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La legge regionale in oggetto reca una norma di interpretazione autentica della lettera d) del comma 2 dell'articolo 29 della legge regionale 17 agosto 2006, n. 25 (Disposizioni sull'autonomia del Consiglio regionale Assemblea Legislativa della Liguria), presenta profili di incostituzionalità in relazione agli aspetti che di seguito vengono evidenziati.
L’art. 1 della legge regionale 19 aprile 2019, n. 5 dispone quanto segue:
“1. Alla lettera d) del comma 2 dell'articolo 29 della legge regionale 17 agosto 2006, n. 25 (Disposizioni sull'autonomia del Consiglio regionale Assemblea Legislativa della Liguria) e successive modificazioni e integrazioni, le parole: "sino alla data di entrata in vigore dell'apposito accordo collettivo nazionale quadro relativo alla costituzione del profilo professionale del personale addetto alle attività di informazione e comunicazione delle pubbliche amministrazioni" si interpretano nel senso che l'accordo collettivo nazionale quadro è quello definito a seguito dell'apposita sequenza contrattuale di cui alla dichiarazione congiunta n. 8 al contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL) funzioni locali del 21 maggio 2018.”
Tale norma individua l’accordo collettivo nazionale quadro del profilo professionale del personale addetto alle attività di informazione e comunicazione delle pubbliche amministrazioni in quello definito a seguito di apposita sequenza contrattuale come descritto nella dichiarazione congiunta n. 8 del Contratto collettivo nazionale Funzioni locali del 21 maggio 2018.
Al riguardo si deve preliminarmente evidenziare che il contenuto della norma in esame è in parte riproposto a seguito dei rilievi di illegittimità costituzionale sollevati alla precedente previsione normativa di cui all'articolo 30 della l.r. N.29/2018, successivamente abrogato dall'articolo 1, comma 1 l.r. n. 4/2019. Il citato articolo 30, comma 1, prevedeva una norma di interpretazione autentica di contenuto identico a quella in oggetto, a cui tuttavia si aggiungeva un secondo periodo che costituiva il più puntuale oggetto di contestazione (“Rimane comunque ferma l'applicazione dei "profili professionali dei giornalisti previsti dal vigente contratto collettivo nazionale di lavoro dei giornalisti, nonché l'equivalente economico previsto dal medesimo contratto collettivo nazionale di lavoro dei giornalisti per i relativi profili nei confronti del personale assunto con contratto a tempo determinato anteriormente alla data del 21 maggio 2018.”).
La disposizione veniva in quella sede censurata a causa del suo contenuto di carattere innovativo piuttosto che di interpretazione autentica rispetto all’art. 29 comma 2, lettera d) della L.R. n. 25/2006, oltre che per il fatto che finiva per “cristallizzare il trattamento economico e giuridico applicabile al personale assunto in data anteriore al 21 maggio 2018”. In tal senso si richiamava la giurisprudenza della Corte Costituzionale per chiarire come “il rapporto di impiego alle dipendenze di Regioni ed Enti locali, essendo stato privatizzato in virtù dell’art. 2 della legge n. 421 del 1992, dell’articolo 11 co. 4 della l. n. 59 del 1997, e dei decreti legislativi emanati in attuazione di quelle leggi delega, è retto dalla disciplina generale dei rapporti di lavoro tra privati ed è, perciò, soggetto alle regole che garantiscono l’uniformità di tale tipo di rapporti” (così le sentenze n. 234 e 106 del 2005; n. 282 del 2004). Inoltre si indicava il principio della regolazione mediante contratti collettivi del trattamento economico dei dipendenti pubblici sancito dalla l. n. 421 del 1992 (sentenze n. 308/2006 e 314/2003).
Dalle riferite premesse si deduceva il contrasto del primo comma dell’art. 30 della L.R. n. 29 del 27 dicembre 2018 con gli artt. 3 e 117, co. 2, lett. l) della Costituzione dal momento che per il personale assunto entro il 21 maggio 2018 provvedeva a specificare il trattamento economico, sottraendo la materia alla contrattazione collettiva e affidandola all’intervento del legislatore, così operando un’impropria azione di supplenza nei confronti della fonte cui l’ordinamento affidava la regolamentazione del trattamento economico di quella particolare categoria di lavoratori, che appunto non avrebbe dovuto essere affidata ad una legge regionale.
