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Disposizioni collegate alla legge di stabilità regionale per il triennio 2020/2022. Modificazioni di leggi regionali e altre disposizioni. (11-2-2020)
Valle Aosta
Legge n.3 del 11-2-2020
n.7 del 13-2-2020
Politiche economiche e finanziarie
6-4-2020 /
Impugnata
La legge Regione Valle d'Aosta 11 febbraio 2020, n. 3, pubblicata sul B.U.R n. 7 del 13/02/2020 recante: "Disposizioni collegate alla legge di stabilità regionale per il triennio 2020/2022. Modificazioni dileggi regionali e altre disposizioni" presenta i seguenti profili di illegittimità costituzionale e va impugnata ai sensi dell'articolo 127 della Costituzione.
L'articolo 21, comma 2 è illegittimo in quanto contrastante con la competenza esclusiva statale in materia di «tutela dell'ambiente e dell'ecosistema" (art. 117, comma 2, lett. s), Cost.), materia "trasversale" e "prevalente", che si impone integralmente nei confronti delle Regioni, anche a Statuto speciale, che non possono contraddirla, e a cui fa capo la disciplina dei rifiuti, spettando allo Stato, per costante giurisprudenza costituzionale, la competenza a fissare livelli di tutela uniforme sull'intero territorio nazionale.
Infatti, il carattere trasversale della materia della tutela dell'ambiente, se da un lato legittima le Regioni a provvedere attraverso la propria legislazione esclusiva o concorrente in relazione a temi che hanno riflessi sulla materia ambientale, dall'altro non costituisce limite alla competenza esclusiva dello Stato a stabilire regole omogenee nel territorio nazionale per procedimenti e competenze che attengono alla tutela dell'ambiente e alla salvaguardia del territorio (cfr. ex plurimis, sentenze n. 150 e n. 151 del 2018; n. 244 del 2016, n. 249 del 2009 Corte Cost.).
L'articolo 21 , nell'introdurre alcune modifiche alla legge regionale 3 dicembre 2007, n. 31, al relativo comma 2, prevede, in particolare, l'aggiunta, dopo l'articolo 16 della citata legge regionale 31/2007, del seguente articolo 16-bis:
"1. Fatta salva la sottoscrizione di appositi accordi di programma con le Regioni interessate, è vietata l'esportazione di rifiuti urbani verso altri ambiti territoriali ottimali o l'importazione di rifiuti urbani da altri ambiti territoriali ottimali. Sono esclusi da tali divieti i rifiuti urbani soggetti a valorizzazione certa.
2. Al fine di contenere la movimentazione dei rifiuti nel territorio regionale, a tutela della salute e in modo da prevenire e ridurre l'inquinamento ambientale, la Regione disincentiva la realizzazione e l'utilizzo delle discariche per il conferimento di rifiuti speciali provenienti da altre Regioni essendo, in particolare, vietato il completamento dei lavori relativi alle attività finalizzate alla gestione di tali rifiuti, ad eccezione dei rifiuti di cui alla tabella I dell'articolo 5 del decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 27 settembre 2010 (Definizione dei criteri di ammissibilità dei rifiuti in discarica, in sostituzione di quelli contenuti nel decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio 3 agosto 2005), nelle discariche in corso di realizzazione e non ancora in esercizio alla data del 1 ° gennaio 2020. Le autorizzazioni e le eventuali proroghe concesse per la realizzazione dei lavori di cui al precedente periodo e per il conseguente esercizio delle discariche si intendono revocate dal 15 febbraio 2020.
3. Per le finalità di cui al comma 2, fermo restando l'obbligo del pieno rispetto dei criteri di ammissibilità in discarica definiti dalla normativa eurounitaria e statale vigente, il conferimento di rifiuti speciali provenienti da altre Regioni è consentito esclusivamente nelle discariche per rifiuti inerti già in esercizio alla data del 1 gennaio 2020, entro e non oltre il limite del 20 per cento della loro capacità annua autorizzata.
4. Con deliberazione della Giunta regionale sono individuati i rifiuti, soggetti a caratterizzazione, derivanti da processi industriali, il cui conferimento è vietato presso le discariche per rifiuti inerti."
Dalla lettura dell'articolo 16-bis risulta che la Regione, ai fini della tutela della salute e di riduzione dell'inquinamento ambientale, con una serie di misure destinate alla gestione dei rifiuti sul territorio, sembra introdurre limitazioni aventi ad oggetto soprattutto i rifiuti speciali di provenienza extra regionale.
