Dettaglio Legge Regionale

Istituzione del Centro regionale di riabilitazione pubblica ospedaliera di Ceglie Messapica (CRRiPOCeM) (30-5-2024)
Puglia
Legge n.21 del 30-5-2024
n.45 del 3-6-2024
Politiche socio sanitarie e culturali
22-7-2024 / Impugnata
La legge della Regione Puglia n. 21 del 30 maggio 2024, recante “Istituzione del Centro regionale di riabilitazione pubblica ospedaliera di Ceglie Messapica” (CRRiPOCeM) presenta profili di illegittimità costituzionale nella sua interezza e, in particolare, con riferimento agli artt. 1, 3 e 4, comma 2.
La suddetta legge regionale, infatti, si pone in contrasto:
a) con gli impegni assunti dalla Regione Puglia mediante il Piano di rientro dal deficit sanitario e, quindi, con le pertinenti norme statali (artt. 1, co. 180, della legge n. 311 del 2004, e 2, comma 80, della legge n. 191 del 2009), che costituiscono nella materia de qua altrettanti principi di coordinamento della finanza pubblica, ai sensi dell’art. 117, co. 3, Cost.; nonché,
b) con le disposizioni statali che disciplinano le assunzioni nelle pubbliche amministrazioni, anche con specifico riguardo al settore sanitario (artt. 15 e 18 del decreto-legislativo n. 502 del 1992, attuati rispettivamente con il d.P.R. n. 483 del 1997 e con il d.P.R. n. 220 del 2001), in violazione degli artt. 97 e 117, co. 3, Cost.

In particolare, la legge in argomento, ai sensi dell’art. 1, istituisce il Centro regionale di riabilitazione pubblica ospedaliera di Ceglie Messapica (CRRiPOCeM), di proprietà e gestione interamente pubblica, incardinato nell’organizzazione funzionale dell’Azienda sanitaria locale (ASL) di Brindisi, corredato da tutte le unità operative, relativi day hospital e per tutti i livelli, regimi e fasi delle attività riabilitative.

