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Misure urgenti per la salvaguardia del paesaggio e dei beni paesaggistici e ambientali
(3-7-2024)
Sardegna
Legge n.5 del 3-7-2024
n.35 del 4-7-2024
Politiche infrastrutturali
7-8-2024 /
Impugnata
La legge regionale, che introduce misure urgenti per la salvaguardia del paesaggio e dei beni paesaggistici ambientali, presenta profili di illegittimità costituzionale con riferimento all’articolo 3, che eccede dalle competenze statuarie della Regione autonoma Sardegna (legge cost. n.3 del 1948) ponendosi in contrasto, per le motivazioni sotto specificate, con la normativa statale di riferimento che pone i principi fondamentali, vincolanti per le Regioni, o in materia di “produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia”, violando quindi l’articolo 117 , terzo comma della Costituzione. Poiché la disciplina statale di riferimento è di derivazione euro – unitaria si evidenzia altresì la violazione dell’articolo 117 , primo comma, della Costituzione, secondo cui “la potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali”. La previsione, infine, contenuta nel comma 2 del medesimo articolo 3 della legge regionale, secondo il quale le misure di salvaguardia previste dalla legge regionale si applicano anche alle procedure autorizzatorie in corso, si pone in contrasto con gli articoli 3 e 41 della Costituzione.
Si premette che lo? Statuto speciale di autonomia? della Regione Sardegna (l.cost.n.3 del 1948) riconosce alla stessa Regione, con l’articolo 4, lettera e),? competenza legislativa in materia della? sola "produzione e distribuzione di energia elettrica" con i limiti stabiliti? dall’articolo 3? del medesimo Statuto speciale – ovvero in armonia con la Costituzione e i principi dell'ordinamento giuridico dello Stato e col rispetto degli obblighi internazionali e degli interessi nazionali, nonché delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica -? nonché dei principi stabiliti dalle leggi dello Stato.??
In virtù, dunque,? dell'art 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 -? che consente l’applicazione? delle disposizioni del Titolo V della Costituzione così come modificato dalla stessa legge costituzionale alla Regioni a statuto speciale per le parti in cui si? prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già? a queste attribuite – appare? potersi invocare, in ordine alla legge regionale in esame, la violazione dell’articolo 117, terzo comma della Costituzione in presenza di disposizioni regionali configgenti con previsioni legislative statali di principio volte al conseguimento di obiettivi di politica energetica? gravanti sullo Stato italiano nel suo complesso, perché esso configura un titolo competenziale più ampio rispetto a quello previsto dallo? Statuto speciale della Regione autonoma Sardegna, come detto riferito alla sola energia elettrica.?
L’articolo 3 della legge regionale in esame, rubricato “Misure urgenti per la salvaguardia del paesaggio”, nell’asserito intento di introdurre misure per la salvaguardia del paesaggio e dei beni paesaggistici e ambientali, pone misure di salvaguardia comportanti il divieto di realizzare nuovi impianti di produzione e accumulo di energia elettrica da fonti rinnovabili, “nelle more dell'approvazione della legge regionale di individuazione delle aree idonee ai sensi dell'articolo 20, comma 4, del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199 (Attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del lº dicembre 2018, sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili), nonché dell’approvazione del PRS, dell’aggiornamento della strategia per lo sviluppo sostenibile e inoltre dell'aggiornamento, adeguamento e completamento del Piano paesaggistico regionale” e comunque per un periodo non superiore a diciotto mesi dall'entrata in vigore della stessa legge regionale, indicando una serie di aree escluse (tra cui aree naturali protette, zone umide, aree della rete Natura 2000, aree agricole, ecc.).
In sostanza, la norma in esame vieta, anche se transitoriamente, la realizzazione di nuovi impianti soggetti a concessione o autorizzazione, al fine di scongiurare l'irreversibilità degli impatti derivanti dalla loro realizzazione, installazione o avviamento. Dal divieto sono esclusi gli impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili finalizzati all'autoconsumo, di cui all’articolo 30 del decreto legislativo n. 199 del 2021, e quelli ricompresi nelle comunità energetiche di cui all’articolo 31 del medesimo decreto legislativo.
