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Modificazioni alla legge regionale 24 dicembre 2018, n. 12 (Legge di stabilità regionale per il triennio 2019/2021), e altre disposizioni urgenti. (27-3-2019)
Valle Aosta
Legge n.1 del 27-3-2019
n.15 del 2-4-2019
Politiche economiche e finanziarie
30-5-2019 /
Impugnata
La Legge regionale Valle d'Aosta, legge regionale 27 marzo 2019, n. 1, recante "Modificazioni alla legge regionale 24 dicembre 2018, n. 12 (legge di stabilità regionale per il triennio 2018/2021), e altre disposizioni urgenti" presenta profili illegittimi per gli aspetti di seguito evidenziati:
L'articolo 1, comma 4, nell’inserire il comma 5-bis all'articolo 6 della L.R. n. 12/2018, attribuisce agli enti locali la facoltà, per il 2019, di avvalersi di personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero contratti di collaborazione coordinata e continuativa, nel limite del 70% della media della spesa sostenuta nel triennio 2007-2009 per le medesime finalità.
Ai sensi del combinato disposto di cui agli articoli 5, comma 1, lett. a) e 22, comma 8, del D.lgs. 75/2017, che hanno introdotto il comma 5-bis all'articolo 7, del D.lgs. 165/2001, è stato fatto divieto alle amministrazioni pubbliche di stipulare i contratti di collaborazione coordinata e continuativa, a decorrere dal 1 luglio 2019.
La disposizione non è in linea inoltre con la disciplina posta dall'articolo 7, comma 6, del d. lgs. n. 165/2001, che, anche dopo la modifica ex articolo 1, comma 147, della legge n. 228/2012, vincola la possibilità per la Pubblica Amministrazione di ricorrere ai contratti di collaborazione, e ciò al fine di scongiurare alla radice il rischio di abusi delle collaborazioni esterne pur in presenza di un elevato numero di dipendenti pubblici (cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 43/2016).
La disposizione regionale, pertanto, contrasta con la riserva esclusiva posta a favore del legislatore statale, dall'articolo 117, secondo comma, lett. l) della Costituzione in materia di ordinamento civile.
Né sono invocabili la potestà legislativa regionale sull'ordinamento degli uffici e degli enti dipendenti dalla Regione (articolo 2, Statuto speciale) o quella di integrare e attuare le leggi della Repubblica (successivo articolo 3).
Ed in effetti - sebbene risulti che il Tribunale Ordinario di Aosta con sentenza dell'11 settembre 2005 avesse desunto la competenza regionale in materia di personale degli enti locali sia dal citato articolo 2, sia dalla riserva di cui dall'articolo 73 del d. lgs. n. 29/93 (ora articolo 70, comma 1, del d.lgs. n. 165/2001 cit.) sulla "privatizzazione del pubblico impiego" - la Corte costituzionale, con sentenza n. 95 del 21 marzo 2007, ha ritenuto che il rapporto di impiego alle dipendenze di Regioni ed enti locali, in quanto privatizzato ai sensi dell'articolo 2 del d.lgs. n. 165 del 2001, sia ora retto dalla disciplina generale dei rapporti di lavoro. Ne consegue, ad avviso della Corte, che la legge statale, in tutti i casi in cui intervenga a conformare gli istituti del rapporto di impiego attraverso norme che si impongono all'autonomia privata con il carattere dell'inderogabilità, costituisce un limite gravante anche sui rapporti di impiego dei dipendenti delle Regioni a statuto speciale e, dunque, sulla relativa competenza residuale regionale in materia, e ciò per "l'esigenza, connessa al principio costituzionale di eguaglianza, di garantire l'uniformità nel territorio nazionale delle regole fondamentali di diritto che disciplinano i rapporti fra privati" (sentenze n. 234 e 106 del 2005; n. 282 del 2004).
Inoltre, l'art. 9, comma 28 del DL 78/2010 prevede in generale un limite del 50 % della spesa sostenuta per le stesse finalità nel 2009 e all'ultimo capoverso, solo per le amministrazioni che nel 2009 non hanno sostenuto spese per le finalità previste ai sensi del presente comma, consente di computare il limite in parola (del 50%) con riferimento alla media sostenuta per le stesse finalità nel triennio 2007-2009.
