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Disposizioni sulla gestione della posidonia spiaggiata. (21-2-2020)
Sardegna
Legge n.1 del 21-2-2020
n.9 del 27-2-2020
Politiche infrastrutturali
20-4-2020 /
Impugnata
La legge regionale, che reca disposizioni sulla gestione della posidonia spiaggiata, contempla talune disposizioni che appaiono costituzionalmente illegittime, in quanto eccedono dalla competenza statutaria della Regione Autonoma Sardegna perché contrastanti con la competenza esclusiva statale in materia di «tutela dell'ambiente e dell'ecosistema" di cui all’articolo 117, secondo comma , lettera s), della Costituzione , materia, quest'ultima, "trasversale" e "prevalente" che si impone integralmente nei confronti delle Regioni, anche ad autonomia speciale, che non possono contraddirla, e a cui fa capo la disciplina dei rifiuti, spettando allo Stato, per costante i giurisprudenza costituzionale, la competenza a fissare livelli di tutela uniforme sull'intero territorio nazionale.
Infatti, il carattere trasversale della materia della tutela dell'ambiente se, da un lato, legittima le Regioni a provvedere attraverso la propria competenza legislativa primaria o concorrente in relazione a temi che hanno riflessi sulla materia ambientale, dall'altro non costituisce limite alla competenza esclusiva dello Stato a stabilire regole omogenee nel territorio nazionale per procedimenti e competenze che attengono alla tutela dell'ambiente e alla salvaguardia del territorio (ex plurimis, sentenze n. 150 e n. 151 del 2018; n. 244 del 2016, n. 249 del 2009 Corte Cost.).
Ciò premesso, si evidenzia quanto segue.
Ai sensi dell'articolo 184, comma 2, lettera d) del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, costituiscono rifiuti urbani i rifiuti di qualsiasi natura o provenienza giacenti sulle spiagge marittime e lacuali e sulle rive dei corsi d'acqua.
Non costituiscono, invece, attività di gestione dei rifiuti le operazioni di prelievo, raggruppamento e deposito preliminari alla raccolta di materiali e sostanze naturali derivanti da eventi atmosferici e meteorici, incluse mareggiate e piene anche frammisti ad altri materiali di origine antropica, effettuate nel tempo tecnico strettamente necessario, presso il sito cui detti eventi li hanno depositati (cfr. articolo 183, comma 1, lettera n) d.lgs. 152/06).
In particolare, e per quel che rileva, relativamente alla gestione della posidonia spiaggiata, il comma 11, dell'articolo 39 del decreto legislativo 3 dicembre 2010, n.205, dispone che laddove sussistano elementi univoci che facciano ritenere la relativa presenza di posidonia (per esempio meduse spiaggiate) direttamente dipendente da mareggiate o altre cause comunque naturali, è consentito l'interramento in situ dei materiali sopracitati purché ciò avvenga senza trasporto né trattamento.
In aggiunta ai suddetti parametri statali interposti di settore vanno considerate, altresì, le due circolari, rispettivamente prot. 8 123/2006 e 88388/2019 del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, emanate con l'intento di fornire a tutte le Regioni le corrette modalità di gestione dei materiali spiaggiati in accordo alla normativa nazionale vigente.
Ed è in siffatta cornice previsionale che si colloca, quindi, la legge regionale in esame , che si propone di incoraggiare il mantenimento e riutilizzo in loco della posidonia spiaggiata come strumento naturale di difesa dall'erosione costiera, di cui assumono rilievo i seguenti profili di criticità.
All'articolo 1, comma 1, il legislatore regionale ha previsto che, fatta salva la possibilità del mantenimento in loco, laddove il mantenimento in loco della posidonia impedisca la regolare fruizione della spiaggia a fini turistici, previa comunicazione alla Regione, i comuni o i gestori concessionari possono spostare gli accumuli di posidonia in zone idonee dello stesso arenile o in altre zone idonee del comune se la prima opzione non è evidentemente praticabile.
