Dettaglio Legge Regionale

Disposizioni collegate alla legge di stabilità per l’anno 2020. (27-12-2019)
Liguria
Legge n.31 del 27-12-2019
n.19 del 31-12-2019
Politiche economiche e finanziarie
25-2-2020 / Impugnata
La Legge Regione Liguria 27 dicembre 2019, n. 31 pubblicata sul B.U.R. n. 19 del 31/12/2019 recante: "Disposizioni collegale alla legge di stabilità per l'anno 2020" presenta profili di illegittimità costituzionale per quanto di seguito evidenziato:

La legge regionale contempla talune disposizioni contrastanti con la competenza esclusiva statale in materia di «tutela dell'ambiente e dell'ecosistema" (art. 117. comma 2, lett. s) Cost.), materia quest'ultima "trasversale" e "prevalente", che si impone integralmente nei confronti delle Regioni che non possono contraddirla, e a cui fa capo la disciplina dei rifiuti, spettando allo Stato, per costante giurisprudenza costituzionale, la competenza a fissare livelli di tutela uniforme sull'intero territorio nazionale.
Infatti, il carattere trasversale della materia della tutela dell'ambiente, se da un lato legittima le Regioni a provvedere attraverso la propria legislazione esclusiva o concorrente in relazione a temi che hanno riflessi sulla materia ambientale, dall'altro non costituisce limite alla competenza esclusiva dello Stato a stabilire regole omogenee nel territorio nazionale per procedimenti e competenze che attengono alla tutela dell'ambiente e alla salvaguardia del territorio (cfr. Corte Cost., sentenza n. 249 del 2009).
La giurisprudenza costituzionale, infatti, è costante nell'affermare, da un lato, che la materia "tutela dell'ambiente" rientra nella competenza legislativa esclusiva dello Stato, appunto, ai sensi dell'articolo 117. secondo comma, lett. s). Della Costituzione e inerisce ad un interesse pubblico di valore costituzionale primario ed assoluto; dall'altro, che si tratta di una "materia trasversale", titolo che legittima lo Stato ad adottare disposizioni a tutela di un valore costituzionalmente protetto, anche in "campi di esperienza" - le cosiddette "materie" in senso proprio - attribuiti alla competenza legislativa regionale. Ne deriva che le disposizioni legislative statali adottate in tale ambito fungono da limite alla disciplina che le Regioni, anche a statuto speciale, e le Province autonome, dettano nei Settori di loro competenza, essendo ad esse consentito soltanto, eventualmente, incrementare i livelli della tutela ambientale. Senza, però, compromettere il punto di equilibrio fra esigenze contrapposte espressamente individuata dalla norma statale (ex multis sentenza n. 197 del 2014, punto 12. del Considerato in diritto).

Operata tale premessa il comma 3 dell'articolo 3, che sotto la rubrica "Modiche alla legge regionale 1 aprile 2014, n. 8 ('disciplina della pesca nelle acque interne e norme per la tutela della relativa fauna ittica e dell'ecosistema acquatico»", nel modificare il comma 1 dell'articolo 16 di detta legge prevede espressamente che
"1. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 12 del decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357 … …. È vietata l'immissione di specie ittiche non autoctone, mediante rilascio di individui attualmente o potenzialmente interfecondi, illimitatamente e in natura ".
Tale norma appare in contrasto con il disposto di cui all'articolo 12. comma 3 e s.m.i del decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357PR 357/97 (Regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche'), che vieta l'immissione in natura di specie e di popolazioni non autoctone, salva la possibilità di deroghe rilasciate da! Ministero dell'Ambiente, senza prevedere alcuna distinzione.

