Dettaglio Legge Regionale

Interventi regionali per la prevenzione e il contrasto della criminalità e per la promozione della cultura della legalità e di un sistema integrato di sicurezza nell'ambito del territorio regionale. (30-11-2018)
Basilicata
Legge n.45 del 30-11-2018
n.52 del 4-12-2018
Politiche socio sanitarie e culturali
24-1-2019 / Impugnata
Legge Regione Basilicata n. 45 pubblicata sul B.U.R. n. 52 dei 04/12/2018, recante: "Interventi regionali per la prevenzione e il contrasto della criminalità e per la promozione della cultura della legalità e di un sistema integrato di sicurezza nell'ambito del territorio regionale", presenta i seguenti profili d’illegittimità costituzionale.

1. Varie norme della legge regionale in esame invadono la competenza legislativa riservata allo Stato in materia di ordine pubblico e sicurezza, in violazione dell’articolo 117, comma secondo, lettera h, della Costituzione.

In particolare.

a) l'articolo 1, comma 1, che, nell'individuare le finalità della legge e il suo oggetto, vi ricomprende anche "interventi ... nei settori della lotta contro la criminalità comune e organizzata” invade la competenza legislativa riservata allo Stato in materia di ordine pubblico e sicurezza, in violazione dell’articolo 117, comma secondo, lettera h), della Costituzione, in quanto le menzionate attività sono riconducibili all'ambito della politica criminale, sottratta alla cognizione del legislatore regionale.
Invero, la norma in esame si muove nel solco delle politiche pubbliche per la promozione di un sistema di sicurezza integrata previsto dal decreto legge 20 febbraio 2017, n. 14, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 aprile 2017, n. 48, che, nel definire la cornice organica degli interventi necessari a realizzare tale sistema integrato, promuove un sistema di governance multilivello, mediante il coinvolgimento di una pluralità di soggetti istituzionali nella trattazione delle tematiche afferenti alla sicurezza urbana.
In tale ambito, ai necessari interventi per garantire la tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica si affiancano misure che puntano al miglioramento della vivibilità del territorio e, più in generale, al benessere delle comunità locali, nel rispetto delle attribuzioni tra i diversi livelli di governo, cosi come ripartite dalla Costituzione.
La stessa definizione del concetto di "sicurezza integrata", resa dall'articolo 1, comma 2, del citato decreto, contribuisce a perimetrare la sfera di azione dei soggetti istituzionali coinvolti, potendo essi attuare gli interventi necessari "nel rispetto delle rispettive competenze".
Pertanto, nel più ampio genus delle politiche di sicurezza occorre distinguere le cosiddette "politiche criminali", orientate alla prevenzione e repressione dei reati, dagli interventi di carattere social-preventivo che, muovendo dall'analisi dei fenomeni di devianza e di degrado che emergono nel tessuto socio-economico, mirano al contenimento dei fattori criminogeni in contesti di illegalità diffusa. Le prime - alle quali si riconducono gli interventi di cui al citato articolo 1 della legge regionale in esame - sono, all'evidenza, sottratte alla sfera di competenza regionale, in quanto l'esercizio della potestà punitiva è, in via esclusiva, demandato dalla Costituzione allo Stato.

b) le medesime censure descritte sub a) inficiano sia l'articolo 2. comma 2, lettera a), che inserisce tra gli interventi finalizzati allo sviluppo della sicurezza genericamente i "programmi volti a contrastare l’illegalità”, sia il successivo articolo 3, che prevede la stipula di intese e accordi con gli organi dello Stato e con altri enti e associazioni "allo scopo di contrastare i fenomeni dell'illegalità e criminalità comune e organizzata".

c) II successivo articolo 5, recante "Interventi per la prevenzione e il contrasto del fenomeno delle truffe ai danni della popolazione anziana", che, con formulazione poco chiara, ai commi 1 e 2, promuove iniziative formative utili a prevenire e contrastare i reati che colpiscono la popolazione anziana " anche in collaborazione con le forze dell'ordine", utilizza una formulazione che travalica gli ambiti riservati alla potestà legislativa regionale, alla quale non può essere demandato il compito di fissare i contenuti dell'attività di formazione professionale del personale delle Forze dell’ordine.

d) Le medesime censure svolte in relazione agli articoli 1, 2 e 3 della legge in esame, sorgono anche in relazione all'articolo 6, comma 1, che prevede genericamente la promozione di "politiche attuative di contrasto agli abusi fisici e psicologici a tutela di soggetti deboli".

