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Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste (Legge di stabilità regionale per il triennio 2020/2022). Modificazioni di leggi regionali. (11-2-2020)
Valle Aosta
Legge n.1 del 11-2-2020
n.7 del 13-2-2020
Politiche economiche e finanziarie
6-4-2020 /
Impugnata
La legge regionale della Valle d'Aosta n. 1 dell'11 febbraio 2020, recante "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste (Legge di stabilità regionale per il triennio 2020/2022). Modificazioni di leggi regionali" presenta profili di non conformità alla Costituzione con riferimento e va pertanto impugnata per i motivi che di seguito si illustrano.
L'articolo 38 contrasta con la competenza esclusiva statale in materia di «tutela dell'ambiente e dell'ecosistema" (art. 117, comma 2, lett. s). Cost.) materia "trasversale- e "prevalente", che si impone integralmente nei confronti delle Regioni, anche ad autonomia speciale, che non possono contraddirla, e a cui fa capo la disciplina dei rifiuti, spettando allo Stato, per costante giurisprudenza costituzionale, la competenza a fissare livelli di tutela uniforme sull'intero territorio nazionale.
Infatti, il carattere trasversale della materia della tutela dell'ambiente, se da un lato legittima le Regioni a provvedere attraverso la propria legislazione esclusiva o concorrente in relazione a temi che hanno riflessi sulla materia ambientale, dall'altro non costituisce limite alla competenza esclusiva dello Stato a stabilire regole omogenee nel territorio nazionale per procedimenti e competenze che attengono alla tutela dell'ambiente e alla salvaguardia del territorio (cfr. cx plurimis. sentenze n. 150 e n. 151 del 2018; n. 244 del 2016. n. 249 dei 2009 Corte Cost.)
L'articolo 38, sotto la rubrica "Finanziamento per interventi di bonifica e messa in sicurezza di siti contaminati di rilevanza regionale. Modificazione alla legge regionale 3 dicembre 2007 n, 3", al comma 2 sostituisce, a decorrere dal 1° gennaio 2020, l'allegato A alla legge regionale 3 dicembre 2007, n.31 recante nuove disposizioni in materia di rifiuti.
L'anzidetto allegato A, in ossequio a quanto previsto dall'articolo 23 della legge regionale 31/2007, stabilisce gli importi per ogni tonnellata metro cubo di rifiuto conferito in discarica ai fini del calcolo dell'ammontare del tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi istituito ai sensi dell'articolo 3, della legge 28 dicembre 1995, n. 549 e posto in carico al soggetto gestore dell'impianto di smaltimento con obbligo di rivalsa nei confronti di colui che effettua lo smaltimento.
Dalla lettura del novellato allegato A, si evince che per la medesima tipologia di rifiuti, ovvero "rifiuti speciali non pericolosi ammessi allo smaltimento in discarica per inerti", la Regione applica sostanziali differenze se la provenienza del rifiuto sia o meno extraregionale, prevedendo un valore minimo pari a 10 euro/t laddove la provenienza del rifiuto sia interna alla Regione ed un valore massimo pari a 25,82 euro/t se invece i rifiuti sono di provenienza extraregionale.
A tal riguardo, occorre evidenziare che i criteri determinativi del tributo de quo sono stati stabiliti a livello statale dalla legge 28 dicembre 1995, n. 549, recante "Misure di razionalizzazione della finanza pubblica", che all'articolo 3, comma 29 prevede che:
“29. L'ammontare dell'imposta è fissato, con legge della regione entro il 31 luglio di ogni anno per l'anno successivo, per chilogrammo di rifiuti conferiti, in misura non inferiore ad euro 0,001 e non superiore ad euro 0,01 per i rifiuti ammissibili al conferimento in discarica per i rifiuti inerti ai sensi dell'articolo 2 del decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio 13 marzo 2003, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 67 del 21 marzo 2003; in misura non inferiore ad euro 0,00517 e non superiore ad euro 0,02582 per i rifiuti ammissibili ai conferimento in discarica per rifiuti non pericolosi e pericolosi ai sensi degli articoli 3 e 4 del medesimo decreto". - omissis -
La suddetta norma statale, quindi, in relazione ai rifiuti ammissibili al conferimento in discarica per inerti, fissa l'ammontare dell'imposta da applicare a livello regionale in misura non inferiore ad euro 0,001 e non superiore ad euro 0,01.
