al comma 3 dell’articolo 267, che tali disposizioni non possano applicarsi per gli impianti soggetti ad AIA ed, infatti, prevede espressamente ed inequivocabilmente che “Resta fermo, per le installazioni sottoposte ad autorizzazione integrata ambientale, quanto previsto al Titolo III-bis della Parte Seconda; per tali installazioni l’autorizzazione alle emissioni prevista dal presente Titolo non è richiesta in quanto sostituita dall’autorizzazione integrata ambientale”. Tale disposizione, pertanto, esclude l’applicabilità dell’articolo 272-bis agli impianti soggetti all’autorizzazione integrata ambientale, specificamente invece richiamati dall’articolo 1, comma 2 della legge regionale in epigrafe laddove prevede che le disposizioni de quo si applicano:
“a) alle installazioni che svolgono attività di cui agli allegati VIII e XII alla parte seconda del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale) in caso di presenza di sorgenti odorigene significative;
b) alle modifiche sostanziali delle installazioni di cui alla lettera a), ove tali modifiche comportino una variazione del quadro emissivo odorigeno;”.
Occorre evidenziare che la normativa statale in materia di limiti alle emissioni inquinanti definisce puntualmente quali strumenti possono adottare le Regioni e le Province autonome al fine di garantire la qualità dell’aria del proprio territorio; in particolare l’articolo 271 del d.lgs. n. 152/2006 al comma 3, prevede che “Per tutti gli impianti e le attività previsti dall’articolo 272, comma 1, la regione o la provincia autonoma, può stabilire, anche con legge o provvedimento generale, sulla base delle migliori tecniche disponibili, appositi valori limite di emissione e prescrizioni, anche inerenti le condizioni di costruzione o di esercizio e i combustibili utilizzati. Con legge o provvedimento generale la regione o la provincia autonoma può inoltre stabilire, ai fini della valutazione dell’entità della diluizione delle emissioni, portate caratteristiche di specifiche tipologie di impianti.” La norma statale riconosce, pertanto, alle Regioni e alle Province autonome la facoltà di adottare con legge “appositi valori limite di emissione e prescrizioni, anche inerenti le condizioni di costruzione o di esercizio e i combustibili utilizzati”, ma solo per le attività scarsamente rilevanti di cui al comma 1 dell’articolo 272 (ovvero le attività per le quali non è previsto il rilascio di una autorizzazione alle emissioni), mentre è necessario che ciò avvenga attraverso piani e programmi per le attività soggette ad autorizzazione (al comma 4 è infatti previsto “I piani e i programmi di qualità dell’aria previsti dalla normativa vigente possono stabilire appositi valori limite di emissione e prescrizioni più restrittivi di quelli contenuti negli Allegati I, II e III e V alla parte quinta del presente decreto, anche inerenti le condizioni di costruzione o di esercizio, purché ciò sia necessario al perseguimento ed al rispetto dei valori e degli obiettivi di qualità dell’aria. ”).
La disciplina di cui al titolo III-bis del d.lgs. n. 152/2006 relativo all’autorizzazione integrata ambientale, in particolare l’articolo 29-sexies prevede che “L’autorizzazione integrata ambientale deve includere valori limite di emissione fissati per le sostanze inquinanti, in particolare quelle dell’allegato X alla Parte Seconda, che possono essere emesse dall’installazione interessata in quantità significativa, in considerazione della loro natura e delle loro potenzialità di trasferimento dell’inquinamento da un elemento ambientale all’altro, acqua, aria e suolo, nonché i valori limite ai sensi della vigente normativa in materia di inquinamento acustico. I valori limite di emissione fissati nelle autorizzazioni integrate ambientali non possono comunque essere meno rigorosi di quelli fissati dalla normativa vigente nel territorio in cui è ubicata l’installazione. Se del caso i valori limite di emissione possono essere integrati o sostituiti con parametri o misure tecniche equivalenti.
Inoltre l’articolo 29-septies, in materia di migliori tecniche disponibili e norme di qualità ambientale, prevede al comma 1 che “Nel caso in cui uno strumento di programmazione o di pianificazione ambientale, quali ad esempio il piano di tutela delle acque, o la pianificazione in materia di emissioni in atmosfera, considerate tutte le sorgenti emissive coinvolte, riconosca la necessità di applicare ad impianti, localizzati in una determinata area, misure più rigorose di quelle ottenibili con le migliori tecniche disponibili, al fine di assicurare in tale area il rispetto delle norme di qualità ambientale, l’amministrazione ambientale competente, per installazioni di competenza statale, o la stessa autorità competente, per le altre installazioni, lo rappresenta in sede di conferenza di servizi di cui all’articolo 29-quater, comma 5.”.
