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La legge regionale in oggetto contempla alcune disposizioni costituzionalmente illegittime, in quanto contrastanti con la potestà legislativa concorrente “produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia” i cui principi fondamentali, per costante giurisprudenza della Corte costituzionale, non tollerano eccezioni sull’intero territorio nazionale (cfr. da ultimo sentenza n. 69/2018) e nel cui ambito i principi fondamentali sono dettati anche dal decreto legislativo 28 dicembre 2003, n. 387 (recante “Attuazione della Direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità”), costituente parametro statale interposto e, in specie, dall’articolo 12 (ex multis, sentenze n. 14 del 2018 e n. 177 del 2018).
I citati principi si desumono, altresì, dalle Linee guida di cui al decreto ministeriale 10 settembre 2010, adottate in attuazione dell’articolo 12, comma 10, del suddetto decreto legislativo n. 387 del 2003 e dal decreto legislativo n. 28 del 2011 e il cui rispetto si impone al legislatore regionale (Corte Cost. n. 86/2019).
In particolare, le suddette linee guida costituiscono atti di normazione secondaria che, in settori squisitamente tecnici, completano la normativa primaria (sentenza n. 69 del 2018). Tale vincolatività è confermata anche dal fatto che esse sono state adottate in sede di Conferenza unificata, in ragione degli ambiti materiali che vengono in rilievo e quindi nel rispetto del principio di leale collaborazione tra Stato e regioni (sentenza n. 308 del 2011).
Nell'ambito, dunque, di siffatta cornice normativa primaria statale si colloca l'articolo 4 della legge regionale de qua, che sotto la rubrica "Difesa dell'ambiente, energia e sviluppo sostenibile", al comma 17, prevede che:
"17. Non sono idonee per la realizzazione degli impianti fotovoltaici a terra di cui al comma 16:
a) le aree individuale dal piano regolatore comunale in esito alla conformazione al PPR e a una lettura paesaggistica approfondita, ai sensi dell'articolo 14 delle Norme tecniche di attuazione (NTA) del PPR;
b) i sili regionali inseriti nella lista del patrimonio mondiale culturale e naturale riconosciuto dall'UNESCO e nelle relative zone tampone, nonché i siti per i quali è stata presentata la candidatura per il riconoscimento UNESCO;
c) i siti Natura 2000 e le aree naturali tutelate ai sensi della legge 6 dicembre 1991, n. 394 (Legge quadro sulle aree protette), e della legge regionale 30 settembre 1996, n. 42 (Norme in materia di parchi e riserve naturali regionali);
d) le aree e i beni di notevole interesse culturale di cui alla parte II del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137), le aree dichiarate di notevole interesse pubblico ai sensi dell'articolo 136 del decreto legislativo 42/2004 e i relativi ulteriori contesti, le zone di interesse archeologico e gli ulteriori contesti d'interesse archeologico, nonché le aree a rischio potenziale archeologico indicate nel PPR o negli strumenti urbanistici comunali;
e) le aree ricadenti nei beni paesaggistici di cui all'articolo 142, comma 1, del decreto legislativo 42/2004, o loro ulteriori contesti, o in generale ulteriori contesti, ferma restando la facoltà del richiedente di presentare documentazione idonea a dimostrare la non interferenza degli impianti con gli obiettivi e la disciplina d'uso previsti dal PPR;
f) le aree agricole ricomprese in zone territoriali omogenee F di "Tutela ambientale" individuate dagli strumenti urbanistici generali comunali adeguati al PURG;
g) le aree localizzate in comprensori irrigui serviti dai Consorzi di bonifica e oggetto di riordino fondiario;
h) le aree agricole che rientrano nelle classi 1 e 2 di capacità d'uso secondo la Land Capability Classification (LCC) del United States Department of Agriculture (USDA) e individuate nella Carta regionale di capacità d'uso agricolo dei suoli, ferma restando la facoltà del richiedente di presentare idonea documentazione e, in particolare, una relazione pedologica, finalizzata alla riclassificazione delle aree di interesse aziendale
In limine occorre evidenziare che il Piano Nazionale Integrato per l'Energia e il Clima, inviato alla Commissione europea dal Governo italiano a fine 2019 in attuazione del Regolamento (UE) 2018/1999, ha stabilito, per i profili che qui rilevano, un cambio di approccio rispetto a quello delineato dall'attuale quadro normativo di settore, demandando alle Regioni, sulla base di criteri previamente prestabiliti e condivisi, l'individuazione delle aree idonee e non idonee per la localizzazione di impianti a fonte rinnovabile.