La previsione regionale, pur se di carattere transitorio, deroga rispetto alla disciplina statale che prevede l'adozione di decreti ministeriali di individuazione dei principi e criteri omogenei e, comunque, anche in caso di mancata adozione di siffatti decreti vieta ogni moratoria dei procedimenti di autorizzazione.
Inoltre, sempre all’articolo 3, al comma 2, si specifica che “le misure di salvaguardia di cui al comma 1 trovano applicazione anche se nelle aree individuate dal medesimo comma sono in corso, alla data di entrata in vigore della presente legge, procedure di autorizzazione di impianti di produzione e accumulo di energia elettrica da fonti rinnovabili”; al comma 4 si prevede che “il Consiglio regionale approva il PRS, la Giunta regionale aggiorna la strategia per lo sviluppo sostenibile e adotta l'aggiornamento al Piano paesaggistico regionale (PPR) entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge e avvia con la massima urgenza […] tutte le iniziative previste dalla normativa vigente per garantire e favorire la celere approvazione dei decreti del Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica di cui all'articolo 20, comma 1, del decreto legislativo n. 199 del 2021 e della conseguente legge regionale sulle aree idonee ai sensi del comma 4 del medesimo decreto legislativo. Entro gli stessi termini la Giunta regionale aggiorna il Piano energetico ambientale della Regione Sardegna (PEARS) [..]”.
L'intervento legislativo regionale in esame si colloca nel quadro normativo che disciplina l’installazione di impianti a fonti rinnovabili di cui al decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199, recante “Attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio dell'11 dicembre 2018, sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili”.
In particolare, l'articolo 20 del predetto decreto legislativo ha disciplinato le modalità di individuazione di superfici e aree idonee per l'installazione di impianti a fonti rinnovabili, stabilendo, con il comma 1, che la definizione di principi e criteri omogenei per l'individuazione di superfici e delle aree idonee e non idonee all'installazione di impianti a fonti rinnovabili, aventi una potenza pari a quella individuata come necessaria dal PNIEC, avvenga per mezzo di uno o più decreti ministeriali, previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, entro 180 giorni dall'entrata in vigore del d.lgs. 199/2021 (15 dicembre 2021); con il comma 4 che, entro 180 giorni dall'entrata in vigore dei citati decreti ministeriali, le Regioni individuino le aree idonee con legge; il successivo comma 6 stabilisce il divieto di moratorie o sospensioni di termini dei procedimenti di autorizzazione, nelle more dell'individuazione delle aree idonee sulla base dei citati decreti ministeriali; comma 8 individua, medio tempore, alcune aree idonee all'installazione (siti di impianti già installati, siti oggetto di bonifica, cave e miniere cessate, ecc.).
Il decreto legislativo n.199/2021 ha recepito la direttiva UE/2018/201, stabilendo che e gli obiettivi energetici nazionali del PNIEC all’anno 2030 sono ripartiti in sotto-obiettivi energetici regionali. Pertanto, ogni Regione e Provincia autonoma è chiamata a garantire sul proprio territorio il consumo di una quota minima di energia di fonte rinnovabili (FER). L’articolo articolo 20 di detto d.lgs. ha definito il percorso per l’individuazione delle superfici e delle aree idonee alla realizzazione di impianti a fonti rinnovabili, con la previsione di un coinvolgimento, in prima battuta, del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica (MASE), del Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste (MASAF) e del Ministero della cultura (MIC), d’intesa con le Regioni, al fine di definire criteri e principi omogenei e – tenuto conto della titolarità del processo programmatorio sul territorio in capo a Regioni e Province autonome – rinviando a successive leggi regionali per l’individuazione su ciascun territorio delle superfici e delle aree idonee.