Alla luce di un siffatto quadro normativo statale in materia di valori limiti alle emissioni inquinanti la legge regionale in oggetto si pone in contrasto sia con l’articolo 29-sexies, comma 3, sia con l’articolo 29-septies poiché non introduce l’obbligo per gli impianti soggetti ad AIA di rispettare “valori limite di emissione” nel territorio, ma piuttosto prevede l’obbligo di adottare specifiche misure di monitoraggio, modalità di costruzione e realizzazione delle installazioni e di gestione degli impianti.
In materia di AIA occorre evidenziare la normativa statale individua puntualmente la ripartizione delle competenze tra lo Stato e le Regioni per lo svolgimento delle procedure di AIA: in particolare l’articolo 7 del decreto legislativo n. 152/2006 al comma 4-bis prevede che sono sottoposti ad AIA in sede statale i progetti relativi alle attività di cui all’allegato XII del decreto e loro modifiche sostanziali, mentre espressamente prevede al comma 4-ter che sono sottoposti ad AIA secondo le disposizioni delle leggi regionali e provinciali i progetti di cui all’allegato VIII che non risultano ricompresi anche nel citato allegato XII e loro modifiche sostanziali. Infine al comma 5 è stabilito che in sede statale, l’autorità competente ai fini dell’AIA è il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare che rilascia il relativo provvedimento di AIA con decreto del Ministro.
Il comma 7 prevede infine che: “Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano disciplinano con proprie leggi e regolamenti le competenze proprie e quelle degli altri enti locali in materia di VAS e di AIA. Disciplinano inoltre:
a) i criteri per la individuazione degli enti locali territoriali interessati;
b) i criteri specifici per l’individuazione dei soggetti competenti in materia ambientale;
c) fermo il rispetto della legislazione europea, eventuali ulteriori modalità, rispetto a quelle indicate nel presente decreto, purché con questo compatibili, per l’individuazione dei piani e programmi o progetti o installazioni da sottoporre a VAS ed AIA e per lo svolgimento della relativa consultazione;
d) le modalità di partecipazione delle regioni e province autonome confinanti al processo di VAS, in coerenza con quanto stabilito dalle disposizioni nazionali in materia;
e) le regole procedurali per il rilascio dei provvedimenti di AIA e dei pareri motivati in sede di VAS di propria competenza, fermo restando il rispetto dei limiti generali di cui al presente decreto ed all’articolo 29 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni.
E’ infine da rilevare che l’articolo 3 della legge regionale in epigrafe risulta in contrasto con l’articolo 29-ter che disciplina la domanda di autorizzazione integrata ambientale prevedendo, ai fini dell’esercizio delle nuove installazioni di nuovi impianti, della modifica sostanziale e dell’adeguamento del funzionamento degli impianti delle installazioni esistenti, l’obbligo di presentazione di specifici contenuti della domanda di AIA, individuando puntualmente i dati e le informazioni ai fini del rilascio dell’autorizzazione.
