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Modifiche alle leggi regionali n. 45 del 1989 e n. 8 del 2015 in materia di Piano di utilizzo dei litorali. (21-2-2020)
Sardegna
Legge n.3 del 21-2-2020
n.9 del 27-2-2020
Politiche infrastrutturali
20-4-2020 /
Impugnata
La legge regionale, recante “Modifiche alle leggi regionali n. 45 del 1989 e n. 8 del 2015 in materia di Piano di utilizzo dei litorali”, eccede dalle competenze statutarie della Regione Sardegna , violando l’articolo 3 dello Statuto speciale di autonomia della Regione Sardegna e l’articolo 9 della Costituzione, ponendosi in contrasto con l’articolo 117, secondo comma, lettere s), m) e l), della Costituzione.
L’articolo 3, lettera f), dello Statuto speciale della Regione autonoma della Sardegna (legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3) attribuisce alla Regione potestà legislativa in materia di “edilizia e urbanistica”, mentre l’articolo 6 d.P.R. 22 maggio 1975, n. 480 (“Nuove norme di attuazione dello statuto speciale della regione autonoma della Sardegna”) trasferisce alla Regione alcune competenze già esercitate dagli organi del Ministero della pubblica istruzione, poi attribuite al Ministero per i beni culturali e ambientali.
Va tuttavia rimarcato che, in base al medesimo articolo 3 dello Statuto speciale, la potestà legislativa regionale deve essere esercitata “In armonia con la Costituzione e i principi dell’ordinamento giuridico della Repubblica e col rispetto degli obblighi internazionali e degli interessi nazionali, nonché delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica”, e quindi necessariamente nel rispetto delle previsioni del Codice dei beni culturali e del paesaggio d.lgs. n. 42/2004.
Ciò premesso , risultano censurabili, per le motivazioni di seguito indicate le disposizioni regionali contenute negli articoli 1, comma 2, lettere b) e c) e d) e 2 della legge in esame.
1.L’articolo 1, comma 2, reca modifiche alla legge regionale 22 dicembre 1989, n. 45 (“Norme per l’uso e la tutela del territorio regionale”), e in particolare all’articolo 22-bis, recante la disciplina del Piano di utilizzo dei litorali (PUL).
Si osserva che la lettera b) del comma 2 modifica il comma 6 del predetto articolo 22-bis, aggiungendo, dopo la parola “stessi”, il seguente periodo: “Le aree e le strutture assentite con titolo concessorio demaniale permangono invariate per posizionamento, superficie, oggetto e utilità turistico-ricreative esercitate, come previsto dal relativo titolo, sino alla scadenza dello stesso”.
Le lettere c) e d) modificano, invece, il comma 9 dell’articolo 22-bis della legge regionale n. 45 del 1989.
Prima delle novelle, il comma 9 stabiliva che: “Le disposizioni di cui ai commi 4 e 5 entrano in vigore a far data dalla pubblicazione del PUL sul Bollettino ufficiale della Regione autonoma della Sardegna (BURAS) e in sua assenza la localizzazione delle strutture di cui al comma 3 è ammessa, compatibilmente con le previsioni contenute negli strumenti urbanistici comunali, per un periodo non superiore a quello della stagione balneare, salva la differente durata già prevista da legittimi titoli abilitativi, autorizzatori e concessori. In assenza di PUL è inoltre consentita la realizzazione, senza limiti temporali, di strutture di facile rimozione della superficie non superiore a 30 mq e connesse a corridoi di lancio, finalizzate all’esercizio di attività sportive direttamente connesse all’uso del mare; tali strutture sono compatibili con ogni destinazione di zona omogenea e non soggiacciono ai relativi parametri; rimane impregiudicata la possibilità del PUL di sopprimere o rivedere il posizionamento di tali strutture.”.
A seguito delle modificazioni apportate dalla legge regionale n. 3 del 2020, la disposizione assume, invece, il seguente tenore: “In assenza di PUL è inoltre consentita la realizzazione, senza limiti temporali, di strutture di facile rimozione della superficie non superiore a 30 mq e connesse a corridoi di lancio, finalizzate all’esercizio di attività sportive direttamente connesse all’uso del mare; tali strutture sono compatibili con ogni destinazione di zona omogenea e non soggiacciono ai relativi parametri; le aree e le strutture assentite con titolo concessorio demaniale permangono invariate per posizionamento, superficie, oggetto e utilità turistico-ricreative esercitate, come previsto dal relativo titolo, sino alla scadenza dello stesso. Possono essere assentite variazioni a richiesta del concessionario solo e limitatamente a quanto previsto dal Codice della navigazione”.