Siffatto divieto si applica anche nei confronti di specie e di popolazioni autoctone per il territorio italiano quando la loro introduzione interessa porzioni di territorio esterne all'arca di distribuzione naturale. Secondo i criteri adottati ai sensi del comma 1 del citato articolo 12 da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare con proprio decreto, nel rispetto delle finalità del regolamento e della salute e del benessere delle specie.
La norma della legge regionale in esame, nella sua attuale formulazione, risulta pertanto meno restrittiva rispetto alla norma nazionale e potrebbe, tra l'altro, consentire l'immissione di soggetti di specie non autoctone purché sterili.
Giova ricordare che la materia era già stata affrontata nella precedente legge della Regione Liguria n. 29 del 27 dicembre 2018, oggetto di relativa impugnativa da parte del ministero dell'ambiente e per la quale risulta ancora pendente relativo giudizio di legittimità Costituzionale in via principale ex articolo 127. Cost., avviato su ricorso depositato l'8 marzo 2020 (GU n. 22 dei 29 maggio 2019).

La modifica alla Legge regionale 1 aprile 2014, n. 8, inoltre, non tiene conto del contrasto:
- con il decreto legislativo 15 dicembre 2017, n. 230 recante "Adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento(UE) n. 1143/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 ottobre 2014, recante disposizioni volte a prevenire e gestire l'introduzione e la diffusione delle specie esotiche invasive che all'art 6, comma 1, vieta il rilascio nell'ambiente di esemplari di specie esotiche invasive di rilevanza unionale, transnazionale o nazionale;
- con le previsioni di cui al regolamento (CE) 708/2007 "relativo all 'impiego in acquacoltura di specie esotiche e di specie localmente assenti", che prevedono l'adozione di una serie di procedure e provvedimenti volti a garantire un'adeguata protezione degli habitat acquatici dai rischi derivanti dall'impiego di specie alloctone in acquacoltura.

Al riguardo l'invasione della competenza statale deriva dalla circostanza che la legge regionale impugnata autorizza direttamente le immissioni di specie alloctone, superando l'intero sistema di verifiche preventive e di autorizzazioni e soprattutto il divieto di introduzione, previsti dalla normativa statale di settore attuativa di precise prescrizioni di diritto europeo - espresse dal regolamento (UE) n. 1143 del 2014 e dal regolamento CE n. 708 del 2007 - e comunque fondante su standard uniformi di tutela dell'ambiente, non differenziabili tra Regione e Regione.

Inoltre, la normativa regionale viola l'art. 117, primo comma, Cost. per il contrasto con il principio di precauzione che trova relativa espressione nelle disposizioni della Direttiva n. 92/43/CEE, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (direttiva Habitat), le quali consentono agli Stati membri, in funzione di conservazione dell'equilibrio ambientale, di vietare l'introduzione di specie alloctone, come ha fatto il legislatore italiano senza incontrare censura né in sede europea né da parte delle Regioni.
Come dianzi accennato l'introduzione, la reintroduzione e il ripascimento delle specie ittiche sono regolate dal già citato art. 12 dei d.P.R. n. 357 del 1997, come modificato dal d.P.R. n.120 del 2003 e successivamente sostituito dall'art. 2. comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica. 5 luglio 2019. n. 102, in attuazione della cd. Direttiva Habitat (art. 22. lettere a e b) che richiede agli Stati membri di valutare l'opportunità di reintrodurre specie autoctone qualora questa misura possa contribuire alla loro conservazione, sia di regolamentare, ed eventualmente vietare. Le introduzioni di specie alloctone che possano arrecare pregiudizio alla conservazione degli habitat o delle specie autoctone.
Lo Stato italiano ha esercitato la sua competenza con il richiamato d.P.R. n. 357 dei 1997, come modificato da ultimo nel 2019, attraverso la fissazione del divieto d'immissione in natura di specie e di popolazioni non autoctone (art. 12. comma 3). E di un regime derogatorio attivabile su istanza delle Regioni o degli enti di gestione delle aree, finalizzata a richiedere l'immissione in natura delle specie e delle popolazioni non autoctone (articolo 12. comma 4) per motivate ragioni di rilevante interesse pubblico, connesse a esigenze ambientali, economiche, sociali e culturali, e comunque in modo che non sia arrecato alcun pregiudizio agli habitat naturali nella loro area di ripartizione naturale né alla fauna e alla flora selvatiche locali.
L'autorizzazione è rilasciata con provvedimento del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (articolo 12, comma 5), sentiti il Ministero delle politiche agricole, alimentari, forestali e del turismo e il Ministero della salute, previo parere del Consiglio del Sistema nazionale di cui all'articolo 13, comma 2, della legge n. 132 del 2016, entro sessanta giorni dal ricevimento della istanza.
L'autorizzazione anzidetta è, altresì subordinata (articolo 12. comma 6) alla valutazione di uno specifico studio del rischio che l'immissione comporta per la conservazione delle specie e degli habitat naturali, predisposto dagli enti richiedenti sulla base dei criteri di cui al comma 1 dello stesso articolo 12.
Resta ferma la potestà, del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ove lo ritenga necessario all'esito della valutazione. Di non autorizzare l'immissione.
Palese è da ritenersi, dunque, il conflitto della norma regionale de qua con i vincoli e parametri fissati dalla normativa statale al fine di evitare che l'immissione di specie alloctone in ambito naturale non arrechi pregiudizio all'ecosistema e alle specie e alle popolazioni autoctone.
Relativamente all'immissione di specie ittiche nei corpi idrici regionali, la Corte Costituzionale ha poi affermato che la disciplina «dell'introduzione, della reintroduzione e del ripopolamento di specie animali rientra nella esclusiva competenza statale di cui all'art. 117, secondo comma, lettera s,), della Costituzione trattandosi di regole di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema e non solo di discipline d'uso della risorsa ambientale-faunistica». Nell'esercizio di tale sua competenza esclusiva, finalizzata ad una «tutela piena ed adeguata» dell'ambiente, lo Stato «può porre limiti invalicabili di tutela (Corte Cost. sentenza n. 30 del 2009; nello stesso senso, sentenza n. 288 del 2012).
A tali limiti le Regioni devono, dunque, adeguarsi nel dettare le normative d'uso dei beni ambientali, o comunque nell'esercizio di altre proprie competenze, rimanendo libere, ove lo ritengano opportuno, di definire, nell'esercizio della loro potestà legislativa, «limiti di tutela dell'ambiente anche più elevati di quelli statali» (Corte Cost., sentenza n. 30 dei 2009; in senso conforme Corte Cost., sentenza n. 151 del 2011).