A tali fini, nell'ambito nel quadro delle misure complessivamente volte al raggiungimento degli obiettivi in materia di energia da fonti rinnovabili, particolare rilievo è stato ascritto alla individuazione delle aree adatte alla realizzazione degli impianti nonché alla condivisione degli obiettivi nazionali con le Regioni, da perseguire attraverso la definizione di un quadro regolatorio nazionale che, in coerenza con le esigenze di tutela delle aree agricole e forestali, del patrimonio culturale e del paesaggio, della qualità dell'aria e dei corpi idrici, stabilisca criteri (previamente condivisi con il livello regionale) sulla cui base le Regioni stesse procedano alla definizione delle superfici e delle aree idonee e non idonee per l'installazione di impianti a fonti rinnovabili.
Ciò al fine di favorire lo sviluppo coordinato di impianti, rete elettrica e sistemi di accumulo, con procedure autorizzative rese più semplici e veloci (e coordinate con i meccanismi di sostegno), proprio grazie alla preventiva condivisione dell'idoneità di superfici e aree.
La recente legge 22.04.2021, n. 53, recante "Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea - Legge di delegazione europea 2019-2020", nel dettare i criteri ulteriori di delega per il recepimento della Direttiva 2018/2001/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, ha affrontato in modo dettagliato il tema delle aree idonee e non idonee all'installazione di impianti a fonti rinnovabili, definendo un regolamentato percorso di condivisione operativa degli obiettivi con le Regioni, in sede di Conferenza unificata, volto alla precipua individuazione delle superfici e aree idonee e non idonee per l'installazione di impianti a fonte rinnovabile.
In particolare, all'art. 5, comma 1, lett. a) e b), si stabilisce che il Governo nell'esercizio della Delega deve:
a) prevedere, previa intesa con la Conferenza unificata ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, su proposta del Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, al fine del concreto raggiungimento degli obiettivi indicati nel Piano nazionale integrato per l'energia e il clima (PNIEC), una disciplina per l'individuazione delle superfici e delle aree idonee e non idonee per l'installazione di impianti a fonti rinnovabili nel rispetto delle esigenze di tutela del patrimonio culturale e del paesaggio, delle aree agricole e forestali, della qualità dell'aria e dei corpi idrici, nonché delle specifiche competenze dei Ministeri per i beni e le attività culturali e per il turismo, delle politiche agricole alimentari e forestali e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, privilegiando l'utilizzo di superfici di strutture edificate, quali capannoni industriali e parcheggi, e aree non utilizzabili per altri scopi, compatibilmente con le caratteristiche e le disponibilità delle risorse rinnovabili, delle infrastrutture di rete e della domanda elettrica, nonché tenendo in considerazione la dislocazione della domanda, gli eventuali vincoli di rete e il potenziale di sviluppo della rete stessa. A tal fine sono osservati, in particolare, i seguenti indirizzi:
1) la disciplina è volta a definire criteri per l'individuazione di aree idonee all'installazione di impianti a fonti rinnovabili aventi una potenza complessiva almeno pari a quella individuata come necessaria dal PNIEC per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo delle fonti rinnovabili. A tal fine, la disciplina reca inoltre criteri per la ripartizione fra regioni e province autonome e prevede misure di salvaguardia delle iniziative di sviluppo in corso che risultino coerenti con i criteri di localizzazione degli impianti preesistenti, rispetto a quelli definiti dalla presente lettera;
2) il processo programmatorio di individuazione delle aree idonee è effettuato da ciascuna regione o provincia autonoma in attuazione della disciplina di cui al numero 1) entro sei mesi. Nel caso di mancata adozione, è prevista l'applicazione dell'articolo 41 della legge 24 dicembre 2012, n. 234;
b) prevedere che, nell'individuazione delle superfici e delle aree idonee e non idonee per l'installazione di impianti a fonti rinnovabili di cui alla lettera a), siano rispettati i principi della minimizzazione degli impatti sull'ambiente, sul territorio e sul paesaggio, fermo restando il vincolo del raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione al 2030 e tenendo conto della sostenibilità dei costi correlati al raggiungimento di tale obiettivo;