L’effetto delle novelle sopra richiamate è duplice.
Sotto un primo profilo, vengono rese permanenti le strutture precarie e mobili aventi carattere stagionale realizzate sugli arenili, e che quindi siano state assoggettate, in sede di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, all’obbligo di smontaggio al termine di ciascuna stagione balneare e fino all’avvio della stagione successiva.
Le disposizioni censurate incidono così direttamente sul contenuto e sulla portata delle autorizzazioni paesaggistiche rilasciate dalle Autorità preposte alla tutela, estendendo la valenza di tali titoli a opere non contemplate (manufatti permanenti invece che stagionali) e quindi non assentite.
Per questa via, le previsioni in esame si pongono in diretto contrasto con il Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e in particolare con l’articolo 146, che subordina qualsiasi intervento sui beni paesaggistici all’autorizzazione paesaggistica e che – in diretta attuazione del principio fondamentale dell’articolo 9 della Costituzione – assegna al predetto titolo la valenza di atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l’intervento urbanistico-edilizio.
Sotto altro profilo, le previsioni introdotte dalla legge regionale censurata hanno una diretta ricaduta sull’efficacia temporale dell’autorizzazione paesaggistica, uniformandola in ogni caso a quella della concessione demaniale marittima. Così disponendo, la Regione incide quindi sulla disciplina dell’efficacia dell’autorizzazione paesaggistica, contenuta all’articolo 146, comma 4, del Codice di settore, invadendo manifestamente la potestà legislativa esclusiva statale.
Per ciò che attiene a questo secondo profilo, occorre tenere presente che, in base al richiamato comma 4 dell’articolo 146 del Codice, “L’autorizzazione è efficace per un periodo di cinque anni, scaduto il quale l’esecuzione dei progettati lavori deve essere sottoposta a nuova autorizzazione. I lavori iniziati nel corso del quinquennio di efficacia dell’autorizzazione possono essere conclusi entro e non oltre l’anno successivo la scadenza del quinquennio medesimo. Il termine di efficacia dell’autorizzazione decorre dal giorno in cui acquista efficacia il titolo edilizio eventualmente necessario per la realizzazione dell’intervento, a meno che il ritardo in ordine al rilascio e alla conseguente efficacia di quest’ultimo non sia dipeso da circostanze imputabili all’interessato”.
Inoltre, lo “smontaggio e rimontaggio periodico di strutture stagionali munite di autorizzazione paesaggistica” non richiede alcun altro titolo autorizzatorio, secondo quanto disposto al punto A.28 dell’allegato A del d.P.R. 13 febbraio 2017, n. 31 (“Regolamento recante individuazione degli interventi esclusi dall’autorizzazione paesaggistica o sottoposti a procedura autorizzatoria semplificata”).
In base alle suddette disposizioni, una volta rilasciata l’autorizzazione paesaggistica per le strutture stagionali, queste possono essere smontate e rimontate annualmente in forza del medesimo titolo, senza necessità di munirsi ogni volta di una nuova autorizzazione (sempre che, ovviamente, oggetto di rimontaggio stagionale sia lo stesso identico stabilimento balneare originario). E ciò per tutto il periodo di efficacia dell’autorizzazione rilasciata.
Quanto a quest’ultimo aspetto, deve inoltre precisarsi che, secondo l’interpretazione corrente data dal competente Ministero per i beni e le attività culturali , una volta che le opere stagionali siano installate per la prima volta entro il quinquennio di cui all’articolo 146, comma 4, del Codice, il titolo autorizzatorio rimane efficace per tutta la durata in esso prevista, che potrebbe essere superiore al quinquennio, se così è stato richiesto dall’interessato e assentito dall’Amministrazione. In particolare, laddove sia stata domandata l’autorizzazione paesaggistica con riferimento a una concessione demaniale, il titolo può essere assentito per una durata pari a quella della concessione, che è di regola di sei anni.
