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Modifiche alla legge regionale 15 aprile 2021, n. 9. Disposizioni varie. (26-11-2021)
Sicilia
Legge n.29 del 26-11-2021
n.53 del 2-12-2021
Politiche economiche e finanziarie
31-1-2022 /
Impugnata
La legge della Regione siciliana n. 29 del 26 novembre 2021, recante “Modifiche alla legge regionale 15 aprile 2021, n. 9. Disposizioni varie” presenta profili di illegittimità costituzionale in relazione alla violazione di diverse disposizioni della Carta costituzionale ed eccede dalla competenza legislativa attribuita alla Regione dal proprio Statuto speciale (legge cost. n. 2 del 1948) e pertanto va impugnata ai sensi dell’art. 127 Cost con riferimento particolare alle seguenti norme:
articolo 4, comma 1- modifiche al comma 7 dell’art. 36 della legge regionale n. 9/2021 (in materia di stabilizzazione del personale ASU):
violazione dell’art. 81, terzo comma, e 97, comma 1 - violazione del principio di equilibrio dei bilanci pubblici e dell’obbligo di copertura finanziaria delle leggi di spesa: la disposizione apporta modifiche all'articolo 36, comma 7, della legge regionale 15 aprile 2021, n. 9, concernente norme in materia di stabilizzazione e fuoriuscita del personale ASU (personale impegnato in attività socialmente utili presso gli enti locali ubicati nella Regione) nella parte in cui vengono quantificati gli oneri derivanti dalle finalità indicate nello stesso articolo. La modifica consiste in una diminuzione degli oneri inizialmente programmati, con riferimento agli esercizi finanziari 2022 e 2023, e nell’individuazione della copertura finanziaria di 10 milioni di euro per il solo anno 2021. Il testo del comma 7 dell’art. 36 - così modificato- recita: “per le finalità di cui al presente articolo è autorizzata la spesa di 10.000 migliaia di euro per l'esercizio finanziario 2021 e la spesa di euro 26.360.878,68 per l'esercizio finanziario 2022 e di euro 43.747.108,01 per l'esercizio finanziario 2023 (Missione 20, Programma 3), comprensiva delle somme occorrenti per l'eventuale prosecuzione delle attività socialmente utili dei medesimi soggetti di cui al comma 1, disposta nel rispetto della normativa vigente, nonché di quelle occorrenti per le finalità di cui al comma 10, da iscrivere in un apposito Fondo del dipartimento del bilancio e tesoro. Agli oneri di cui al presente comma per la quota parte di 10.000 migliaia di euro per l'anno 2021 si provvede mediante riduzione dei trasferimenti di cui all'articolo 6 della legge regionale n. 5/2014 e successive modificazioni (Missione 18, Programma 1, capitolo 191301). A decorrere dall'esercizio finanziario 2024 si provvede ai sensi del comma 1 dell'articolo 38 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 e successive modificazioni”.
Ciò premesso, le modifiche introdotte dall’art. 4, comma 1, della legge in esame confermano le originarie finalità già oggetto di impugnativa, tra gli altri, del suddetto art.36 della legge regionale 9/2021, recante “Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2021. Legge di stabilità regionale” impugnata davanti alla Corte Costituzionale a seguito della delibera del Consiglio dei Ministri del 17 giugno 2021, in quanto ritenuta esorbitante dalle competenze affidate alla Regione dallo Statuto Speciale di autonomia e in contrasto con diversi articoli della Costituzione.
In particolare, in ordine al citato articolo 36 della L.R. 9/2021 è stato rilevato, tra i motivi della impugnativa, che per la maggiore spesa a carico del bilancio regionale, derivante da spese di natura obbligatoria afferenti al trattamento economico del personale ASU, il comma 7 ha provveduto alla relativa copertura solo fino all'anno 2023, mentre a decorrere dall'esercizio finanziario 2024 la stessa disposizione ha richiamato per la copertura finanziaria quanto previsto dall'articolo 38, comma 1, del decreto legislativo n. 118/2011, secondo il quale “le leggi regionali che prevedono spese a carattere continuativo quantificano l'onere annuale previsto per ciascuno degli esercizi compresi nel bilancio di previsione e indicano l'onere a regime, ovvero, nel caso in cui non si tratti di spese obbligatorie, possono rinviare la quantificazione dell'onere annuo alla legge di bilancio”. Nel caso disciplinato all’art. 36, comma 7, della legge regionale 9/2021, trattandosi di spese obbligatorie aventi carattere strutturale e permanente nel tempo, che necessitano quindi di una copertura finanziaria certa e consolidata, il richiamo all'art. 38 del decreto legislativo n. 118 del 2011 non è stato ritenuto idoneo per la copertura degli oneri a regime, in quanto non supportato dalla quantificazione dell'onere per gli anni successivi al triennio considerato nel bilancio di previsione.