Al riguardo, da un'interrogazione dei dati relativi al costo per lavoro flessibile sostenuto dalla regione Valle D'Aosta nel 2009, non risulta che la stessa ricada nella possibilità prevista dall'ultimo capoverso dell'art. 9, comma 28 del DL 78/2010, dal momento che ha sostenuto tali tipologie di spesa. L'applicazione della disposizione regionale in esame comporterebbe maggiori oneri dato che, dai calcoli effettuati sui dati estrapolati dal conto annuale, il 70% della media della spesa sostenuta nel triennio 2007/2009 risulta maggiore rispetto al 50 % della spesa sostenuta per le stesse finalità nel 2009.
Premesso quanto sopra le disposizioni di cui all'art. 9, comma 28 del DL 78/2010 costituiscono principi generali ai fini del coordinamento della finanza pubblica e per il contenimento della spesa pubblica, cui la Regione, pur nel rispetto della sua autonomia, non può derogare.
Ciò posto, si ritiene che la disposizione regionale in esame si ponga anche in contrasto con la potestà legislativa statale in materia di coordinamento della finanza pubblica di cui all'art. 117, terzo comma, della Costituzione.
Quanto sopra nonostante per una fattispecie analoga a quella prevista dalla disposizione in esame, il Giudice delle leggi, con sentenza n. 260/2013, ha ritenuto che la Regione Valle d'Aosta non possa essere assoggettata ai principi ed ai vincoli di coordinamento della finanza pubblica di cui all’art. 9, comma 28, del D.L. n. 78 del 2010, convertito nella L. n. 122/2010, senza la previa osservanza del principio dell'accordo sulle modalità di partecipazione regionale alle relative misure di coordinamento.
L'articolo 2 della legge in parola dispone modificazioni all'articolo 5-bis della legge regionale 22 dicembre 2017, n. 21, in materia di procedure selettive interne, prevedendo, in particolare, la sostituzione - nella rubrica e nel comma 1 dello stesso articolo 5-bis, delle parole "per il triennio 2018/2020" con le seguenti: "per il triennio 2019/2021".
Tale modifica ha l'effetto di determinare la proroga di un anno della disciplina relativa alle progressioni verticali prevista dall'articolo 22, comma 15, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, che prevede che "Per il triennio 2018-2020, le pubbliche amministrazioni, al fine di valorizzare le professionalità interne, possono attivare, nei limiti delle vigenti facoltà assunzionali, procedure selettive per la progressione tra le aree riservate al personale di ruolo, fermo restando il possesso dei titoli di studio richiesti per l'accesso dall'esterno. Il numero di posti per tali procedure selettive riservate non può superare il 20 per cento di quelli previsti nei piani dei fabbisogni come nuove assunzioni consentite per la relativa area o categoria. In ogni caso, l'attivazione di dette procedure selettive riservate determina, in relazione al numero di posti individuati, la corrispondente riduzione della percentuale di riserva di posti destinata al personale interno, utilizzabile da ogni amministrazione ai fini delle progressioni tra le aree di cui all'articolo 52 del decreto legislativo n. 165 del 2001. Tali procedure selettive prevedono prove volte ad accertare la capacità dei candidati di utilizzare e applicare nozioni teoriche per la soluzione di problemi specifici e casi concreti. La valutazione positiva conseguita dal dipendente per almeno tre anni, l'attività svolta e i risultati conseguiti, nonché l'eventuale superamento di precedenti procedure selettive, costituiscono titoli rilevanti ai fini dell'attribuzione dei posti riservati per l'accesso all'area superiore".
Il sopra riportato articolo 22, comma 15, introduce una particolare ipotesi di progressione verticale (per un tempo delimitato: il triennio 2018/2020), che costituisce una deroga rispetto alla disciplina ordinaria prevista dall'articolo 52, comma 1- bis, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, secondo il quale: "( ... ) Le progressioni fra le aree avvengono tramite concorso pubblico, ferma restando la possibilità per l'amministrazione di destinare al personale interno, in possesso dei titoli di studio richiesti per l'accesso dall'esterno, una riserva di posti comunque non superiore al 50 per cento di quelli messi a concorso. La valutazione positiva conseguita dal dipendente per almeno tre anni costituisce titolo rilevante ai fini della progressione economica e dell'attribuzione dei posti riservati nei concorsi per l'accesso all'area superiore".
