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Disposizioni in materia di scarichi e di restituzione delle acque. Modifiche alla l.r. 20/2006 e alla l.r. 69/2011. (4-6-2020)
Toscana
Legge n.32 del 4-6-2020
n.51 del 10-6-2020
Politiche infrastrutturali
/ Rinuncia impugnativa
7-8-2020 /
Impugnata
La legge regionale, che detta disposizioni in materia di scarichi e di restituzione delle acque. Modifiche alla l.r. 20/2006 e alla l.r. 69/2011, è censurabile relativamente alle disposizioni contenute nell’articolo 12, commi 2 e 3 e 4 , che , per le motivazioni di seguito riportate, appaiono costituzionalmente illegittime, in quanto contrastanti con la competenza esclusiva statale in materia di “tutela dell'ambiente e dell'ecosistema” di cui all’articolo 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione , risultando altresì violare la competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela della concorrenza, di cui all’articolo 117, secondo comma, lettera e) della Costituzione.
Si evidenzia nel dettaglio quanto segue.
1) ) Attraverso l'art. 12, la legge regionale in esame apporta modifiche all'art. 13 bis della legge regionale n. 20/2006, avente ad oggetto la gestione di impianti di depurazione delle acque reflue urbane a carattere prevalentemente industriale e delle relative reti. In particolare il comma 2 dell’articolo 12, sostituisce il comma 1 di detto articolo articolo 13 bis, escludendo dal servizio idrico integrato "la gestione unitaria di impianti di depurazione di acque reflue urbane ed industriali, anche se di totale o parziale proprietà pubblica, interessati dall'attuazione di accordi di programma quadro per la gestione delle acque reflue e pertanto tenuti al recepimento della direttiva 91/271/CEE”, prevedendo che "non rientra altresì nel servizio idrico integrato la gestione delle reti fognarie a carattere industriale, indipendentemente dalla loro proprietà".
La norma anzidetta, escludendo dal servizio idrico integrato alcune tipologie di depurazione, si pone in contrasto con la disciplina nazionale e, in particolare, con la definizione normativa di servizio idrico integrato dettata dall'art. 141, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, ai sensi del quale "il servizio idrico integrato è costituito dall'insieme dei servizi pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di acqua ad usi civili di fognatura e di depurazione delle acque reflue, e deve essere gestito secondo principi di efficienza, efficacia ed economicità, nel rispetto delle norme nazionali e comunitarie. Le presenti disposizioni si applicano anche agli usi industriali delle acque gestite nell'ambito del servizio idrico integrato."
Tale parametro statale interposto prevede l'aggregazione verticale dei tre segmenti. (acquedotto, fognatura e depurazione) precisando che le disposizioni in materia si applicano anche agli usi industriali delle acque gestite nell'ambito del servizio idrico integrato che racchiude in sé anche la depurazione delle acque reflue industriali che scaricano nella pubblica fognatura ad uso "civile", ovvero che convogliano acque reflue urbane.
Il successivo art. 147 del decreto legislativo n. 152 del 2006 stabilisce, inoltre, l'integrazione orizzontale del servizio secondo il principio dell'unicità della gestione del servizio idrico integrato (S.I.I.) per cui, salvo le eccezioni tassativamente previste dalla legge, all'interno di ciascun ambito ottimale la gestione del servizio è affidata ad un unico gestore, nel rispetto della normativa nazionale in materia di organizzazione dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica.
Pertanto particolare perplessità suscita la volontà del legislatore regionale di non inserire all'interno del servizio idrico integrato "la gestione di impianti di depurazione di acque reflue urbane".
La classificazione così come concepita del legislatore regionale toscano apre la strada non solo alla frammentazione verticale del S.I.I., laddove di contro ricorrano i presupposti di cui al citato comma 2 dell'art. 141 del decreto legislativo n 152 del 2006, ma anche alla frammentazione orizzontale e gestionale del servizio idrico integrato e, pertanto, ad una gestione non solo economicamente non efficiente, ma finanche contrastante con gli obiettivi di tutela ambientale che il legislatore ha inteso attuare in forma unitaria, integrando tutti i comparti della gestione ai fini della miglior tutela della risorsa idrica.
La mancata integrazione nell'ambito del servizio idrico integrato degli impianti di depurazione di acque reflue, determinando, dunque, una parcellizzazione della governance del servizio stesso, comporta una "invasione" delle competenze statali in materia di "definizione" di servizio idrico integrato così come statuito dal decreto legislativo n. 152 del 2006 che, nel caso specifico, risponde a competenze legislative, esclusive dello Stato in materia di "tutela della concorrenza" (art. 117, secondo comma, lett. e), Cost.) e in materia di "tutela dell'ambiente" (art. 117, secondo comma, lett. s), Cost.).