Peraltro, va ricordato che l’obbligo di copertura delle leggi di spesa è previsto anche nella legislazione regionale in materia di bilancio e contabilità (art. 14 del Testo coordinato delle norme in materia di bilancio e di contabilità applicabili alla Regione in base alle leggi regionali in materia e alle leggi nazionali riguardanti la contabilità dello Stato e delle altre regioni nonché art. 7, comma 8, della legge regionale n. 47/77 e successive modifiche).
In merito alla questione della copertura finanziaria delle leggi di spesa, si ritiene utile richiamare anche i contenuti della recentissima sentenza n. 226/2021 della Corte Costituzione con la quale è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale, per violazione dell’articolo 81, terzo comma, Cost., di un’altra legge siciliana, gli articoli 1, comma l, e 2, comma 1, della L.R. 3 dicembre 2020, n. 29, recante “Norme per il funzionamento del Corpo Forestale della Regione siciliana”, in materia di assunzioni di personale a tempo indeterminato, ricordando che “…..l’art. 17 della legge n. 196 del 2009, al comma 1, prevede, quali esclusive modalità di copertura finanziaria delle spese, l’utilizzo degli accantonamenti iscritti nei fondi speciali; la riduzione di precedenti autorizzazioni legislative di spesa; le modificazioni legislative che comportino nuove o maggiori entrate. Inoltre, il successivo comma 3 stabilisce che le norme che comportino conseguenze finanziarie devono essere corredate da una relazione tecnica predisposta dalle amministrazioni competenti e verificata dal Ministero dell'economia e delle finanze sulla quantificazione delle entrate e degli oneri recati da ciascuna disposizione, nonché delle relative coperture. Infine il comma 7 precisa che, per le disposizioni legislative in materia pensionistica e di pubblico impiego, la relazione di cui al comma 3 contiene un quadro analitico di proiezioni finanziarie, almeno decennali, riferite all'andamento delle variabili collegate ai soggetti beneficiari e al comparto di riferimento”.
Alla luce di quanto illustrato risulta evidente che, limitandosi la norma in esame a modificare soltanto la quantificazione delle risorse (peraltro restringendo all’esercizio 2021 la copertura degli oneri necessari alla stabilizzazione) non sono cambiate le originarie finalità dell’art. 36 della L.R. n. 9/2021, del quale la norma finanziaria in esame consente l’attuazione e quindi in questa sede si intende integralmente richiamare anche tutti i motivi di impugnativa, non soltanto quindi quelli relativi alla inidoneità della copertura finanziaria, che attengono ai vizi di illegittimità costituzionale del citato art. 36 nel suo complesso e quindi all’intervento legislativo regionale per la stabilizzazione del personale gli ASU, che sono stati illustrati nel ricorso proposto ex art. 127 Cost relativamente alla L.R. 9/2021.
Violazione dell’art. 117, secondo comma, lett. e) e dell’art. 117 terzo comma Cost. – violazione dei principi di armonizzazione dei bilanci pubblici e in materia di coordinamento della finanza pubblica: tornando alle censure concernenti precipuamente la norma finanziaria alla base della operazione di stabilizzazione del suddetto personale ASU, va altresì rilevato che l’art. 4, comma 1, in esame, non rimuove i vizi di illegittimità costituzionale del menzionato art. 36, comma 7, stante il contrasto con l’art. 38 del D.lgs. n. 118/2011, che, per tali fattispecie, stabilisce che l’onere annuale deve essere indicato a regime. Dunque, restano confermate anche le censure già dedotte nel precedente ricorso ex art. 127 Cost., concernenti la violazione dell’art. 117, secondo comma, lett. e), in materia di “armonizzazione dei bilanci pubblici” e, terzo comma, in materia di “coordinamento della finanza pubblica”.
