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Disposizioni in materia di tutela della salute sessuale e della fertilità maschile. (25-11-2019)
Lazio
Legge n.25 del 25-11-2019
n.95 del 26-11-2019
Politiche socio sanitarie e culturali
/ Rinuncia impugnativa
17-1-2020 /
Impugnata
La legge della Regione Lazio n. 25 del 25/11/2019, recante “Disposizioni in materia di tutela della salute sessuale e della fertilità maschile”, presenta profili di illegittimità costituzionale per violazione dell'art. 120, secondo comma, e 117, terzo comma, della Costituzione.
Il legislatore regionale, con la pregevole finalità di implementare interventi di promozione della conoscenza delle principali malattie uro-andrologiche, anche allo scopo di agevolarne la prevenzione e la diagnosi precoce, nonché di favorire il miglioramento delle cure, introduce una nuova voce di spesa in ambito sanitario, per il 2020 e il 2021, pari a 50.000 euro annui.
Più in particolare la legge in esame, che si compone di 6 articoli, si prefigge, all’art.1, di promuovere la diffusione della conoscenza delle principali malattie uro-andrologiche attraverso campagne di informazione e prevenzione nelle scuole. A tale scopo è prevista, all’art.2, sia l'individuazione, presso le aziende sanitarie locali, di unità funzionali multidisciplinari integrate finalizzate alla prevenzione, alla diagnosi e alla cura delle patologie uro-andrologiche, sia l'individuazione di un centro di riferimento regionale dedicato. All’art. 3 sono poi previsti, nel rispetto della normativa sulla privacy, la raccolta e il monitoraggio attraverso il Dipartimento di epidemiologia del servizio sanitario regionale (DEP) Lazio dei dati ai fini della rilevazione e dello studio delle patologie uro-andrologiche anche per la valutazione dei trattamenti e degli interventi sanitari da porre in essere. All’art. 4 è istituita la giornata regionale per la prevenzione e la cura delle patologie uro-andrologiche, da celebrare il 19 gennaio di ogni anno; in tale occasione, sono promosse iniziative di sensibilizzazione e di screening gratuito sulle patologie uro-andrologiche, rivolte principalmente ai ragazzi fino ai ventiquattro anni di età, ed è reso pubblico lo stato di realizzazione e il programma delle iniziative complessivamente previste per il contrasto delle medesime patologie. La legge in esame prevede, infine, all’art. 5, che le disposizioni in essa contenute si applichino in quanto compatibili con il piano di rientro dal disavanzo sanitario, e, all’art. 6, istituisce un’apposita voce di spesa, pari a euro cinquantamila, per il finanziamento degli interventi di promozione della conoscenza delle principali malattie uro-andrologiche previsti dall’art.1.
Tale legge, nel suo complesso, con le norme sopra descritte, introduce e disciplina specifiche iniziative in materia di prevenzione, diagnosi e cura delle patologie uro-andrologiche, iniziative che non sono invece previste nel Programma Operativo 2015-2018, che costituisce prosecuzione del piano di rientro dal disavanzo sanitario cui è assoggettata la Regione. Così disponendo, il legislatore regionale interferisce con le competenze del Commissario ad acta per l’attuazione del piano rientro del disavanzo sanitario, determinando l’incostituzionalità della legge, in violazione dell'art. 120, secondo comma, della Costituzione. Inoltre la legge in esame, introducendo interventi non previsti dal menzionato Programma Operativo 2015-2018, si pone in contrasto con i principi fondamentali in materia di coordinamento della finanza pubblica di cui all’art. 2, commi 80 e 95, della legge n. 191 del 2009, secondo i quali, in costanza di Piano di rientro, è preclusa alla regione l’adozione di nuovi provvedimenti che siano di ostacolo alla piena attuazione del Piano stesso, essendo le previsioni in esso contenute vincolanti per la regione. Ne consegue la violazione anche dell’art. 117, terzo comma, della Costituzione.
Ciò premesso, non sembra sufficiente a fugare i dubbi d’incostituzionalità la clausola di salvaguardia di cui all'art. 5, a norma del quale: "Le disposizioni della presente legge si applicano in quanto compatibili con le previsioni del piano di rientro adottato ai sensi dell'articolo 2, comma 88, secondo periodo, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge finanziaria 2010) e con le funzioni attribuite al Commissario ad acta". Infatti, al fine di assicurare comunque il perseguimento delle finalità - sicuramente condivisibili - della legge regionale in esame, ponendole al riparo dal rischio di una possibile interferenza con il mandato commissariale, le norme in essa contenute avrebbero dovuto essere inserite nella versione del Programma Operativo 2019-2021 destinato ad essere presentato ai Ministeri affiancanti proprio dal Commissario ad acta.
