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“Modifica alla legge regionale 16 febbraio 2024, n. 1 (Programma di eliminazione del carcinoma del collo dell’utero e delle altre patologie HPV-correlate) e misure per l’aumento della copertura della vaccinazione anti Papilloma virus umano (HPV) e misure per la prevenzione delle infezioni da Virus respiratorio sinciziale nel neonato (VRS - bronchiolite)” (30-5-2024)
Puglia
Legge n.22 del 30-5-2024
n.45 del 3-6-2024
Politiche socio sanitarie e culturali
22-7-2024 /
Impugnata
La legge della Regione Puglia n. 22 del 30 maggio 2024 recante “Modifica alla legge regionale 16 febbraio 2024, n. 1 (Programma di eliminazione del carcinoma del collo dell’utero e delle altre patologie HPV-correlate) e misure per l’aumento della copertura della vaccinazione anti Papilloma virus umano (HPV) e misure per la prevenzione delle infezioni da Virus respiratorio sinciziale nel neonato (VRS - bronchiolite)” presenta profili di illegittimità costituzionale con riferimento all’art. 1, per violazione dell’art. 117, primo comma, della Costituzione, in relazione all’art. 9 del Regolamento UE 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27/04/2016, quale norma interposta, nonché per violazione dell’art. 117, secondo comma, lett. m) e n) della Costituzione, che riconosce la competenza esclusiva statale in materia di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni e delle norme generali sull’istruzione, in relazione, quale norma interposta, all’art. 3 bis del D.L. n. 73/2017, convertito, con modifiche, con Legge n. 119/2017, nonché per violazione del principio di uguaglianza, di cui all’art. 3 Cost, e dell’art. 34 Cost. in materia di diritto allo studio.
In particolare:
l’art. 1 della legge regionale in esame modifica la legge regionale 16 febbraio 2024 n. 1, recante “Programma di eliminazione del carcinoma del collo dell’utero e delle altre patologie HPV-correlate”, aggiungendo l’ art. 4 bis, rubricato “Programma di vaccinazione anti-papilloma virus umano”, che così dispone:
1.“Per rendere capillare il dovere di informazione a carico delle autorità sanitarie e scolastiche sull’utilità della vaccinazione anti papilloma virus umano, così da debellare le infezioni e prevenire le relative conseguenze cancerose, nell’esclusivo interesse dei giovani pugliesi a una vita di relazione quanto più libera e affidabile, l’iscrizione ai percorsi di istruzione (anche universitaria), di età compresa tra gli 11 e i 25 anni, è subordinata, salvo formale rifiuto di chi esercita la patria potestà oppure dei soggetti interessati che hanno raggiunto la maggiore età, alla presentazione di una documentazione, già in possesso degli interessati, in grado di certificare l’avvenuta vaccinazione anti-HPV oppure di un certificato rilasciato dai centri vaccinali delle ASL di riferimento attestante la somministrazione o l’avvio del programma di somministrazione oppure il rifiuto alla somministrazione del vaccino. L’attestazione rilasciata dai centri vaccinali può anche limitarsi, su formale richiesta degli esercenti la responsabilità genitoriale, o, ricorrendone i presupposti di legge, dagli stessi interessati, al mero riferimento sull’avvenuto espletamento del colloquio informativo sui benefici della vaccinazione.
2. i dati raccolti nell’applicazione della disposizione di cui al comma 1 rientrano nella gamma dei dati sensibili in materia di salute e per questo sono protetti con le garanzie e tutele di legge”.
Ciò premesso, la norma presenta i seguenti profili di illegittimità con riferimento ai seguenti parametri costituzionali:
art. 117, secondo comma, lett. m) e n) cost. – violazione della competenza esclusiva statale in materia determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni e delle norme generali sull’istruzione:
La normativa in materia di obblighi vaccinali coinvolge una pluralità di materie riconducibili alle competenze legislative dello Stato, fra le quali rilevano la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni (art. 117, secondo comma, lettera m), Cost.) e le norme generali sull'istruzione (art. 117, secondo comma, lettera n), Cost.). In particolare, le disposizioni della legislazione statale che riguardano l'adempimento degli obblighi vaccinali ai fini dell'iscrizione e dell'accesso ai servizi scolastici, si configurano come "norme generali sull'istruzione", di competenza esclusiva del legislatore statale. Nell’ambito della competenza esclusiva dello Stato va ricondotto l’articolo 1 della legge regionale in oggetto, in quanto regola il rapporto fra l'assolvimento degli obblighi vaccinali e gli adempimenti necessari per l'iscrizione ai percorsi di istruzione 11-25 anni. Con la norma in esame, dunque, il legislatore regionale è intervenuto nel settore delle norme generali sull’istruzione, riservato alla competenza esclusiva dello Stato, violando così la ripartizione della potestà legislativa tra Stato e Regioni disposta dalla Carta costituzionale.
La disposizione citata, inoltre, è palesemente incompatibile con la disciplina dettata dal decreto-legge 7 giugno 2017, n. 73, recante “Disposizioni urgenti in materia di prevenzione vaccinale, di malattie infettive e di controversie relative alla somministrazione di farmaci”, convertito in legge, con modificazioni, dall’articolo 1, comma 1, legge 31 luglio 2017, n. 119, che disciplina dettagliatamente, in particolare all’art. 3-bis, gli adempimenti vaccinali necessari per l’iscrizione alla frequenza scolastica con riferimento alle vaccinazioni obbligatorie.