Da ciò deriva che la Regione, nel rideterminare, con il novellato allegato A alla l.r. 31/2007, il valore del tributo applicabile ai rifiuti speciali non pericolosi ammessi allo smaltimento in discarica per inerti, risulta essersi discostata dai criteri applicativi previsti dal suddetto articolo 3, comma 29 della legge n. 549 del 1995, prevedendo una tassazione più alta rispetto a quella consentita dalla legislazione statale e ponendosi, pertanto, in contrasto con essa.
Siffatta previsione, oltre a violare il suddetto parametro statale interposto derivante legge n. 549 del 1995, si traduce di fatto in una misura potenzialmente limitativa all'introduzione di rifiuti speciali di provenienza extraregionale, con il conseguente concretarsi di un ostacolo alla libera circolazione delle cose.
Trattasi di una imposizione tributaria superiore due volte e mezza la misura massima prevista dal legislatore nazionale, che colpisce la circolazione dei beni e che si appalesa di per sé discriminatoria nei confronti di soggetti collocati fuori dal territorio regionale.
Da ciò deriva il contrasto con i parametri di cui agli artt. 3. 41 e 120 della Costituzione, atteso che la norma regionale censurata, rispettivamente: a. introduce un trattamento sfavorevole per le imprese esercenti l'attività di smaltimento operanti al di fuori del territorio regionale; b. restringe la libertà di iniziativa economica in assenza di concrete e giustificate ragioni attinenti alla tutela della sicurezza, della libertà e della dignità umana, valori che non possono ritenersi posti in pericolo dall'attività di smaltimento controllato e ambientalmente compatibile dei rifiuti; c. introduce un ostacolo alla libera circolazione di cose tra le Regioni, senza che sussistano ragioni giustificatrici, neppure di ordine sanitario o ambientale (cfr. Corte Cost. sentenza n. 335 del 2001), violando il vincolo generale imposto alle Regioni dall'art. 120, primo comma, della Costituzione, che vieta ogni misura atta ad ostacolare «in qualsiasi modo la libera circolazione delle persone e delle cose fra le Regioni» (sentenze n. 10 del 2009 cit.; 11. 164 del 2007 n. 247 del 2006; n. 62 del 2005 e n. 505 del 2002).
Lo stesso Giudice delle leggi, in relazione sempre all'anzidetto parametro costituzionale di cui all'articolo 120 Cost. (sentenza n. 107 del 2018), dovendo vagliare la ragionevolezza delle leggi regionali che limitano i diritti con esso garantiti, ha ritenuto che «occorre esaminare: a) se si sia in presenza di un valore costituzionale in relazione al quale possano essere posti limiti alla libera circolazione delle cose o degli animali; b,) sé, nell'ambito del suddetto potere di limitazione, la regione possegga una competenza che la legittimi a stabilire una disciplina differenziata a tutela di interessi costituzionalmente affidati alla sua cura; c) se il provvedimento adottato in attuazione del valore suindicato e nell'esercizio della predetta competenza sia stato emanato nel rispetto dei requisiti di legge e abbia un contenuto dispositivo ragionevolmente commisurato al raggiungimento delle finalità giustificative dell'intervento limitativo della regione, così da non costituire in concreto un ostacolo arbitrario alla libera circolazione delle cose fra regione e regione (sentenza n. 51 del 1991)".
Ulteriori profili di illegittimità costituzionale della norma regionale che si contesta devono poi essere sollevati in riferimento ai parametri costituzionali di cui agli articoli 117, secondo comma, lettera e), Cost., (che riserva alla competenza esclusiva dello Stato la materia del sistema tributario) e 119, secondo comma, della Cost. (che subordina la possibilità per le Regioni e gli enti locali di stabilire ed applicare tributi ed entrate proprie al rispetto dei principi (statali) di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario), in relazione alla legge n. 42 del 2009 e all'attuativo decreto legislativo n. 68 del 2011, recanti principi fondamentali di finanza pubblica e che qui assumono valore di parametri statali interposti.