In questo quadro, le disposizioni della legge regionale censurata intervengono modificando non solo – come detto – la portata del titolo autorizzatorio, ma anche la sua efficacia temporale, che viene uniformata senz’altro a quella della concessione demaniale, indipendentemente dal contenuto del titolo in concreto rilasciato.
Effetto ancora più grave delle previsioni è, poi, quello di determinare il prolungamento dell’efficacia dell’autorizzazione paesaggistica quale mera conseguenza automatica della proroga della concessione demaniale, e ciò in modo indiscriminato e al di fuori di qualsiasi controllo dell’Autorità preposta alla tutela.
Viene, così, invasa la potestà legislativa esclusiva statale in materia di tutela del paesaggio, di cui all’articolo 117, secondo comma, lett. s), della Costituzione, nonché la potestà dello Stato in materia di “determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale”, ai sensi all’articolo 117, secondo comma, lett. m), della Costituzione, atteso che tali prestazioni includono anche la portata e la valenza dell’autorizzazione paesaggistica, che deve essere necessariamente uniforme sull’intero territorio nazionale. I suddetti titoli di competenza statale si impongono anche alla Regione autonoma della Sardegna, alla luce dell’articolo 3 dello Statuto regionale di autonomia.
Le previsioni censurate incidono inoltre sulla possibilità per l’Autorità giudiziaria penale di reprimere gli abusi paesaggistici realizzati mediante l’inottemperanza, anche già avvenuta, alle prescrizioni di smontaggio delle strutture stagionali contenute nelle autorizzazioni paesaggistiche rilasciate o da rilasciare, nonché mediante il mantenimento dei manufatti dopo la scadenza del titolo, così invadendo la potestà legislativa esclusiva dello Stato in materia di ordinamento penale di cui all’articolo 117, secondo comma, lett. l), della Costituzione.
Poiché, infine, la disciplina regionale compromette significativamente la tutela del paesaggio, è violato anche l’articolo 9 della Costituzione.
2.L’articolo 2 modifica la legge regionale 23 aprile 2015, n. 8 (“Norme per la semplificazione e il riordino di disposizioni in materia urbanistica ed edilizia e per il miglioramento del patrimonio edilizio”), e in particolare l’articolo 43, dedicato al “Posizionamento delle strutture al servizio della balneazione”.
La lett. a) del comma 1 del predetto articolo 2 reca l’inserimento, dopo il comma 1 dell’articolo 43 della legge regionale n. 8 del 2015, di un comma 1-bis, del seguente tenore: “Il posizionamento delle strutture di facile rimozione a scopo turistico-ricreativo è ammesso per l’intero anno solare, al fine di favorire la destagionalizzazione della stagione turistica a condizione che l’operatore, entro il 31 ottobre di ciascun anno, programmi e comunichi, ai sensi dell’ordinanza balneare periodica, un minimo di 10 mesi di operatività sui dodici mesi successivi. L’operatività così programmata può essere comunque ridotta in relazione alle previsioni meteoclimatiche. L’efficacia delle autorizzazioni edilizie e paesaggistiche relative a strutture precarie a scopo turistico ricreativo, ubicate nella fascia dei 300 (trecento) metri dalla battigia marina, ha durata pari a quella della concessione demaniale e, al di fuori del demanio, fino al perdurare della relativa esigenza”.
Anche in questo caso, la previsione è dichiaratamente diretta ad assicurare la stabilità e la permanenza di opere destinate, in base alle prescrizioni contenute nell’autorizzazione paesaggistica, a essere rimosse al termine della stagione balneare, analogamente a quanto già rilevato in relazione alle disposizioni dell’articolo 1, comma 2, della medesima legge regionale.
La disposizione incide inoltre direttamente sull’efficacia temporale dell’autorizzazione paesaggistica, uniformandola in ogni caso a quella della concessione demaniale marittima.
Qualora, poi, si tratti di opere poste “al di fuori del demanio”, la durata dell’autorizzazione paesaggistica è addirittura determinata dalla Regione “fino al perdurare della relativa esigenza”, ovvero sine die, anche in questo caso prescindendo in toto dal Codice dei beni culturali e del paesaggio, nonché dall’istanza dell’interessato e dal contenuto del titolo autorizzatorio in concreto rilasciato.
Così disponendo, la Regione incide direttamente sulla disciplina dell’autorizzazione paesaggistica, contenuta all’articolo 146 del Codice di settore, invadendo manifestamente la potestà legislativa esclusiva statale, di cui all’articolo 117, secondo comma, lett. s), m) e l), e violando l’articolo 3 dello Statuto di autonomia, per le stesse ragioni già sopra illustrate.
