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Interventi per la formazione degli operatori di discipline bio-naturali. (6-10-2006)
Veneto
Legge n.19 del 6-10-2006
n.88 del 10-10-2006
Politiche socio sanitarie e culturali
23-11-2006 /
Impugnata
La legge regionale in esame, che regolamenta "gli interventi per la formazione degli operatori di discipline bio-naturali", pur omettendo di individuare esplicitamente le attività che di fatto intende regolametare e riconoscere, eccede i limiti della competenza regionale previsti dall' art. 117, comma 3, Cost., nella materia concorrente delle professioni. Ricorrono, infatti, i profili di illegittimità costituzionale già rilevati dalla Suprema Corte nelle sentenze n. 40/2006 e n. 424/2005 con riferimento ad analoghe leggi della Regione Piemonte (l.r. n. 13/2004) e della Regione Liguria (l.r. n. 18/2004).
Le censure si rivolgono in particolare:
-all'art. 1 comma 3, che prevede la definizione di un elenco delle discipline bio-naturali;
- all'art. 1 comma 4, che definisce l'operatore in discipline bio-naturali come colui che "opera per la piena e consapevole assunzione di responsabilità di ciascun individuo in relazione al proprio stile di vita e per stimolare le risorse vitali della persona";
-all'art. 3, comma 1, che istituisce un Comitato di coordinamento regionale per le discipline bio-naturali, cui compete, fra l'altro, la valutazione delle discipline bio-naturali emergenti da inserire nell'elenco di cui all'art. 1 comma 3.
Così disponendo, alla stregua di quanto più volte affermato dalla Corte Costituzionale in materia di professioni (cfr. sentt. nn. 353/2003, 319, 355, 405 e 424/2005, nonché 40 e 153/2006), le suddette previsioni si pongono in contrasto con il principio fondamentale secondo cui l'individuazione delle figure professionali, con i relativi profili, ordinamenti didattici e titoli abilitanti, così come l'istituzione di nuovi albi, ordini o registri, sono attività riservate allo Stato, residuando alle Regioni la disciplina di quegli aspetti che presentano uno specifico collegamento con la realtà territoriale (tale giurisprudenza è stata, peraltro, recepita nel d.lgs. n. 30/2006 che ha provveduto alla ricognizione dei principi fondamentali in materia di professioni).
A ciò si aggunga che non vale a superare la presunta illegittimità della legge in esame il fatto che in essa venga esplicitamente specificato che le discipline bio-naturali non sono riconducibili alle "attività di prevenzione, cura e riabilitazione della salute fisica e psichica della popolazione fisica della popolazione erogate dal servizio sanitario nazionale" e che l'operatore in tali discipline "non prescrive farmaci e non utilizza metodiche specifiche della professione dello psicologo". La legge infatti utilizza espressioni così ampie che potrebbe addirittura far ricadere nel proprio ambito attività curative per le quali non sussiste alcuna evidenza scientifica né alcun riscontro pratico tratto dall'esperienza, che garantiscono la loro efficacia e la loro non lesività per la salute (si pensi ad es., a pratiche come pranoterapia, o la riflessologia). Ci si riferisce, in particolare, all'art. 1, comma 4, secondo cui l'operatore delle discipline bio-naturali può utilizzare "metodi ed elementi naturali la cui efficacia sia stata verificata": l'espressione "elementi naturali" risulta talmente vaga da poter essere riferita a qualunque materia o sostanza rinvenibile in natura, mentre la successiva specificazione inerente alla verifica dell'efficacia, rulta priva di elementi utili a comprendere in cosa effettivamente tale verifica consista.
Si tratta di vere e proprie norme in bianco, suscettibili di applicazioni e interpretazioni estensive, non ammissibili in materia delicata come quella della salute dell'individuo, per la quale il principio di prevenzione non può essere ignorato.
Per completezza espositiva, va segnalato che l'art. 1, comma 2, della recente legge n. 43/2006, sancisce la competenza delle regioni ad individuare e formare profili di operatori di interesse sanitario non riconducibili alle professioni sanitarie. Si ritiene tuttavia, che gli operatori in discipline bio-naturali non possano rientrare nella previsione di cui all'art. 1 della legge sopra citata, in quanto gli operatori di cui alla legge in esame non si limiterebbero a porre in essere attività di carattere ausiliario rispetto a quelle dei professionisti sanitari, ma praticherebbero, direttamente e con una certa autonomia, attività di carattere curativo aventi a che fare con la tutela della salute.
Considerato, infine, che le restanti disposizioni della legge regionale in esame (art. 2 e 4: disciplina dei corsi di formazione; art. 5: istituzione del registro regionale degli operatori in discipline bio-naturali; art. 6, promozione di intese interregionali; art. 7: previsioni finali e transitorie finalizzate all'applicazione iniziale della legge) si pongono in inscindibile connessione con quelle specificamente censurate perché palesemente funzionali al raggiungimento dello scopo della legge stessa, si ritiene che l'illegittimità costituzionale debba estendersi, in via consequenziale, anche a tali disposizioni, ai sensi dell'art. 27 della legge n. 87/1953.
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