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Disposizioni in materia di tagli colturali. Modifiche alla l.r. 39/2000. (28-12-2021)
Toscana
Legge n.52 del 28-12-2021
n.108 del 29-12-2021
Politiche infrastrutturali
24-2-2022 /
Impugnata
La legge regionale, che reca “Disposizioni in materia di tagli colturali. Modifiche alla l.r. 39/2000.”, presenta profili di illegittimità costituzionale, per le ragioni di seguito specificate, in relazione all’articolo 1, unica disposizione di cui si compone, per violazione degli articoli 9 e 117, primo comma della Costituzione, stante il contrasto con l’articolo 6 CEDU, dell’articolo 117, e secondo comma, lett. s), della Costituzione , in quanto in contrasto con gli articoli 136, 142, 146 e 149 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, nonché con le previsioni di cui all’articolo 7, comma 12, del decreto legislativo n. 34 del 2018 (Testo Unico in materia di foreste e filiere forestali), con gli articoli 135, 143 e 145 del Codice dei beni culturali e del paesaggio e con l'articolo 36, comma 3, del decreto-legge n. 77 del 2021 (Governance del Piano nazionale di rilancio e resilienza e prime misure di rafforzamento delle strutture amministrative e di accelerazione e snellimento delle procedure).
In particolare:
L’ambito materiale in cui interviene la legge regionale in esame è quello relativo al regime autorizzatorio necessario per interventi che consistono nel taglio colturale del bosco. La premessa da cui muove la legge regionale è rappresentata dalla esigenza di introdurre un chiarimento circa il regime autorizzatorio necessario per i casi di taglio colturale di boschi ricompresi in aree dichiarate di notevole interesse pubblico ai sensi dell’articolo 136 del d.lgs n. 42/2004.
A tal fine la norma regionale inserisce all'articolo 47-bis della legge regionale n. 39 del 2000 il seguente comma 4-bis: “Le disposizioni di cui al comma 4 si applicano anche agli interventi da eseguirsi nelle aree vincolate per il loro particolare valore paesaggistico ai sensi dell'articolo 136 del d.lgs. 42/2004, con la sola eccezione di quelle in cui la dichiarazione di notevole interesse pubblico riguardi in modo esclusivo i boschi.”. Il comma 4 ivi richiamato prevede che “I tagli colturali, comprese le opere connesse di cui all'articolo 49 per la cui esecuzione non sia necessario il rilascio di autorizzazione o concessione edilizia, si attuano nelle forme previste ed autorizzate dalla presente legge, costituiscono interventi inerenti esercizio di attività agro-silvo-pastorale e per essi non è richiesta, ai sensi dell'articolo 149 del d.lgs. 42/2004, l'autorizzazione di cui all'articolo 146 del citato decreto legislativo.”
In base a tale ultima disposizione, i tagli colturali che, sulla base delle caratteristiche individuate dalla norma, possono essere considerati alla stregua di comuni attività agro-silvo-pastorali non necessitano dell'autorizzazione paesaggistica. In via preliminare, è necessario evidenziare che il già vigente comma 4, ricomprendendo i tagli colturali tra gli interventi inerenti all'esercizio agro-silvo-pastorale ed escludendoli pertanto dall'obbligo di acquisizione dell'autorizzazione paesaggistica, sembra porsi in contrasto con l'articolo 149 del decreto legislativo n. 42 del 2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio). Infatti, l'articolo 149 del Codice, distingue gli interventi relativi all'attività agro-silvo-pastorale, esonerati ai sensi della lettera b) della disposizione in questione dall'autorizzazione paesaggistica, da altri interventi quali il taglio colturale, esclusi ai sensi della lettera c) dall'autorizzazione paesaggistica solo se eseguiti nei boschi e nelle foreste di cui all'articolo 142, comma 1, lettera g). Di conseguenza, se il taglio colturale è effettuato in boschi o foreste ricompresi nelle aree dichiarate di notevole interesse pubblico ai sensi dell'articolo 136 del Codice stesso, permane l'obbligo del rilascio dell'autorizzazione paesaggistica. Sembra palese che il legislatore nazionale ha inteso permettere l'esecuzione di alcune tipologie di taglio boschivo in aree sottoposte a vincolo paesaggistico senza l'autorizzazione paesaggistica limitatamente alle aree individuate ai sensi dell'articolo 142, comma 1, lettera g), ossia le aree soggette a vincolo in ragione di alcuni parametri di carattere generale (“i territori coperti da foreste e da boschi, ancorché percorsi o danneggiati dal fuoco, e quelli sottoposti a vincolo di rimboschimento, come definiti dall’articolo 2, commi 2 e 6, del decreto legislativo 18 maggio 2001,n. 221). Invece, rimangono escluse da questa possibilità, in quanto non previste tra le fattispecie di cui all'articolo 149, le aree sottoposte a vincolo in virtù di peculiari caratteristiche e del loro specifico valore, come tali individuate mediante un apposito provvedimento amministrativo, ai sensi dell'articolo 136 del citato Codice.
