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Il Consiglio regionale della Toscana ha approvato, in prima deliberazione, il 6 maggio 2004 e in seconda deliberazione, il 19 luglio 2004, il testo del nuovo Statuto regionale, ai sensi dell’art. 123 della Costituzione, pubblicato nel bollettino ufficiale della Regione n. 27 del 26 luglio 2004.
Dall’esame dell’articolato si evidenziano le seguenti illegittimità costituzionali riferite agli articoli di seguito elencati:
1) L’art.3, comma 6, laddove prevede la promozione, nel rispetto dei principi costituzionali, del diritto di voto agli immigrati, contrasta con l’art.48 della Costituzione, il quale riserva il diritto di elettorato attivo ai soli cittadini italiani. Tale disposizione contrasta altresì con la competenza esclusiva statale in materia di organi dello Stato e leggi elettorali e di legislazione elettorale degli enti locali, di cui all’art.117, comma 2, lett. f) e p) della Costituzione. Determina, altresì, una limitazione al potere di iniziativa legislativa proprio della regione, ai sensi dell’art.121, secondo comma, della Costituzione. Infatti, un'eventuale proposta di legge regionale alle Camere di segno contrario rispetto all'estensione del diritto di voto agli immigrati contrasterebbe con la disposizione statutaria sopra richiamata.
2) L’ art. 4, comma 1, lettera h) prevede che la Regione persegua tra le finalità prioritarie “il riconoscimento delle altre forme di convivenza”. La citata disposizione esula dalle competenze regionali e segnatamente dalla fonte statutaria. In particolare, il riconoscimento è suscettibile di equiparare giuridicamente le altre forme di convivenza alla famiglia fondata sul matrimonio, - la cui “tutela e valorizzazione” è riconosciuta all’articolo 4, comma 1, lettera g) della legge statutaria -, operando un’invasione della competenza esclusiva statale in materia di “ordinamento civile”, ai sensi dell’articolo 117, comma 2, lettera l ) della Cost.
Inoltre l’articolo 29 della Costituzione stabilendo inequivocabilmente che “la Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio”, esclude, di conseguenza, il riconoscimento giuridico di forme di convivenza ulteriori e diverse che, seppur ricomprese tra le finalità che la Regione intende perseguire, attengono comunque ad ambiti e materie sottratte alla competenza legislativa regionale.
Risulta altresì violato l'art.2 Cost., che prevede il riconoscimento da parte della Repubblica solamente dei diritti inviolabili dell'uomo… nelle formazioni sociali, e non il riconoscimento di generiche ed ampie forme di convivenza.
Si evidenzia, infine,che tale riconoscimento, non essendo ricompreso nei rapporti etico-sociali della Carta costituzionale, risulta in contrasto con l'art.123 Cost., il quale prevede che lo Statuto debba essere predisposto in armonia con la Costituzione stessa.
3) L’art. 4, comma 1, lettera l ) prevede che la Regione persegua, tra le finalità prioritarie, “la tutela dell’ambiente e del patrimonio naturale, la conservazione della biodiversità, la promozione della cultura del rispetto per gli animali”. Tale disposizione esula dalla competenza legislativa della regione, ponendosi in contrasto con l’art. 117 comma 2, lett.s) della Costituzione, che riserva alla competenza esclusiva dello Stato la tutela dell’ambiente e dell’ecosistema.
4) L’art.4, comma 1, lett. m) prevede, inoltre, che la regione persegua, tra le finalità prioritarie, “la tutela del patrimonio storico, artistico e paesaggistico”. Analogamente al precedente punto 3, tale disposizione risulta invasiva della competenza esclusiva statale nella materia della tutela dei beni culturali prevista dall’art.117, comma 2, lett. s), Cost.. Infatti, tale tutela è attribuita alla potestà legislativa esclusiva dello Stato, facendo rientrare, invece, nell’ambito della legislazione concorrente, ai sensi dell’ articolo 117, comma 3, della Costituzione, la sola “valorizzazione dei beni culturali e ambientali e la promozione e organizzazione di attività culturali”, che devono essere esercitate nel rispetto dei principi statali fissati nel decreto legislativo n. 42/2004 “Codice dei beni culturali e del paesaggio”, così come affermato dalla costante giurisprudenza della Corte Costituzionale in materia (sentenze Corte Costituzionale n.94/2003, 9/2004 e da ultimo n. 26/2004).
5) L’art. 4, lettere n) ed o) dispongono “la promozione dello sviluppo economico e di un contesto favorevole alla competitività delle imprese” e della “valorizzazione della libertà di iniziativa economica pubblica e privata”. La successiva lett. p) del medesimo articolo prevede, altresì, “la promozione della cooperazione come strumento di democrazia economica e di sviluppo sociale, favorendone il potenziamento con i mezzi più idonei”. Le norme risultano invasive della competenza esclusiva statale rispettivamente nella materia della tutela della concorrenza, ai sensi dell’art.117, secondo comma, lett.e) Cost., come di recente affermato dalla Corte Costituzionale nella sentenza 13/01/2004 n.14 (in riferimento alle lett.n) ed o) del citato art.4), e della materia dell’ordinamento civile ai sensi dell’art.117, secondo comma, lett. l ) Cost. (in riferimento alla lettera p) dell’articolo citato). In particolare, il settore della cooperazione, inteso come disciplina delle diverse forme e tipologie della stessa, è stato attribuito al Ministero delle Attività produttive dal d.lgs.22/1/2004 n.34, che ha novellato gli artt. 27 e segg. del d.lgs.n.300/99, in riferimento al settore “politiche per la promozione e lo sviluppo della cooperazione e mutualità”.