Alla luce di quanto anzidetto è da ritenersi che l'intervento legislativo della Regione Liguria si ponga in evidente contrasto con i principi sanciti dalla normativa statale ed eurounitaria dianzi citata, consentendo l'immissione di specie alloctone nei corpi idrici naturali, senza considerare in alcun modo gli effetti sul popolamento ittico originario e. più in generale, sull'ecosistema acquatico, di per sé lesivo della fauna autoctona a prescindere dalla sterilità.
Per i motivi esposti e necessario procedere all'impugnativa dinanzi alla Corte Costituzionale, ex art. 127 della Costituzione, della legge della Regione Liguria n. 31 dei 2019 limitatamente all'articolo 3, comma terzo, per violazione dell'articolo 117, comma primo e comma secondo, lett. s). Cost., in riferimento ai parametri statali cd eurounitari interposti dianzi citati.

La disposizione contenuta nell’articolo 31, comma 1, della Legge regionale Liguria 31 dicembre 2019, n. 31, attribuisce alle “…aziende ed enti del Servizio Sanitario Regionale, nel rispetto delle disposizioni di cui al decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175 (Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica) e successive modificazioni e integrazioni” la facoltà di “…costituire società in house che abbiano per oggetto attività di produzione di beni e servizi strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, anche riguardanti le attività logistico-alberghiere comprendenti servizi socio-sanitari, socio-assistenziali e ausiliari”.
Al riguardo, si rappresenta che la disposizione sopra riportata appare superflua ed, al contempo, interviene in una materia di competenza legislativa esclusiva statale.
In particolare, sotto quest’ultimo aspetto, l’articolo 31, comma 1, della L.r. Liguria n. 31/2019, interviene in un ambito – la disciplina delle società in house – che appartiene alla materia della “tutela della concorrenza” di competenza legislativa esclusiva statale” in contrasto con l'art. 117, comma 2, lett. e) della Costituzione e pertanto deve essere impugnata ex art. 127 della Costituzione.
Inoltre, si fa presente che la disposizione in esame, è in contrasto con i vincoli di scopo e di attività previsti dall’articolo 4, commi 1 e 2, del D.Lgs. N. 175/2016, in particolare nella parte in cui consente la costituzione di società in house aventi ad oggetto attività “…riguardanti le attività logistico-alberghiere comprendenti servizi socio-sanitari, socio-assistenziali e ausiliari”.
Si precisa, altresì, che l’art. 9 bis, comma 4, del d.lgs. N. 502 del 1992 (recante il riordino della disciplina in materia sanitaria) prevede che: “Al di fuori dei programmi di sperimentazione di cui al presente articolo, è fatto divieto alle aziende del Servizio sanitario nazionale di costituire società di capitali aventi per oggetto sociale lo svolgimento di compiti diretti di tutela della salute”. Tale disposizione non rientra tra quelle abrogate dal d.lgs. N. 175/2016.