Il secondo considerato del preambolo della legge regionale recita: “Anche in seguito ad alcune criticità emerse recentemente sul territorio regionale, si rende opportuno un intervento normativo finalizzato a chiarire il regime applicativo delle autorizzazioni necessarie allo svolgimento delle predette attività con particolare riferimento agli interventi da eseguirsi nei boschi ricompresi nelle aree dichiarate di notevole interesse pubblico di cui all’art. 136 del d.lgs 42/2004”. E’ palese come l’intervento normativo sia diretto a superare le criticità emerse a seguito del parere del Consiglio di Stato n. 1233 del 2020, reso in sede di ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, con il quale è stato escluso che i piani antincendio boschivo, concernenti aree dichiarate di notevole interesse pubblico ai sensi dell’articolo 136 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, possano essere approvati senza il preventivo parere favorevole della Soprintendenza territorialmente competente. Il Consiglio di Stato ha infatti affermato: “l'errore interpretativo che inficia la posizione regionale consiste nell'aver esteso ai boschi e foreste sottoposti a vincolo provvedimentale (articolo 136 del d.lgs. n. 42 del 2004, già legge 29 giugno 1939, n. 1497, il regime (meno severo) previsto per i boschi e le foreste sottoposti a vincolo ex lege [articolo 142, comma 1, lettera g) del predetto d.lgs. n. 42 del 2004, già legge 8 agosto 1985, n. 431]”)”. Pertanto, come chiaramente affermato anche dal Consiglio di Stato, tale diverso regime deriva dalla distinzione tra i boschi e le foreste vincolati sulla base di un apposito provvedimento amministrativo, che ne abbia accertato il notevole interesse pubblico paesaggistico ai sensi dell'articolo 136 del Codice, e i boschi e le foreste vincolati indistintamente ex lege come categoria geografica, in base alla c.d. legge Galasso del 1985, poi trasfusa nell'articolo 142, comma 1, lettera g), del vigente Codice dei beni culturali e del paesaggio. Per la prima tipologia di boschi e foreste, sottoposti a vincolo provvedimentale, l'esclusione dell'autorizzazione paesaggistica preventiva per interventi inerenti all'esercizio dell'attività agro- silvo-pastorale è limitata ai soli interventi “minori” che non si traducono in taglio colturale, forestazione, riforestazione, opere di bonifica, antincendio e di conservazione. Questi ultimi interventi sono invece sottratti all'obbligo della previa autorizzazione paesaggistica solo ed esclusivamente se eseguiti nei boschi e nelle foreste di cui all'articolo 142, comma 1, lettera g), purché previsti ed autorizzati in base alla normativa in materia. Né può ritenersi, come espressamente escluso anche dal Consiglio di Stato, che le suddette disposizioni del Codice siano state in qualche misura modificate dal più recente Testo unico in materia di foreste e filiere forestali, di cui al decreto legislativo n. 34 del 2018 (cd. TUFF).