Dal sopra riportato quadro normativo in materia di AIA si può desumere chiaramente come le disposizioni di cui alla legge regionale in oggetto devono ritenersi in contrasto con le seguenti previsioni statali:
- l’articolo 271, comma 3, terzo e quarto periodo, del D.Lgs. n. 152/06, poiché le installazioni soggette ad AIA non rientrano in quelle di cui all’articolo 272, comma 1 (ovvero le attività per le quali non è previsto il rilascio di una autorizzazione alle emissioni) per cui è possibile invece adottare con legge “appositi valori limite di emissione e prescrizioni, anche inerenti le condizioni di costruzione o di esercizio e i combustibili utilizzati”;
- l’articolo 29-ter del D.Lgs. n. 152/2006 in quanto la legge regionale prevede all’articolo 3, per la presentazione delle istanze di AIA di competenza statale, l’obbligo di produrre nell’ambito dell’istanza ulteriore documentazione e informazioni rispetto a quanto previsto dalla normativa statale;
- l’articolo 29-septies, del D.Lgs. n. 152/2006 in quanto la legge regionale non si configura come uno “strumento di programmazione o di pianificazione”, non considera “tutte le sorgenti emissive coinvolte” in quanto le emissioni odorigene sono riconducibili anche ad altri fonti emissive non considerate dalle disposizioni qui censurate (quali traffico e riscaldamento civile) e non individua chiaramente quali sono le norme di qualità ambientale per cui è necessario attuare le prescrizioni in materia di emissioni odorigene contenute in particolare nell’articolo 3 e nell’allegato della legge regionale in commento. Al riguardo occorre evidenziare che le disposizioni censurate configurano anche un vizio di irragionevolezza in relazione all’articolo 3 della Costituzione. Tanto si deduce considerato che il parametro limite previsto dalla disciplina regionale di cui si impone il rispetto rappresenta un valore complessivo al quale possono concorrere una pluralità di sorgenti anche non riferite agli impianti autorizzati;
- l’articolo 29-septies, del D.Lgs. n. 152/2006, all’ultimo periodo in quanto la legge della regione Puglia non prevede che le prescrizioni siano richieste dalla Regione in sede di Conferenza di servizi, ma piuttosto inserite d’ufficio nell’autorizzazione integrata ambientale;
- l’articolo 29-sexies, comma 3, del D.Lgs. n. 152/2006, in quanto le disposizioni regionali e il relativo Allegato non introducono l’obbligo di rispettare “valori limite di emissione” nel territorio, ma di adottare specifiche misure di monitoraggio, costruttive e di gestione. Al riguardo occorre ricordare che il provvedimento AIA può prescrivere l’adozione di specifiche tecniche o tecnologie solo ove si applichi il sopra citato art. 29-septies (ovvero quando nel caso in cui uno strumento di programmazione o di pianificazione ambientale, quali ad esempio il piano di tutela delle acque, o la pianificazione in materia di emissioni in atmosfera, considerate tutte le sorgenti emissive coinvolte, riconosca la necessità di applicare ad impianti, localizzati in una determinata area, misure più rigorose di quelle ottenibili con le migliori tecniche disponibili, al fine di assicurare in tale area il rispetto delle norme di qualità ambientale);
- l’articolo 7, commi 4, 4-bis, 5 e 7 del D.Lgs. n. 152/2006 in quanto le disposizioni regionali, quali l’articolo 1, comma 2, lettere a) e b), l’articolo 3, comma 4, l’articolo 5, comma 1, lettera c), l’articolo 9 disciplinano procedure e attività che spettano allo Stato in materia di autorizzazione integrata ambientale, poiché relative agli impianti di cui all’allegato XII eccedendo il potere legislativo riconosciuto alle Regioni dal comma 7 dell’articolo 7 del citato decreto legislativo.
Alla luce di quanto fin qui rappresentato si deve ricordare che la disciplina della autorizzazione integrata ambientale rientra in modo univoco nella competenza legislativa esclusiva dello Stato in tema di «tutela dell’ambiente e dell’ecosistema» (articolo 117, comma 2, lettera s), Cost.); è inoltre opportuno aggiungere che, proprio in quanto “trasversale” e “prevalente”, la normativa statale nella materia in questione si impone integralmente nei confronti delle Regioni che non possono contraddirla. Si tratta di un orientamento costantemente affermato dalla giurisprudenza costituzionale, la quale ha ribadito tali conclusioni anche riguardo alle autonomie speciali (si vedano, al riguardo, le sentt. nn. 104 del 2008, con rinvio alla sentenza n. 378 del 2007, nn. 225 e 234 del 2009 e nn. 1 e 67 del 2010), nei cui confronti le norme espressive della competenza esclusiva dello Stato in materia ambientale si applicano “trasversalmente”, su tutti i settori, in quanto norme di grande riforma economico-sociale.
2. Illegittimità costituzionale degli articoli 1, comma 2, lettere c) e d), 3, 4, 5, 6,7 e 9 della legge regionale 16 luglio 2018, n. 32 per violazione dell’art. 117, secondo comma, lett. s), in riferimento agli articoli 19, 22 e 23 del d.lgs. n. 152 del 2006.
Le norme della legge regionale introducono ulteriori contenuti ai fini della presentazione delle istanze per la valutazione di impatto ambientale (VIA)nonché per la verifica di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale. Tali contenuti non sono prescritti nell’ambito delle procedure dettate dalla normativa statale in materia di VIA pertanto risultano in contrasto con gli artt. 19, 22 e 23 del d.lgs. n. 152/2006.
