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Norme di attuazione della parte IV del D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 in materia di gestione dei rifiuti e di bonifica di siti inquinati – Norme in materia ambientale e della legge 27 marzo 1992, n. 257 – Norme relative alla cessazione dell’impiego dell’amianto. (16-11-2018)
Basilicata
Legge n.35 del 16-11-2018
n.48 del 16-11-2018
Politiche infrastrutturali
10-1-2019 /
Impugnata
La legge regionale, che detta norme in materia di gestione dei rifiuti e di bonifica di siti inquinati in attuazione della parte I V del D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 Norme in materia ambientale e della legge 27 marzo 1992, n. 257 recante Norme relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto, presenta disposizioni costituzionalmente illegittime, in quanto contrastanti con la competenza esclusiva statale in materia di «tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, di cui all’articolo 117 , secondo comma, lettera s) della Costituzione, materia in cui rientra la disciplina dei rifiuti.
Premesso che, come affermato dalla Corte Costituzionale (cfr. Corte Cost., sentenza n. 249 del 2009), il carattere trasversale della materia della tutela dell'ambiente, se da un lato, legittima le Regioni a provvedere attraverso la propria legislazione esclusiva o concorrente in relazione a temi che hanno riflessi sulla materia ambientale, dall'altro non costituisce limite alla competenza esclusiva dello Stato a stabilire regole omogenee nel territorio nazionale per procedimenti e competenze che attengono alla tutela dell'ambiente e alla salvaguardia del territorio, risultano censurabili, per i motivi di seguito specificati, le disposizioni contenute nell’ articolo 17, commi 6 e 7 .
L’ articolo 17, rubricato "Principi per l'autorizzazione alla realizzazione dì impianti dedicati allo smaltimento o al trattamento o al recupero dei rifiuti nel territorio regionale" definisce i principi per l'autorizzazione alla realizzazione di impianti dedicati allo smaltimento o al trattamento o al recupero dei rifiuti nel territorio regionale, e, con il comma 1 ammette iniziative pubbliche e private nel campo dello smaltimento, trattamento e recupero dei rifiuti urbani e speciali, specificando ai successivi commi 6 e 7 che:
“6. Sono improcedibili le istanze di autorizzazione relative alle nuove attività destinate allo smaltimento, trattamento e/o recupero dei rifiuti urbani, frazioni di rifiuti urbani, rifiuti speciali anche contenenti amianto, non conformi alle previsioni del P.R.G.R.
7. Sono procedibili le istanze relative ad impianti esclusivamente di recupero di materia che dimostrino, con specifica analisi, il rispetto del principio di prossimità come definito al precedente art. 2, commi 3 e 4. Tali istanze sono ammissibili solo quando la produzione degli scarti di processo è minore dell'otto per cento e quando almeno il settanta per cento della capacità impiantistica è dedicata a soddisfare i fabbisogni regionali.”
Dalla lettura dei suddetti commi 6 e 7 si evince che le uniche procedure autorizzatorie ammissibili riguardano esclusivamente gli impianti di recupero di materia, mentre vengono ad essere da esse escluse, di fatto vietandole, le istanze riguardanti gli impianti di smaltimento, in particolare, di quelli di recupero energetico.
Ne consegue che i commi 6 e 7, nella misura in cui intendono escludere il trattamento termico come operazione di gestione dei rifiuti, vietano nel territorio regionale tutte le attività che hanno ad oggetto tale forma di recupero dei rifiuti.
Suddetta previsione normativa si pone in contrasto con i criteri di priorità nella gestione dei rifiuti stabiliti dal parametro statale interposto costituito dall'articolo 179 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 che, sotto la rubrica "Criteri di priorità nella gestione dei rifiuti." nel recepire nell'ordinamento nazionale la corrispondente previsione comunitaria (articolo 4 della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008), al relativo comma 1 prevede espressamente che la gestione dei rifiuti avvenga nel rispetto della ivi stabilita gerarchia, che contempla altresì alla lett. d) il recupero di altra tipo, quale, per esempio, il recupero di energia.
Ulteriori profili di illegittimità, inoltre, emergono dal confronto della previsione normativa regionale con quanto stabilito dall'articolo 35, comma 1, del decreto legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito dalla legge 11 novembre 2014, n. 164. rubricato "Misure urgenti per la realizzazione su scala nazionale di un sistema adeguato e integrato di gestione dei rifiuti urbani e per conseguire gli obiettivi di raccolta differenziata e di riciclaggio. Misure urgenti per la gestione en per la tracciabilità dei rifiuti nonchè per il recupero dei beni in polietilene" e dall'ivi previsto decreto attuativo costituito dal D.P. C.M 10 agosto 2016, recante "Individuazione della capacità' complessiva di trattamento degli impianti di incenerimento di rifiuti urbani e assimilabili in esercizio o autorizzati a livello nazionale, nonché ' individuazione del fabbisogno residuo da coprire mediante la realizzazione di impianti di incenerimento con recupero dì rifiuti urbani e assimilati", che nel determinare il fabbisogno residuo di incenerimento per ciascuna regione ha calcolato per la Regione Basilicata un deficit di incenerimento pari ad oltre 28.000 tonnellate annue.
Attraverso la previsione normativa anzidetta la Regione Basilicata, escludendo l'opzione del recupero energetico concretantesi nella sancita improcedibilità delle istanze volte alla realizzazione di impianti destinati a tal fine, concorre direttamente - non essendo in grado di sostenersi autonomamente per quanto concerne tale modalità di trattamento dei rifiuti - a contribuire al deficit complessivo nazionale (in particolare sulla Macroarea-Sud) del fabbisogno di incenerimento, ponendosi in contrasto con il principio di autosufficienza e prossimità sancito all'articolo 16 della direttiva 2008198/CE; principio, a sua volta, richiamato dall'articolo 6 del D. P.C. M. 10 agosto 2016, e dall'art. 35. comma 1, del decreto-legge n. 133 del 2014, il cui contenuto è stato espressamente e specificamente riconosciuto dalla giurisprudenza costituzionale come riconducibile alla competenza esclusiva statale in materia ambientale (Corte Cost, sentenza n. 154/2016). Ai sensi del citato art. 35, comma 1 del decreto legge n. 133 del 2014, gli impianti di recupero energetico costituiscono "infrastrutture e insediamenti strategici di preminente interesse nazionale che attuano un sistema integrato e moderno digestione di rifiuti urbani e assimilati, garantiscono la sicurezza nazionale nell'autosufficienza, consentono di superare e prevenire ulteriori procedure di infrazione per mancata attuazione delle norme europee dì settore e limitano il conferimento di rifiuti in discarica"
Per questi motivi la legge regionale, limitatamente alle disposizioni indicate, deve essere impugnata di fronte alla Corte Costituzionale , ai sensi dell'articolo 127 della Costituzione.
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