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Norme per incentivare l’introduzione dei prodotti a chilometro zero provenienti da filiera corta nelle mense scolastiche. (10-12-2019)
Toscana
Legge n.75 del 10-12-2019
n.58 del 13-12-2019
Politiche socio sanitarie e culturali
6-2-2020 /
Impugnata
La legge della Regione Toscana n.75 del 10/12/2019, recante “Norme per incentivare l’introduzione dei prodotti a chilometro zero provenienti da filiera corta nelle mense scolastiche”, presenta profili d’illegittimità costituzionale.
La legge regionale in esame detta norme per il sostegno dei prodotti agricoli e ittici toscani a chilometro zero, provenienti da filiera corta, promuovendone il consumo nell'ambito dei servizi di refezione scolastica nei nidi d'infanzia, nelle scuole dell'infanzia, nelle scuole primarie e nelle scuole secondarie di primo e di secondo grado.
La legge presenta i seguenti profili d’illegittimità costituzionale.
L'art. 2, commi 1, definisce "prodotti a chilometro zero" quelli "la cui produzione e trasformazione della materia, o dell'ingrediente primario presente in misura superiore al cinquanta per cento, avviene entro i confini amministrativi della Regione Toscana. I prodotti freschi della pesca in mare sono a chilometro zero se provenienti da punti di sbarco situati in Toscana e catturati da imbarcazioni iscritte nel registro delle imprese di pesca dei compartimenti marittimi regionali. I prodotti freschi dell'acquacoltura in mare sono a chilometro zero se provenienti da impianti collocali nelle acque costiere regionali ".
Il successivo comma 2, dell'articolo 2, definisce "prodotti provenienti da filiera corta" quelli che "provengono da filiere produttive caratterizzate al massimo da un intermediario tra produttore e la stazione appaltante".
I seguenti articoli 3 e 4, prevedono che la Giunta regionale è autorizzata a finanziare, con 500.000 euro annui, per gli anni 2020-2021, "progetti pilota che devono garantire: a) la fornitura di pasti nelle mense scolastiche incluse nel progetto preparati, utilizzando almeno il cinquanta per cento di prodotti a chilometro zero provenienti da filiera corta;".
Ai sensi dell'articolo 3, comma 2, "I progetti sono presentati da soggetti pubblici appaltanti che aggiudicano servizi di refezione collettiva scolastica, o che erogano direttamente il servizio di refezione collettiva scolastica o mediante società a partecipazione pubblica affidatarie del servizio".
Dalle norme sopra indicate emerge come la Regione Toscana intenda accordare preferenza nell'aggiudicazione degli appalti pubblici di ristorazione scolastica non tanto ai prodotti il cui trasporto, in ragione della distanza tra il luogo di produzione e quello di consumo, abbia un minore impatto ambientale, quanto piuttosto ai prodotti che, a prescindere da tale circostanza, risultino comunque appartenenti al territorio regionale.
Tale scelta legislativa si pone in contrasto con gli artt. 117, primo comma, e 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, sotto il profilo della restrizione della libera circolazione delle merci e dell'ostacolo agli scambi intracomunitari, nonché sotto il profilo della restrizione della concorrenza..
Al riguardo, occorre rilevare come nel «Libro verde sulla modernizzazione della politica dell'UE in materia di appalti pubblici — Per una maggiore efficienza del mercato europeo degli appalti» (COM-2011 15 definitivo) del 27 gennaio 2011, si affermi, a proposito di «come acquistare» per realizzare gli obiettivi della strategia Europa 2020, che la previsione, da parte delle amministrazioni appaltanti, del necessario acquisto di prodotti in loco può essere giustificato solo in casi del tutto eccezionali «in cui esigenze legittime e obiettive che non sono associate a considerazioni di natura puramente economica possono essere soddisfatte soltanto dai prodotti di una certa regione.» (punto 4.1. del citato «Libro verde»).
In questa prospettiva, la preferenza per un prodotto «a base territoriale limitata» potrebbe essere giustificata da esigenze ambientali, non, invece, dalla mera origine regionale dei beni, la quale, da sola, non garantisce che le merci siano realmente «a chilometri zero» e che il loro trasporto abbia una minore incidenza negativa sull'ambiente.