La disposizione è censurabile nella parte in cui prevede lo spostamento temporaneo degli accumuli di posidonia “in aree idonee appositamente individuate all’interno del territorio del comune” e perciò in zone diverse da quelle individuate con circolare ministeriale 8838 del 2019, attuativa della disciplina statale. Infatti in questo modo risultano violate le disposizioni dell’articolo 180 bis comma 1bis e 183 comma 1 lettera bb) del d.lgs. n. 152 del 2006 , che consentono il raggruppamento dei rifiuto ed il deposito temporaneo ai fini della preparazione per il riutilizzo solo nel luogo in cui gli stessi sono stati prodotti e prima della raccolta e del trasporto.
La norma, peraltro, implica anche una attività di trasporto del materiale che, come tale, andrebbe, conseguentemente soggetta al regime previsionale di cui all’articolo 193 del decreto legislativo n. 152 del 2006, sostanziandosi una vera e propria operazione di gestione di rifiuti.
Il successivo comma 4 dell'articolo 1 stabilisce che, qualora si proceda allo, spostamento della posidonia, è fatto assoluto divieto di procedere al relativo smaltimento in discarica.
Tale disposizione contrasta con l'articolo 182 del decreto legislativo n. 152 del 2006, il quale stabilisce di ricorrere allo smaltimento in discarica ogni qualvolta non sia possibile dal punto di vista tecnico ed economico eseguire le operazioni di recupero o accedervi a condizioni ragionevoli anche considerando il rapporto costi/benefici.
Il comma 5 dello stesso articolo 1 stabilisce, invece, di poter effettuare la vagliatura del materiale organico spiaggiato anche presso il sito ove si intende conferire la posidonia.
Siffatta previsione, fermo restando quanto sopra già indicato in relazione al comma 1 con riferimento al luogo di deposito ove conferire la posidonia, si pone in contrasto con quanto espressamente stabilito dall'articolo 183, comma 1, lettera n) che, al fine di non costituire attività di gestione dei rifiuti, ammette l'esecuzione delle operazioni di cernita esclusivamente presso il "medesimo sito ove gli eventi li hanno depositati".
Lo stesso articolo 1, al comma 8, intende escludere dal campo di applicazione della normativa sui rifiuti i materiali costituiti di materia vegetale di provenienza agricola o forestale, depositatisi naturalmente sulle sponde di laghi e fiumi e sulla battigia del mare, derivanti da eventi atmosferici o meteorici, ivi incluse le mareggiate e piene, anche ove frammisti ad altri materiali di origine antropica.
Tale disposizione, prevedendo l'esclusione dalla citata normativa ambientale dei materiali non espressamente previsti dall'articolo 185, comma 1, lettera f) del decreto legislativo n. 152 del 2006, non solo si pone in contrasto con tale previsione ma potrebbe determinare anche la possibile apertura di una procedura di infrazione comunitaria.
I residui di posidonia, al pari di altri materiali spiaggiati, vengono infatti classificati dalla norma statale come rifiuti urbani ai sensi dell’articolo 184 comma 2 lettera d) del decreto legislativo n. 152 del 2006 e dunque ad essi si applica la disciplina sui rifiuti anche nelle fasi del trasporto e del successivo invio ad operazioni di recupero (da privilegiare in accordo con i principi dell'economia circolare) o di smaltimento.
L'esclusione della posidonia spiaggiata dalla disciplina dei rifiuti può essere considerata solo se non si concretizza la volontà del disfacimento perché la stessa - compatibilmente con la fruizione delle spiagge nel periodo estivo - viene comunque gestita in loco come risorsa per la protezione dell'arenile.
Il fatto che la Regione abbia precluso la possibilità di smaltimento in discarica non rileva per escludere tout-court i materiali e le biomasse vegetali, depositate sulle rive di laghi e fiumi o spiaggiate, dalla disciplina dei rifiuti, se le stesse non possono essere utilizzate per la protezione degli arenili. La necessità di avvio di tali materiali a impianti di riciclo e compostaggio ne trasforma inevitabilmente la natura giuridica da risorsa a rifiuto.