e) Ulteriori censure possono essere sollevate con riferimento all'articolo 8, comma 1, lettera c), il quale annovera, tra gli ulteriori interventi diretti finanziati dall'Ente regionale, quello finalizzato "ad assicurare un adeguato controllo del territorio mediante un più efficiente svolgimento delle funzioni di polizia locale.... mediante il potenziamento delle attività di vigilanza nelle aree più soggette a rischio di esposizione ad attività criminose".
Al riguardo, si rappresenta che, a prescindere dalla circostanza in base alla quale, per consolidato orientamento della giurisprudenza costituzionale, una simile disposizione, per la sua genericità, contrasta con la potestà esclusiva statale in materia di ordine e sicurezza pubblica, in quanto il controllo del territorio è espressione della funzione di pubblica sicurezza (cfr., Corte Costituzionale 6 maggio 2010, n. 167), la partecipazione della polizia locale all'attività di presidio del territorio può essere esercitata nell'ambito dei piani coordinati di controllo del territorio, finalizzati ad incrementare la sicurezza nelle città e redatti in conformità alle direttive impartite dal Ministro dell'interno, ex articolo 17 della legge 26 marzo 2001, n. 128.
Appare evidente il contrasto della norma censurata con l'articolo 117, comma secondo, lettera h), della Costituzione, laddove sembra ricondurre ai compiti istituzionali della polizia locale il presidio del territorio, attività che dev'essere, al contrario, circoscritta entro i limiti delle necessarie attività di coordinamento definite negli accordi per la sicurezza integrata o dei piani coordinati di controllo ex art. 17.