Tale disposizione è stata impugnata nella riunione del Consiglio dei Ministri del 27 febbraio 2019.
Ciò premesso, il contenuto della disposizione di cui all’art. 1 della legge regionale 19 aprile 2019, n. 5 ripropone parte del testo del primo comma dell’art. 30 della legge regionale del 27 dicembre 2018, n. 29 cui erano stati mossi rilievi di legittimità costituzionale.
La norma in oggetto nella sua attuale formulazione, presenta profili di illegittimità costituzionale.
L'articolo 1 della legge regionale in oggetto reca una norma di interpretazione autentica dell'articolo 29, comma 2, lett. d) della legge regionale n. 25 del 2006 ("Sino alla data di entrata in vigore dell'apposito accordo collettivo nazionale quadro relativo alla costituzione del profilo professionale del personale addetto alle attività di informazione e comunicazione delle pubbliche amministrazioni al personale dell'ufficio stampa di cui all'articolo 15 si attribuiscono i profili professionali dei giornalisti previsti dal vigente contratto collettivo nazionale di lavoro dei giornalisti, nonché l'equivalente economico previsto dal medesimo contratto collettivo nazionale di lavoro dei giornalisti per i relativi profili"), stabilendo che detta disposizione si interpreta " nel senso che l'accordo collettivo nazionale quadro è quello definito a seguito dell'apposita sequenza contrattuale di cui alla dichiarazione congiunta n. 8 al CCNL funzioni locali del 21 maggio 2018".
Nella dichiarazione congiunta n. 8 al CCNL funzioni locali, richiamata ob relationem dalla disposizione regionale in parola, si legge quanto segue: "Con riferimento all'art. 18-bis (Istituzione di nuovi profili per le attività di comunicazione e informazione), le parti del presente contratto, con l'intervento della FNSI ai fini di quanto previsto dall'articolo 9, comma 5, della legge 7 giugno 2000, n. 150, convengono sull'opportunità di definire, in un'apposita sequenza contrattuale, una specifica regolazione di raccordo, anche ai sensi dell'art. 2, comma 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, che provveda a disciplinare l'applicazione della citata disposizione contrattuale nei confronti del personale al quale, in forza di specifiche, vigenti norme di legge regionale in materia, sia stata applicata una diversa disciplina contrattuale nazionale, seppure in via transitoria, in tale sede, saranno affrontate le questioni relative alla flessibilità dell'orario di lavoro, all'autonomia professionale, alla previdenza complementare, all'adesione alle casse previdenziali e di assistenza dei giornalisti. Le parti si danno inoltre reciprocamente atto che, in sede di Commissione di cui all'art. 11, i profili di cui all'art. 18-bis saranno oggetto di ulteriore approfondimento finalizzato ad una eventuale revisione o specificazione del loro contenuto professionale".
Tanto premesso, va rilevato che l'articolo 29, comma 2, lett. d) della legge regionale n. 25 del 2006 individua il limite temporale di applicazione del contratto collettivo nazionale di lavoro dei giornalisti nell'entrata in vigore "( ... ) dell'apposito accordo collettivo nazionale quattro relativo alla costituzione del profilo professionale del personale addetto alle attività di informazione e comunicazione delle pubbliche amministrazioni al personale dell'Ufficio stampa (...)”.
Al contrario, la legge regionale in esame, stabilendo che "(...) l'accordo collettivo nazionale quadro è quello definito a seguito dell'apposita sequenza contrattuale di cui alla dichiarazione congiunta n. 8 al CCNL funzioni locali ( ... )" sembrerebbe escludere l'immediata applicazione del contratto collettivo enti locali sottoscritto in data 21 maggio 2018, che all'articolo 18 bis prevede l'istituzione e la disciplina dei nuovi profili professionali per le attività di comunicazione e informazione delle pubbliche amministrazioni.
In altri termini, la norma regionale in esame ancorché non contenga, diversamente dalla legge regionale n. 20 del 2018, una disciplina specifica relativamente al trattamento economico e giuridico del profilo professionale del personale addetto alle attività di informazione e comunicazione delle pubbliche amministrazioni, appare tuttavia avere un contenuto non limitato a una mera funzione interpretativa dell'articolo 29, comma 2, lett. d), della legge regionale n. 25 del 2006, ma diretto ad innovarne il contenuto precettivo, posticipando l'applicazione delle previsioni del CCNL Funzioni locali.