È inoltre ravvisabile, come sopra detto, anche la violazione dell’articolo 9 della Costituzione.
Ugualmente censurabile, sotto i medesimi profili, è la modifica di cui alla lett. b) dell’articolo in esame, che reca l’abrogazione del comma 2 dell’articolo 43 della legge regionale n. 8 del 2015.
La disposizione abrogata aveva previsto che: “In via transitoria il permesso di costruire per la realizzazione delle strutture di cui al comma 1, [n.d.r.: strutture a servizio della balneazione in assenza di PUL] non può avere durata superiore a quella della stagione balneare”. L’abrogazione disposta si pone in linea con le altre novelle introdotte dalla legge regionale n. 3 del 2020, tutte funzionali ad assicurare la stabilità delle opere precarie e stagionali, indipendentemente dalle prescrizioni dell’autorizzazione paesaggistica e dalla durata di quest’ultimo titolo.
Le descritte disposizioni regionali , per le ragioni sopra illustrate si pongono in diretto contrasto con l’articolo 146 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, in quanto incidono sia sulla portata dell’autorizzazione paesaggistica, consentendo la permanenza nel tempo anche dei manufatti stagionali e precari soggetti a smontaggio, sia sulla stessa efficacia temporale del titolo, disciplinata al comma 4 del predetto articolo 146.
Secondo quanto da tempo chiarito dalla Corte costituzionale, l’articolo 146 del predetto Codice costituisce infatti “norma di grande riforma economico-sociale che la Regione autonoma della Sardegna deve rispettare (sentenza n. 238 del 2013), in quanto adottata nell’ambito della competenza esclusiva statale nella materia «tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali», di cui all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.” (Corte cost. n. 189 del 2016).
Le disposizioni regionali sopra censurate sono, pertanto, illegittime per violazione della potestà legislativa esclusiva in materia di tutela del paesaggio, di cui all’articolo 117, secondo comma, lett. s), della Costituzione e dell’articolo 3 dello Statuto speciale della Regione.
Le stesse disposizioni risultano, inoltre, violare la potestà legislativa statale in materia di “determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale”, atteso che tali prestazioni includono anche la portata e la valenza dell’autorizzazione paesaggistica, imponendosi anche alle Regioni e Province autonome (cfr., al riguardo, Corte cost. 24 luglio 2012, n. 107, pronunciata nei confronti della Provincia autonoma di Trento).
È pure ravvisabile l’invasione della potestà legislativa esclusiva dello Stato in materia di ordinamento penale, di cui all’articolo 117, secondo comma, lett. l), della Costituzione, e ciò in quanto: (i) i manufatti che, alla data di entrata in vigore della legge regionale, non sono stati smontati, come prescritto dall’autorizzazione paesaggistica, o per i quali non è stata chiesta una nuova autorizzazione al termine dell’efficacia della precedente, vengono ad essere “sanati” per effetto delle disposizioni regionali, e così sottratti all’accertamento dei reati paesaggistici commessi, nonché alla rimessione in pristino, che il giudice penale è tenuto a ordinare (articolo 181, comma 2, del Codice di settore); (ii) per il futuro, viene a originarsi una differenza tra le fattispecie sanzionatorie dell’articolo 181 del Codice, in quanto, per la sola Sardegna, sono sottratte all’area dell’illecito penale condotte che invece vi rientrano in tutto il territorio della Repubblica (inottemperanza alle prescrizioni dell’autorizzazione paesaggistica e mantenimento delle opere dopo la scadenza del titolo).
Infine, è ravvisabile la violazione dell’articolo 9 della Costituzione, in quanto la disciplina introdotta mediante la legge regionale censurata è potenzialmente pregiudizievole per la tutela del paesaggio, che ha valenza di interesse costituzionale primario e assoluto (v. Corte cost. n. 367 del 2007).
La legge regionale , limitatamente alle disposizioni sopra illustrate, deve essere impugnata ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione per violazione dell’articolo 117, secondo comma, lett. s), m) e l), della Costituzione, dell’articolo 3 dello Statuto speciale di autonomia della Regione Sardegna, nonché dell’articolo 9 della Costituzione.
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