Specificamente per le procedure di valutazione di impatto ambientale nonché per la verifica di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale (VIA) i contenuti richiesti dall’articolo 3 della legge regionale ai fini del controllo delle emissioni delle sostanze odorigene non sono previsti nell’Allegato IV-bis e nell’Allegato VII alla parte seconda del d.lgs. n. 152/2006, come modificati dal d.lgs. n. 104/2017. Tale norma regionale prevede, infatti che “Il gestore ovvero il proponente, all’atto della presentazione dell’istanza all’autorità competente, provvede ad allegare la documentazione relativa alla individuazione delle sorgenti odorigene significative, alla caratterizzazione delle sorgenti odorigene significative, comprensiva della determinazione della concentrazione di odore e della portata di odore e della determinazione della concentrazione delle singole sostanze, odoranti o traccianti anche non odoranti, e alla stima dell’impatto olfattivo delle emissioni, redatta secondo le indicazioni di cui all’allegato annesso alle presenti disposizioni” e che, inoltre “L’assenza di sorgenti odorigene significative dovrà essere certificata dal gestore ovvero dal proponente mediante dichiarazione resa nelle forme di legge.”.
Preliminarmente è utile ricordare che la disciplina della valutazione di impatto ambientale rientra in modo univoco nella competenza legislativa esclusiva dello Stato in tema di «tutela dell’ambiente e dell’ecosistema» (articolo 117, comma 2, lettera s), Cost.); è inoltre opportuno aggiungere che, proprio in quanto “trasversale” e “prevalente”, la normativa statale nella materia in questione, come per l’AIA, si impone integralmente nei confronti delle Regioni che non possono contraddirla. Si tratta di un orientamento costantemente affermato dalla giurisprudenza costituzionale, la quale ha ribadito tali conclusioni anche riguardo alle autonomie speciali (si vedano, al riguardo, le sentt. nn. 104 del 2008, con rinvio alla sentenza n. 378 del 2007, nn. 225 e 234 del 2009 e nn. 1 e 67 del 2010), nei cui confronti le norme espressive della competenza esclusiva dello Stato in materia ambientale si applicano “trasversalmente”, su tutti i settori, in quanto norme di grande riforma economico-sociale. Ciò premesso, la disposizione regionale qui in esame risulta non conforme alla vigente normativa statale in materia di VIA, come modificata dal d.lgs.104/2017, in particolare in relazione a quanto previsto dall’articolo 7-bis, comma 8, del d.lgs. 152/2006 che prevede:
“Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano disciplinano con proprie leggi o regolamenti l’organizzazione e le modalità di esercizio delle funzioni amministrative ad esse attribuite in materia di VIA, nonché l’eventuale conferimento di tali funzioni o di compiti specifici
agli altri enti territoriali sub-regionali. La potestà normativa di cui al presente comma è esercitata in conformità alla legislazione europea e nel rispetto di quanto previsto nel presente decreto, fatto salvo il potere di stabilire regole particolari ed ulteriori per la semplificazione dei procedimenti, per le modalità della consultazione del pubblico e di tutti i soggetti pubblici potenzialmente interessati, per il coordinamento dei provvedimenti e delle autorizzazioni di competenza regionale e locale, nonché per la destinazione alle finalità di cui all’articolo 29, comma 8, dei proventi derivanti dall’applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie. In ogni caso non sono derogabili i termini procedimentali massimi di cui agli articoli 19 e 27-bis.”.
