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Modifiche all'articolo 6 della legge regionale n. 23 del 1998 in materia di piani di abbattimento. (27-2-2020)
Sardegna
Legge n.5 del 27-2-2020
n.10 del 5-3-2020
Politiche infrastrutturali
24-4-2020 /
Impugnata
La legge regionale in esame , che detta modifiche all'articolo 6 della legge regionale n. 23 del 1998 in materia di piani di abbattimento di fauna selvatica, contempla talune disposizioni che eccedono dalle competenze statutarie riconosciute alla Regione Sardegna dallo statuto speciale di autonomia l.c. n. 3 del 1948, risultando costituzionalmente illegittime, in quanto contrastanti con gli standard di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema posti dal legislatore statale nell’esercizio della competenza esclusiva ex art. 117, secondo comma 2, lettera s), della Costituzione , con particolare riferimento alla disposizione contenuta nell’articolo 1, in merito ai cui contenuti si rileva quanto segue.
In limine, occorre evidenziare che nell’ordinamento italiano la vigente normativa in materia di protezione della fauna selvatica e di prelievo venatorio è contenuta nella legge quadro 11 febbraio 1992, n. 157, concernente «Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio» ritenuta dalla Corte Costituzionale disciplina contenente, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lett. s), Cost., il nucleo minimo di salvaguardia della fauna selvatica, il cui rispetto deve essere assicurato sull’intero territorio nazionale (Corte Cost. n. 233/2010).
La stessa giurisprudenza della Corte Costituzionale ha sul punto, affermato che «spetta allo Stato, nell’esercizio della potestà legislativa esclusiva in materia di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, prevista dall’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., stabilire standard minimi e uniformi di tutela della fauna, ponendo regole che possono essere modificate dalle Regioni, nell’esercizio della loro potestà legislativa in materia di caccia, esclusivamente nella direzione dell’innalzamento del livello di tutela» (ex plurimis, sentenze n. 303 del 2103, n. 278, n. 116 e n. 106 del 2012).
Ciò posto l’esame, in punto di legittimità costituzionale, della norma regionale che si contesta impone una preliminare ricostruzione delle previsioni legislative statali suscettibili di assumere in materia la valenza di parametri interposti in quanto espressione della competenza esclusiva dello Stato a porre standard uniformi di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema non derogabili in peius dalle regioni.
In questa prospettiva, occorre tener conto anzitutto dell’articolo 19, comma 2 della suddetta legge n. 157 del 1992, il quale intesta alle regioni il controllo delle specie di fauna selvatica anche nelle zone vietate alla caccia. Tale controllo, esercitato selettivamente, viene praticato di norma mediante metodi ecologici su parere dell’Istituto nazionale per la fauna selvatica (oggi ISPRA). Solo laddove ISPRA verifichi l’inefficacia dei predetti metodi le regioni possono autorizzare piani di abbattimento, i quali devono essere attuati dalle guardie venatorie dipendenti dalle amministrazioni provinciali, che potranno a propria volta avvalersi dei proprietari o conduttori dei fondi sui quali si attuano i piani medesimi, purché muniti di licenza per l’esercizio venatorio, nonché delle guardie forestali e delle guardie comunali munite della stessa licenza.