Ai sensi del citato articolo 20, dalla individuazione di una determinata area come “idonea” deriva l’applicazione di iter autorizzativi “semplificati”, più snelli e celeri. Infatti, l’articolo 22 del medesimo decreto-legislativo, si prevede che “i termini delle procedure di autorizzazione per impianti in aree idonee sono ridotti di un terzo” e che “nei procedimenti di autorizzazione di impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili su aree idonee, ivi inclusi quelli per l'adozione del provvedimento di valutazione di impatto ambientale, l'autorità competente in materia paesaggistica si esprime con parere obbligatorio non vincolante”.
Il medesimo articolo 20 individua poi, con il comma 8, le aree che, nelle more dell’entrata in vigore delle apposite leggi regionali, debbono comunque essere considerate idonee.
Si rappresenta che il previsto decreto ministeriale (D.M. 21 giugno 2024 del Ministero de1l’Ambiente e della sicurezza energetica in G.U. Serie generale n. 153 del 2 luglio 2024) è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale due giorni prima della data di promulgazione della legge regionale in esame sul Bollettino Ufficiale della Regione autonoma della Sardegna (Bollettino n. 35 del 4 luglio 2024). Pur considerato tale aspetto temporale, si evidenzia che la legge regionale della Sardegna deroga comunque rispetto alla disciplina statale, che, anche in caso di mancata adozione dei decreti ministeriali di individuazione dei principi e criteri omogenei sulle aree idonee e non idonee, vieta ogni moratoria dei procedimenti di autorizzazione.
Si evidenzia, dunque, che la “provvisorietà” dell’efficacia delle disposizioni contenute nella legge regionale in esame si sovrappone in ogni caso alla normativa già in vigore, generando dubbi tra gli operatori del settore e mal conciliandosi, peraltro, con l’intento di uno “sviluppo regolato e armonico degli impianti di produzione e accumulo dell’energia elettrica da fonti rinnovabili”, auspicato dallo stesso legislatore regionale.
Il tema dell'individuazione delle aree idonee alla realizzazione degli impianti da fonti rinnovabili non è nuovo. Sono stati, in effetti, numerosi i tentativi delle Regioni di porre un freno alla realizzazione di tali impianti, dichiarando intere porzioni del proprio territorio come “inidonee’, in linea di principio, alla installazione.
Prima dell’entrata in vigore del decreto legislativo n. 199 del 2021 (che, come si evince da quanto sopra, rafforza il favor verso la diffusione dell’energia da fonti rinnovabili), l’orientamento della giurisprudenza costituzionale era nel senso di ritenere illegittime norme regionali volte a sancire, in via generale e astratta, la non idoneità di intere aree di territorio o a imporre, in maniera generalizzata ed aprioristica, limitazioni (in tal senso, Corte Cost. sentenza n. 69 del 2018).
In casi simili e comunque sempre sulla base della normativa previgente al decreto legislativo n. 199 del 2021, la Corte costituzionale ha avuto modo di precisare che il margine di intervento riconosciuto al legislatore regionale non permette di prescrivere limiti generali inderogabili, valevoli sull’intero territorio regionale, perché ciò contrasterebbe con il principio fondamentale di massima diffusione delle fonti di energia rinnovabili, stabilito dal legislatore statale in conformità alla normativa dell’Unione europea (cfr., ex multis, Corte Costituzionale, sentenza n. 13 del 2014 e sentenza n. 77 del 2022).
Di particolare rilievo è il caso della legge regionale Abruzzo n. l del 2022, dichiarata incostituzionale dalla Consulta con sentenza n. 27 del 2023, in riferimento all'art. 117, primo e terzo comma, Cost. In questa pronuncia, la Corte ha caducato l'art. 16 della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2022, che prorogava dal 31 dicembre 2021 al 30 giugno 2022 il termine entro il quale la Giunta regionale doveva proporre al Consiglio regionale lo strumento di pianificazione contenente l'individuazione delle aree e dei siti inidonei all’installazione di specifici impianti da fonti rinnovabili. Nella sentenza si afferma che ogni moratoria in questo settore confligge con l'art. 117. primo comma, Cost., in relazione ai principi espressi dalla direttiva 2018/2001/UE, in linea di continuità con quelli fatti propri dalle direttive 2001/77/CE e 2009/28/CE, violando gli impegni assunti dallo Stato italiano nei confronti de1l’Unione europea e a livello internazionale volti a garantire la massima diffusione degli impianti da fonti di energia rinnovabili (cfr. punto 5 e 6 in diritto).