Per le medesime ragioni, gli stessi profili di criticità si riflettono sul contenuto del successivo comma 3 del medesimo art. 12, il quale, modificando il comma 6 dell’articolo 13 bis della l.r. n. 20 del 2006 assume che il gestore degli impianti di depurazione delle acque reflue non sia necessariamente il gestore del servizio idrico integrato.
2) Come detto, l'articolo 12 della legge in esame modifica, sostituendolo, l'articolo 13-bis della legge regionale 20/2006 . In particolare i commi 3 e 4 modificano il comma 6 della l.r. n. 20 del 2006, che pertanto risulta prevedere testualmente:
omissis
6. il gestore degli impianti di cui al comma 1, che non abbia la necessità di eseguire un pretrattamento di rifiuti liquidi necessario a raggiungere i parametri che ne consentirebbero lo scarico in fognatura, previa comunicazione alla struttura regionale competente, è comunque autorizzato ad accettare in impianti con caratteristiche e capacità depurative adeguate, che rispettino i valori limite di cui all'articolo 101, commi 1, 2 e 10, del decreto legislativo, i seguenti rifiuti e materiali:
a) rifiuti costituiti da acque reflue che rispettino i valori limite rispettivamente stabiliti per lo scarico nelle fognature civili e industriali;
b) rifiuti costituiti dal materiale proveniente dalla manutenzione ordinaria di sistemi di trattamento di acque reflue domestiche previsti ai sensi dell'articolo 100, comma 3, del decreto legislativo; cf materiali derivanti dalla manutenzione ordinaria delle reti fognarie industriali nonché quelli derivanti da altri impianti di trattamento delle acque reflue urbane, nei quali l'ulteriore trattamento dei medesimi non risulti realizzabile tecnicamente e/o economicamente.
omissis
Attraverso tale disposizione - pur nella sussistenza del generale divieto di utilizzare gli impianti di
trattamento delle acque reflue urbane per lo smaltimento dei rifiuti sancito al comma 1 dell'articolo
110 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 - viene contemplata l'ipotesi di estensione anche ad altri soggetti di talune deroghe previste dalla normativa nazionale a tale divieto e riservate esclusivamente ai soli impianti di gestione delle acque reflue urbane facenti parte e gestiti dal servizio idrico integrato.
Vengono, in buona sostanza, ad essere introdotte eccezioni non previste dalla normativa nazionale di cui all'articolo 110 del decreto legislativo n. 152 del 2006, con la quale tale disposizione si pone in contrasto.
Difatti, l'art. 110, pur vietando con il comma 1, "l'utilizzo degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane per lo smaltimento di rifiuti ", ne autorizza, in deroga (comma 2), lo smaltimento "limitatamente alle tipologie compatibili con il processo di depurazione" e "nei limiti della capacità residua di trattamento"; inoltre, sempre in deroga (comma 3), ne autorizza il trattamento per determinate tipologie di rifiuti in impianti aventi "caratteristiche e capacità depurative adeguate ".
Il regime derogatorio previsto dai commi 2 e 3 dell'art. 110 al divieto imposto dal primo comma, prevede una differenza tra le due deroghe. Infatti, si può definire espressa la deroga del comma 2, in quanto dispone' che "l 'autorità competente, d'intesa con l'ente di governo dell'ambito, in relazione a particolari esigenze e nei limiti della capacità residua di trattamento, autorizza il gestore del servizio idrico integrato a smaltire nell'impianto di trattamento di acque reflue urbane rifiuti liquidi, limitatamente alle tipologie compatibili con il processo di depurazione ".
Dalla lettura del dispositivo, si rileva che per l'utilizzo del depuratore per trattare rifiuti debbano sussistere delle condizioni particolari:
• intesa tra autorità competente ed ente di governo dell'ambito;
• particolari esigenze;
capacità residua di trattamento del depuratore;
• tipologie di rifiuti, compatibili con il processo di depurazione.
La deroga prevista dal comma 3 è da intendersi, invece, automatica, in, quanto, "il gestore del servizio idrico integrato, previa comunicazione all'autorità competente ai sensi dell'articolo 124, è comunque autorizzato ad accettare in impianti con caratteristiche e capacità depurative adeguate, che rispettino i valori limite di cui all'articolo 101, commi 1 e 2, ... rifiuti e materiali, purché provenienti dal proprio Ambito territoriale ottimale oppure ,da altro Ambito territoriale ottimale sprovvisto di impianti adeguati ".
L'automatismo si palesa nella "comunicazione" all'autorità competente, prima dell'effettivo utilizzo dell'impianto depurativo per processare rifiuti.