Infatti, l'articolo 7, comma 12, del citato Testo unico, prevede che le regioni e i competenti organi territoriali statali, mediante piani paesaggistici regionali o specifici accordi di collaborazione, stipulati ai sensi dell'articolo 15 della legge 7 agosto 1990, n. 241, concordino gli interventi previsti e autorizzati dalla normativa in materia, riguardanti le pratiche selvicolturali, la forestazione, la riforestazione, le opere di bonifica, antincendio e di conservazione, da eseguirsi nei boschi tutelati ai sensi dell'articolo 136 del Codice dei beni culturali e del paesaggio e ritenuti paesaggisticamente compatibili con i valori espressi nel provvedimento di vincolo. Pertanto, la Regione Toscana con la legge regionale in esame, invece di affrontare le criticità emerse sul territorio come dichiarato nel preambolo alla legge stessa, estende la fattispecie censurata in sede di ricorso straordinario, rendendola strutturale e contravvenendo così a quanto già puntualmente rilevato dal Consiglio di Stato.
Tutto ciò premesso, l’articolo unico della legge regionale risulta censurabile per le seguenti ragioni:
1. L’articolo 1 introduce nell’ordinamento regionale toscano un’ampia ipotesi di esenzione dall’ autorizzazione paesaggistica di quasi tutti gli interventi di taglio boschivo in aree tutelate con specifico vincolo paesaggistico individuato ai sensi degli artt. 136 e ss. Del dlgs.n.42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio), sebbene la competenza in materia spetti in via esclusiva al legislatore statale.
Le previsioni di cui agli articoli 136, 142, 146 e 149 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, costituiscono infatti norme interposte la cui violazione integra il contrasto con la potestà legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela del paesaggio di cui all'articolo 117, secondo comma, lett. s), Cost.. La stessa Corte Costituzionale ha in più occasioni affermato che la conservazione dell'ambiente e del paesaggio è materia di competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lett. s), Cost., non potendo il legislatore regionale introdurre deroghe agli istituti di protezione ambientale che dettano una disciplina uniforme, valevole in tutto il territorio nazionale, e in particolare non potendo disciplinare in modo difforme dalla legge statale i presupposti e il procedimento di rilascio dell'autorizzazione paesaggistica (così statuito nella recente pronuncia Corte cost., 22 luglio 2021, n. 160). Ad avviso della stessa Corte, infatti, “La procedura di autorizzazione paesaggistica disciplinata dalla normativa statale, non derogabile da parte delle Regione, è volta a stabilire proprio se un determinato intervento abbia o meno un impatto paesaggistico significativo” (Corte cost. n. 189 del 2016) e “[i]l principio di prevalenza della tutela paesaggistica deve essere declinato nel senso che al legislatore regionale è impedito [...] adottare normative che deroghino o contrastino con norme di tutela paesaggistica che pongono obblighi o divieti, ossia con previsioni di tutela in senso stretto” (sentenza n. 74 del 2021; nello stesso senso, anche sentenze n. 101, n. 54 e n. 29 del 2021). Per quanto concerne la nozione di bosco, con la sentenza n. 141 del 2021 la Corte costituzionale ha affermato che “Le regioni possono dunque intervenire sia sulla defìnizione di bosco sia su quelle di aree assimilate e di aree escluse, fermo restando che non possono in nessun caso ridurre il livello di tutela e conservazione assicurato dalla normativa statale sopra richiamata”.