Nel privilegiare i prodotti toscani solo perché tali, indipendentemente dalla ridotta quantità di emissioni nocive determinata dal loro trasporto, le norme censurate risultano dunque discriminatorie, poiché avvantaggiano le aziende agricole e ittiche locali, dalle quali i gestori dei servizi di ristorazione scolastica sarebbero indotti a rifornirsi per conseguire l'aggiudicazione degli appalti. E' pertanto evidente il loro contrasto con l'ordinamento dell'Unione europea sotto il profilo della restrizione della libera circolazione delle merci e dell'ostacolo agli scambi intracomunitari, in violazione delle norme del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, e in particolare degli articoli da 34 a 36, nonché sotto il profilo della restrizione della concorrenza.
La Corte Costituzionale, con le sentenze n. 209/2013 e 292/2013, ha già avuto occasione di dichiarare costituzionalmente illegittime, per violazione della competenza esclusiva dello Stato in materia di «tutela della concorrenza» (art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.), due leggi regionali di contenuto sostanzialmente analogo a quella in esame: la legge Regione Basilicata 13 luglio 2012, n. 12 (Norme per orientare e sostenere il consumo dei prodotti agricoli di origine regionale a chilometri zero) e la legge Regione Puglia 13 dicembre 2012, n. 43 (Norme per il sostegno dei Gruppi acquisto solidale (GAS) e per la promozione dei prodotti agricoli da filiera corta, a chilometro zero, di qualità), ove si stabiliva che l'utilizzazione dei prodotti agricoli di origine regionale costituisse titolo preferenziale per l'aggiudicazione di appalti pubblici di servizi o di forniture di prodotti alimentari ed agroalimentari destinati alla ristorazione collettiva.
Nell'occasione, la Corte ha rilevato come le due leggi regionali imponessero all'amministrazione appaltante un criterio di scelta del contraente chiaramente idoneo ad alterare la concorrenza, incentivando gli imprenditori ad impiegare prodotti provenienti da una certa area territoriale (quella regionale) a discapito di prodotti con caratteristiche similari, ancorché provenienti da aree poste a distanza uguale o minore dal luogo di consumo.
Secondo la Corte Costituzionale: "A differenza della «priorità» accordata ai soggetti che utilizzano beni il cui trasporto determina una ridotta quantità di emissioni nocive — «priorità» giustificata dai benefici che la limitazione di tali emissioni reca in termini di tutela dell'ambiente — la «priorità» riconosciuta a coloro che si avvalgono di prodotti trasportati esclusivamente all'interno del territorio regionale, indipendentemente dal livello delle emissioni, costituisce una misura ad effetto equivalente vietata dall'art. 34 del TFUE — che ricomprende ogni normativa commerciale che possa ostacolare direttamente o indirettamente, in atto o in potenza, gli scambi intracomunitari — e non giustificata ai sensi dell'art. 36 del medesimo Trattato.
L'art. 36 del TFUE, infatti, lascia impregiudicate le restrizioni alle importazioni giustificate da motivi di «tutela della salute e della vita delle persone e degli animali o di preservazione dei vegetali», cui la salvaguardia dell'ambiente è strettamente connessa. Nel caso in esame, tuttavia, il mero riferimento al trasporto all'interno della Regione e, dunque, alla provenienza locale dei prodotti agricoli, a prescindere dalla quantità di emissioni prodotte, non soddisfa nessuna delle esigenze oggetto del regime derogatorio, ma si risolve in un incentivo per gli imprenditori ad impiegare determinati beni solo perché provenienti da una certa area territoriale, cosi da poter vantare l'anzidetto titolo preferenziale. A differenza dell'impiego dei prodotti pugliesi, infatti, l'utilizzo di quelli trasportati da altre località, ancorché con un pari o minore livello di emissioni nocive - e, dunque, con un equivalente o inferiore impatto ambientale - non conferisce analogo titolo preferenziale nell'aggiudicazione degli appalti dei servizi di ristorazione collettiva e subisce, di conseguenza, degli effetti discriminatori”.
Alla luce dell’orientamento espresso dalla Corte Costituzionale con riferimento alle leggi delle regioni Puglia n. 43/2012 e Basilicata n. 12/2012, legge regionale in esame si presta ad essere sottoposta ad impugnazione per illegittimità costituzionale, per violazione dell'articolo 117, primo comma e secondo comma, lettera e), della Costituzione.
Per i motivi esposti le norme regionali sopra indicate debbono essere impugnate dinanzi alla Corte Costituzionale, ai sensi dell’art. 127 della Costituzione.
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