In sintesi, "l'art. 22 (rubricato: Disposizioni di coordinamento e transitorie), comma 15 del decreto di riforma del pubblico impiego (Decreto Madia) reintroduce, in buona sostanza, ancorché per un periodo limitato, le progressioni verticali, attraverso la previsione di concorsi interamente riservati al personale interno, così come previsto dalla previgente normativa (ante Riforma Brunetta,), piuttosto che mediante riserva di posti in concorsi pubblici" (cfr. Corte Conti, Sez, contr., delib. 23 marzo 2018, n. 42).
Orbene, la giurisprudenza costituzionale è costante nell'affermare che, in materia di pubblico impiego, "gli interventi legislativi che ( ... ) dettano misure relative a rapporti lavorativi già in essere" devono essere ricondotti alla competenza esclusiva statale in materia di ordinamento civile.
Nel caso di specie, l'articolo 2 della legge regionale in oggetto contiene un'estensione dell'efficacia temporale della disciplina contenuta nell'articolo 22, comma 15, del decreto legislativo n. 75 del 2017, incompatibile con l'articolo 117, secondo comma, lettera l) della Costituzione, dal momento che prevede, per l'anno 2021, una disciplina delle progressioni di carriera del personale dipendente (nella specie, le c.d. progressioni verticali tra le aree mediante concorsi interamente riservati) difformi da quelle previste dal legislatore nazionale.
Inoltre la disposizione in esame, nel contemplare un'ultrattività, per il solo territorio regionale, della disciplina derogatoria delle previsioni di cui all'articolo 52, comma 1 - bis, del decreto legislativo n. 165 del 2001, contenuta nell'articolo 22, comma 15, del decreto legislativo n. 75 del 2017 finisce per introdurre una disciplina di favore per il personale della sola regione Valle d'Aosta, incompatibile sia con l'articolo 3 della Costituzione, sia con gli articoli 51, primo comma, e 97, quarto comma, della Carta fondamentale.
Infatti, poiché la disciplina speciale contenuta nel prefato articolo 22, comma 15, nel perseguire l'obbiettivo di valorizzare le professionalità interne alle pubbliche amministrazione, realizza (sia in ragione della sua temporaneità, sia in considerazione del numero limitato di posti destinato ai concorsi cd. riservati) un ragionevole bilanciamento tra i principi di uguaglianza di cui all'articolo 3 della Costituzione, quello secondo cui "tutti i cittadini dell'uno o dell'altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge" di cui all'articolo 51, primo comma, della Costituzione e quelli di buon andamento ed imparzialità della pubblica amministrazione e di accesso al pubblico impiego mediante concorso di cui all'articolo 97 della Costituzione, non sembra possibile dubitare del fatto che esso debba essere qualificato come "principio dell'ordinamento giuridico della Repubblica" cui deve uniformarsi la Regione nell'esercizio della potestà legislativa nelle materie di cui all'articolo 2 della legge costituzionale n. 4 del 1948.
Sebbene in passato il giudice delle leggi "abbia ritenuto ammissibili procedure integralmente riservate (così sentenze n. 228 del 1997, n. 477 del 1995 e ordinanza n. 517 del 2002), comunque sempre in considerazione della specificità delle fattispecie che di volta in volta venivano in rilievo (ed esigendo, inoltre, che le stesse fossero coerenti con il principio del buon andamento dell'amministrazione), la più recente giurisprudenza costituzionale ha sottolineato come sia necessario, affinché «sia assicurata la generalità della regola del concorso pubblico disposta dall'art. 97 Cost.», che «l'area delle eccezioni» alla regola sancita dal suo primo comma sia «delimitata in modo rigoroso» (così la sentenza n. 363 del 2006; nonché, più di recente, la sentenza n. 215 del 2009)" (cfr. Corte costituzionale, 17 marzo 2010, n. 100).
Per quanto precede, le disposizioni regionali contenute all’articolo 1, comma 4 ed all’articolo 2, oltre ai parametri costituzionali citati, eccedono dalla competenza legislativa esclusiva della Regione di cui all’articolo 2 dello Statuto della Valle d’Aosta (Legge Costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4).
La legge regionale in esame deve pertanto essere impugnata ex art. 127 della Costituzione.
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