In merito, si rammenta infatti che la Corte costituzionale ha affermato, in più occasioni, che, ai sensi dell'art. 120, secondo comma, Cost., "il Governo può nominare un commissario ad acta, le cui funzioni, come definite nel mandato conferitogli e come specificate dai programmi operativi (ex art. 2, comma 88, della legge n. 191 del 2009), pur avendo carattere amministrativo e non legislativo (sentenza n. 361 del 2010), devono restare, fino all'esaurimento dei compiti commissariali, al riparo da ogni interferenza degli organi regionali - anche qualora questi agissero per via legislativa - pena la violazione dell'art. 120 secondo comma Cost. (ex plurimis, sentenze n. 14 del 2017; n. 266 del 2016; n. 278 e n. 110 del 2014; n. 228, n. 219, n. 180 e n. 28 del 2013 e già n. 78 del 2011)” ed ha inoltre aggiunto che “ L'illegittimità costituzionale della legge regionale sussiste anche quando l'interferenza è meramente potenziale e, dunque, a prescindere dal verificarsi di un contrasto diretto con i poteri del commissario incaricato di attuare il piano di rientro (sentenza n. 110 del 2014)" (sentenza n. 14 del 2017; nello stesso senso, sentenze n. 266 del 2016 e n. 227 del 2015).
II divieto di interferenza con le funzioni commissariali si traduce, dunque, in un "effetto interdittivo di qualsiasi disposizione incompatibile con gli impegni assunti ai fini del risanamento economico-finanziario del disavanzo sanitario regionale (sentenza n. 51 del 2013), potendo essa intervenire in maniera disarmonica rispetto alle scelte commissariali e, dunque, indirettamente ostacolare l'unitarietà dell'intervento (sentenza n. 266 del 2016)" (cfr. Corte cost., sent. n. 106/2017). Tale interferenza sussiste, secondo la Corte, anche in presenza di interventi non previsti dal piano di rientro e che possono aggravare il disavanzo sanitario regionale o con l’introduzione di livelli di assistenza aggiuntivi non contemplati nel piano.
Inoltre, la legge in esame, oltre ad effettuare senza alcuna legittimazione il menzionato intervento in materia di cure sanitarie, in luogo del Commissario ad acta, intervenendo in materia senza rispettare le previsioni del Programma Operativo 2015-2018, lede i principi fondamentali diretti al contenimento della spesa pubblica sanitaria di cui all’art. 2, commi 80 e 95, della legge n. 191 del 2009, secondo i quali in costanza di Piano di rientro è preclusa alla regione l’adozione di nuovi provvedimenti che siano di ostacolo alla piena attuazione del piano, essendo le previsioni dell'Accordo e del relativo Piano vincolanti per la regione stessa. Le disposizioni regionali in esame pertanto violano anche l’art. 117, terzo comma Cost., in quanto contrastano con i principi fondamentali della legislazione statale in materia di coordinamento della finanza pubblica.
La Corte Costituzionale con le sentenze n. 100 e n. 141 del 2010 ha infatti ritenuto che le norme statali (quale l’art. 1, comma 796, lett. b, della legge n. 296 del 2006) che hanno “reso vincolanti, per le Regioni che li abbiano sottoscritti, gli interventi individuati negli atti di programmazione necessari per il perseguimento dell’equilibrio economico, oggetto degli accordi di cui all’art. 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311”, possono essere qualificate come espressione di un principio fondamentale diretto al contenimento della spesa pubblica sanitaria e, dunque, espressione di un correlato principio di coordinamento della finanza pubblica.
Per i motivi esposti, la legge regionale in esame, avente contenuto normativo omogeneo in quanto volta ad introdurre nel suo complesso, con le disposizioni in essa contenute e sopra descritte e censurate, iniziative in materia di prevenzione, diagnosi e cura delle patologie uro-andrologiche non previste dal Piano di Rientro e dal Programma operativo 2015-2018, deve essere impugnata dinanzi alla Corte Costituzionale ai sensi dell’art. 127 della Costituzione.
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