Per costante giurisprudenza della Corte Costituzionale le Regioni e le Province autonome sono tenute a rispettare i principi fondamentali contemplati dal legislatore statale (ex multis Sentenze n. 11 del 2022, n. 177 del 2021 e n. 106 del 2020) e, nel caso di cui trattasi, racchiusi nel citato decreto legislativo n. 199 del 2021.
Si rappresenta, inoltre che le norme regionali della Sardegna in esame, nell’impedire l’applicazione della legislazione statale, sembrano riconducibili alle ipotesi, censurate dalla giurisprudenza costituzionale, delle c.d. “leggi di reazione”, il cui scopo è quello di rendere inapplicabile, nel proprio territorio, una legge che ritenga “costituzionalmente illegittima, se non addirittura anche solo dannosa o inopportuna, anziché agire in giudizio” dinnanzi alla Corte costituzionale (cfr. Corte cost., sentt. nn. 198 e 199 del 2004). In proposito la Corte Costituzionale ricorda come “[…] né lo Stato né le regioni possono pretendere, al di fuori delle procedure previste dalle disposizioni costituzionali, di risolvere direttamente gli eventuali conflitti tra i rispettivi atti legislativi tramite proprie disposizioni di legge”.
Le disposizioni regionali contenute nell’articolo 3 introducono – quale “misura di salvaguardia” – il divieto di realizzare, in determinati “ambiti territoriali” (comma 1), nuovi impianti di produzione e accumulo di energia elettrica da fonti rinnovabili, specificando alcuni casi di deroga (comma 3).
Con riferimento agli “ambiti territoriali” interessati dall’applicazione della predetta “misura di salvaguardia”, essi sono individuati dal legislatore regionale nelle:
zone urbanistiche omogenee A, B, C, D, E, F, G
aree naturali protette istituite ai sensi della legge 6 dicembre 1991, n.394 ed inserite nell'Elenco ufficiale delle aree naturali protette;
zone umide d'importanza internazionale riconosciute e inserite nell'elenco della Convenzione relativa alle zone umide d'importanza internazionale;
zone umide ricadenti nei siti di interesse comunitario (SIC) o in zone di protezione speciale (ZPS) e zone umide ricadenti all'interno di riserve naturali e oasi di protezione istituite a livello nazionale e regionale;
aree incluse nella Rete natura 2000;
f) aree di riproduzione, alimentazione e transito di specie faunistiche protette oppure aree in cui è accertata la presenza di specie animali e vegetali soggette a tutela dalle convenzioni internazionali e dalla direttiva n. 92/43/CEE del 1992;
aree agricole interessate da produzioni agricolo-alimentari di qualità (produzioni biologiche, produzioni DOP, IGP, STG, DOC, DOCG), produzioni tradizionali, ovvero aree di particolare pregio rispetto al contesto paesaggistico-culturale;
aree caratterizzate da situazioni di dissesto oppure di rischio idrogeologico perimetrate nei Piani di assetto idrogeologico;
aree che distano meno di 7 chilometri da beni culturali, oppure di 1.500 metri per le isole minori, individuati ai sensi dell'articolo 10 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42;
specifiche aree di cui all'articolo 142, comma 1, del decreto legislativo n. 42 del 2004:
aree così come individuate ai sensi dell'articolo 143, comma I, lettera d), del decreto legislativo n. 42 del 2004;
aree che distano meno di 7 chilometri in linea d'aria, oppure 1.500 metri per le isole minori, da impianti di produzione e di accumulo di energia elettrica da fonti rinnovabili realizzati o per i quali sia stata presentata istanza per l'avvio della relativa procedura di autorizzazione alla data di entrata in vigore della presente legge.