6) L’art.32, comma 2, dispone che il programma di governo è approvato dal Consiglio regionale entro 10 giorni dalla sua illustrazione. Tale disposizione risulta in contrasto con il principio di elezione a suffragio universale diretto del Presidente della Regione, di cui all’art.122 , quinto comma, della Costituzione, laddove non vengono precisate le conseguenze della mancata approvazione di tale programma, che devono essere, comunque, coerenti con la legittimazione popolare diretta del Presidente della Giunta.
7) L’art.54, commi 1 e 3, stabiliscono il diritto di accesso ai documenti amministrativi senza obbligo di motivazione e la non obbligatorietà di motivare gli atti amministrativi regionali meramente esecutivi. Tali norme risultano in contrasto con gli articoli 24, 97 e 113 della Costituzione, in quanto la mancanza dell’obbligo di motivazione nella richiesta di accesso ai documenti comporta un controllo generalizzato (ed immotivato) sull’attività dell’amministrazione ed attribuisce rilevanza giuridica anche a portatori di interessi di mero fatto, e non già solo a portatori di diritti ed interessi legittimi. L’esclusione dell’obbligo di motivare gli atti meramente esecutivi risulta, invece, in contrasto con i principi del buon andamento ed imparzialità della Pubblica Amministrazione di cui all’art.97 Cost..
8) L’art.63, comma 2, stabilisce che la legge regionale, “nei casi in cui risultino specifiche esigenze unitarie, può disciplinare l’organizzazione e lo svolgimento delle funzioni conferite (agli enti locali) per assicurare requisiti essenziali di uniformità”. La disposizione si pone in contrasto con l’art.114 e 117, comma 6, della Costituzione. La Carta costituzionale, infatti, prevede il principio di equiordinazione tra Stato, Regioni ed Enti locali e riserva in via esclusiva alle fonti statutarie e regolamentari degli Enti locali la disciplina dell’organizzazione e dello svolgimento delle funzioni attribuite agli stessi Enti.
9) L’art.64, secondo comma, stabilendo che “la legge disciplina, limitatamente ai profili coperti da riserva di legge, i tributi propri degli enti locali, salva la potestà degli enti locali di istituirli”, senza alcun riferimento all’art.119 Cost., eccede la competenza legislativa della Regione, ponendosi in contrasto con il menzionato art.119 comma 2 della Costituzionale, che attribuisce in materia una potestà legislativa concorrente alle regioni, da esercitarsi in armonia con la Costituzione e secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario.
Infatti, la Corte Costituzionale, con la sentenza n.37/2004, interpretando l’art.119 comma 2 della Costituzione, ha espressamente affermato che “non è ammissibile, in materia tributaria, una piena esplicazione di potestà regionali autonome in carenza della fondamentale legislazione di coordinamento dettata dal Parlamento nazionale” e che la materia del sistema tributario degli enti locali non rientra nell’ambito della potestà legislativa “residuale” delle regioni.
Inoltre, la norma contestata prefigura, relativamente alla disciplina dei tributi degli enti locali, un particolare rapporto tra fonti normative (legge regionale, per la parte coperta da riserva di legge, e normativa locale, per quanto concerne l’istituzione e gli altri aspetti non coperti da riserva di legge) che non necessariamente sarà adottato dal legislatore nazionale nel momento in cui darà attuazione all’art.119 Cost. Come ha osservato la Corte Costituzionale nella menzionata sentenza, infatti, è in realtà possibile ipotizzare “situazioni di disciplina normativa sia a tre livelli (legislativa statale, legislativa regionale, e regolamentare locale), sia a due soli livelli (statale e locale, ovvero regionale e locale)”. L’art.64 secondo comma della legge statutaria, invece, non solo sembra escludere a priori la possibilità della soluzione a tre livelli, ma dà per scontato che, nell’ambito di quella a due livelli, la potestà legislativa competente debba essere quella regionale, così compiendo una scelta che, anche alla luce delle osservazioni della Corte, spetta comunque al legislatore nazionale. La norma regionale prefigura, quindi, margini di autonomia più ampi di quelli che il sistema tributario concede, ex art.119 Cost.
10) L’art.70, comma 1, prevede la partecipazione degli organi di governo e del consiglio regionale alle decisioni dirette alla formazione ed attuazione degli atti comunitari nelle materie di competenza regionale. La disposizione contrasta con l’art.117, 5 comma, Cost. nella parte in cui non prevede il rispetto delle norme di procedura stabilite da leggi dello Stato.
11) L'art.75, comma 4, ove prevede che la proposta di abrogazione soggetta a referendum venga approvata se partecipa alla votazione la maggioranza dei votanti alle ultime elezioni regionali, si pone in contrasto sia con l'art. 75 comma 4 della Costituzione, il quale prevede invece che il referendum venga approvato se ha partecipato alla votazione la maggioranza degli aventi diritto, che con il principio di ragionevolezza, desunto dagli artt.3 e 97 della Costituzione.
Nei confronti delle disposizioni sopra indicate, pertanto, viene promossa dal Governo la questione di legittimità costituzionale, ai sensi dell’art. 123 della Costituzione.
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