Appare pertanto chiaro che tale norma conferisce a Regioni e Province autonome una potestà legislativa limitata, da esercitare in conformità alla legislazione europea e nel rispetto della normativa statale, allo scopo di stabilire regole particolari ed ulteriori per le specifiche finalità indicate nel sopra riportato articolo 7-bis, comma 8: Regioni e Province autonome possono stabilire regole autonome e ulteriori rispetto alla normativa statale esclusivamente per la semplificazione dei procedimenti, per le modalità della consultazione del pubblico e di tutti i soggetti pubblici potenzialmente interessati, per il coordinamento dei provvedimenti e delle autorizzazioni di competenza regionale e locale, nonché per la destinazione dei proventi derivanti dall’applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie. Alla luce di un siffatto ambito circoscritto e puntuale della potestà legislativa regionale in materia di VIA, la disposizione regionale in questa sede contestata è in contrasto con l’articolo 7-bis in quanto essa non è riconducibile ad alcuna delle finalità in vista delle quali il legislatore statale ha riconosciuto un margine di intervento ai legislatori regionali. Certamente essa non tende alla semplificazione del procedimento, ma rappresenta un ulteriore aggravio sia per l’autorità competente, che sarà chiamata ad analizzare e a valutare ulteriori contenuti dello studio preliminare ambientale, sia per il proponente che dovrà procedere ad effettuare ulteriori analisi e approfondimenti nella predisposizione dell’istanza di verifica di assoggettabilità a VIA. Alla luce di quanto fin qui rappresentato, pertanto, emerge una palese violazione dell’art. 117, comma 2, lett. s), Cost.
Spettano alla competenza esclusiva dello Stato le determinazioni che rispondono ad esigenze meritevoli di disciplina uniforme sull’intero territorio nazionale (sentenze n. 77 del 2017, n. 249 del 2009 e n. 407 del 2002). Tale disciplina, poi, costituisce un limite per gli interventi normativi delle Regioni e delle Province autonome che, pur attenendo a materie di loro competenza, presentano tuttavia profili di interferenza con dette esigenze di tutela dell’ambiente (sentenze n. 180 e n. 58 del 2015, n. 67 del 2014 e n. 314 del 2009).
3. Illegittimità costituzionale dell’articolo 3, comma 5 , per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera l), in riferimento all’articolo 279 del d.lgs. n. 152 del 2006.
L’articolo 3, comma 5, dispone che : "La violazione da parte del gestore delle prescrizioni impartite e dei valori limite fissati nel provvedimento, anche in esito alle attività di cui al comma 2, determina l'applicabilità del sistema sanzionatorio già previsto dalle norme di settore.
Premesso che la previsione appare sommariamente formulata, in quanto il comma 2 richiamato non prevede attività in senso stretto, se non "dichiarative" (invero esso recita: "L'assenza di sorgenti odorigene significative dovrà essere certificata dal gestore ovvero dal proponente mediante dichiarazione resa nelle forme di legge"); appare del tutto generico il riferimento al "sistema sanzionatorio già previsto dalle norme di settore", considerato che la legge regionale non è munita di un proprio apparato sanzionatorio, per cui il rinvio parrebbe da intendersi alla disciplina statale di settore, ad esclusione, però, del cit. art. 674 c.p., che non può di certo intendersi come fattispecie incriminatrice "di settore".
Dovendo ritenersi che la disposizione regionale alluda all'art. 279 del Codice dell'ambiente, che tuttora contiene la disciplina delle sanzioni penali e amministrative per le violazioni nel campo delle emissioni in atmosfera, allora essa delinea surrettiziamente fattispecie incriminatrici penali nuove, consistenti nella "violazione da parte del gestore delle prescrizioni impartite e dei valori limite fissati nel provvedimenti", da punire appunto con le sanzioni previste dal citato aricolo 279 del Codice dell'ambiente, in modo che la previsione va ad incidere sull' "ordinamento penale", ossia, una materia riservata in via esclusiva at legislatore statale ai sensi dell'art. 117, comma 2, lettera I), Costizione. La norma regionale dunque introduce un'integrazione di fattispecie da punire a livello penale secondo "il sistema sanzionatorio gia previsto dalle norme di settore", vale a dire, ai sensi dell'art. 279 del Codice dell'ambiente, cosi travalicando in materia riservata in via esclusiva al legislatore statale.
4. Illegittimità costituzionale dell’articolo 6 per violazione dell’art. 117, comma 6, e dell’articolo 123 Cost. ), in riferimento agli articoli 7 e 7-bis del d.lgs. n. 152 del 2006, nonché all’articolo 44, commi 1 e 2 dello Statuto Puglia.
L’articolo 6, comma 1, della legge regionale in epigrafe statuisce che “La Giunta regionale con propria deliberazione provvede all’aggiornamento dell’allegato annesso alle presenti disposizioni”. Il successivo comma 2 prevede che “La Giunta regionale definisce nel rispetto dei principi di adeguatezza e proporzionalità, disposizioni volte alla minimizzazione dell’impatto olfattivo per particolari categorie di attività”. La norma reca, all’evidenza, una ipotesi di delegificazione che tuttavia contrasta sotto molteplici profili con la disciplina dell’istituto de quo contenuta nello statuto regionale pugliese.
