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Criteri localizzativi degli impianti di combustione dei rifiuti e del CSS. (18-9-2019)
Marche
Legge n.29 del 18-9-2019
n.76 del 26-9-2019
Politiche infrastrutturali
14-11-2019 /
Impugnata
La legge regionale, che detta norme per i criteri localizzativi degli impianti di combustione dei rifiuti e del combustibile solido secondari ( CSS ) , presenta aspetti di illegittimità costituzionale con riferimento alla disposizione contenuta all’articolo 2, che, per i motivi di seguito specificati, viola l’ articolo 117, secondo comma lettera s) della Costituzione che riserva allo Stato la competenza in materia di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema.
La citata norma regionale rubricata “Criteri di localizzazione” dispone che gli impianti di combustione dei rifiuti e del combustibile solido secondario, debbano “essere ubicati ad una distanza minima di 5 chilometri dai centri abitati, come definiti dal decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada) e da funzioni sensibili”.
Si premette che il Codice della strada definisce il centro abitato “l’insieme di edifici delimitato lungo le vie di accesso dagli appositi segnali di inizio e fine. Per insieme di edifici si intende un raggruppamento continuo, ancorché intervallato da strade, piazze, giardini o simili, costituito da non meno di venticinque fabbricati e da aree di uso pubblico con accessi veicolari o pedonali sulla strada”.
Con la sentenza n. 142 del 2019, la Corte Costituzionale ha dichiarato, su impugnativa in via principale del Governo, l’illegittimità costituzionale della legge della regione Marche n. 22 del 2018, che bandiva dall’intero territorio regionale il trattamento termico dei rifiuti.
La disposizione regionale in esame , surrettiziamente, ripropone dunque il medesimo divieto generalizzato già censurato ed eccede quindi dalle competenze regionali .
Il margine di intervento riconosciuto al legislatore regionale non consente che le Regioni prescrivano limiti generali siffatti, in quanto contrastano con il principio fondamentale di preminente interesse nazionale - riconducibile nella potestà esclusiva statale di cui all’art. 117, comma 2, lett. s) Cost. - di individuazione degli impianti di recupero e smaltimento di rifiuti ex art. art. 195, comma 1, lett. f, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 e p) e 196, comma 1 lett. n) e o) del decreto legislativo n. 152 del 2006. In forza di siffatte previsioni, infatti, è riservata allo Stato l’individuazione degli impianti di recupero e di smaltimento di preminente interesse nazionale che deve essere effettuata secondo finalità di riequilibrio socio-economico fra le aree del territorio nazionale, nonché l’indicazione dei criteri generali relativi alle caratteristiche delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento di rifiuti. Alle regioni pertiene invece la definizione di criteri per l'individuazione, da parte delle province, delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti, nel rispetto dei criteri generali indicati nell'articolo 195, comma 1, lettera p), nonché la definizione dei criteri per l'individuazione dei luoghi o impianti idonei allo smaltimento e la determinazione, nel rispetto delle norme tecniche di cui all'articolo 195, comma 2, lettera a), di disposizioni speciali per rifiuti di tipo particolare.
La soluzione legislativa adottata dalla regione, nello stabilire in via generale, senza istruttoria e valutazione in concreto dei luoghi in sede procedimentale, distanze minime per la collocazione degli impianti non previste dalla disciplina statale non permette un’adeguata tutela dei molteplici e rilevanti interessi coinvolti. È infatti nella sede procedimentale, che può e deve avvenire la valutazione sincronica degli interessi pubblici coinvolti e meritevoli di tutela, a confronto sia con l’interesse del soggetto privato operatore economico, sia con ulteriori interessi di cui sono titolari singoli cittadini e comunità, e che trovano nei princìpi costituzionali la loro previsione e tutela. Ne deriva, dunque, che la norma regionale in oggetto, la quale, in assenza di qualsiasi tipo di valutazione istruttoria di natura procedimentale, esclude alcune zone del territorio dai siti utili alla costruzione di impianti di termovalorizzazione, sostanzia “in forma di legge”, il contenuto oggettivo di interventi regionali che la legge statale correla ad atti di pianificazione aventi la forma dell’atto amministrativo, sul presupposto che “solo in tal modo è possibile assicurare le garanzie procedimentali per un giusto equilibrio in gioco, da soddisfare anche attraverso l’acquisizione di pareri tecnici” (Corte Cost. Sentenza n. 142/2019).
La giurisprudenza della Corte Costituzionale ha peraltro in diverse occasioni dichiarato l’illegittimità costituzionale di disposizioni che prevedevano un divieto arbitrario, generalizzato e indiscriminato di localizzazione di impianti seppur riferiti alla produzione di energia da fonti rinnovabili (Sentenza n. 308 del 2011).
Per i motivi esposti, la legge regionale limitatamente alla norma indicata, deve essere impugnata dinanzi alla Corte Costituzionale ai sensi dell'articolo 127, della Costituzione.
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