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Legge di revisione normativa e di semplificazione 2018. (4-12-2018)
Lombardia
Legge n.17 del 4-12-2018
n.49 del 6-12-2018
Politiche economiche e finanziarie
31-1-2019 /
Impugnata
La legge della Regione Lombardia n. 17 del 4 dicembre 2018, pubblicata sul B.U.R. n. 49 del 6 dicembre 2018, recante "Legge di revisione normativa e di semplificazione 2018", contempla talune disposizioni costituzionalmente illegittime, in quanto contrastanti con gli standard di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema posti dal legislatore statale nell'esercizio della competenza esclusiva ex art. 117, secondo comma, lett. s).
1) L'art. 15, comma primo-lettera j), nel modificare il comma settimo dell'articolo 22 della l.r. 16 agosto 1993, n. 26, lo riformula come segue:
"7. I capi di selvaggina migratoria vanno annotati sul tesserino venatorio, in modo indelebile, sul posto di caccia, dopo gli abbattimenti e l'avvenuto recupero".
Detta previsione è in contrasto con l'art. 12, comma 12-bis della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (introdotto dall' art. 31 della legge 122/2016, in relazione al Caso EU Pilot 6955/14/ENVI), che, invece, recita:
"12-bis. La fauna selvatica stanziale e migratoria abbattuta deve essere annotata sul tesserino venatorio di cui al comma 12 subito dopo l'abbattimento".
L'esame, in punto di legittimità costituzionale, impone una preliminare ricostruzione delle previsioni legislative statali suscettibili di assumere in materia la valenza di parametri interposti in quanto espressione della competenza esclusiva dello Stato a porre standard uniformi di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema non derogabili in peius dalle regioni (articolo 117, secondo comma, lett. s), Cost.).
In limine, si evidenzia che nell'ordinamento italiano, la vigente normativa in materia di protezione della fauna selvatica e di prelievo venatorio è costituita dall'anzidetta legge quadro n. 157 del 1992, ritenuta dalla Corte Costituzionale disciplina contenente, ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lett. s), Cost., il nucleo minimo di salvaguardia della fauna selvatica e il cui rispetto deve essere assicurato sull'intero territorio nazionale (Corte Cost. n. 233/2010).
La giurisprudenza della Corte Costituzionale, ha, altresì, affermato che «spetta allo Stato, nell'esercizio della potestà legislativa esclusiva in materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, prevista dall'art. 117, secondo comma, lettera s,), Cost., stabilire standard minimi e uniformi di tutela della fauna, ponendo regole che possono essere modificate dalle Regioni nell'esercizio della loro potestà legislativa in materia di caccia, esclusivamente nella direzione dell'innalzamento del livello di tutela» (ex plurimis, sentenze n. 303 del 2103, n. 278, n. 116 e n. 106 del 2012).
Al riguardo, si evidenzia che il TAR Liguria, con propria recente ordinanza n. 821 in data 11 ottobre 2018, ha già sollevato la questione di costituzionalità di una analoga norma integrativa della Regione Liguria, che subordina l'obbligo di annotazione dell'abbattimento (unica condizione richiesta dalla norma statale) all'avvenuto "accertamento" dell'abbattimento medesimo, sostenendo che: "L'introduzione dell'accertamento dell'abbattimento elude pertanto la ratio della norma statale, diretta ad assicurare la massima tempestività ed accuratezza della registrazione delle prede (ai fini del rispetto per esempio del carniere massimo giornaliero e stagionale fissati, per ciascun cacciatore; per evitare che siano abbattuti animali poi non registrati sul tesserino, per eludere la vigilanza, ecc)."
L'obbligo di annotazione, in altri termini, non risulta subordinato al preliminare "recupero" dell'animale abbattuto, fatto che sarebbe suscettibile di escludere da conteggi e registrazioni gli animali uccisi ma eventualmente non rintracciati e/o non recuperati per i più disparati motivi (ricerca nella vegetazione, o in aree impervie, paludose e lacustri, o con sopraggiunte condizioni di scarsa luminosità, ecc.).
Nella sua attuale formulazione la norma regionale nell'introdurre, quindi, l'ulteriore requisito del preventivo "recupero" da parte del cacciatore, prima che la preda abbattuta venga annotata sul tesserino venatorio regionale, porta ad eludere la finalità della norma nazionale di riferimento, volta ad assicurare la massima tempestività ed accuratezza della registrazione della selvaggina cacciabile effettivamente oggetto di prelievo venatorio in concessione, sulla base di carnieri massimi (giornalieri e stagionali) fissati per ciascun cacciatore dal "calendario venatorio regionale".
In altri termini, in base alle disposizioni statali, ogni volta che un animale selvatico cacciabile viene effettivamente abbattuto, questo va subito registrato sul tesserino venatorio regionale, sia per finalità statistiche, sia per monitorare il rispetto delle quote massime di esemplari oggetto della caccia medesima su un determinato territorio.
Non a caso, nel vigente regime di caccia programmata (pur sempre consentita laddove non si ponga in contrasto con l'esigenza di conservazione della fauna selvatica dettata dall'art. 1, comma secondo, legge n. 157 del 1992), le violazioni in materia di annotazione del tesserino venatorio regionale comportano l'applicazione della sanzione amministrativa di cui all'art. 31, comma primo lett. i), della stessa legge.
2) L'art. 15, comma primo, lettera m), della legge regionale n. 17 del 2018, nel modificare il comma nono dell'articolo 25 della Lr. 26/1993, consente ai titolari ed utilizzatori degli appostamenti di caccia di vagare "in attitudine di caccia" (e quindi armati), anche con uso di cane da riporto, a 200 metri dagli appostamenti medesimi, per abbattere la fauna precedentemente ferita.