Sulla materia oggetto della norma regionale in argomento si è già pronunciata la Corte costituzionale con la sentenza n. 5/2018, in occasione di un giudizio sulla legittimità costituzionale proprio del citato decreto-legge n. 73/2017. La Consulta ritiene che tali norme “mirano a garantire che la frequenza scolastica avvenga in condizioni sicure per la salute di ciascun alunno, o addirittura (per quanto riguarda i servizi educativi per l'infanzia) non avvenga affatto in assenza della prescritta documentazione. Pertanto, queste norme vengono a definire caratteristiche basilari dell'assetto ordinamentale e organizzativo del sistema scolastico (sentenze n. 284 del 2016, n. 62 del 2013, n. 279 del 2012) e ricadono nella potestà del legislatore statale”. Aggiunge, inoltre, la Corte costituzionale che “in materia di obblighi di vaccinazione, le Regioni sono vincolate a rispettare ogni previsione contenuta nella normativa statale, incluse quelle che, sebbene a contenuto specifico e dettagliato, per la finalità perseguita, si pongono in rapporto di coessenzialità e necessaria integrazione con i principi di settore”.
L’intervento regionale in esame, pertanto, non si limita esclusivamente a legiferare (illegittimamente) su un materia di potestà esclusiva statale, ma introduce, altresì, ulteriori adempimenti a carico dei cittadini, subordinando l’iscrizione degli alunni/studenti “alla presentazione di documentazione, già in possesso degli interessati, in grado di certificare l’avvenuta vaccinazione anti-HPV oppure un certificato rilasciato dai centri vaccinali delle Aziende sanitarie locali (ASL) di riferimento, attestante la somministrazione, l’avvio del programma di somministrazione oppure il rifiuto alla somministrazione del vaccino”. A ciò si aggiunga che i vaccini sono stati inclusi negli atti nazionali di programmazione sanitaria, nonché nei livelli essenziali di assistenza (LEA). Infatti, il piano di prevenzione vaccinale è redatto a livello nazionale ed è oggetto di intesa in Conferenza Stato-Regioni.
L’orientamento della Consulta sulla materia è ribadito anche nella sentenza n. 186/2019, con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato costituzionalmente illegittimi gli articoli 1, commi 3 e 4, e 2 della legge della Regione Molise 12 settembre 2018, n. 8, che prevedevano che i responsabili delle strutture scolastiche non procedessero all'iscrizione di minori di età non in regola con gli obblighi vaccinali e che, in via transitoria, risultasse sufficiente, ai fini dell'iscrizione, aver avviato il percorso per l'assolvimento dei citati obblighi. La Consulta ha stabilito che le norme oggetto di impugnativa “intervengono in un settore riservato alla competenza esclusiva dello Stato, quello delle "norme generali sull'istruzione", determinando una interferenza di per sé stessa costituzionalmente illegittima. Le disposizioni citate, inoltre, appaiono viziate anche sotto il profilo contenutistico, per incompatibilità con la disciplina dettata dal d.l. n. 73 del 2017, conv., con modif., nella legge n. 119 del 2017, che pone vincoli inderogabili”.
Artt. 3 e 34 Cost: violazione del principio di uguaglianza e del diritto allo studio.
La previsione degli adempimenti richiesti dalla norma regionale in esame, ai fini dell’iscrizione agli istituti scolastici e universitari della Regione Puglia, nel violare la disciplina statale in materia, crea una disparità di trattamento rispetto agli alunni e agli studenti frequentanti scuole e università di altri territori e può costituire un elemento di criticità in caso di trasferimenti di alunni e studenti provenienti da altre regioni, rendendo disomogenea, sul territorio nazionale, la disciplina riguardante l’iscrizione scolastica e universitaria, con possibili riflessi sul rispetto del principio di uguaglianza, di cui all’art. 3 Cost., nonché in materia di diritto allo studio ex art. 34 Cost.
Art. 117, primo comma, Cost. – violazione dei vincoli alla potestà legislativa delle regioni derivanti dall’ordinamento comunitario.
La norma regionale in esame presenta criticità anche in materia di privacy, dato che, per quanto concerne la possibilità di acquisire dati sensibili, tra i quali rientrano quelli sanitari, la normativa vigente è costituita dal Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27/04/2016, che all’art. 9, comma 1, impone un divieto generale al trattamento dei dati personali, compresi quelli sanitari, e nei commi successivi configura le eccezioni previste- da considerarsi elenco tassativo. In applicazione e nel rispetto della norma europea, la normativa nazionale di settore circoscrive la richiesta, da parte del personale scolastico, di avvenuta vaccinazione, esclusivamente ai casi di vaccinazioni obbligatorie e non facoltative, come nel caso di specie (art. 3 bis, comma 2, del citato DL 73/2017).
Pertanto, l’acquisizione ed il trattamento di dati personali relativi alla salute ed acquisiti con le modalità di cui al comma 1, nonostante l’affermazione di principio contenuta nella norma, relativa alla protezione dei dati raccolti “con le garanzie e le tutele previste dalla legge”, si pone in contrasto con l’art. 9 del Regolamento UE 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, il quale sancisce un generale divieto di trattamento dei dati sulla salute, a meno che non ricorrano specifiche esenzioni, che non ricorrono nel caso in esame, trattandosi di vaccinazioni non obbligatorie. In quanto norma interposta, la violazione del citato art. 9 del Regolamento UE 2016/679 comporta, quindi, la violazione anche dell’art. 117, comma 1, Cost.
Per quanto sopra illustrato la legge regionale in argomento, limitatamente all’art. 1, deve essere impugnata ai sensi dell’art. 127 Cost, per violazione degli articoli art. 117, secondo comma, lett. m) e n) Cost., degli art. 3 e 34 Cost e dell’art. 117, comma 1 Cost., anche in riferimento ai parametri interposti sopra citati.
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