La suddetta elencazione è sufficiente a rilevare come il numero degli “ambiti” oggetto di sostanziale divieto all’installazione di impianti a fonti rinnovabili e sistemi di accumulo per effetto della disposizione regionale in parola sia ben più ampio, in senso restrittivo, di quello contemplato dal legislatore statale all’articolo 20, comma 8, del decreto legislativo n. 199 del 2021.
Conseguentemente, nel territorio regionale risulta vietata la realizzazione di impianti a fonti rinnovabili in aree nelle quali il legislatore statale lo permette, con una disciplina immediatamente efficace in attesa della individuazione delle aree idonee con legge regionale.
Il legislatore regionale, dunque, ignorando la volontà del legislatore statale, prevede che siano le proprie “misure di salvaguardia” a trovare applicazione “nelle more dell'approvazione” della legge regionale di individuazione delle aree idonee ai sensi dell'articolo 20, comma 4, del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199 e “comunque per un periodo non superiore a diciotto mesi dall'entrata in vigore della presente legge”.
La previsione di “misure di salvaguardia” ad opera dell’articolo 3 della legge regionale in argomento, che comportano il divieto di installare impianti, è in contrasto con il sopra illustrato quadro normativo statale, che, non ammette, in maniera chiara, divieti o moratorie di sorta.
Infatti, la disciplina statale di cui al citato decreto legislativo n. 199 del 2021 prevede esplicitamente all’articolo 20, comma 6, che “nelle more dell'individuazione delle aree idonee [ad opera delle leggi regionali da approvarsi entro 180 giorni dalla entrata in vigore dei decreti attuativi], non possono essere disposte moratorie ovvero sospensioni dei termini dei procedimenti di autorizzazione”. Peraltro, il decreto legislativo n. 199 del 2021, quale formula di chiusura, dispone, al medesimo articolo 20, comma 7, che “le aree non incluse tra le aree idonee non possono essere dichiarate non idonee all'installazione di impianti di produzione di energia rinnovabile […] in ragione della sola mancata inclusione nel novero delle aree idonee”.
Dall’esame del combinato disposto degli articoli 20 e 22 del decreto legislativo n. 199 del 2021 deve dedursi che dalla mancata qualificazione di una determinata area come “idonea” scaturisce conseguentemente l’inapplicabilità di talune specifiche semplificazioni procedimentali e non già un impedimento alla realizzazione di impianti a fonti rinnovabili. Ciò conferma che ai sensi dei citati articoli anche l’area “non idonea” è, a ben vedere, compatibile con l’installazione dei suddetti impianti. Semmai, l’articolo 20 aspira ad assicurare che la realizzazione di progetti in aree non classificate come “idonee” si attui all’esito di un procedimento autorizzatorio ragionevolmente non semplificabile, considerato le maggiori complicazioni derivanti dalla necessaria ricerca di un bilanciamento tra i vari interessi coinvolti e meritevoli di tutela (paesaggistico-culturali, di tutela dell’ambiente, di salvaguardia dell’attività agricola, et cetera).
A conferma di ciò, l’unico divieto di installazione di impianti FER attualmente vigente è quello contenuto al comma 1-bis dell’articolo 20, introdotto ad opera dell’articolo 5 del decreto-legge n. 63 del 2024, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2024, n. 101.
In ogni caso, tale divieto non presente nella formulazione originaria dell’articolo 20 in parola, è circoscritto a specifiche tipologie di impianti (di produzione di energia elettrica da fonte solare con moduli a terra) ubicati in determinate aree (zone classificate agricole dai piani urbanistici).
L’orientamento della giurisprudenza costituzionale, fino all’entrata in vigore del decreto legislativo n. 199 del 2021, era nel senso di ritenere illegittime norme regionali volte a sancire, in via generale e astratta, la non idoneità di intere aree di territorio o a imporre, in maniera generalizzata ed aprioristica, limitazioni (in tal senso, Corte Cost. sentenza n. 69 del 2018).