Si osserva preliminarmente che il presidio di riabilitazione di alta specialità della ASL di Brindisi è attualmente gestito dalla fondazione San Raffaele sita in Ceglie Messapica, che è ente no profit.
La legge dispone, quindi, il passaggio del centro riabilitativo di Ceglie Messapica da gestione privata convenzionata, ad una gestione interamente pubblica. In tale trasformazione assumono rilievo profili connessi al Piano di rientro dal disavanzo sanitario, al quale la regione Puglia è sottoposta dal 2010. Da tale sottoposizione, infatti, consegue che gli interventi in materia sanitaria debbano essere necessariamente valutati dai Ministeri affiancanti, così come previsto dall’Accordo sottoscritto tra la regione e i Ministeri della salute e dell’economia e delle finanze in data 29 novembre 2010. In particolare, il passaggio alla gestione interamente pubblica del CRRiPOCeM, realizzando una modifica della programmazione sanitaria, avrebbe dovuto essere sottoposto a detti Ministeri, e comunicato nell’ambito del monitoraggio del Piano medesimo, per una preventiva valutazione sulla compatibilità economica, in coerenza con il quadro economico programmatico complessivo per il triennio 2022- 2024.
La giurisprudenza costituzionale ha, infatti, evidenziato che gli accordi previsti dall’art. 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 “assicurano, da un lato, la partecipazione delle regioni alla definizione dei percorsi di risanamento dei disavanzi nel settore sanitario e, dall’altro, escludono che la Regione possa poi adottare unilateralmente misure- amministrative o normative – con essi incompatibili” (Corte costituzionale, sentenza n. 94 del 2019).
Ciò premesso, occorre, innanzitutto, esaminare la natura della struttura interessata dall’intervento normativo regionale. Il presidio di riabilitazione di alta specialità della ASL di Brindisi è stato finora gestito dalla Fondazione San Raffaele, sita in Ceglie Messapica, ed è un ente no profit, non annoverabile tra le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato, individuate dall’ISTAT ai sensi dell’articolo 1, comma 3 della legge 21 dicembre 2009, n. 196.
Il Centro regionale istituito ai sensi dell’articolo 1 della legge in esame, rientrerebbe, invece, tra i soggetti pubblici e, come tale, il consolidamento dello stesso nei conti pubblici è suscettibile di determinare effetti sui saldi di finanza pubblica. Ne consegue che, poiché il riconoscimento di un Centro regionale di riabilitazione ospedaliera di proprietà e gestione interamente pubblica può generare un significativo incremento di costi non quantificato e non compatibile con l’equilibrio economico finanziario del bilancio sanitario della regione, quanto disposto dalla legge regionale de qua non risulta coerente con la programmazione del Piano di rientro.
Al riguardo, l’articolo 3 della legge regionale (norma finanziaria) attesta una copertura economica dell’operazione pari a circa 9,592 milioni di euro - a valere su Fondo sanitario regionale indistinto assegnato annualmente alla ASL di Brindisi - determinata esclusivamente in relazione alla spesa sostenuta dalla ASL di Brindisi nell’anno 2022 per l’acquisto di prestazioni dalla Fondazione San Raffaele. Detto importo è stato individuato senza tenere conto della minore entrata, di cui avrebbe beneficiato la ASL di Brindisi, derivante dall’attuale introito del canone per la concessione della gestione, né, soprattutto, dell’incremento del costo del personale conseguente all’applicazione del CCNL comparto Sanità Pubblica, né del valore dei beni materiali da acquisire (arredi, attrezzature, apparecchiature elettromedicali, ecc.), necessari per la gestione del CRRiPOCeM.
Le stime contenute nella legge regionale in esame, quindi, non rappresentano la spesa reale che il sistema pubblico andrebbe a sostenere per la gestione diretta del Presidio.
La Regione, peraltro, non fornisce un Business Plan complessivo dell'operazione di che trattasi che, invece, l'ASL di Brindisi avrebbe dovuto adottare, anche al fine di consentire agli organi regionali di effettuare la valutazione economico-finanziaria complessiva dell'intervento, con specifico riferimento alle attività, servizi erogati e costi da sostenere, nel rispetto degli atti di programmazione aziendali e regionali.
Tale considerazione, unitamente alla situazione di incertezza in termini di equilibrio economico del bilancio consolidato dei conti sanitari della Regione Puglia (anche per l'anno 2024 si starebbe, infatti, profilando un disavanzo di gestione), fa emergere la necessità di disporre, ai fini della necessaria valutazione degli effetti e dell'impatto economico dell'operazione di cui alla legge regionale in esame, del programma operativo 2024-2026 completo di modelli di Conto economico tendenziali e programmatici.
In assenza di una tale cornice programmatoria riferita al periodo 2024-2026, infatti, non risulta possibile una valutazione in termini di gestione strutturale e sostenibilità del Fondo sanitario regionale in condizioni di efficienza e appropriatezza nell'erogazione dei LEA, di rispetto dell'equilibrio economico, e di coerenza con le risorse disponibili a legislazione vigente. In definitiva, in assenza dei predetti dati, non è possibile verificare la compatibilità delle previsioni regionali con i vincoli scaturenti dal Programma operativo di prosecuzione del Piano di rientro.
Ne consegue che il riconoscimento di un Centro regionale di riabilitazione ospedaliera di proprietà e gestione interamente pubblica può generare un significativo incremento di costi non quantificato e non compatibile con l'equilibrio economico finanziario del bilancio sanitario della regione, con conseguente violazione dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, con riferimento al principio di coordinamento della finanza pubblica e, in via indiretta e conseguenziale, con la tutela della salute.
Infatti, costituisce principio di diritto, che per le regioni assoggettate ai vincoli dei piani di rientro dal disavanzo sanitario, sussista l'impossibilità di incrementare la spesa sanitaria per motivi non inerenti alla garanzia dei livelli essenziali di assistenza (LEA) e, dunque, per spese non obbligatorie. Il suddetto principio si applica anche per i piani di prosecuzione del rientro dal disavanzo sanitario o per le misure di monitoraggio equiparabili (Corte Cost. sent. n. 104 del 2013; sent. nn.36/2021 e 177/2020).
La giurisprudenza della Corte costituzionale sul punto, a far data dalla sentenza n. 100 del 2010, è ormai consolidata nel riconoscere la violazione del principio in materia di coordinamento della finanza pubblica per tutte le norme regionali che si pongono in contrasto con il Piano di rientro.

