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La legge della Provincia di Trento n. 22 del 27 dicembre 2021 recante “ Legge di stabilità provinciale 2022” presenta profili di illegittimità costituzionale in relazione alla violazione di diverse disposizioni della Carta costituzionale ed eccede dalla competenza legislativa attribuita alla Provincia dallo Statuto speciale per il Trentino alto Adige (artt. 4 ed 8 del DPR n. 670/1971) e pertanto va impugnata ai sensi dell’art. 127 della Costituzione con rifermento particolare alle seguenti norme:
Articolo 16 – modifica dell’art. 31 della L.P. 7/2021 – proroga di graduatorie del personale provinciale. Violazione dei principi di uguaglianza, buon andamento e imparzialità della pubblica amministrazione di cui agli articoli 3 e 97 della Costituzione, e della competenza statale esclusiva in materia di ordinamento civile di cui all’'articolo 117, comma secondo, lettera l) nonché violazione dello Statuto speciale per il Trentino - Alto Adige (artt. 4 ed 8 del DPR n. 670/1971
La norma così dispone: "Nel comma 1 dell'articolo 31 della legge provinciale n. 7 del 2021 le parole: "sono prorogati al 30 giugno 2022" sono sostituite dalle seguenti: "e nel corso dell'anno 2022 sono prorogati al 31 marzo 2023". Ne consegue che, per effetto della novella, l'art. 31 della L.P. n. 7/2021, recante disposizioni in materia di "Proroga di graduatorie del personale provinciale", allo stato recita: “1. I termini di validità delle graduatorie per le assunzioni di personale provinciale a tempo indeterminato relative al comparto autonomie locali in scadenza entro il 31 dicembre 2021 e nel corso dell'anno 2022 sono prorogati al 31 marzo 2023”.
Al riguardo, non rinvenendosi il dies a quo di decorrenza delle graduatorie in parola, appare utile svolgere alcune considerazioni di carattere generale.
In tema di graduatorie è noto l'orientamento della Corte Costituzionale che riconduce la regolamentazione delle graduatorie, in quanto provvedimento conclusivo delle procedure concorsuali pubblicistiche per l'accesso all'impiego regionale, nell'ambito della competenza legislativa residuale in materia di ordinamento e organizzazione amministrativa delle Regioni di cui all'art. 117, quarto comma, Cost. (cfr. ex multis sentenze n. 58 del 2021, n. 273 del 2020, n. 126 del 2020, n. 241 del 2018, n. 191 del 2017 e n. 251 del 2016).
In particolare, nella recente citata sentenza n. 58/2021, la Corte Costituzionale è stata chiamata ad esprimersi sul ricorso proposto, in via cautelativa, dalla Regione Valle d'Aosta avverso le disposizioni di cui all'art. 1, commi 147 e 149, della L. 160/2019 che, rispettivamente, dispongono la proroga della validità temporale delle graduatorie in essere nelle pubbliche amministrazioni, a partire da quelle approvate dal 10 gennaio 2011, differenziata a seconda del termine di approvazione, condizionando, per quelle più risalenti, il reclutamento a ulteriori adempimenti procedurali, e la riduzione da tre a due anni della durata della validità, a regime, delle graduatorie, stabilita dall'art. 35, comma 5-ter, del d.lgs. n. 165 del 2001. Orbene la Corte ha ritenuto che le disposizioni statali impugnate non possono ritenersi applicabili nei confronti della Regione Valle d'Aosta in virtù della c.d. clausola di favore di cui all'art. 10 della L. Cost. n. 3/2001 che estende anche alle Autonomie la più ampia competenza legislativa residuale di cui all'art. 117, quarto comma, Cost. in materia di «ordinamento e organizzazione amministrativa regionale». Sulla base di tali presupposti, prosegue la Corte, «deve, pertanto, escludersi che le norme statali in esame, che dettano una disciplina puntuale del termine di validità delle graduatorie, riferendosi genericamente alle amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001, si applichino alla Regione autonoma Valled'Aosta/Vallée d'Aoste. Ne consegue che non si è determinata alcuna violazione della competenza regionale residuale, né del principio di leale collaborazione, non essendo le norme denunciate destinate a spiegare alcuna efficacia nel territorio regionale neppure quali norme recanti principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica. Ciò vale anzitutto in riferimento all'uso di graduatorie inerenti a procedure selettive pubbliche di personale sanitario, posto che il legislatore statale, non concorrendo «al finanziamento della spesa sanitaria, "neppure ha titolo per dettare norme di coordinamento finanziario" (sentenza n. 341 del 2009)» (sentenza n. 133 del 2010; nello stesso senso, successivamente, sentenze n. 115 e n. 187 del 2012 e n. 125 del 2015; nello stesso senso anche sentenza n. 241 del 2018). Ad analoga conclusione deve, in ogni caso, giungersi in riferimento a tutte le graduatorie che concludono concorsi pubblici.»