Nell’ambito di tale cornice normativa primaria statale l’art. 1 della predetta l.r. Sardegna n. 5 del 2020, sotto la rubrica “Modifiche all'articolo 6 della legge regionale n. 23 del 1998 (Cattura e abbattimento autorizzati) ”, apporta le seguenti modifiche all'articolo 6 della legge regionale 29 luglio 1998, n. 23 (Norme per la protezione della fauna selvatica e per l'esercizio della caccia in Sardegna):
“a) la lettera f) del comma 1 è così sostituita:
"f) predisporre piani di abbattimento, qualora sia verificata l'inefficacia dei predetti metodi, la cui attuazione deve essere affidata alle province e alla città metropolitana di Cagliari che si avvalgono dei proprietari o conduttori dei fondi sui quali si attuano i piani medesimi o di loro delegati, espressamente individuati a tal fine. Tutti i soggetti che svolgono l'attività di abbattimento, oltre a essere muniti della licenza di porto di fucile per uso caccia e dell'autorizzazione per l'esercizio venatorio, devono aver partecipato a corsi di formazione specifici per il controllo della fauna selvatica e aver superato i relativi esami. Al Corpo forestale e di vigilanza ambientale è riservato il controllo delle fasi esecutive.";
b) dopo il comma 1 è aggiunto il seguente:
"1 bis. Nel caso di grave ritardo o omissione da parte degli enti preposti all'attuazione dei piani di abbattimento di cui al comma 1, lettera f), si applica la procedura di potere sostitutivo di cui all'articolo 9 della legge regionale 12 giugno 2006, n. 9 (Conferimento di funzioni e compiti agli enti locali).".
La disposizione regionale in parola, nel modificare l’articolo 6, comma 1, lett. f) della precedente legge regionale 23 del 1998, prevede che l’attuazione dei piani di abbattimento sia affidata alle Province e alla Città Metropolitana di Cagliari, che si avvalgono dei proprietari o conduttori dei fondi sui quali si attuano i piani medesimi o di loro delegati.
La precedente formulazione della modificata lettera f) dell’articolo 5, comma 1 della legge regionale n. 23 del 1998, prevedeva che l'Assessore regionale della difesa dell'ambiente, avvalendosi dell'Istituto regionale per la fauna selvatica e sentito il parere del Comitato regionale faunistico, avesse la facoltà di “ predisporre piani di abbattimento, qualora sia verificata l'inefficacia dei predetti metodi, la cui attuazione deve essere affidata al personale del Corpo forestale e di vigilanza ambientale che potrà altresì avvalersi dei proprietari o conduttori dei fondi sui quali si attuano i piani medesimi purché muniti di licenza e dell'autorizzazione per l'esercizio venatorio”.
Quindi prima della modifica recata dall’articolo 6, comma 1, lett. f), della legge regionale n. 23 del 1998 nella Regione Sardegna, l’unico personale che poteva essere utilizzato per il controllo del patrimonio faunistico era quello previsto dall’articolo 19 della legge n. 157 del 1992, ovvero il personale del Corpo forestale e di vigilanza ambientale che poteva altresì avvalersi dei proprietari o conduttori dei fondi sui quali si attuano i piani medesimi.
A seguito dell’entrata in vigore della descritta modifica legislativa, si inserisce tra il personale da poter utilizzare sull’intero territorio regionale in aggiunta ai proprietari o conduttori dei fondi sui quali si attuano i piani medesimi, loro delegati, espressamente individuati a tal fine.
Al riguardo, occorre tenere presente che a livello nazionale, e per costante giurisprudenza della Corte Costituzionale, il controllo della fauna è sottoposto al rispetto di rigorose disposizioni statali, non derogabili dal legislatore regionale, che in particolare prevedono per l’utilizzo del personale per il controllo venatorio e gli abbattimenti rigorose distinzioni, tenuto conto, nello specifico:
•che in tutto il territorio diverso dalle aree naturali protette, ai sensi del comma 2 dell’articolo 19 della legge 157/1992, operano esclusivamente le “guardie venatorie dipendenti dalle amministrazioni provinciali. Queste ultime potranno altresì avvalersi dei proprietari o conduttori dei fondi sui quali si attuano i piani medesimi, purché muniti di licenza per l'esercizio venatorio, nonché delle guardie forestali e delle guardie comunali munite di licenza per l'esercizio venatorio”;
•che nelle aree naturali protette, ai sensi del comma 6 dell’articolo 22 della legge n. 394/1991, i controlli devono essere attuati esclusivamente dal personale dipendente dall’ente gestore o da persone da esso autorizzate;
•che ai sensi dell'art. 2 comma 33 Legge 9 dicembre 1998, n. 426 (che ha modificato il comma 6 dell’articolo 22 della Legge 394/1991) le persone autorizzate dall’ente gestore vanno scelte “con preferenza tra cacciatori residenti nel territorio del parco”.