Sotto altro profilo, l’articolo 4, comma 2, della legge in argomento, prevede che il personale in servizio presso il Presidio, alla data di entrata in vigore della norma, transiti nell’organico dell’ASL competente, ai sensi dell’art. 1, comma 268, lettera c) della legge 30 dicembre 2021, n. 234 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2022 e bilancio pluriennale per il triennio 2022-2024) e comunque nel rispetto della normativa vigente o con procedure di selezione per soli titoli, dove compatibili con il profilo professionale, e comunque valorizzando l’esperienza lavorativa svolta per la stessa tipologia di servizio.
Ebbene, tale disposizione attraverso l'utilizzo della congiunzione "o" introduce - e configura - come alternativa alle modalità di reclutamento disciplinate a livello statale - una modalità di reclutamento in deroga alla regola della procedura selettiva per titoli ed esami e, più in generale, della regola del pubblico concorso che governa l'accesso al pubblico impiego, ai sensi dell’art. 97 Cost.
Il prevedere una procedura selettiva di reclutamento per soli titoli, contrasta – in particolare – con la disciplina statale applicabile agli enti del Servizio sanitario nazionale: difatti, le procedure di reclutamento del personale sanitario trovano la loro regolamentazione nell’ambito del DPR 10 dicembre 1997, n. 483 (Regolamento recante la disciplina concorsuale per il personale dirigenziale del Servizio sanitario nazionale) e del DPR 27 marzo 2001, n. 220 (Regolamento recante disciplina non concorsuale del personale non dirigenziale del Servizio sanitario nazionale), emanati in attuazione degli artt. 15 e 18 del decreto-legislativo n. 502 del 1992, i quali recano una specifica disciplina di accesso mediante concorso per titoli ed esami e non già per soli titoli.
La disposizione de qua si pone, pertanto, in contrasto con l’art. 97 Cost..
Infine, per quanto attiene alla stima dei maggiori oneri che deriverebbero dall'operazione di transito del personale delineata dall’art. 4, comma 2, con riferimento alle modalità di esecuzione del Piano di rientro dal deficit sanitario, non risulta che la regione abbia presentato, per la preventiva autorizzazione del Ministeri affiancanti, il relativo piano di reclutamento. Tale circostanza, unitamente alla assenza di un Business Plan complessivo, non ha consentito una valutazione, in termini di coerenza, con le risorse disponibili a legislazione vigente. Ne deriva, quindi, che il segnalato art. 4, comma 2, si pone anche in contrasto con i già menzionati principi di coordinamento della finanza pubblica, applicabili alla Regione Puglia in virtù dei vincoli derivanti dal Programma operativo di prosecuzione del Piano di rientro dal deficit sanitario.
Sotto questo profilo, viene in rilevo altresì quanto specificamente disposto dall'articolo 2, comma 80, della legge n. 191 del 2009 in merito alla cogenza degli interventi individuati dal Piano di rientro, che sono vincolanti per la regione, obbligata a rimuovere i provvedimenti, anche legislativi, (e a non adottarne di nuovi) che siano di ostacolo alla piena attuazione del suddetto piano.
Per i motivi esposti, la legge regionale in esame nella sua interezza e con particolare riferimento agli artt. 1, 3 e 4, comma 2, deve essere impugnata dinanzi alla Corte costituzionale, ai sensi dell’art. 127 della Costituzione, per la violazione degli artt. 97 e 117, co. 3, Cost., stante il contrasto con le richiamate norme interposte.

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