Tutto ciò premesso, poiché si limita a modificare gli importi indicati al comma 7 del menzionato articolo 36 della L.R. n. 9/2021, senza intervenire sulle criticità dell’art. 36 della L.R. n. 9/2021, l’art. 4, comma 1, va censurato per i suddetti vizi di illegittimità costituzionale, i quali già inficiavano la norma che ha modificato.
Pertanto si ritiene che ricorrano i presupposti per l’impugnativa dell’art. 4, comma 1, innanzi la Corte costituzionale, ex art. 127 della Costituzione, per violazione del principio di equilibrio dei bilanci pubblici, di cui all’articolo 97, comma 1, della Costituzione, e di copertura finanziaria delle leggi di spesa, prescritto dall’articolo 81, terzo comma, della Costituzione, nonché per violazione, come norma interposta, dell’art. 38 del Decreto legislativo n. 118/2011, introdotto dal legislatore statale nell’esercizio delle competenze legislative ad esso riservate in materia di “armonizzazione dei bilanci pubblici” (articolo 117, comma 2, lettera e), della Costituzione) e “coordinamento della finanza pubblica” (articolo 117, terzo comma, della Costituzione), esulando altresì dalle competenze attribuite alla Regione dallo Statuto speciale (legge cost. n. 2 del 1948).
***
Articolo 14 -Interventi per favorire la sicurezza dei luoghi della cultura
Violazione degli artt. 81, 117, terzo comma, e 119 Cost – violazione dei principi fondamentali nella materia di coordinamento della finanza pubblica:
Con la norma in esame si autorizza, per l’esercizio finanziario 2021, un’ulteriore spesa per il trattamento accessorio del personale utilizzato per interventi di sicurezza e vigilanza nei luoghi della cultura. In particolare, la norma così recita: “1. Per il rilancio dell'economia della Sicilia mediante il ripristino dei flussi turistici post pandemia Covid, al fine di assicurare la fruizione dei luoghi della cultura, ai sensi dell’art. 9 , comma 7, lettera e) del CCRL vigente, è autorizzata per l'esercizio finanziario 2021 l'ulteriore spesa per il trattamento accessorio del personale a tempo indeterminato utilizzato per interventi di sicurezza e di vigilanza nei luoghi della cultura, pari a complessivi curo 1,061.600,00, di cui curo 193.600,00 quali oneri sociali a carico dell'amministrazione regionale ed euro 68.000,00 quale imposta regionale sulle attività produttive (l.R.A.P.) da versare (Missione 5. programma 2). 2. Agli oneri di cui al presente articolo si fa fronte mediante corrispondente riduzione della Missione 9, programma 5, capitolo 150032.”
Tale previsione normativa si pone in contrasto con il vincolo finanziario posto dall'art. 23, comma 2, del decreto legislativo 25 maggio 2017 n.75, ai sensi del quale a decorrere dal 1° gennaio 2017, l'ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, di ciascuna delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, non può superare il corrispondente importo determinato per l'anno 2016.