Ciò posto, la disciplina del controllo venatorio, contenuta nell’articolo 19 comma 2 della legge n. 157 del 1992 – qualificabile, secondo giurisprudenza costituzionale, come norma di fondamentale di riforma economico-sociale – fornisce un’elencazione dei soggetti ad esso deputati, definita dalla Corte costituzionale tassativa, oltre che vincolante per le Regioni in quanto espressione della competenza esclusiva dello Stato sulla tutela dell’ambiente e dell’ecosistema; di talchè, una sua integrazione da parte della legge regionale riduce il livello minimo e uniforme di tutela dell’ambiente (sent. n. 139/2017 3 e da ultimo sent. n. 217/2018). La Consulta ha avuto altresì modo di rilevare che la suddetta disposizione primaria statale non attiene alla caccia poiché disciplina un'attività, il controllo faunistico, che non è svolta per fini venatori, ma “a fini di tutela dell'ecosistema» (sentenza nr.392 del 2005), com'è dimostrato dal fatto che è presa in considerazione dalla norma statale solo come extrema ratio, dopo che i metodi ecologici non sono risultati efficaci.
Nella parte in cui, dunque, l'art. 19 della legge n. 157 del 1992 ha introdotto un elenco tassativo di soggetti autorizzati al controllo venatorio in cui non sono compresi i cacciatori che non siano proprietari o conduttori dei fondi interessati dai piani medesimi, essa mira a «evitare che la tutela degli interessi (sanitari, di selezione biologica, di protezione delle produzioni zootecniche, ecc.) perseguiti trasmodi nella compromissione della sopravvivenza di alcune specie faunistiche ancorché nocive» (sent. n. 392 del 2005), in linea, peraltro, con la più rigorosa normativa europea in tema di protezione delle specie selvatiche (direttiva 74/409/CEE del Consiglio, concernente la conservazione degli uccelli selvatici).
Pertanto, la norma regionale della Sardegna, nella parte in cui estende secondo la modifica apportata all’articolo 6, comma 1, lett. f) della legge regionale n. 23 del 1998, il novero dei soggetti autorizzati al controllo faunistico ai cacciatori, viola la sfera di competenza statale alterando, altresì, il contemperamento di interessi delineato dal legislatore nell’ art. 19, comma 2, della legge n. 157 del 1992, che, nella parte in cui disciplina i poteri regionali di controllo faunistico, realizza uno standard minimo uniforme di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, rappresentando un limite invalicabile anche per l’autonomia regionale (Corte Cost. sent. n. 44/2012).
Alla luce di quanto fin qui rappresentato e del quadro normativo eurounitario e statale in cui si colloca la tutela delle specie oggetto della disposizione censurata, si rileva il contrasto della norma regionale con il secondo comma, lettera s), dell'art. 117 della Costituzione , poiché tendente a ridurre in peius il livello di tutela della fauna selvatica stabilito dalla legislazione nazionale, invadendo illegittimamente la competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema.
Per i motivi esposti, la norma regionale citata - che non può considerarsi espressione della competenza esclusiva regionale in materia di caccia di cui all'art. 3 co. 1 lett. i) dello Statuto speciale di autonomia, eccede dalle competenze statutarie ed invade la competenza legislativa esclusiva statale in materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, violando l'art.3, comma 1 dello Statuto Speciale di Autonomia (L. Cost. n.3/1948) e l'art. 117, secondo comma lettera s) della Costituzione, in riferimento all’articolo 19, comma 2, della legge n. 157 del 1992.
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