Anche nel caso della deroga automatica ex comma 3, sussistono comunque diverse limitazioni ai fini della possibilità di trattare rifiuti presso un depuratore urbano:
.. il depuratore deve avere caratteristiche e capacità depurative adeguate;
• i rifiuti devono rispettare i valori limite di cui all'articolo 101, commi le 2;
• i rifiuti devono provenire dal proprio ambito territoriale ottimale;
• i rifiuti possono provenire da altro ambito territoriale ottimale sprovvisto di impianti adeguati. Inoltre, sono state individuate specifiche tipologie dei rifiuti che possono essere conferiti mediante la deroga ex comma 3:
a) rifiuti costituiti da acque reflue che rispettino i valori limite stabiliti per lo scarico in fognatura;
b) rifiuti costituiti dal materiale proveniente dalla manutenzione ordinaria di sistemi di trattamento di acque reflue domestiche previsti ai sensi dell'articolo 100, comma 3;
c) materiali derivanti dalla manutenzione ordinaria della rete fognaria nonché quelli derivanti da altri impianti di trattamento delle acque reflue urbane, nei quali l'ulteriore trattamento dei medesimi non risulti realizzabile tecnicamente e/o economicamente ".
L'art. 110 pone, poi, al comma 4, un altro vincolo per entrambe le deroghe, disponendo che "L'attività (di trattamento rifiuti) ... può essere consentita purché non sia compromesso il possibile riutilizzo delle acque reflue e dei fanghi".
Infine, il comma 7 rimanda nuovamente alla normativa dei rifiuti disciplinando che "il produttore ed il trasportatore dei rifiuti sono tenuti al rispetto della normativa in materia di rifiuti, fatta eccezione per il produttore dei rifiuti di cui al comma 3, lettera b), che è tenuto al rispetto dei soli obblighi previsti per i produttori dalla vigente normativa in materia di rifiuti. Il gestore del servizio idrico integrato che, ai sensi dei commi 3 e 5, tratta rifiuti è soggetto all'obbligo di tenuta del registro di carico e scarico secondo quanto previsto dalla vigente normativa in materia di rifiuti ".
Alla stregua di quanto precede, la norma regionale anzidetta, prevedendo ulteriori deroghe al generale divieto di utilizzo di impianti di trattamento di acque reflue per lo smaltimento di rifiuti, invade la potestà legislativa dello Stato in materia ambientale, riducendo i livelli uniformi nel settore della depurazione dello smaltimento dei rifiuti, già oggetto tra l'altro di numerose procedure d'infrazione in sede comunitaria.
Alla luce di quanto fin qui rappresentato e del quadro normativo euro unitario e statale, la legge regionale in argomento è da ritenersi in contrasto con il parametro costituzionale di cui al secondo comma, lettera s), dell'art. 117 Cost., in quanto essa interviene in una materia, quella della «tutela dell'ambiente e dell'ecosistema», attribuita in via esclusiva alla competenza legislativa dello Stato (ex multis, Corte Cost., sentenze n. 54 del 2012, n. 244 e n. 33 del 2011, n. 331 e n. 278 del 2010, n. 61 e n. 10 del 2009), nella quale rientra la. disciplina della gestione dei rifiuti (Corte Cost., sentenza n. 249 d1 2009, infra citata), anche quando interferisca con altri interessi e competenze, di modo che deve intendersi riservato allo Stato il potere di fissare livelli di tutela uniforme sull'intero territorio nazionale, ferma restando la competenza delle Regioni alla cura di interessi funzionalmente collegati con quelli propriamente ambientali (tra le molte, sentenze n. 67 del 2014, n. 285 del 2013, n. 54 del 2012,n. 244 del 2011, n. 225e n. 164 del 2009 e n. 437 del 2008).
Tale disciplina, «in quanto appunto rientrante principalmente nella tutela dell'ambiente, e dunque
in una materia che, per la molteplicità dei settori di intervento, assume una struttura complessa, riveste un carattere di pervasività rispetto anche alle attribuzioni regionali» (sentenza n. 249 del 2009), con la conseguenza che, avendo riguardo alle diverse fasi e attività di gestione del ciclo dei rifiuti e agli ambiti materiali ad esse connessi, la disciplina statale «costituisce, anche in attuazione degli obblighi comunitari, un livello di tutela uniforme e si impone sull'intero territorio nazionale, come un limite alla disciplina che le Regioni e le Province autonome dettano in altre materie di loro competenza, per evitare che esse deroghino al livello di tutela ambientale stabilito dallo Stato, ovvero lo peggiorino.» (sentenze n. 58 del 2015, n. 314 del 2009, n. 62 del 2008 e n. 378 del 2007)
Per i motivi esposti, la legge regionale, limitatamente all'articolo 12, commi 2 e 3 e 4, deve essere impugnata per violazione dell'articolo 117, secondo comma, lett. e) e s), Cost., in riferimento ai parametri statali ed eurounitari interposti dianzi citati.
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