Va innanzitutto rammentato che la “riduzione del trattamento accessorio del personale, anche di livello dirigenziale” costituisce una delle condizioni contenute nel Piano di rientro, redatto a seguito dell'Accordo Stato-Regione sottoscritto in data 14 gennaio 2021 dai Presidente del Consiglio dei Ministri e dal Presidente della Regione Siciliana, ed allegato alla legge regionale n. 10/2021, concernente, l'approvazione del bilancio di previsione della Regione Siciliana per il triennio 2021-2023. Sul punto giova rammentare che il predetto intervento è stato adottato in attuazione del decreto legislativo 27 dicembre 2019 n. 158, recante “Norme di attuazione dello Statuto speciale della Regione Siciliana in materia di armonizzazione dei sistemi contabili, dei conti giudiziali e dei controlli” e, in particolare, dell'articolo 7, rubricato “Ripiano del disavanzo derivante dagli effetti del riaccertamento straordinario”, che prevede la possibilità di ripianare il disavanzo e le quote di disavanzo non recuperate, relative al rendiconto 2018, in un periodo non superiore a dieci esercizi finanziari. In particolare, al punto 6, lettera d), del Piano di rientro, viene declinata l'azione di “riduzione del trattamento accessorio del personale, anche di livello dirigenziale" che, nello specifico, richiama i punti d.2) e d.3) dell'Accordo, ovvero il contenimento dell'ammontare delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, nei limiti di quanto previsto per le Amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 23, comma 2, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, nonché una più efficace utilizzazione delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale, finalizzata al miglioramento qualitativo e quantitativo dei servizi erogati alla collettività. Quindi, riepilogando sinteticamente, la Regione Siciliana avrebbe assunto l'impegno di attuare azioni specifiche per garantire la riduzione e il contenimento della complessiva spesa per il personale, anche mediante la riduzione del trattamento accessorio del personale, impegnandosi a contenere le risorse destinate al salario accessorio, anche nel rispetto dei citati limiti previsti per le Amministrazioni pubbliche dall'articolo 23, comma 2, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n, 75.
Peraltro, la disposizione in esame si pone anche in contrasto con gli stessi provvedimenti posti in essere dalla medesima amministrazione regionale che, con Decreto del Direttore Generale del Dipartimento Regionale della Funzione Pubblica e del personale n. 1185 del 4 maggio 2021, ha approvato la costituzione del “Fondo risorse decentrate” per l'anno 2021, ex articolo 88 del CCRL del personale non dirigenziale del comparto - Triennio normativo ed economico 2016-2018, determinandone la provvista finanziaria in euro 50.139.230,00, rispetto ad una potenziale alimentazione lorda teorica del predetto fondo di euro 70.011.265,24 (nota esplicativa 3 maggio 2021 e allegato n. 2 al D.D.P. n. 1185 del 4 maggio 2021), con ciò applicando quanto disposto dal legislatore statale in materia di contenimento delle risorse destinate al trattamento accessorio del personale con il citato articolo 23, comma 2, del decreto legislativo n. 75/2017.
Ciò premesso, la norma in esame, prevedendo di destinare un maggiore importo per il trattamento accessorio del personale a tempo indeterminato utilizzato per interventi di sicurezza e di vigilanza nei luoghi della cultura, pari a complessivi euro 1.061600,00, oltre a costituire un’ingiustificata violazione del precetto normativo di cui al predetto articolo 23, comma 2, del d. lgs. n. 75/2017, pregiudicherebbe il raggiungimento dell'obiettivo di rientro previsto nel suddetto Piano, ponendosi in tal modo in contrasto con l'art. 117, terzo comma, Cost. in relazione all'articolo 7 del decreto legislativo 27 dicembre 2019 n. 158, quanto al coordinamento della finanza pubblica, oltre che con l'art. 81 Cost, per il tramite della violazione della legge 24 dicembre 2012, n. 243, recante “Disposizioni per l'attuazione del principio del pareggio di bilancio ai sensi dell'articolo 81, sesto comma, della Costituzione” e, in particolare, con l'articolo 9, rubricato "Equilibrio dei bilanci delle regioni e degli enti locali”.
Le disposizioni “ispirate alla finalità di contenimento della spesa pubblica, costituiscono principi fondamentali nella materia di coordinamento della finanza pubblica, in quanto pongono obiettivi di riequilibrio senza, peraltro, prevedere strumenti e modalità per il perseguimento dei medesimi”; ed invero "la spesa per il personale, per la sua importanza strategica ai fini dell'attuazione del patto di stabilità interna (data la sua rilevante entità), costituisce non già una minuta voce di dettaglio, ma un importante aggregato della spesa corrente, con la conseguenza che le disposizioni relative al suo contenimento assurgono a principio fondamentale della legislazione statale" (Corte Costituzionale n. 289 del 2013). “In proposito, la giurisprudenza costituzionale ha già avuto modo di qualificare l'art. 9, comma 1, del D.L n. 78 del 2010, conv., con modificazioni, dalla L. n. 122 del 2010, come principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica, vincolante anche per 1e Regioni a statuto speciale (sentenze n. 221 del 2013, n. 217 e n. 215 del 2012). Dal momento che tale disposizione fissa il livello massimo del trattamento economico complessivo dei singoli dipendenti delle Regioni e degli enti regionali, ancorandolo a quanto percepito nel 2010, essa produce l'effetto di predeterminare “l'entità complessiva degli esborsi a carico delle Regioni a titolo di trattamento economico del personale ... così da imporre un limite generale ad una rilevante voce del bilancio regionale” (così la sentenza n. 217 del 2012, che applica tale limite ad una Regione a statuto speciale). Un simile vincolo generale di spesa può essere legittimamente imposto con legge dello Stato a tutte le Regioni, comprese quelle ad autonomia differenziata, per ragioni di coordinamento finanziario, connesse ad obiettivi nazionali, a loro volta condizionati anche dagli obblighi comunitari" (Corte Costituzionale n. 269 del 2014).