Delineato il contrasto delle suddette previsioni regionali con gli evidenziati parametri statali interposti in materia, si evidenzia che il Giudice delle Leggi nell'affermare che l'ambiente sia una materia "trasversale" - ovvero afferente più livelli dì tutela non ha mancato di ricordare che spettano comunque "allo Stato le determinazioni che rispondono ad esigenze meritevoli di disciplina uniforme sull'intero territorio nazionale" (cfr., da ultimo, sentenze n. 507 e n. 54 del 2000, n. 382 del 1999, n. 273 del 1998)" (Corte Costituzionale, sent. 407/2002).
L'esistenza, dunque, di uno specifico limite all'esercizio del potere normativo delle Regioni in materia ambientale è stato altresì ribadito dalla stessa Corte Costituzionale con la sentenza 11. 378/2007, ove si legge testualmente: "La potestà di disciplinare. l'ambiente nella sua interezza è stato affidato, in riferimento al-riparto delle competenze tra Stato e Regioni in via esclusiva allo Stato, dall’art. 117, comma secondo, lettera s), della Costituzione, il quale, come è noto, parla di "ambiente" in termini generali e onnicomprensivi ".
Non è da trascurare che la norma costituzionale pone accanto alla parola "ambiente" la parola
"ecosistema". Ne consegue che spetta allo Stato disciplinare l'ambiente come un'entità organica, dettare cioè delle norme di tutela che hanno ad oggetto il tutto e Je singole componenti considerate come parti del tuffo.
Alla luce di quanto fin qui rappresentato e del quadro normativo euro unitario e statale, la legge regionale in esame è in contrasto con il parametro costituzionale di cui al secondo comma, lettera s), dell’articolo 117 della Costituzione , in quanto essa interviene in una materia, quella della «tutela dell'ambiente e dell'ecosistema», attribuita in via esclusiva alla competenza legislativa dello Stato. (ex multis, Corte Cost., sentenze n. 54 del 2012, n. 244 e n. 33 del 2011, n. 331 e n. 278 del 2010, n. 61 e n. 10 del 2009), nella quale rientra la disciplina della gestione dei rifiuti (Corte Cost., sentenza n. 249 del 2009, anche quando interferisca con altri interessi e competenze, di modo che deve intendersi riservato allo Stato il potere di fissare livelli di tutela uniforme sull'intero territorio nazionale, ferma restando la competenza delle Regioni alla cura di interessi funzionalmente collegati con quelli propriamente ambientali (tra le molte, sentenze n. 67 del 2014, n. 285 del 2013, n. 54 del 2012, n. 244 del 2011, n. 225 e n. 164 del 2009 e n. 437 del 2008).
Tale disciplina, «in quanto appunto rientrante principalmente nella tutela dell'ambiente, e dunque in una materia che, per la molteplicità dei settori di intervento, assume una struttura complessa, riveste un carattere di pervasività rispetto anche alle attribuzioni regionali» (sentenza n. 249 del 2009), con la conseguenza che, la disciplina statale «costituisce, anche in attuazione degli obblighi comunitari, un livello di tutela uniforme e si impone sull'intero territorio nazionale, come un limite alla disciplina che le Regioni e le Province autonome dettano in altre materie di loro competenza, per evitare che esse deroghino al livello di tutela ambientale stabilito dallo Stato, ovvero lo peggiorino» (sentenze n. 58 del 2015, n. 314 del 2009, n. 62 del 2008 e n. 378 del 2007).
Per i motivi esposti, la legge regionale, limitatamente all'articolo 1, commi 1,4, 5 e 8, eccede dalle competenze statutarie della Regione Sardegna e deve essere impugnata ai sensi dell’articolo 127 della per violazione dell'articolo 117, secondo comma, lettera s) della Costituzione , in riferimento ai parametri statali interposti dianzi citati.
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