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Misure straordinarie ed urgenti per l’economia e l’occupazione connesse all’emergenza epidemiologica da COVID 19. (6-4-2020)
Abruzzo
Legge n.9 del 6-4-2020
n.44 del 7-4-2020
Politiche economiche e finanziarie
/ Rinuncia parziale
5-6-2020 /
Impugnata
La legge della Regione Abruzzo n. 9 del 06/04/2020 recante: “Misure straordinarie ed urgenti per l’economia e l’occupazione connesse all’emergenza epidemiologica da COVID 19” è illegittima per i motivi di seguito elencati.
L’articolo 2, comma 3, lettera b) non indica la copertura finanziaria delle disposizioni previste su strumenti di intervento finanziario per microimprese, piccole e medie imprese abruzzesi, in contrasto con l'articolo 81, terzo comma, Cost.
L’articolo 2 comma 7 non indica la copertura finanziaria delle disposizioni ivi previste su iniziative "Compra abruzzese" in contrasto con l'articolo 81, terzo comma, Cost.
L’articolo 3, comma 2, non indica la copertura finanziaria delle disposizioni ivi previste, su acquisto di beni e servizi informatici, in contrasto con l'articolo 81, terzo comma, Cost.
L’articolo 3, comma 3 non indica la copertura finanziaria delle disposizioni ivi previste, su fondo di solidarietà per contribuire alle maggiori spese sostenute per l'acquisto di beni e servizi e per lo straordinario del personale dipendente, in contrasto con l'articolo 81, terzo comma, Cost.
L’articolo 3, comma 4 non indica la copertura finanziaria delle disposizioni ivi previste, su prestazioni di primaria necessità nei confronti dei cittadini più fragili, in contrasto con l'articolo 81, terzo comma, Cost.
L’articolo 5, comma 11 non indica la copertura finanziaria delle disposizioni ivi previste, su incentivo economico a parziale ristoro dei costi fissi e imprescindibili sostenuti al fine di mantenere in funzione impianti a ciclo continuo, in contrasto con l'articolo 81, terzo comma, Cost.
L’articolo 9, comma 6: la norma prevede che i fondi di rotazione istituiti ai sensi delle leggi regionali n. 17 e n. 29 del 2018 siano considerati trasferimenti definitivi a fondo perduto a favore degli enti beneficiari. La norma, tuttavia, non indica la copertura dei nuovi oneri da essa derivanti, in contrasto con l'articolo 81, terzo comma, Cost.
Inoltre l’articolo 9, comma 1 c, lettere a) b) c) d) introduce condizioni limitative che, oltre a non avere alcuna attinenza con le misure straordinarie ed urgenti per l’economia e l’occupazione connesse all’emergenza epidemiologica e con la natura transitoria della legge, in qualche modo pregiudicano i diritti dei cittadini operando di fatto una modifica con conseguenze durature sulla previgente normativa.
Invero la norma, che, come detto, pone in essere una limitazione evidente di natura non transitoria bensì permanente, prevede che i Comuni e gli Enti Gestori delle terre civiche ad utilizzazione pascoliva di cui all’articolo 15 adottino i seguenti criteri per l’assegnazione dell’uso civico di pascolo: le terre civiche sono conferite …prioritariamente ai soggetti di cui all’articolo 26 della Legge 1766/1927 iscritti nel registro della popolazione residente da almeno 10 anni che abbiano un’azienda zootecnica, ricoveri per stabulazione invernali e codice di stalla riferito allo stesso territorio comunale o ai comuni limitrofi; nel caso in cui l'azienda assuma la forma giuridica di società di persone o società di capitali, il possesso dei requisiti di cui alla lettera a) deve verificarsi in capo alla totalità dei soci nel caso di società di persone e almeno due terzi delle quote societarie nel caso di società di capitali. Il codice aziendale di stalla deve essere unico, attribuito alla forma giuridica conferitaria e ricomprendere l'intera consistenza zootecnica; d) una volta soddisfatta la domanda di concessione di cui alla lettera a), in caso di eccedenza l’assegnazione è concessa i residenti dei comuni limitrofi e poi delle province limitrofe e, infine, ai residenti della regione.