Sempre con riferimento specifico agli enti territoriali ad autonomia speciale, la Corte ha altresì affermato che, anche ove si volesse configurare la disciplina della validità delle graduatorie concorsuali come disciplina recante principi di coordinamento della finanza pubblica (“sebbene non più affiancata a misure di contenimento delle assunzioni”), essa non potrebbe imporsi se non nel rispetto del principio dell'accordo, inteso come vincolo di metodo (e non già di risultato) e declinato
nella forma della leale collaborazione. .
Sottolinea infine la Consulta che la disciplina delle graduatorie dettata dal legislatore regionale, nell'esercizio della propria competenza residuale, deve comunque avvenire nel rispetto dei canoni costituzionali del buon andamento e dell'imparzialità dell'amministrazione (artt. 3 e 97 Cost.), a tal fine garantendo il reclutamento imparziale degli idonei, nonché verificando la perdurante attitudine professionale degli stessi (cfr. anche sentenza n. 77/2020).
Acquisito l'orientamento della Corte, si ritiene tuttavia che la disciplina delle graduatorie andrebbe riguardata da una diversa prospettiva interpretativa, di tipo sistematico-evolutivo, che lasci cioè emergere le diverse declinazioni che i citati canoni costituzionali del buon andamento e dell'imparzialità dell'amministrazione possono assumere e, in conseguenza, le differenti possibili violazioni che, dall'accogliere questa o quella prospettiva ermeneutica, possono scaturire. Ciò al fine di evitare l'inosservanza dei menzionati canoni di cui agli artt. 3 e 97 Cost., giustappunto sotto altri, ma altrettanto rilevanti profili, tenuto altresì conto delle recenti novità in materia di mobilità introdotte all'interno del nostro ordinamento giuridico.
Al riguardo, una disciplina delle graduatorie non uniforme su tutto il territorio nazionale, poiché rimessa, sotto il profilo dei termini di durata e di validità, alla regolamentazione di ciascuna Regione, determina una frammentazione parimenti idonea a generare una disciplina differenziata in relazione a situazioni del tutto analoghe, senza fornire adeguata motivazione del diverso e più favorevole trattamento.
Peraltro, il personale reclutato dalle regioni assume a tutti gli effetti la qualifica di dipendente pubblico, potendo di fatto transitare anche nei ruoli di amministrazioni centrali, per cui, anche sotto
questo ulteriore profilo, non si comprende il motivo della disparità di trattamento che discenderebbe dal persistente orientamento che ammette criteri non uniformi sull'intero territorio nazionale.
A ciò si aggiunga che le modifiche in materia di mobilità del personale, introdotte dall'articolo 3 del decreto-legge n. 80 del 2021, convertito dalla legge n. 113 del 2021, hanno fatto venir meno l'obbligo del previo nulla osta dell'amministrazione di provenienza, rendendo omogenea la disciplina della mobilità per tutti i dipendenti pubblici, compresi i dipendenti regionali e degli enti locali. In tale contesto di riforma, le disposizioni statali sulla durata delle graduatorie concorsuali devono essere concepite e quindi applicate in termini uniformi sull'intero territorio nazionale, ponendosi nella prospettiva di una progressiva limitazione di operatività temporale delle graduatorie stesse. In caso contrario, l'ordinamento si troverebbe a fronteggiare il rischio che il personale di talune amministrazioni regionali possa essere surrettiziamente ammesso, per la peculiarità della disciplina ad esso applicabile, ai generali procedimenti, volontari o obbligatori, di mobilità verso le altre amministrazioni regionali o statali.