In attuazione di siffatti criteri di delega, il decreto legislativo di recepimento della Direttiva 2018/2001 in corso di pubblicazione in G.U., all'articolo 20, ha introdotto una specifica "Disciplina per l'individuazione di superfici e aree idonee per l'installazione di impianti a fonti rinnovabili" stabilendo, in particolare, all'art. 20, commi 1 e da 6 a 8, che - omissis -
I. Con uno o più decreti del Ministro della transizione ecologica di concerto con il Ministro della cultura e il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, da adottare entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono stabiliti principi e criteri omogenei per l'individuazione delle superfici e delle aree idonee e non idonee all'installazione di impianti a fonti rinnovabili aventi una potenza complessiva almeno pari a quella individuata come necessaria dal PNIEC per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo delle fonti rinnovabili. In via prioritaria, con i decreti di cui al presente comma si provvede a:
a) dettare i criteri per l'individuazione delle aree idonee all'installazione della potenza eolica e fotovoltaica indicata nel PNIEC, stabilendo le modalità per minimizzare il relativo impatto ambientale e la massima porzione di suolo occupabile dai suddetti impianti per unità di superficie, nonché dagli impianti a fonti rinnovabili di produzione di energia elettrica già installati e le superfici tecnicamente disponibili;
b) indicare le modalità per individuare superfici, aree industriali dismesse e altre aree compromesse, aree abbandonate e marginali idonee alla installazione di impianti a fonti rinnovabili. - omissis -
6. Non possono essere disposte moratorie ovvero sospensioni dei termini dei procedimenti di autorizzazione, nelle more dell'individuazione delle aree idonee.
7. Le aree non incluse tra le aree idonee non possono essere dichiarate non idonee all'installazione di impianti di produzione di energia rinnovabile, in sede di pianificazione territoriale ovvero nell'ambito di singoli procedimenti, in ragione della sola mancata inclusione nel novero delle aree idonee.
8. Nelle more dell'adozione dei decreti di cui al comma 1, sono considerate aree idonee, ai fini di cui al comma 1 del presente articolo:
a) i siti ove sono già installati impianti della stessa fonte e in cui vengono realizzati interventi di modifica non sostanziale ai sensi dell'articolo 5, commi 3 e seguenti, del decreto legislativo 3 marzo 2011 n. 28;
b) le aree dei siti oggetto di bonifica individuale ai sensi dell'articolo 242-ter, comma 3, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152;
c) le cave e miniere cessate, non recuperate o abbandonate o in condizioni di degrado ambientale.
L'attuale quadro normativo statale introduce, quindi, un'apposita disciplina per l'individuazione delle aree idonee e non idonee coinvolgendo in prima battuta i Ministeri di riferimento (MITE e MIC) nell'individuazione dei criteri e attribuendo la titolarità del processo programmatorio alle Regioni e Province autonome.
Alla luce di quanto precede, la legge regionale n. 15 del 2021, all'art. 4, comma 17, lettera a), nell'includere tra le aree non idonee, "le aree individuate dal piano regolatore comunale in esito alla conformazione al PPR e a una lettura paesaggistica approfondita, ai sensi dell'articolo 14 delle Norme tecniche di attuazione (NTA) del PPR ", attribuisce di fatto anche ai Comuni la possibilità di apporre limitazioni all'installazione degli impianti rinnovabili, in contrasto con le citate Linee Guida FER, secondo le quali tale compito deve essere effettuato "dalle Regioni con propri provvedimenti tenendo conto dei pertinenti strumenti di pianificazione ambientale, territoriale e paesaggistica, secondo le modalità indicate al paragrafo 17 e sulla base dei seguenti principi e criteri [ ... ]"., anticipando, altresì, i contenuti del decreto interministeriale di cui al comma 1 del medesimo articolo, che dovrà, attraverso le modalità ivi previste, dettare principi e criteri omogenei per l'individuazione delle superfici e delle aree idonee e non idonee all'installazione di impianti a fonti rinnovabili.
Ciò tenuto conto che il ruolo del Comune nel procedimento abilitativo degli impianti rinnovabili deve limitarsi al vaglio del progetto sotto il profilo della conformità alla disciplina urbanistica (tra le tante, TAR Lombardia, Milano, II, n. 1776/1999), laddove, con particolare riferimento, appunto, agli impianti fotovoltaici su aree agricole, è la stessa disciplina di settore (articolo 12, d.lgs. n. 387/2003) a prevedere la compatibilità urbanistica delle relative installazioni, non rendendo necessario alcun eventuale procedimento di variante.