In particolare il comma 2 del citato art. 16-bis stabilisce il "divieto di completare i lavori relativi alle attività finalizzate alla gestione dei rifiuti speciali di provenienza extra regionale" e contestualmente la revoca delle autorizzazioni a tal fine già concesse.
Il successivo comma 3 concede, poi, la possibilità di poter conferire nelle discariche regionali esclusivamente alcune tipologie di rifiuti speciali, ovvero, esclusivamente quelli idonei ad essere ammissibili nelle discariche per rifiuti inerti.
Infine, il comma 4 prevede che la Giunta regionale individua le tipologie di rifiuti derivanti da processi industriali il cui conferimento è vietato presso le discariche per rifiuti inerti.
Alla luce di quanto sopra evidenziato, il combinato disposto di cui all'articolo 16 bis, in particolare i commi 2, 3 e 4 della legge regionale in oggetto, pur prevedendo la possibilità di sottoscrivere accordi di programma per lo smaltimento dei rifiuti urbani fuori da territorio regionale, nella parte in cui disciplina la gestione dei rifiuti speciali mediante l'introduzione di specifiche restrizioni, contrasta con le norme di riforma economico-sociale introdotte dallo Stato con il decreto legislativo 3 aprile 2005, n. 152 (rectiùs: articoli 182 e 182-bis), in quanto stabilisce specifiche limitazioni che la norma statale prevede unicamente per i rifiuti urbani, e non anche per altri tipi di rifiuti, per i quali vige invece solo il criterio della vicinanza di impianti di smaltimento appropriati, per ridurre il movimento dei rifiuti stessi, correlato a quello della necessità di impianti specializzati per il loro smaltimento.
In particolare, la norma regionale - prevedendo un divieto, legato a limitazioni territoriali, allo smaltimento extraregionale dei rifiuti speciali - si pone in contrasto con quanto stabilito dal comma 3 del citato art. 182 del decreto legislativo n. 152 del 2006 (norma riproducente l'espressione precedentemente contenuta nel comma 3 dell'art. 5 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22), che non prevede specifici divieti, pur manifestando favore verso «una rete integrata ed adeguata di impianti» «per permettere lo smaltimento dei rifiuti in uno degli impianti appropriati più vicini ai luoghi di produzione o raccolta al fine di ridurre i movimenti dei rifiuti stessi». Laddove nella disciplina statale l'utilizzazione dell'impianto di smaltimento più vicino al luogo di produzione dei rifiuti speciali viene a costituire la prima opzione da adottare, ma ne "permette" anche altre, nella disciplina regionale de qua costituisce la soluzione obbligata.
Tale divieto viene, altresì, a contrastare con lo stesso concetto di «rete integrata di impianti di smaltimento» che presuppone una possibilità di interconnessione tra i vari siti che vengono a costituire il sistema integrato e non ostruzioni determinate da blocchi che impediscano l'accesso ad alcune sue parti.
Il divieto è legittimo, con riferimento ai rifiuti urbani non pericolosi in quanto è la normativa statale che lo prevede, mentre si pone in contrasto con la Costituzione nella parte in cui una fonte di produzione legislativa regionale lo venga a contemplare nei confronti degli altri tipi di rifiuti di provenienza extraregionale (cfr. Corte .Cost., sentenza n. 10/2009).
Inoltre, la norma regionale de qua nella sua attuale formulazione, è da ritenersi in contrasto anche con l'art. 120, primo comma, della Costituzione, ai sensi del quale la Regione non può «adottare provvedimenti che ostacolino in qualsiasi modo la libera circolazione delle persone e delle cose tra le Regioni».
A tal riguardo il Giudice delle leggi ha escluso che le Regioni, sia ad autonomia ordinaria, sia ad autonomia speciale, possano adottare misure volte ad ostacolare «in qualsiasi modo la libera circolazione delle persone e delle cose fra le Regioni» (sentenze n. 10 del 2009 cit.; n. 164 del 2007; n. 247 del 2006; n. 62 del 2005 e n. 505 del 2002) e ha reiteratamente ribadito «il vincolo generale imposto alle Regioni dall'art. 120, primo comma, della Costituzione, che vieta ogni misura atta ad “ostacolare la libera circolazione delle cose e delle persone fra le Regioni” (sentenza n. 161 del 2005).
