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Modificazioni alla legge regionale 20 giugno 1996 , n. 12 (legge Regionale in materia di lavori pubblici), da ultimo modificata dalla legge regionale 20 gennaio 2005, n.1 (5-8-2005)
Valle Aosta
Legge n.19 del 5-8-2005
n.36 del 6-9-2005
Politiche infrastrutturali
28-10-2005 /
Impugnata
Con la legge in esame la Regione Valle d'Aosta, nell'esercizio della propria competenza legislativa primaria di cui all'articolo 2, lettera f) dello Statuto speciale di autonomia, detta una organica disciplina sui lavori pubblici.
Essa presenta aspetti di illegittimità costituzionale relativamente alla disposizione contenuta nell'articolo 25 - che novella l'articolo 26 della legge 12/1996, e successive modifiche - in tema di affidamento di lavori con procedura ristretta.
Tale norma infatti,nel prevedere per l'affidamento con detta procedura la fissazione nel bando di gara di un numero minimo e massimo di candidati da invitare a presentare l'offerta, dispone che qualora vi sia un numero di candidati superiore al numero massimo fissato dal bando la scelta dei soggetti da invitare sia effettuata per un terzo mediante sorteggio e per i restanti due terzi sulla base di tre criteri.
Tra questi ,il criterio della"migliore idoneità di localizzazione" del concorrente eccede dalle competenze statutarie e si pone in contrasto con gli articoli 3 e 120 della Costituzione, invadendo altresì la competenza esclusiva statale in materia di tutela della concorrenza di cui all'articolo 117, comma 2, lettera e) Cost.
La Corte costituzionale, infatti, nel ritenere illegittima una norma della stessa regione Valle d'Aosta che stabiliva come condizione necessaria alle gare d'appalto di lavori pubblici l'iscrizione ad un albo regionale imponendo come requisito per l'iscrizione l'esistenza di un'adeguata organizzazione aziendale sul territorio regionale (sent. 207/2001) ha affermato che "richiedere, per la partecipazione alle gare d’appalto, la sussistenza di un’organizzazione aziendale stabile sul territorio regionale equivale a discriminare le imprese sulla base di un elemento di localizzazione territoriale, contrario al principio di eguaglianza nonchè al principio in base al quale la Regione "non può adottare provvedimenti che ostacolino in qualsiasi modo la libera circolazione delle persone e delle cose fra le Regioni" e "non può limitare il diritto dei cittadini di esercitare in qualunque parte del territorio nazionale la loro professione, impiego o lavoro" (art. 120, secondo e terzo comma, della Costituzione). "
Tale principio,afferma la Corte, vincola anche le Regioni a statuto speciale e da esso "discende anche il divieto per i legislatori regionali di frapporre barriere di carattere protezionistico alla prestazione, nel proprio ambito territoriale, di servizi di carattere imprenditoriale da parte di soggetti ubicati in qualsiasi parte del territorio nazionale (nonchè, in base ai principi comunitari sulla libertà di prestazione dei servizi, in qualsiasi paese dell’Unione europea)".
Il criterio localizzativo , quindi , basato su aspetti non meramente oggettivi e costituendo altresì titolo di preferenza a parità di punteggio (art. 26, comma 2, novellato) crea un pregiudizio alle altre imprese partecipanti alle gare e non appare fondato su alcuna ragione tecnica, nè può essere ragionevolmente giustificato in nome dell’efficienza e del buon andamento dell’amministrazione. Infatti, anche imprese aventi sede e organizzazione stabile fuori del territorio regionale possono infatti possedere i requisiti tecnico-organizzativi necessari – e richiesti dalla normativa e dai bandi di gara - per assicurare un’efficiente esecuzione degli appalti , e non "vale richiamare gli eventuali maggiori costi che tali imprese dovrebbero sostenere, poichè le procedure di scelta del contraente consentono comunque all’amministrazione di assicurarsi le prestazioni alle condizioni per essa più convenienti anche sotto il profilo economico".
Per tali ragioni la disposizione regionale risulta illegittima per violazione degli articoli 3, 120 e 117 comma 2, lettera e) della Costituzione.
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