Quanto sopra tenuto, altresì, conto che secondo un orientamento costante della Corte Costituzionale, nella disciplina relativa all'autorizzazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili, le Regioni non possono imporre in via legislativa vincoli generali non previsti dalla disciplina statale. Una normativa regionale, che non rispetti la riserva di procedimento amministrativo e, dunque, non consenta di operare un bilanciamento in concreto degli interessi, strettamente aderente alla specificità dei luoghi, impedisce, difatti, la migliore valorizzazione di tutti gli interessi pubblici implicati e, di riflesso, viola il principio, conforme alla normativa dell'Unione europea, della massima diffusione degli impianti da fonti di energia rinnovabili (sentenza n. 286 del 2019, in senso analogo, ex multis, sentenze n. 106 del 2020, n. 69 del 2018, n. 13 del 2014 e n. 44 del 2011).
Vieppiù, la legge de qua, individuando le aree non idonee esclusivamente per la realizzazione di nuovi impianti fotovoltaici a terra di potenza superiore a 1 MW - pone diversi vincoli di merito, ponendo la norma in conflitto con l'art. 41 della Costituzione e con la normativa interna e sovranazionale che, promuovendo la diffusione delle fonti rinnovabili, condanna qualsiasi iniziativa di astratta e aprioristica limitazione dei procedimenti autorizzativi e delle relative installazioni.
A tal riguardo, anche il Consiglio di Stato (Sentenza 02983/2021) ha ribadito che "in assenza di una previa individuazione dei "siti non idonei”, la valutazione va effettuata in concreto, ovvero, all'interno del procedimento unico e della procedura di Valutazione dell'Impatto Ambientale nei casi previsti" (Allegato 3, par. 17, lett. d), delle Linee Guida FER), essendo appunto tali procedimenti quelli preposti a tutelare adeguatamente il territorio nella dimensione ambientale/paesaggistica.
Il successivo comma 18 dell'articolo 4 individua ulteriori condizioni ai fini della realizzazione degli impianti fotovoltaici che sono in contrasto con le norme vigenti e gli orientamenti giurisprudenziali.
In particolare, la lettera a) del citato comma richiede che l'impianto "non comprometta un bene paesaggistico alterando negativamente Io stato dell'assetto scenico-percettivo e creando un notevole disturbo della sua leggibilità".
Tale indicazione è eccessivamente generica e non puntuale, contravviene il prevalente orientamento giurisprudenziale della Corte Costituzionale in virtù del quale (sentenza n. 286 del 2019, cit.), nel valutare la legittimità di leggi regionali che hanno disciplinato la materia, ha evidenziato come la valutazione di "non idoneità" debba essere compiuta, all'esito e sulla base di una puntuale acquisizione degli interessi rilevanti e dei pertinenti presupposti di fatto, tenuto conto delle caratteristiche specifiche dell'area e non può essere estesa genericamente a tutte le aree rientranti nella classificazione indicata dalla norma.
La disposizione risulta priva di quei necessari elementi di puntualità che consentano agli operatori di individuare le aree effettivamente non idonee, conferendo, in tal modo, al decisore una discrezionalità non basata su criteri omogenei ed oggettivi, necessari per l'esercizio dell'azione amministrativa, in violazione sia del principio di legalità dell'azione amministrativa sia del principio di imparzialità e buon andamento (art. 97 Cost.).
La lettera d) dello stesso comma 18, dell'art. 4, stabilisce, altresì, che l'impianto "sia posto in aree non visibili da strada di interesse panoramico, non comprometta visuali panoramiche o con visuali e profili identitari tutelati dal PPR o dagli strumenti urbanistici comunali... ". Anche in questo caso, la previsione è generica e tale da non consentire valutazioni oggettive e puntuali da parte degli uffici preposti al rilascio delle autorizzazioni, conferendo agli stessi una discrezionalità eccessiva non prevista dalla legge.
Analoghe considerazioni debbono formularsi in relazione anche alla successiva lettera f) che impone "sia assicurato il contenimento del livello di compromissione e di degrado determinato dalla dimensione e dalla concentrazione degli impianti fotovoltaici a terra".
