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Tutela e valorizzazione dei locali storici. (6-12-2001)
Lazio
Legge n.31 del 6-12-2001
n.36 del 29-12-2001
Politiche socio sanitarie e culturali
21-2-2002 /
Impugnata
Lazio Tutela e valorizzazione dei locali storici.(27.02.2002)La legge n. 31 della Regione Lazio recante “tutela e valorizzazione dei locali storici” è censurabile nel suo complesso in quanto, pur figurando nel titolo e nel testo della legge il richiamo alla valorizzazione dei locali storici, è evidente che i presupposti su cui si articola il testo ed in base ai quali vengono previsti e definiti gli interventi , nonché i finanziamenti che la Regione intende concedere per valorizzare i predetti beni immobili afferiscono a profili di tutela più che di valorizzazione; l’art. 3, che richiama formalmente quale ragione per l’intervento della Regione la valorizzazione dei locali storici, precisa, infatti, al comma 1 lettera a), che i finanziamenti sono concessi, non per interventi di promozione, bensì di “restauro, manutenzione ordinaria e straordinaria dei locali storici, dei relativi arredi e strumenti di lavoro.Per questi motivi l’art. 3 interferisce nella competenza propria dello Stato in materia di tutela di beni culturali, che è, invece, riservata allo Stato ai sensi dell’art. 117 comma 2 lettera s), della Costituzione.Inoltre si fa osservare che gli esercizi commerciali oggetto della legge regionale sono per lo più collocati in ambienti di pregio architettonico, provvisti di arredi e di beni mobili di interesse storico-artistico sovente costituenti collezioni e dotati di strumenti di lavoro di antica datazione: ciascuna di queste tipologie di beni costituisce di per se oggetto di valutazione da parte del T.U. delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali di cui al decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, oltre a rientrare l’esercizio commerciale medesimo, in quanto tale e laddove sia testimonianza “avente valore di civiltà”, fra i beni oggetto dell’art. 4 dello stesso testo unico. Peraltro la legge dispone, all’art. 7, che sui locali storici, per i quali siano concessi finanziamenti, viene imposto il vincolo di destinazione d’uso consistente nel mantenimento della predetta destinazione per dieci anni, da trascrivere presso la Conservatoria dei registri immobiliari. Nel caso in cui i locali storici si trovano in immobili di proprietà dello Stato, locatari e privati, il vincolo di destinazione d’uso risulta incompatibile con quanto previsto in materia di beni di proprietà dello Stato. Un vincolo di destinazione d’uso per dieci anni su un bene di proprietà statale, impedisce allo Stato la discrezionale valutazione sull’utilizzazione del bene stesso.Ora, poiché l’art. 7 crea un vincolo sui locali storici che sono indicati in immobili di proprietà privata e pubblica, qualora il vincolo sia posto su locali storici di proprietà statale, ed il beneficiario del finanziamento sia il locatore ovvero il gestore di un esercizio commerciale ubicato su un immobile di proprietà dello Stato, il vincolo di cui all’art. 7, sarebbe imposto sul bene di proprietà dello Stato. Ciò è contrario alle norme per due ordini di motivi: in primo luogo perché i beni di demanio artistico-storico non consentono l’imposizione di vincoli di destinazione d’uso da parte della Regione in quanto, ai sensi della legge di contabilità di Stato la destinazione e la gestione dei beni dello Stato è attribuita al Ministero delle Finanze che può assegnarli in uso governativo alle Amministrazioni pubbliche ovvero destinarli secondo le prescrizioni normative stabilite dalla legge. Sui predetti beni di demanio artistico-storico siano gestiti dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali essi sono comunque soggetti alla disciplina di cui al Testo Unico approvato con decreto legislativo 29 ottobre 1999 n. 490. Pertanto un vincolo di destinazione sui beni dello Stato non è prevedibile, nemmeno se fosse l’assenso da parte del titolare della proprietà. Pertanto si ritiene che la legge nel suo complesso presenta profili di illegittimità costituzionale in quanto determina un eccesso dei limiti di competenza della potestà regionale sfociando in materia riservata allo Stato in maniera esclusiva, ai sensi dell’art. 117, lettera s).Inoltre, l’art.9 della legge regionale, disponendo variazioni al bilancio regionale 2001 oltre il termine del 30 novembre risulta in contrasto sia con quanto disposto dall’art.16, comma 4, del D.Lgs. n.76/2000, sia con l’art.28, comma 4, della legge regionale di contabilità. A riguardo, considerato che il suddetto D.Lgs. n.76/2000 realizza il coordinamento in materia di bilancio e contabilità delle Regioni ai sensi dell’art.1, comma 4 della legge 25. giugno 1999, n.208, ai fini di realizzare la necessaria armonizzazione dei bilanci pubblici ed il coordinamento della Finanza pubblica che formano oggetto di legislazione concorrente, ai sensi dell’art.117 della legge costituzionale 18 ottobre 2001 n.3, si ritiene che la disapplicazione della norma in questione comporti illegittimità costituzionale del provvedimento in esame.Per i suesposti motivi, si ritiene di dover impugnare la legge regionale in esame davanti alla Corte Costituzionale, ai sensi dell’art.127 della Costituzione.
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