2. Si evidenzia, inoltre, che la modifica normativa, introdotta unilateralmente dalla Regione, si pone in contrasto anche con quanto previsto dal Testo unico in materia di foreste e filiere forestali (d.lgs.n. 34 del 2018). Infatti, ai sensi dell’articolo 7, comma 12, del TUFF, gli interventi forestali ammessi all’interno di boschi sottoposti a vincoli ex articolo 136 del Codice vanno individuati esclusivamente nell'ambito della pianificazione paesaggistica oppure attraverso accordi tra la Regione e il Ministero della cultura, ai sensi della legge n. 241 del 1990, nel rispetto di specifiche linee guida stabilite a livello statale con decreto interministeriale. Si rappresenta in proposito che, nell’anno 2020, allo scopo di giungere all'accordo previsto dall'articolo 7, comma 12, del TUFF, è stato istituito uno specifico tavolo tecnico tra i rappresentanti regionali del Ministero della cultura e il settore forestazione della Regione Toscana, attualmente impegnato a valutare la possibilità di ricondurre alcuni interventi selvi-colturali previsti dalla legge regionale n. 39 del 2000 e dal Regolamento forestale, approvato con DPGR 48/R/2003, tra le semplificazioni o gli esoneri previsti dal d.P.R. n. 31 del 2017, benché eseguiti in aree dichiarate di notevole interesse pubblico ai sensi dell'articolo 136 del Codice. Anche con il parere de1 Consiglio di Stato n. 1233 del 2020 è stata ribadita l’esigenza di procedere con accordi tra il Ministero della cultura e Regione per l'individuazione di interventi forestali ritenuti compatibili con i dispositivi di vincolo. Infine, si segnala che nelle more dell'individuazione degli interventi forestali ritenuti compatibili con i dispositivi di vincolo ex articolo 136, il legislatore nazionale ha ammesso che possano essere ricondotti al procedimento di autorizzazione paesaggistica semplificata soltanto quelli espressamente previsti dal decreto-legge n. 77 del 2021, recante “Semplificazioni in materia di economia montana e forestale”, che all'articolo 36, comma 3, dispone quanto segue: “Sono soggetti al procedimento di autorizzazione paesaggistica semplificata di cui al decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 2017, n. 31, anche se interessano aree vincolate ai sensi dell'articolo 136 del decreto legislativo 22 gennaio 2004 n. 42, e nel rispetto di quanto previsto dal Piano Forestale di Indirizzo territoriale e dai Piani di Gestione Forestale o strumenti equivalenti di cui all'articolo 6 del testo unico di cui al decreto legislativo 3 aprile 2018, n. 34, ove adottati, i seguenti interventi ed opere di lieve entità:
a) interventi selvicolturali di prevenzione dei rischi secondo un piano di tagli dettagliato;
b) ricostituzione e restauro di aree forestali degradate o colpite da eventi climatici estremi attraverso interventi di riforestazione e sistemazione idraulica;
c) interventi di miglioramento delle caratteristiche di resistenza e resilienza ai cambiamenti climatici dei boschi.”.
La norma regionale in esame, pertanto, ponendosi in contrasto anche con la citate disposizione del il TUFF nonché con il descritto articolo 36, comma 3 del il decreto legge n. 77 del 2021, invade la potestà legislativa statale in materia di tutela del paesaggio e viene meno al principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni su cui è basata la co-pianificazione paesaggistica, espressamente posto in rilievo dal menzionato articolo 7, comma 12, del TUFF.
Il contrasto con i parametri interposti costituiti dall'articolo 7, comma 12, del TUFF, nonché con la disciplina della pianificazione paesaggistica contenuta agli articoli 135, 143 e 145 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, nonché dell'articolo 36, comma 3, del decreto legge n. 77 del 2021, integra la violazione, da parte della disposizione regionale in esame, dell'articolo 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione.
3 La norma regionale in esame, contrasta anche con l'articolo 9 della Costituzione, in base al quale il paesaggio costituisce valore costituzionale primario e assoluto (Corte cost. n. 378 del 2007) poiché la Regione, escludendo la necessità di autorizzazione paesaggistica per i tagli colturali e le opere connesse da eseguirsi nelle aree dichiarate di notevole interesse pubblico ai sensi dell'articolo 136 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, ha determinato l'abbassamento dei livelli di tutela posti a presidio dei beni paesaggistici.
4. Occorre, infine, dare atto di un ulteriore profilo di illegittimità costituzionale derivante dalla natura attribuita al parere del Consiglio di Stato in sede di ricorso straordinario e al conseguente decreto presidenziale.
Come affermato dalla giurisprudenza amministrativa di legittimità nel suo supremo consesso (Ad. Plen. nn. 9 e 10 del 2013), il parere del Consiglio di Stato in sede di ricorso straordinario, recepito dal decreto presidenziale che definisce il ricorso, produce l’effetto di giudicato e la relativa esecuzione è coercibile mediante il giudizio di ottemperanza, ai sensi dell’articolo 112, comma 1, lett. b), del Codice del processo amministrativo di cui al decreto legislativo n. 104 del 2010.