Al riguardo occorre premettere, in via generale, che le norme di uno statuto regionale ordinario sono adottate all’esito di un procedimento rinforzato e, dunque, condizionano la validità di quelle prodotte da una legge regionale, le quali non possono discostarsene pena la violazione dell’articolo 123 Cost. Tanto precisato, si deve immediatamente aggiungere che - a mente dell’articolo 44, comma 1 dello statuto pugliese - “La legge regionale indica le norme da delegificare e i principi che la Giunta regionale deve osservare nei regolamenti di delegificazione. Le materie oggetto di legislazione concorrente non possono essere delegificate”.
Orbene, la disposizione regionale qui in oggetto si discosta dalle sopra citate previsioni statutarie perché:
a) affida la modifica dell’allegato alla legge in epigrafe a una non meglio precisata deliberazione di giunta, laddove lo statuto esige un regolamento, peraltro da approvare nel rispetto di specifiche prescrizioni procedurali (art. 44, comma 2, St. Puglia);
b) risulta del tutto carente sotto il profilo della indicazione dei principi che dovrebbero guidare la giunta nell’attività di delegificazione, non potendosi al riguardo considerare sufficiente la generica disciplina posta dal sopra richiamato articolo 6, comma 2 della legge regionale in epigrafe;
c) utilizza lo strumento della delegificazione in violazione del divieto statutario per le materie di legislazione concorrente, che a fortiori non può non comprendere anche quelle di legislazione esclusiva statale nelle quali le regioni operano nello spazio lasciato dallo stesso legislatore statale, come è nel caso della disciplina in esame, senz’altro interamente ascrivibile alla competenza statale esclusiva ex art. 117, comma 2, lett. s).
Oltre a quanto appena dedotto in ordine alla violazione dell’articolo 123 Cost., va poi aggiunto che la fattispecie di delegificazione introdotta dal legislatore pugliese contrasta altresì con l’articolo 117, comma 6 Cost. nei termini che di seguito si precisano.
Posto, infatti, che la disciplina contenuta nell’allegato di cui si discute ricade certamente nella materia esclusiva statale della tutela dell’ambiente e dell’ecosistema (ex art. 117, comma 2, lett. s), Cost.), si deve rimarcare che, in forza dell’evocato parametro costituzionale, nelle materie di legislazione statale esclusiva le regioni possono esercitare potestà regolamentare solo sulla base di una delega dello Stato. Per quanto riguarda la disciplina relativa all’autorizzazione integrata ambientale, tale delega scaturisce dall’articolo 7, comma 7, del decreto legislativo n. 152 del 2006, che però si riferisce esclusivamente all’autorizzazione integrata ambientale di competenza regionale. Ne deriva che l’articolo 6, comma 1 della legge regionale in epigrafe viola l’articolo 117, comma 6 Cost., nella misura in cui pretende di delegificare previsioni destinate ad applicarsi anche all’autorizzazione integrata ambientale di spettanza statale.
Per quanto riguarda la valutazione di impatto ambientale, l’articolo 7-bis, comma 8, del decreto legislativo n. 152 del 2006 riconosce uno spazio d’intervento alle leggi e ai regolamenti regionali esclusivamente in riferimento alle procedure di propria competenza e per profili strettamente delimitati, dai quali la disciplina contenuta nell’allegato alla legge regionale in oggetto esorbita. Ne deriva che l’articolo 6, comma 1 della legge regionale Puglia di cui si discute viola l’articolo 117, comma 6 Cost., nella misura in cui pretende di delegificare previsioni espressamente destinate ad applicarsi sia ai procedimenti di valutazione di impatto ambientale di spettanza statale, sia a quelli di spettanza regionale.
Pertanto, per i motivi sopra precisati, la legge regionale, con riferimento alle disposizioni contenute negli articoli 1, comma 2, lettere a, b, c) e d), 3, 4, 5, 6, 7 e 9, nonché nell’allegato tecnico deve essere impugnata ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione .
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Un approfondimento sulle Commissioni paritetiche di ciascuna Regione a statuto speciale, con i Decreti di costituzione e l’elenco dei decreti legislativi concernenti le norme di attuazione