Ne deriva che l'articolo 1 della legge regionale si pone in contrasto con il principio generale che riserva alla contrattazione collettiva il trattamento economico dei dipendenti pubblici, nonché con la previsione dell'art. 9, comma 5, della legge 7 giugno 2000, n. 150 (Disciplina delle attività di informazione e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni) - citata dalla stessa norma regionale - che demanda alla contrattazione collettiva l'individuazione e regolamentazione, nell'ambito di una speciale area di contrattazione, dei profili professionali del personale addetto agli uffici stampa delle pubbliche amministrazioni.
Al riguardo la costante giurisprudenza della Corte Costituzionale ha rilevato che "la disciplina del rapporto di impiego alle dipendenze della Regione e i profili relativi al trattamento economico del personale pubblico privatizzato vengono ricondotti alla materia dell'ordinamento civile, di competenza esclusiva del legislatore nazionale, che in tale materia fissa principi che "costituiscono tipici limiti di diritto privato, fondati sull'esigenza, connessa al precetto costituzionale di eguaglianza, di garantire l'uniformità nel territorio nazionale delle regole fondamentali di diritto che disciplinano i rapporti tra privati e, come tali si impongono (...)" alle Regioni (sentenza n. 189 del 2007).
Ha poi precisato che "la legge statale n. 150 del 2000, che ha connotati di specialità, anche rispetto alla normativa di cui al d.lgs. n. 165 del 2001, regolando l'attività di comunicazione e informazione nelle pubbliche amministrazioni, ha tuttavia previsto, nel ricordato processo di contrattualizzazione del pubblico impiego, una specifica area di contrattazione per gli addetti agli uffici stampa nella pubblica amministrazione, prevedendo l'intervento delle organizzazioni rappresentative dei giornalisti.
A sua volta, l'art. 40 del d.lgs. n. 165 del 2001, nel testo novellato dal decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150 (Attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni), nel ridurre a quattro i comparti di contrattazione collettiva nazionale nel pubblico impiego, cui corrispondono non più di quattro separate aree per la dirigenza, prevede che “nell'ambito dei comparti di contrattazione possono essere istituite apposite sezioni contrattuali per specifiche professionalità”.
Le predette disposizioni statali sono espressione della competenza esclusiva dello Stato della disciplina del rapporto di lavoro pubblico, anche in riferimento al personale di aree professionali specifiche, e della riserva di contrattazione collettiva, con conseguente illegittimità dell'intervento normativo regionale. “Quanto al carattere transitorio della disciplina regionale oggetto di impugnativa, è da osservare che il principio di riserva di contrattazione collettiva non può essere derogato nemmeno in via provvisoria" (Corte Costituzionale 11 aprile 2019, n. 81).
Alla luce delle suesposte considerazioni deve ritenersi che la norma regionale in esame, comportando la disapplicazione del CCNL enti locali sottoscritto in data 21 maggio 2018, si pone in contrasto con l'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., che riserva alla competenza statale la materia dell’ ordinamento civile, nel cui ambito ricadrebbe la regolamentazione dei rapporti di lavoro di diritto privato (contratti collettivi) nonché implica una disparità di trattamento tra i dipendenti pubblici in violazione del principio di uguaglianza di cui all’articolo 3 Cost., ponendosi altresì in contrasto con i principi di imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione di cui all’articolo 97 Cost.
Del resto, la dichiarazione congiunta n. 8 al CCNL funzioni locali, richiamata ob relationem dalla disposizione regionale in parola, lungi dall'escludere l'applicazione del medesimo CCNL al personale addetto agli uffici stampa, si limita a prevedere un'apposita sequenza contrattuale, recante "una specifica regolazione di raccordo, anche ai sensi dell'art. 2, comma 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, che provveda a disciplinare l'applicazione della citata disposizione contrattuale nei confronti del personale al quale, in forza di specifiche, vigenti norme di legge regionale in materia, sia stata applicata una diversa disciplina contrattuale nazionale, seppure in via transitoria".
Pertanto, la disapplicazione tout court del sopra menzionato CCNL da parte del legislatore regionale non appare, neppure sotto il profilo letterale, compatibile con il contenuto della citata dichiarazione congiunta.
Per quanto sopra esposto si ritiene, pertanto, di promuovere la questione di legittimità costituzionale della legge regionale dinanzi alla Corte Costituzionale.
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