In casi simili e comunque sempre sulla base della normativa previgente al decreto legislativo n. 199 del 2021, la Corte costituzionale ha precisato che il margine di intervento riconosciuto al legislatore regionale non consente di prescrivere limiti generali inderogabili, valevoli sull’intero territorio regionale, perché ciò sarebbe in contrasto con il principio fondamentale di massima diffusione delle fonti di energia rinnovabili, stabilito dal legislatore statale in conformità alla normativa dell’Unione europea (cfr., ex multis, Corte Costituzionale, sentenza n. 13 del 2014 e sentenza n. 77 del 2022).
Altresì, è da evidenziare che la normativa dell’Unione europea ha avuto un’ulteriore evoluzione rispetto a quella presa in considerazione dalla sopracitata giurisprudenza costituzionale, tanto da prevedere, con la direttiva 2023/2413/UE (cosiddetta “RED III”), che “fino al conseguimento della neutralità climatica, gli Stati membri provvedono affinché, nella procedura di rilascio delle autorizzazioni, la pianificazione, la costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di energia rinnovabile, la connessione di tali impianti alla rete, la rete stessa e gli impianti di stoccaggio siano considerati di interesse pubblico prevalente e nell'interesse della salute e della sicurezza pubblica nella ponderazione degli interessi giuridici nei singoli casi”.
L’articolo 3 della legge regionale in commento inoltre, al comma 2, prevede che le “misure di salvaguardia di cui al comma 1 trovano applicano anche se nelle aree individuate dal medesimo comma sono in corso, alla data di entrata in vigore della presente legge, procedure di autorizzazione di impianti di produzione e accumulo di energia elettrica da fonti rinnovabili”.
Le misure di salvaguardia trovano applicazione, dunque, anche nel caso di progetti le cui procedure di autorizzazione sono già in corso alla data di entrata in vigore della legge regionale in commento.
Sotto tale profilo, tale legge è suscettibile di presentarsi alla stregua di sopravvenienza normativa sfavorevole nei confronti di quei soggetti che, specie allorquando l’istanza di autorizzazione sia stata presentata in epoca postuma all’ottenimento di un provvedimento favorevole di valutazione di impatto ambientale, potrebbero aver ragionevolmente confidato nel soddisfacimento dell’interesse sotteso all’istanza medesima. Il sinallagma “procedimenti di autorizzazione già in corso”, peraltro, è talmente ampio da non poter escludere l’applicazione del divieto anche a quei casi in cui il procedimento di autorizzazione è giunto a un grado di maturazione tale da aver ingenerato l’aspettativa a una definizione favorevole del procedimento stesso.
Ciò tanto più se si considera che il legislatore nazionale, al fine di rispondere alle indicazioni del legislatore unionale, è tenuto, in via generale, a favorire le iniziative economiche tendenti alla diffusione dell’energia da fonti rinnovabili, promuovendo e garantendo agli investitori condizioni di investimento stabili, equilibrate, favorevoli e trasparenti.
Risulta dunque critica, alla luce dei principi della certezza del diritto e del legittimo affidamento, l'applicazione di detto divieto, stabilito dall’articolo 3, comma 2, anche agli impianti già autorizzati o le cui procedure siano già in corso al momento dell'entrata in vigore della legge de qua, trattandosi di procedure avviate nel rispetto di un dato contesto normativo vigente al momento dell'avvio del procedimento autorizzativo. Prevedere che, una volta avviato il procedimento di autorizzazione, l’impianto di produzione e accumulo di energia elettrica non possa essere più realizzato, determina un indubbio danno a carico dell’operatore che, nelle more del compimento delle procedure per l’ottenimento dei titoli abilitativi, ha già sostenuto costi tecnici e amministrativi ingenti, peraltro trascurando le attività amministrative eventualmente già svolte dalle autorità competenti, a scapito del principio costituzionalmente rilevante del buon andamento della pubblica amministrazione.