Non operandosi una distinzione tra appostamenti fissi o temporanei, con o senza richiami vivi, risulta violato il principio dell'esclusività dell'opzione di caccia, fissato dal combinato disposto degli artt. 5, comma quinto e 12, comma quinto, della normativa primaria statale costituita dalla legge n. 157 del 92.
Il cacciatore con opzione in via esclusiva per la caccia da appostamento con richiami vivi non può, infatti, esercitare la caccia, in forma vagante per la stagione venatoria in corso.
La violazione risulta infatti sanzionata dall'art. 31, primo comma-lett. a) della legge statale n. 157 del 1992, comportante, altresì l'ulteriore sospensione della licenza di porto di fucile per un anno, ai sensi del successivo art. 32, comma quarto.
Sul tema si è già espressa la Corte Costituzionale (ex multis sentenza n. 139/2017) ritenendo che la norma statale, in quanto volta «ad assicurare la sopravvivenza e la riproduzione delle specie cacciabili», possa essere oggetto di integrazione da parte della legge regionale “esclusivamente nella direzione dell'innalzamento del livello di tutela” (sentenza n. 116 del 2012; in seguito, sentenza n. 278 del 2012); perciò è evidente che il consentire, sia pure limitatamente, una forma di caccia diversa da quella per cui si è optato in via generale non opera in questa direzione ed è pertanto costituzionalmente illegittimo.
4) L'art. 15, comma primo-lettera q), della legge regionale n. 17 del 2018, nell'aggiungere il comma 19-bis all'art. 25 della l.r. n. 26 del 1993, stabilisce:
"19 bis. Le distanze di cui al presente articolo devono essere verificate seguendo il profilo morfologico del terreno."
La conseguente misurazione delle distanze attinenti agli appostamenti di caccia, in particolare per quanto attiene alle distanze di sicurezza da fabbricati o stabili adibiti ad abitazioni o posto di lavoro, effettuata non in forma lineare, ma seguendo il profilo morfologico del terreno, riduce inevitabilmente gli spazi essenziali a tutela della pubblica incolumità.
L'art. 21, primo comma-lett e) della legge statale n. 157 del 1992 non prevede tale forma attenuata di misurazione delle distanze, che peraltro non trova riscontro nella normativa nazionale in materia di metrologia; la giurisprudenza in materia urbanistico-edilizia, in materia di distanze tra fabbricati, è peraltro orientata in senso opposto.
Conforta, in tal senso, la stessa disciplina venatoria statale, che, al contrario, in caso di uso delle armi da fuoco prende in considerazione il concetto di gittata massima (art. 21, comma primo-lett. f) della legge n. 157 del 1992), del tutto incompatibile con una misurazione che includa le increspature dei terreni.
Con l'introduzione di tale norma regionale ne consegue, pertanto, che la misurazione delle distanze attinenti agli appostamenti di caccia, in particolare per quanto attiene alle distanze di sicurezza da fabbricati o stabili adibiti ad abitazioni o posto di lavoro, verrebbe effettuata non in forma lineare, ma seguendo il profilo morfologico del terreno, riducendo inevitabilmente gli spazi essenziali a tutela della pubblica incolumità.
Tenuto conto delle suddette considerazioni, occorre rilevare che secondo principi costantemente affermati dalla Corte Costituzionale, la disciplina sulla caccia ha per oggetto la fauna selvatica, che rappresenta «un bene ambientale di notevole rilievo, la cui tutela rientra nella materia "tutela dell'ambiente e dell'ecosistema", affidata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, che deve provvedervi assicurando un livello di tutela, non "minimo", ma "adeguato e non riducibile"» (Corte Cost., seni. n. 193 del 2010).
Da ciò consegue che le norme statali rappresentano limiti invalicabili per l'attività legislativa della Regione, dettando norme imperative che devono essere rispettate sull'intero territorio nazionale per primarie esigenze di tutela ambientale.
Pur costituendo, dunque, la caccia materia affidata alla competenza legislativa residuale della Regione ai sensi dell'art. 117, quarto comma, Cost., è tuttavia necessario, in base all'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., che la legislazione regionale rispetti la normativa statale adottata in tema di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, ove essa esprima regole minime uniformi (ex plurimis, sentenze n.2 del 2015,n.278 del 2012,n. 151 del 2011 e n. 3 15 del 2 010).
Quando tali regole sono contenute nella legge n. 157 del 1992, che in larga parte le racchiude, la normativa regionale in contrasto con le corrispondenti disposizioni statali invade la sfera di competenza legislativa dello Stato ed è perciò costituzionalmente illegittima.
Alla luce di quanto fin qui rappresentato e del quadro normativo eurounitario e statale in cui si colloca la tutela delle specie oggetto delle disposizioni censurate, si rileva il contrasto delle stesse con il secondo comma, lettera s), dell'art. 117 Cost., poiché tendenti a ridurre in peius il livello di tutela della fauna selvatica stabilito dalla legislazione nazionale, invadendo illegittimamente la competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema.
Per i motivi esposti, si ritiene di impugnare, ai sensi dell’articolo 127 della costituzione, la legge della Regione Lombardia n. 17 limitatamente all'articolo 15, comma primo-lettere j), m) e q) per violazione dell'articolo 117, secondo comma, lett. s) della Costituzione, in riferimento ai parametri statali ed eurounitari interposti dianzi citati.
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