A tal riguardo nella sent. 102/2008, la Corte ha affermato che "le Regioni a statuto ordinario sono assoggettate al duplice limite costituito dall'obbligo di esercitare il proprio potere di imposizione in coerenza con i principi fondamentali di coordinamento e dal divieto di istituire o disciplinare tributi già istituiti da legge statale o di stabilirne altri aventi Io stesso presupposto, almeno fino all'emanazione della legislazione statale di coordinamento".
Il Giudice costituzionale è stato poi molto chiaro nello stabilire che: fino a quando la legge statale di coordinamento non sarà emanata "è vietato alle Regioni di istituire e disciplinare tributi propri aventi gli stessi presupposti dei tributi dello Stato o di legiferare sui tributi esistenti istituiti e regolati da leggi statali" (sent. 102/2008; cfr. anche la sent. 75/2006, secondo la quale, in mancanza dei principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, che devono essere 'fissati dal legislatore statale ai sensi dell'ari. 119, secondo comma, Cost., alle Regioni è precluso ogni intervento legislativo sui tributi erariali. Più recentemente, le sentenze 102/2008 e 37/2004, in merito allo stesso problema, vengono richiamate dalla sent. 23/2010).
Viene inoltre precisato espressamente che "come questa Corte ha già avuto modo di affermare, poiché non è ammissibile, in materia tributaria, una piena esplicazione di potestà regionali autonome in carenza della fondamentale legislazione di coordinamento dettata dal Parlamento nazionale, si deve tuttora ritenere preclusa alle Regioni (se non nei limiti ad esse già espressamente riconosciuti dalla legge statale) la potestà di legiferare sui tributi esistenti, istituiti e regolati da leggi statali (cfr. ancora sentenze 296/2003 e 297/2003): e per converso si deve ritenere tuttora spettante al legislatore statale la potestà di dettare norme modificative, anche nel dettaglio, della disciplina dei tributi locali esistenti" (sent. 37/2004).
Solo per le ipotesi di tributi propri aventi presupposti diversi da quelli dei tributi statali, la Corte ha affermato 'sussistere il potere delle Regioni di stabilirli, in forza del quarto comma dell'art. 117 Cost, anche in mancanza di un'apposita legge statale di coordinamento, a condizione, però, che essi, oltre ad essere in armonia con la Costituzione, rispettino ugualmente i principi dell'ordinamento tributario" (sent. 102/2008 e in tal senso, ancora, la sent. 37/2004).
La fondamentale conseguenza della inattuazione del dettato costituzionale è che spetta ancora al legislatore statale la potestà di dettare norme modificative, anche nel dettaglio, relativamente a tributi, già regolati dallo Stato, anche se destinati nel gettito alle Regioni.
Dunque, fino a quando non sarà completato il processo legislativo di coordinamento, è da ritenere vietato alle Regioni:
- istituire e disciplinare tributi propri aventi gli stessi presupposti dei tributi dello Stato;
- legiferare sui tributi esistenti istituiti e regolati da leggi statali;
- legiferare in materia tributaria deducendo i principi di coordinamento dalle norme attualmente in vigore, in attesa della legge statale di coordinamento.
Detti principi sono da considerarsi validi anche a seguito dell'entrata in vigore della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell'art. 119 della Costituzione), e dell'attuativo decreto legislativo 6 maggio 2001 n. 68 (Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario) in virtù del quale (articolo 8) dal 2013, sono stati trasformati in tributi propri regionali un elenco di tributi da ritenersi tassativo e che non comprende il tributo di conferimento in discarica.
In considerazione di quanto precede, l'articolo 38, comma 2 deve essere impugnato per violazione degli articoli 3, 41, 117, secondo comma, lett. s), 119 e 120 Cost., in riferimento ai parametri statali interposti dianzi citati.
La disposizione regionale, peraltro, eccede dalle competenze affidate alla regione dallo Statuto speciale di autonomia.
Alla luce di quanto fin qui rappresentato e del quadro normativo statale in materia si ritiene di dover impugnare dinanzi alla Corte Costituzionale, ai sensi dell'articolo 127 della Costituzione, la legge della Regione Valle d'Aosta n. 1 del 2020.
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