Pertanto, alla luce di tali considerazioni, si rileva anzitutto che il legislatore regionale, nell’imporre un divieto alla realizzazione di nuovi impianti di produzione e accumulo di energia elettrica da fonti rinnovabili, si pone in conflitto con i principi fondamentali ricavabili dalla legislazione statale in materia subiecta, con conseguente violazione dell’articolo 117, terzo comma, Cost.
Tale parametro costituzionale viene in rilievo perché le norme regionali prese in considerazione configgono con previsioni legislative statali di principio volte al conseguimento di obiettivi gravanti sullo Stato italiano nel suo complesso e dunque attinenti alla materia “produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia”; si tratta, come sopra detto (v. punto 1), di un titolo competenziale più ampio rispetto a quello previsto dall’articolo 4, lettera e), dello Statuto speciale per la Regione autonoma della Sardegna (“produzione e distribuzione dell’energia elettrica”), riferito alla sola energia elettrica, con conseguente sua applicazione anche a tale regione speciale in virtù dell’art 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.
Le previsioni di cui all’articolo 3 della legge regionale Sardegna in esame, tendenti a salvaguardare “le peculiarità e la conservazione del territorio regionale”, non tengono in debito conto, nel contemperamento dei diversi interessi in campo, quanto disposto all’articolo 20, comma 5, del decreto legislativo n. 199 del 2021, ovvero “il vincolo del raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione al 2030 […] tenendo conto della sostenibilità dei costi correlati al raggiungimento di tale obiettivo”.
L’Italia, infatti, è chiamata a raggiungere gli sfidanti obiettivi fissati dal PNIEC e rispondere altresì ai nuovi obiettivi derivanti dall’attuazione del pacchetto “Fit for 55”, tra cui quelli previsti dalla direttiva (UE) 2023/2413 del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 ottobre 2023 (UE) (cd. RED III).
Il divieto di cui all’articolo 3 della legge regionale incide sul raggiungimento dei target imposti dalla normativa unionale, in quanto la Regione potrebbe non concorrer, insieme alle altre, al raggiungimento dell’obiettivo in capo all’intero Paese, ponendosi, anche sotto tale profilo, in palese contrasto con l’articolo 117, primo comma, Cost., che prevede che “la potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali”.
La norma regionale in esame presenta profili di illegittimità costituzionale anche in rapporto agli articoli 3 e 41 Cost. allorquando, senza conformarsi a un canone di ragionevolezza e inserendo un ostacolo all’iniziativa economica nel campo della produzione energetica da fonti rinnovabili, stabilisce che il divieto ivi previsto debba applicarsi anche a procedure già in corso alla data di entrata in vigore della legge stessa.
Tutto ciò premesso, le disposizioni richiamate contenute all’articolo 3 eccedono dalle competenze della Regione autonoma della Sardegna, per violazione dei principi generali della materia “produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia” di cui all’articolo 117, terzo comma, Cost., in relazione alla norma interposta prevista dall’articolo 20 decreto legge 8 novembre 2021 n.199 di recepimento della direttiva UE 2018/2011 e per violazione dell’articolo 117 , primo comma, della Costituzione che prevede che “la potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali” , nonché in relazione dei parametri costituzionali di cui agli artt. 3 e 41 della Costituzione.
Infine, ricorrono i presupposti per la richiesta della sospensione del provvedimento legislativo ai sensi dell’art. 35 della legge n. 87/1953, cosi come sostituito dall’art. 9 della legge 5 giugno 2003 n. 131 e ai sensi dell’art. 21 delle “Norme integrative di procedura per il giudizio dinanzi alla Consulta”, così come modificate con Delibera del 7 ottobre 2008 che fa espresso riferimento alla “istanza di parte”.