Alla luce delle suesposte considerazioni, l'articolo 23, comma 2, del decreto legislativo n. 75/2017, che limita a decorrere dal 2017 l'ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente ai trattamento accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, di ciascuna delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del d.lgs. n. 165/2001, all'importo corrisposto per l'anno 2016, rappresenta espressione del principio di coordinamento della finanza pubblica, e norma interposta in relazione all'art. 117, comma 3, della Costituzione.
Inoltre, va rilevato che, qualora i maggiori oneri indicati nell'articolo 14 in esame si riferissero ad un aumento della retribuzione di posizione e di risultato del personale con qualifica dirigenziale, si produrrebbe un ulteriore vulnus atteso che “nei limiti tracciati dalle disposizioni imperative della legge (art. 2. commi 2, secondo periodo, e 3-bis del D.Lgs. n. 165 del 2001), il contratto collettivo si atteggia come imprescindibile fonte, che disciplina anche il trattamento economico (art. 2, comma 3, del D.Lgs. n. 165 del 2001) nelle sue componenti fondamentali ed accessorie (art. 45, comma 1, del D.Lgs. n. 165 del 2001), e "i diritti e gli obblighi direttamente pertinenti al rapporto di lavoro, nonché le materie relative alle relazioni sindacali" (art. 40, comma 1, primo periodo, del D.Lgs. n. 165 del 2001)” (Corte Costituzionale n. 178 del 2015). La norma si porrebbe allora in contrasto con l’art. 117, comma 2, lett. l), della Costituzione. Infine, si ricordano anche i consolidati indirizzi della Corte Costituzionale, richiamati nella recente sentenza n. 212/2021 che ha sancito l’illegittimità costituzionale dell’art. 3 della legge Toscana n. 69/2020, secondo i quali la fondatezza della questione deriva dal fatto che il ricordato art. 23, comma 2, del D. lgs. n. 75 / 2017, quale norma che pone un limite generale al trattamento economico del personale pubblico, va riconosciuto come principio di coordinamento della finanza pubblica, non derogabile dal legislatore regionale, poiché incide su un rilevante aggregato della spesa corrente, costituito da una delle due componenti della retribuzione dei pubblici dipendenti, con l'obiettivo di contenerla entro limiti prefissati, essendo tale spesa una delle più frequenti e rilevanti cause di disavanzo pubblico (in tal senso, sentenze n. 20/2021, n. 191/2017, n. 218/2015 e n. 215/2012).
Alla luce di quanto sopra illustrato, si ritiene che ricorrano i presupposti per l’impugnativa, davanti alla Corte costituzionale ex art. 127 della Costituzione, dell’art. 14 della legge in esame in quanto, violando i limiti di spesa fissati dall’art. 23, comma 2, del D. Lgs. n. 75/2017, si pone in contrasto con l'art. 117, terzo comma, della Costituzione, in materia di coordinamento della finanza pubblica, anche in relazione agli impegni di rientro dal disavanzo di cui all’ art. 7 del decreto legislativo 27 dicembre 2019 n. 158, con l'art. 81, sesto comma, della Costituzione, per il tramite della violazione della legge 24 dicembre 2012, n. 243 e con l’art. 119 della Costituzione, in materia di equilibrio dei bilanci delle Regioni, oltre che in violazione delle attribuzioni conferite alla Regione dal proprio Statuto speciale.
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