Tanto premesso, si ritiene che la fattispecie delle graduatorie concorsuali afferisca alla competenza esclusiva dello Stato in materia di “ordinamento civile” (articolo 117, secondo comma, lett. 1) della Costituzione, trattandosi di una fase prodromica e funzionale all'instaurazione del rapporto di lavoro, con tutto ciò che ne consegue in ordine alla lesione della predetta competenza legislativa statale esclusiva.
Ciò detto, con particolare riferimento alle previsioni statali in materia, si evidenzia che l’efficacia temporale delle graduatorie è sottoposta al regime di validità triennale sia ai sensi della formulazione dell'art. 35, comma 5 ter, d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, ante novella operata dall'articolo 1, comma 149, L. 27 dicembre 2019, n. 160, che dell'articolo 91 del TUEL che, nella sua formulazione vigente, ne prevede la validità triennale per gli Enti Locali.
Infatti, la modifica legislativa della validità biennale introdotta al citato articolo 35, comma 5 ter del T.U. del pubblico impiego, è entrata in vigore solamente il 1° gennaio 2020 (cfr. articolo 1, comma 149 della legge 27 dicembre 2019, n. 160 -Legge di bilancio per il 2020) e pertanto, in ogni caso, non può che valere per le graduatorie approvate da quella data escludendone ogni retroattività.
La legge 27 dicembre 2019, n. 160, infatti, ha modificato esclusivamente l'art. 35, d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, prevedendo la validità biennale delle graduatorie e mantenendo pertanto inalterata la formulazione dell'articolo 91 del TUEL dove al comma 4 è previsto che: “Per gli enti locali le graduatorie concorsuali rimangono efficaci per un termine di tre anni dalla data di pubblicazione”. Al riguardo, si segnala, altresì, il parere espresso dalla Corte dei Conti Sardegna Sez. giurisdiz., 21 aprile 2020, n. 85 che si è espressa per il favor della durata triennale per le graduatorie degli Enti locali per via della specialità della norma riferita a tale categoria di Enti ritenendo che: “L 'antinomia tra le due disposizioni normative in ordine ai termini di validità delle graduatorie concorsuali (l'art. 35, comma 5-ter, del TUPI -norma di carattere generale indirizzata a tutte le Amministrazioni indicate nell’art. 1, comma 2, delle “Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle Amministrazioni pubbliche “ -e l'art. 91, comma 4, del TUEL -norma di carattere speciale indirizzata alle Amministrazioni di cui all'art. 2, comma 1, del “Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali”) è risolta dal principio lex posterior generalis non derogat priori speciali. In altri termini, essendo il criterio cronologico recessivo rispetto a quello di specialità, la modifica della norma di carattere generale non produce effetto rispetto alla norma di carattere speciale, con la conseguenza che la legge di bilancio 2020 introduce un doppio binario in merito ai termini di scadenza delle graduatorie concorsuali: per le Amministrazioni statali di cui all'art. 1, comma 2, TUPI vale il disposto del citato art. 35 e l'efficacia sarà limitata a due anni (con decorrenza dall’approvazione della graduatoria), mentre per le Amministrazioni di cui all'art. 2, comma 1, TUEL permane il regime previsto del citato art. 91 e l'efficacia sarà di tre anni (con decorrenza dalla pubblicazione della graduatoria). "
Alla luce di quanto sopra si ritiene che ricorrano i presupposti per l’impugnativa, davanti alla Corte Costituzionale ex art. 127 della Costituzione, dell’art. 16 della legge in esame laddove, prevedendo la proroga al 31 marzo 2023 delle graduatorie per le assunzioni di personale provinciale a tempo indeterminato, relative al comparto autonomie locali, si pone in contrasto con i principi di uguaglianza, buon andamento e imparzialità della pubblica amministrazione di cui agli articoli 3 e 97 della Costituzione, nonché in contrasto con la riserva statale esclusiva in materia di ordinamento civile, nella quale rientra la disciplina del pubblico impiego, di cui all'articolo 117, comma secondo, lettera l), della Costituzione, nonchè esula dalle attribuzioni conferite alla Provincia dallo Statuto speciale della regione Trentino Alto Adige.