2. l'articolo 7, riguardante l’assistenza e l’aiuto alle vittime dei reati della criminalità, prevede il patrocinio a spese della Regione "nei procedimenti penali per la difesa dei cittadini che, vittime di un delitto contro il patrimonio o contro la persona, siano accusati di aver commesso un delitto per eccesso colposo in legittima difesa, ovvero assolti per la sussistenza dell'esimente della legittima difesa. Il presente comma si applica ai cittadini nei cui confronti l'azione penale è esercitata a decorrere dal 1° gennaio 2019. La Giunta
regionale definisce i criteri e le modalità per l 'accesso al patrocinio con apposito regolamento che ne disciplina 'applicazione in ordine alle varie fattispecie ".
La disposizione sopra riportata presenta evidenti criticità in ragione del contrasto con l'articolo 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, incidendo la disposizione sulla competenza esclusiva dello Stato in materia di giurisdizione e norme processuali.
Invero, in più occasioni la Corte costituzionale ha avuto modo di dichiarare l'illegittimità di norme regionali che, nel prevedere stanziamenti per assicurare o estendere il patrocinio a spese pubbliche a beneficio di alcune categorie di soggetti, eccedevano — come nel caso di cui ci si occupa — le attribuzioni della Regione (Corte cost., 21 marzo 2017, n. 81, riguardante la legge regionale Veneto n. 7 del 2016; Corte cost. 18 ottobre 2010, n. 299, relativa alla legge regionale Puglia n. 32 del 2009; Corte cost., 6 giugno 2017, n. 172, relativa alla legge regionale Liguria n. 11 del 2016).
Un intervento di sostegno economico allo scopo di garantire la tutela legale e l'effettività del diritto di difesa, concerne evidentemente aspetti riconducibili all'art. 117, secondo comma, lettera l), della carta costituzionale: la disciplina del diritto di difesa (anche dei non abbienti) costituisce oggetto delle norme statali, le quali lo contemplano «in riferimento al processo penale, civile, amministrativo, contabile e tributario e negli affari di volontaria giurisdizione» ed è da escludere la riconducibilità della norma ad ambiti materiali di competenza regionale. Infatti, il codice di rito penale che stabilisce l'obbligatorietà della difesa tecnica nel relativo processo, prevede, in mancanza della designazione di un difensore di fiducia, la nomina di un difensore d'ufficio e I'obbligo della parte di retribuirlo, qualora difettino le condizioni per accedere al gratuito patrocinio (art. 369-bis, del codice di procedura penale). Quest 'ultimo costituisce poi oggetto delle norme statali (in particolare, degli artt. 74 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, recante il “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia”).
Inoltre, la Corte costituzionale ha identificato finalità e contenuto della regolamentazione in tema di gratuito patrocinio, evidenziandone appunto l'inerenza alla disciplina del processo (in questo senso, come principio di carattere generale Corte Cost., 21 ottobre 2015, n. 237).
Ulteriore profilo di criticità emerge dal potenziale contrasto della norma regionale con l'art. 117, secondo comma, lettera h), della Costituzione. Infatti, mentre la disposizione in questione non sembra presentare profili di interferenza con la materia «ordinamento penale» (la disposizione non incide su fattispecie penali, non modifica i presupposti per l'applicazione di norme penali, non introduce nuove cause di esenzione dalla responsabilità penale, né produce effetti sanzionatori ulteriori conseguenti alla commissione di un reato), essa sembra ripercuotersi sulla materia «ordine pubblico e sicurezza». Attraverso regole che incidono sul patrocinio nel processo penale, la norma risulta, infatti, funzionalmente servente rispetto a scelte in tema di sicurezza, per le quali le Regioni non hanno competenza: è in questione la concessione di un sostegno economico ai cittadini che, vittime di un delitto contro il patrimonio o contro la persona, affrontano un procedimento penale con l'accusa di aver colposamente ecceduto i limiti della legittima difesa. Tale concessione è manifestazione di un indirizzo regionale in tema di prevenzione dei reati e di contrasto alla criminalità, materia che la costante giurisprudenza della Corte costituzionale ha sempre considerato riservata allo Stato (Corte Cost. sentenze n. 63 del 2016, n. 33 del 2015, n. 35 e n. 34 del 2012, n. 325 del 2011, n. 167 e n. 72 del 2010, n. 237 del 2006 e n. 313 del 2003): un indirizzo regionale che necessariamente incide sulla percezione dei consociati circa l'atteggiamento, in questa materia, delle autorità pubbliche. E’, dunque, la ratio ispiratrice della disposizione ad interferire anche con la materia ‘ordine pubblico e sicurezza’. "Attraverso il sostegno economico nel procedimento e nel processo è infatti, incoraggiato (o non scoraggiato), in ambito regionale, il ricorso alla ‘ragion fattasi’. In definitiva, le considerazioni appena esposte dimostrano la pertinenza della disposizione anche alla materia ‘ordine pubblico e sicurezza’, e ne comportano l'illegittimità costituzionale" (Corte cost., 6 giugno 2017, n. 172, su norma simile adottata dalla Regione Liguria). E ciò indipendentemente dall'esito del processo o del procedimento cui il gratuito patrocinio si riferisce, data anche l’ambigua dizione letterale della norma che fa riferimento a coloro che sono "accusati di aver commesso un delitto per eccesso colposo in legittima difesa, ovvero assolti per la sussistenza dell'esimente della legittima difesa".
In definitiva, il richiamato articolo 7 della legge regionale indicata in oggetto appare costituzionalmente illegittimo, poiché interviene sulla disciplina del patrocinio nel processo penale e del diritto di difesa e, conseguentemente, incide su di un ambito materiale riservato dall'art. 117, secondo comma, lettere h) e l), della Costituzione alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, non risultando la misura riconducibile ad attribuzioni della Regione.


3. L’ art. 3, comma 1, lett. d), prevede la stipula di intese e accordi "con enti e associazioni afferenti al terzo settore ovvero a quelli iscritti nei registri regionali del volontariato e dell'associazionismo di cui alla legge regionale n. 1/2000". La norma regionale in esame, che, con formulazione poco chiara, prevede intese e accordi con associazioni afferenti al terzo settore e in particolare a quelle iscritte nei registri “regionali” dell'associazionismo di promozione sociale, risulta discriminatorio nei confronti delle associazioni di promozione sociale operanti in Basilicata che sono iscritte, secondo quanto previsto alla legislazione statale vigente, nel registro nazionale. Infatti, in base agli artt. 7 e 8 della l. n. 383/2000 (“Disciplina delle associazioni di promozione sociale”), le associazioni di promozione sociale possono essere iscritte sia ai registri regionali sia ai registri nazionali e, ai sensi delle medesime norme statali, sia l'iscrizione al Registro nazionale sia quella ai registri regionali danno diritto ai medesimi benefici e dispiegano i medesimi effetti. Ne consegue la violazione del principio di uguaglianza e di non discriminazione dettati dall’art. 3 della Costituzione.

Per i motivi esposti, le norme regionali sopra indicate devono essere impugnate dinanzi alla Corte Costituzionale ai sensi dell’art. 127 della Costituzione.

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