Ai fini della concessione di una sospensione cautelare della legge impugnata nell’ambito del ricorso in via principale devono sussistere congiuntamente i requisiti del “periculum in mora” nei termini configurati dall’art. 35 sopra citato, che opta per una tipizzazione espressa delle ipotesi in cui l’esecuzione della legge possa comportare situazione di rischio di un pregiudizio irreparabile - cioè “il rischio di un irreparabile pregiudizio all'interesse pubblico o all'ordinamento giuridico della Repubblica”, ovvero il “rischio di un pregiudizio grave ed irreparabile per i diritti dei cittadini” - , e del “fumus boni iuris” che pur non previsto esplicitamente dalla legge, è un criterio processuale generale tipico del giudizio cautelare.
Entrambi i requisiti si rinvengono nel caso in esame: appare indubbia la sussistenza del fumus di fondatezza del ricorso, per quanto finora rappresentato.
Per quanto concerne la sussistenza dell’altro presupposto del “periculum in mora”, va evidenziato che la moratoria di 18 mesi delle procedure autorizzatorie per le fonti energetiche rinnovabili (FER), approvata dalla Regione Sardegna, comporta un pregiudizio irreparabile all’interesse pubblico, in quanto la sospensione delle procedure autorizzatorie necessarie a conseguire, da parte della Regione, l’obiettivo di incremento di energia prodotta da fonti rinnovabili, in frontale violazione del divieto posto dalla legge statale con funzione di “norma fondamentale della materia” - fa mancare la quota regionale di potenza aggiuntiva (fissata dal DM 21 giugno 2024 in 6,264 MV) necessaria per raggiungere l’obiettivo di potenza complessiva da traguardare al 2030.
Occorre tenere conto, infatti, che – secondo i dati diffusi nel 2023 dalla regione nel monitoraggio del Piano energetico ambientale – tre quarti dell’energia prodotta nell’isola deriva da combustibili fossili, in parte da carbone (33%) e in parte dal gas naturale (34%).
Le energie rinnovabili coprono una parte minore: l’energia eolica contribuisce con il 13%, il fotovoltaico con il 9% e l’energia idraulica solo con il 3%.
Secondo i dati Terna, all’inizio del 2023, la Sardegna contava su impianti eolici e fotovoltaici per una capacità complessiva lorda di 2,24 GW di cui 1,1 GW, da eolico e 1,14 GW da solare fotovoltaico.
Questi numeri rappresentano il 6,1% della capacità complessiva installata in Italia, posizionando la Sardegna come la settima Regione italiana per capacità installata e la sesta per il solo eolico.
La sospensione delle procedure autorizzatorie necessaria a conseguire da parte della Regione l’obiettivo di incremento di energia prodotta da fonti rinnovabili, in frontale violazione del divieto posto dalla legge statale con funzione di “norma fondamentale della materia” risulta dunque ostativa al conseguimento degli ambiziosi obiettivi nazionali ed europei di decarbonizzazione (alla stregua PNIEC, PNNR e degli impegni assunti alla COP28 e al G7) e, quindi, determinando effetti seriamente pregiudizievoli all’“interesse pubblico”.
La contestata moratoria della Regione Sardegna comporta anche un pregiudizio irreparabile all’“ordinamento giuridico della Repubblica”, posto che la legge regionale in esame assume, come detto, carattere fortemente ostativo, limitante e contrario rispetto alla finalità del D.M. “Aree Idonee”, che è quella di individuare la ripartizione fra le Regioni e le Province autonome dell'obiettivo nazionale al 2030 di una potenza aggiuntiva pari a 80 GW da fonti rinnovabili rispetto al 31 dicembre 2020, necessaria per raggiungere gli obiettivi fissati dal PNIEC e rispondere ai nuovi obiettivi derivanti dall'attuazione del pacchetto "Fit for 55", anche alla luce del pacchetto "Repower UE", con il concreto rischio di un pericoloso effetto emulativo da parte delle altre Regioni che creerebbe instabilità e incertezza normativa in tutto il settore energetico sostenibile.
Per i motivi sopraesposti, la legge regionale, limitatamente alle disposizioni di cui all’articolo 3 rubricato “Misure urgenti per la salvaguardia del paesaggio”, deve essere impugnata ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione.
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