Ad avviso dell’Adunanza plenaria n. 9 del 2013, infatti, “Una volta acquisito che la paternità effettiva della decisione è da ricondurre all’apporto consultivo del Consiglio di Stato connotato da una suitas giurisdizionale e che, pertanto, il provvedimento finale è meramente dichiarativo di un giudizio formulato da un organo giurisdizionale in modo compiuto e definitivo, si deve convenire che l’atto finale della procedura è esercizio della giurisdizione nel contenuto espresso dal parere del Consiglio di Stato che, in posizione di terzietà e di indipendenza e nel rispetto delle regole del contraddittorio, opera una verifica di legittimità dell'atto impugnato (così Cass., Sez. Un., 19 dicembre 2012, n. 23464). In definitiva il decreto presidenziale che recepisce il parere, pur non essendo, in ragione della natura dell’organo e della forma dell’atto, un atto formalmente e soggettivamente giurisdizionale, è estrinsecazione sostanziale di funzione giurisdizionale che culmina in una decisione caratterizzata dal crisma dell’intangibilità, propria del giudicato, all’esito di una procedura in unico grado incardinata sulla base del consenso delle parti”.
Parimenti, l’Adunanza plenaria n. 10 del 2013, confermando il precedente arresto, ha così statuito in merito all’esecutività del decreto presidenziale: “La questione dell’ammissibilità del ricorso per ottemperanza dei decreti di accoglimento di ricorsi straordinari al Capo dello Stato, adottati a seguito del parere obbligatorio e vincolante del Consiglio di Stato, è stata già risolta in senso positivo sia dalla giurisprudenza della Corte di cassazione (per tutte SS.UU. n. 2065 del 28 gennaio 2011) sia dalla successiva giurisprudenza amministrativa recepita da questa Adunanza (vedi sentenza n. 18/2012 cit), che hanno fatto leva sul rammentato riconoscimento della natura intrinsecamente giurisdizionale di una procedura culminante in una decisione caratterizzata, nel regime generale di alternatività, dalla stabilità tipica del giudicato e, quindi, bisognosa di una tutela esecutiva pienamente satisfattoria. Tale indirizzo ha condivisibilmente affermato che il decreto presidenziale, divenuto definitivo, è assimilabile al giudicato amministrativo e, quindi, è suscettibile di ottemperanza sulla scorta dei lineamenti normativi enucleati dagli articoli 112 e seguenti del codice del processo amministrativo”.
Nel caso di specie, il sopra citato parere del Consiglio di Stato n. 1233 del 2020 doveva essere eseguito dalla Regione acquisendo l’autorizzazione paesaggistica in relazione al piano antincendio boschivo.
Diversamente, la Regione non solo non si è conformata a tale parere, venendo meno alla prescritta acquisizione dell’autorizzazione paesaggistica, ma è intervenuta normativamente adottando la disposizione censurata, allo scopo concreto di paralizzare l’esecuzione del giudicato formatosi sul predetto parere.
Pertanto, la disposizione regionale si pone altresì in contrasto con l’articolo 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU), posto a presidio del diritto al processo che ricomprende anche il diritto all’esecuzione del giudicato, come confermato da consolidata giurisprudenza (vedasi, a titolo esemplificativo, l’ordinanza del Consiglio di Stato 11 settembre 2013, n. 4499).
La previsione normativa censurata si pone quindi in contrasto con l’articolo 117, primo comma, della Costituzione per violazione del parametro interposto costituito dall’articolo 6 CEDU, secondo gli orientamenti seguiti dalla costante giurisprudenza costituzionale in tema di efficacia delle norme della CEDU sin dalle sentenze n. 349 e n. 348 del 2007 (sistematicamente confermate dalla giurisprudenza successiva quale, ex multiis, Corte cost. n. 308 del 2013).
Per tutte le ragioni sopra esposte, la disposizione regionale contenuta nell’articolo unico della legge regionale deve essere impugnata ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione.
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