A riconferma delle criticità evidenziate occorre richiamare la recente sentenza, n. 177 del 2021, con la quale la Corte Costituzionale, nel dichiarare l'illegittimità di taluni articoli della legge n. 82 della Regione Toscana, ha statuito che "la disciplina dei regimi abilitativi degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, riconducibile alla materia «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia» (art. 117, terzo comma, Cost), deve conformarsi ai principi fondamentali, previsti dal d.lgs. n. 387 del 2003, nonché, in attuazione del suo art. 12, comma 10, dalle menzionate Linee guida (ex plurimis, sentenze n. 258 del 2020, n. 106 del 2020, n. 286 dei 2019 e n. 69 del 2018). In particolare, queste ultime, approvate in sede di Conferenza unificata, sono espressione della leale collaborazione tra Stato e Regioni e sono, pertanto, vincolanti, in quanto «costituiscono, in settori squisitamente tecnici, il completamento della normativa primaria» (sentenza n. 86 del 2019). Nell'indicare puntuali modalità attuative della legge statale, le Linee guida hanno «natura inderogabile e devono essere applicate in modo uniforme in tutto il territorio nazionale (sentenze n. 286 e a 86 del 2019, n. 69 del 2018)» (sentenza n. 106 del 2020)
Secondo, infatti, il Giudice delle leggi, le Regioni devono compiere «un'apposita istruttoria, avente ad oggetto la ricognizione delle disposizioni volte alla tutela dell'ambiente, del paesaggio, del patrimonio storico e artistico, delle tradizioni agroalimentari locali della biodiversità e del paesaggio rurale» (paragrafo 17.1).
Ed è all'esito di tale istruttoria che la Regione procede, quindi, ad indicare, nell'atto di pianificazione, la non idoneità di ciascuna area «in relazione a specifiche tipologie e/o dimensioni di impianti», motivando le incompatibilità con riferimento agli obiettivi di protezione perseguiti dalle disposizioni, che sono state individuate tramite la ricognizione effettuata sulla scorta dell'art. 12, comma 7, del decreto legislativo n. 387 del 2003.
Alla luce di siffatta prospettazione, le norme regionali anzidette realizzano un processo opposto a quanto statuito dalla Corte Costituzionale, non basando il divieto di installazione di nuovi impianti su alcuna puntuale valutazione delle aree dichiarate "non idonee" e sottraendolo alla sede propria del procedimento amministrativo; sul punto la stessa Corte ha affermato, in maniera specifica, che "l'indicazione che possono fornire le Regioni in merito alla non idoneità di determinate aree ad accogliere la costruzione di impianti per la produzione di energie rinnovabili è espressamente riferita alla segnalazione di aree non idonee «in relazione a specifiche tipologie e/o dimensioni di impianti». Spetta, pertanto, all'atto di pianificazione individuare le incompatibilità di determinate aree, in relazione al tipo e alle dimensioni (e, dunque, anche alla potenza) degli impianti”.
Per i motivi esposti, si ritiene di dover impugnare dinanzi alla Corte Costituzionale la legge regionale in oggetto limitatamente alle norme anzidette, per violazione, rispettivamente:
- dei limiti della competenza della Regione in materia di "produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia", ex art. 117, terzo comma, Cost.;
- dell'art. 117, primo comma, Cost, che, come noto, impone alle Regioni di esercitare la potestà legislativa nel rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario;
- dell’articolo 97 Cost., per la mancata acquisizione tramite il procedimento amministrativo dei pertinenti presupposti di fatto e degli interessi rilevanti, nonché per la sottrazione dalla sede del procedimento delle valutazioni discrezionali di competenza dell'Amministrazione.
Le disposizioni eccedono, peraltro, dalle competenze attribuite alla Regione Friuli Venezia Giulia dallo Statuto speciale di autonomia, L.C. 31 gennaio 1963, n.1 e successive modifiche e integrazioni, secondo cui la competenza legislativa regionale deve esplicarsi “in armonia con la Costituzione” e nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico della Repubblica e dei parametri eurounitari sopra richiamati.
Per i motivi sopra esposti, le norme regionali indicate devono essere impugnate ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione.
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Un approfondimento sulle Commissioni paritetiche di ciascuna Regione a statuto speciale, con i Decreti di costituzione e l’elenco dei decreti legislativi concernenti le norme di attuazione