Sulla base di tali rilievi, la stessa Corte Costituzionale ha ritenuto che numerose disposizioni regionali, le quali vietavano lo smaltimento di rifiuti di provenienza extraregionale diversi da quelli urbani non pericolosi, fossero in contrasto con l'art. 120 della Costituzione, sotto il profilo dell'introduzione di ostacoli alla libera circolazione di cose tra le Regioni, oltre che con i principi fondamentali delle norme di riforma economico-sociale introdotti dal decreto legislativo n. 22 del 1997, e riprodotti dal decreto legislativo n. 152 del 2006.
Anche se l'impugnata disposizione regionale pone, dunque, allo smaltimento di rifiuti di provenienza extraregionale un divieto non assoluto, ma relativo - in quanto limitato ai rifiuti speciali-non viene meno l'illegittimità costituzionale della disposizione stessa. Al riguardo, sempre la Corte Costituzionale ha, difatti, già ritenuto che lo stabilire, da parte di una norma regionale, un divieto sia pur relativo e non assoluto - come quello del caso in esame - «non giustifica una valutazione diversa da quella riservata dalle citate sentenze alle norme allora scrutinate, che imponevano un divieto assoluto» (sentenza n. 505 del 2002). -
Alla luce di quanto fin qui rappresentato e del quadro normativo eurounitario e statale, la legge regionale in argomento si pone in contrasto con il parametro costituzionale di cui al secondo comma, lettera s) dell'art. 117 della Costituzione, in quanto essa interviene in una materia, quella della «tutela dell'ambiente e dell'ecosistema», attribuita in via esclusiva alla competenza legislativa dello Stato (ex multis, Corte Cost., sentenze, n. 244 e n. 33 del 2011, n. 331 e n. 278 del 2010, n. 61.e n. 10 del 2009), nella quale rientra la disciplina della gestione dei rifiuti (Corte Cost., sentenza n. 249 del 2009, infracitata), anche quando interferisca con altri interessi e competenze, di modo che deve intendersi riservato allo Stato il potere di fissare livelli di tutela uniforme sull'intero territorio nazionale, ferma restando la competenza delle Regioni alla cura di interessi funzionalmente collegati con quelli propriamente ambientali (tra le molte, sentenze n. 67 del 2014, n. 285 del 2013, n. 54 del 2012, n. 244 del 2011, n. 225 e n. 164 del 2009 e n. 437 del 2008).
Tale disciplina, «in quanto appunto rientrante principalmente nella tutela dell'ambiente, e dunque in una materia che, per la molteplicità dei settori di intervento, assume una struttura complessa, riveste un carattere di pervasività rispetto anche alle attribuzioni regionali» (sentenza n. 249 del 2009), con la conseguenza che, avendo riguardo alle diverse fasi e attività di gestione del ciclo dei rifiuti e agli ambiti materiali ad esse connessi, la disciplina statale «costituisce, anche in attuazione degli obblighi comunitari, un livello di tutela uniforme e si impone sull'intero territorio nazionale, come un limite alla disciplina che le Regioni e le Province autonome dettano in altre materie di loro competenza, per evitare che esse deroghino al livello di tutela ambientale stabilito dallo Stato, ovvero lo peggiorino» (sentenze n. 58 del 2015, n. 314 del 2009, n. 62 del 2008 e n. 378 del 2007).
Ne consegue che “non può riconoscersi una competenza regionale in materia di tutela dell'ambiente", anche se le Regioni possono stabilire “per il raggiungimento dei fini propri delle loro competenze livelli di tutela più elevati, pur sempre nel rispetto della normativa statale di tutela dell'ambiente." (sentenze n. 285 del 2013 e n. 61 del 2009).
La legge regionale Valle d'Aosta n. 3 del 2020, nel prevedere, inoltre, all'anzidetto articolo 21 comma 2, limitazioni, seppur relative, all'introduzione di rifiuti speciali nel territorio della Regione viola, altresì, l'art. 120 della Costituzione, il quale vieta alle Regioni di adottare provvedimenti che siano di ostacolo alla libera circolazione delle cose.
Per i motivi esposti, si ritiene di dove impugnare dinanzi alla Corte Costituzionale la legge della Regione Valle d'Aosta n. 3 del 2020, limitatamente all'articolo 21, comma 2, per violazione dell'articolo 117, secondo comma, lett. s), Cost. e 120 Cost., in riferimento ai parametri statali interposti dianzi citati.
La disposizione peraltro eccede dalle competenze affidate alla regione dallo Statuto speciale di autonomia.
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