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La legge è censurabile in quanto:
l'art. 22, prevedendo a carico dei soggetti che gestiscono impianti di recupero di rifiuti urbani, speciali assimilati agli urbani e speciali non pericolosi e pericolosi, l'obbligo di corrispondere ai Comuni sede degli impianti un contributo annuo di 0,13 euro ogni 100 Kg di rifiuti sottoposti, nell'anno, alle operazioni di recupero, viola le finalità ed i principi desumibili dagli artt. 2 e 4 del D. L.vo n.22 del 5 febbraio 1997, in quanto tesi ad incentivare e favorire il riciclaggio ed il recupero dei rifiuti.
Infatti, considerato che l'impianto normativo esistente (artt. 18 e 19 del predetto D.Leg.vo) riserva allo Stato l'indicazione delle misure per razionalizzare il riciclaggio dei rifiuti nonché l'individuazione delle iniziative, anche economiche in materia, la legge regionale di cui trattasi, istituendo una sorta di tassa sui quantitativi di rifiuti recuperati contiene invece norme disincentivanti che si pongono in contrasto con gli artt. 2,4,18,19 e 25 del D. L.vo n.22/1997; norma di principio in materia di riciclaggio e recupero di rifiuti. Materia, peraltro, ricadente nel campo ambientale riservato allo Stato ex art. 117, comma 2 lettera s) Cost., come del resto si evince dalla normativa comunitaria (Direttiva 91/156/CEE e 91/689/CEE che contengono norme cogenti recepite con il menzionato D. L.vo 22/1997).
A ciò aggiungesi che, la disciplina regionale sia pur volta, come risulta dalla nota esplicativa in data 9 aprile u.s., alla realizzazione del sistema integrato di gestione dei rifiuti con esigenze di localizzazione degli impianti che spesso i Comuni rifiutano per un atteggiamento contrario della popolazione locale, determina una penalizzazione dei gestori degli impianti di recupero rispetto a quelli delle altre Regioni che va ad incidere sull'esercizio della libera concorrenza.
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