articolo 17, comma 1, lett. a) - Integrazioni dell'articolo 5-bis della legge provinciale 9 marzo 2016, n. 2 (legge provinciale di recepimento delle direttive europee in materia di contratti pubblici 2016). Violazione della competenza statale esclusiva in materia di ordinamento civile di cui all’'articolo 117, comma secondo, lettera l), nonché violazione dello Statuto speciale per il Trentino - Alto Adige (artt. 4 ed 8 del DPR n. 670/1971):
la norma, al comma 1, lett. a), prevede che la contrattazione collettiva provinciale possa individuare altre funzioni nell'ambito dei contratti pubblici per il cui svolgimento sono riconosciute retribuzioni incentivanti oltre a quelle elencate dalla già vigente legge provinciale (n. 2/2016, all'art. 5-bis "Incentivi per funzioni tecniche", comma 1). In tal caso, il contrasto si pone specialmente con l'art. 113, comma 3, d. lgs. 50/2016 “Codice dei contratti pubblici” che assegna alla contrattazione collettiva la determinazione delle modalità e dei criteri di riparto delle risorse disponibili e non già l'individuazione di attività/funzioni tecniche che diano diritto alla corrispondente remunerazione per il personale pubblico come, invece, prevede la norma provinciale.
Invero, solo la legge statale potrebbe intervenire in tal senso dato il carattere tassativo dell'elenco delle funzioni tecniche incentivabili di cui all'art. 113, comma 2 del d. lgs. 50/2016, ribadito dalla giurisprudenza contabile per il loro carattere derogatorio del principio di onnicornprensività del trattamento economico dei dipendenti pubblici ex art. 24, comma 3, d. lgs. 165/2001 e della perentoria struttura della retribuzione per gli stessi stabilita dai contratti collettivi, ex art. 45, comma 1, del medesimo d. lgs. 165/2001 (cfr. ex multis Corte Conti, sez. contr. Veneto, deliberazione n. 121/2020).
Peraltro, l’individuazione di ulteriori funzioni per il cui svolgimento sono riconosciute retribuzioni incentivanti in materia di contratti pubblici non è preclusa alla sola contrattazione collettiva ma alla stessa legge provinciale stante il carattere tassativo sopraillustrato, e va altresì rilevato che le disposizioni della normativa statale in materia di appalto si impongono anche alle Province autonome (art. 2, comma 3, d.lgs.50/2016).
A margine si osserva che la legge provinciale non appare coerente con la disciplina statale che individua in maniera tassativa le fattispecie che legittimano l’erogazione di incentivi per funzione tecniche al personale pubblico escludendo qualsiasi possibilità di intervento estensivo sia da parte di altro legislatore sia da parte della contrattazione collettiva.
Per i motivi sopra esposti si deve concludere che anche questa disposizione invade la sfera dell'ordinamento civile riservato alla legislazione esclusiva dello Stato all'art. 117, comma secondo, lett. l), Cost., discostandosi dalle norme che a tale ordinamento si riconducono nel caso di specie ed alle quali sono tenute ad adeguarsi anche le Province autonome in base alle specifiche disposizioni di legge e consolidato orientamento della Corte Costituzionale (cfr. in materia di pubblico impiego, art. 1, comma 3 del d. lgs. 165/2001 e Corte Cost. sent. n. 16/2020; in materia di contratti pubblici, art. 2, comma 3 del d. lgs. 50/2016 e Corte Cost. sent. n. 269/2014). Ciò, inoltre con la conseguente violazione dello Statuto speciale per il Trentino - Alto Adige (artt. 4 ed 8 del DPR n. 670/1971) laddove si stabilisce che la legislazione regionale e delle Province autonome deve svolgersi in armonia con la Costituzione, con i principi dell'ordinamento giuridico e con le norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica.
Alla luce di quanto sopra illustrato, si ritiene che ricorrano i presupposti per l’impugnativa, davanti alla Corte costituzionale ex art. 127 della Costituzione, degli artt. 16 e 17 della legge in esame.
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