Quanto ai dedotti profili di incostituzionalità, nell’evidenziare che la materia dei “domini collettivi” ha una molteplice dimensione, a un tempo personalista, pluralista, comune, solidarista, collettiva, civica, cooperativa, territoriale, frazionale, sussidiaria, storica, giuridica, politica, sociale, comparata, urbanistica, turistica, forestale, archeologica, etnologica, antropologica, culturale (e via dicendo) si rappresenta che la disposizione in argomento configura:
- una distorsione dell’istituto così come disciplinato dalla Legge n. 168 del 2017, il cui articolo 1 riconosce i domini collettivi, comunque denominati, come ordinamento giuridico primario delle comunità originarie in attuazione dell’articolo 2 della Costituzione;
- una conseguente potenziale violazione della norma costituzionale da ultimo citata.
La legge statale del 2017, il cui contenuto dispositivo si riporta per comodità, riconosce ai domini collettivi la capacità di autonormazione, sia per l’amministrazione oggettiva e soggettiva, sia per l’amministrazione vincolata e discrezionale, nonché la capacità di gestione del patrimonio naturale, economico e culturale che fa capo alla base territoriale della proprietà collettiva, considerato come comproprietà intergenerazionale; inoltre, nel successivo articolo 2 commi 2 e 3 si legge che “… la Repubblica riconosce e tutela i diritti dei cittadini di uso e di gestione dei beni di collettivo godimento preesistenti allo Stato italiano. Le comunioni familiari vigenti nei territori montani continuano a godere e ad amministrare loro beni in conformità dei rispettivi statuti e consuetudini, riconosciuti dal diritto anteriore. 3. Il diritto sulle terre di collettivo godimento si caratterizza quando si verificano le seguenti situazioni: a) avere normalmente, e non eccezionalmente, ad oggetto utilità del fondo consistenti in uno sfruttamento di esso; b) essere riservato ai componenti della comunità, salvo diversa decisione dell'ente collettivo”.
Segnatamente, dunque, la violazione eccepita si concretizza nella circostanza che la norma regionale, così come enucleata, non tiene conto del fatto che gli usi civici e le proprietà collettive sono espressione di diritti fondamentali, o meglio sono diritti storici riconosciuti, di cui, complessivamente, la persona gode sia come singolo sia nelle formazioni sociali “ove si svolge la sua personalità” ex art. 2 Cost. nella dimensione pluralista così come storicamente determinatasi.
Inoltre, si ravvisano ulteriori profili di incostituzionalità con riferimento agli articoli 3 e 117, comma 1, lettera l) della Costituzione in quanto la legge regionale introduce delle condizioni limitanti del diritto all’uso civico da parte degli utenti non previste dalla normativa statale ed assegna un regime preferenziale ad alcune categorie rispetto ad altre.
Al riguardo, non si può fare a meno di rammentare che, già prima della riforma del Titolo V della Costituzione, il regime civilistico dei beni civici non è mai passato nella sfera di competenza delle Regioni, in quanto la materia “Agricoltura e Foreste” di cui al citato articolo 117 della Costituzione, che giustificava il trasferimento delle funzioni alle Regioni e l’inserimento degli usi civici nei relativi statuti, mai avrebbe potuto ricomprendere la disciplina della titolarità e dell’esercizio dei diritti dominicali sulle terre civiche.
Per quanto detto, ogni civis, in quanto appartenente ad una determinata collettività, è legittimato ed ha il diritto di poter godere dei suddetti diritti.
Vieppiu’, la disposizione regionale, con specifico riferimento alla lettera c) del punto c del comma 1 dell’art. 9, ove si legge che per i soggetti di cui alla lettera a) può essere assicurata, compatibilmente con le disponibilità di ogni singolo comune, una concessione annuale fino ad un ettaro di terre civiche ad utilizzazione pascoliva per ogni 0,1 UBA immessa al pascolo; in canone annuale per il diritto di uso civico di pascolo non può superare quaranta euro per UBA” presenta ulteriori elementi di criticità in quanto, da una parte, rischia di generare una concorrenza sleale nei confronti degli altri allevatori che non beneficiando dell’uso civico pagano per il foraggio cifre ben più elevate e, dall’altra, tradisce la ratio dell’uso civico, rappresentata dall’esigenza di procurare il foraggio per soddisfare il fabbisogno familiare dell’allevatore, introducendo una forma più estesa che comprende il c.d. “uso civico economico”.
Cio’ si traduce in una violazione delle norme di cui agli articoli 101 e 102 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea relative alla parità di concorrenza tra gli operatori economici (corrispondenti agli articoli 81-89 nella versione previgente del Trattato, che riguardano le normative nazionali in materia di attività d’impresa).
Alla luce di quanto esposto, la legge in parola deve essere impugnata ai sensi dell’art. 127 della Costituzione.
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