Da ultimo, il comma 2 dell’art. 31 della medesima Legge regionale prevede che: “Le procedure assunzionali del personale delle società di cui al comma 1 si conformano alle disposizioni di cui all'articolo 19, comma 2, del D.Lgs. 175/2016 e successive modificazioni e integrazioni”.
In proposito, si fa presente che tale disposizione è superflua, tenuto conto che l’articolo 19, comma 2, del D.Lgs. N. 175/2016, si applica a tutte le società a controllo pubblico.


L' Articolo 5 che prevede che "Nei quadro dell'economia di spesa derivante dall'impiego in più enti del settore regionale allargato dei medesimo personale con qualifica dirigenziale. Nel caso in cui a un dirigente a tempo indeterminato, anche esterno alla dirigenza regionale. Sia assegnato l'incarico di direzione apicale di più di un ente ovvero di struttura anche regionale, l'incarico si può configurare quale struttura organizzativa complessa con determinazione dell'ente di appartenenza. Con determinazione del Direttore generale competente possono essere affidate e delegate, nell'ambito del Dipartimento di afferenza e senza oneri per il bilancio regionale, ai suddetto dirigente, titolare di struttura regionale, incaricato della responsabilità di struttura organizzativa complessa, le funzioni anche vicarie di cui all'articolo 15-bis della legge regionale 4 dicembre 2009, n. 59 (Norme sul modello organizzativo e sulla dirigenza della Regione Liguria) e successive modfìcazioni e integrazionf'.
Il succitato articolo 15-bis della LR n. 59 del 2009 a sua volta dispone "Il Vice Direttore generale, struttura organizzativa complessa, esercita le finzioni dirigenziali complesse di Dipartimento o della Direzione centrale o della Segreteria generale ad esso espressamente attribuite dalla Giunta regionale all'atto del conferimento dell'incarico e le altre funzioni ad esso delegate dai Direttore competente o dai Segretario Generale ".

L'articolo 6 - Si dispone la soppressione delle parole "da almeno un quinquennio" dal comma 6 dell'articolo 24 della LR 59/2009 che, a sua volta, detta disposizioni in materia di conferimento di incarichi dirigenziali di struttura organizzativa complessa.
Tanto premesso si rappresenta che i predetti articoli 5 e 6, nel dettare disposizioni in materia di conferimento di incarichi di direzione apicale, se pur ricondotti "nel quadro dell'economia di spesa" che il legislatore regionale intenderebbe perseguire, sono contrasto con quanto previsto agli articoli 23 e 19 del d.lgs. N. 165 del 2001, tanto sotto il profilo procedimentale del conferimento, quanto in ordine ai requisiti che i candidati all'incarico debbono possedere, tra i quali deve includersi il riferimento all'esperienza quinquennale, stralciato dalla norma regionale e invero richiesto dal citato articolo 23 del d.lgs. 165 del 2001, ai fini del passaggio dalla seconda alla prima fascia dirigenziale, nonché dall'articolo 19, comma 6, in ordine al conferimento di incarichi dirigenziali esterni.
In ragione delle suesposte motivazioni, vanno impugnati innanzi alla Corte Costituzionale per violazione dell'articolo 117, comma 2, lett. 1) Cost. che riserva alla competenza esclusiva dello Stato la materia dell'«ordinamento civile».

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