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Normativa regionale in materia di polizia locale e politiche di sicurezza. (23-6-2020)
Veneto
Legge n.24 del 23-6-2020
n.94 del 26-6-2020
Politiche ordinamentali e statuti
7-8-2020 /
Impugnata
La Regione con la presente legge detta norme in materia di polizia locale e politiche di sicurezza definendo i principi generali afferenti la funzione di polizia locale e lo svolgimento dei servizi, l’organizzazione territoriale, nonché la valorizzazione della formazione degli operatori di polizia locale.
Tuttavia la presente legge è censurabile per le seguenti motivazioni:
Le norme qui di seguito indicate si pongono in contrasto con la normativa statale prevista dal D.lgs. n.117 del 2017 (Codice del Terzo Settore) e con la legge n. 65 del 1986 recante “Legge-quadro sull’ordinamento della polizia municipale”, in violazione dell’articolo 117, secondo comma, lettere l) e h) in materia di ordinamento civile e ordine pubblico e sicurezza, nonché dell'articolo 118, ultimo comma (sussidiarietà orizzontale) e dell’articolo 3 (principio di uguaglianza) della Costituzione.
In particolare vengono censurate le seguenti disposizioni:
1) l’articolo 3, comma 2, lett. b) della legge regionale, prevede che la Regione, per il perseguimento delle finalità indicate al comma 1, sostiene “la collaborazione istituzionale con i vari enti e organismi pubblici, territoriali e statali, o anche con privati e organismi del terzo settore, mediante la stipulazione di intese o accordi per favorire, nel rispetto delle competenze di ciascun soggetto, l'attuazione, l'integrazione e il coordinamento delle politiche di sicurezza”. L'utilizzo, nella disposizione, di locuzioni espressamente riferibili agli enti del Terzo settore ma impiegate verso soggetti aventi caratteristiche diverse da quelle individuate dal d.lgs. n. 117 del 2017, viola l'articolo 117, secondo comma, lettera l) della Costituzione in materia di ordinamento civile, che necessita di uniformità sull'intero territorio nazionale, è oggetto di legislazione esclusiva statale.
2) l'articolo 9, comma 3, prevede che “nei regolamenti di polizia locale può anche essere previsto l'impiego di istituti di vigilanza e delle associazioni di volontariato di cui all'articolo 18, con compiti di affiancamento e supporto all'azione della polizia locale e la possibilità di effettuare servizi per conto terzi, in coerenza con quanto previsto agli articoli 16 e 17 e nel rispetto della normativa statale in materia”. Lo svolgimento - non in via residuale ma in via primaria - da parte degli enti di attività diverse da quelle individuate dall'articolo 5 del Codice del Terzo settore, in violazione dell’articolo 117, secondo comma, lett. l) della Costituzione in materia di ordinamento civile, che necessita di uniformità sull'intero territorio nazionale, è oggetto di legislazione esclusiva statale.
3) l'articolo 18, comma 1, prevede l'attribuzione agli enti del Terzo settore di compiti ausiliari di quelli delle Amministrazioni dello Stato o degli enti locali (quali quelle della polizia locale), data l'assenza di autonomia che qualifica la funzione ausiliaria, deve ritenersi in essere una violazione dell'articolo 118, ultimo comma, della Costituzione, che chiarisce che l'iniziativa dei cittadini singoli o associati per lo svolgimento di attività di interesse generale deve essere autonoma rispetto ai pubblici poteri e in rapporto di sussidiarietà con essi.
L'articolo 18, comma 1, limitando unicamente alle "associazioni di volontariato" le attività volte a "favorire la partecipazione dei cittadini", risulta violativo, oltre che del citato articolo 118, ultimo comma, anche dell'articolo 3 della Costituzione (principio di uguaglianza), considerato che, fatta salva la possibilità per ciascun ente di individuare autonomamente i propri assetti istituzionali, tutti gli enti del Terzo settore possono svolgere le attività di cui all'articolo 5 del Codice del Terzo settore e sono strumento di partecipazione dei cittadini allo svolgimento delle attività di interesse comune.
In particolare, l'utilizzo di tali locuzioni negli articoli citati è effettuato senza particolari riferimenti alla normativa nazionale che definisce gli enti del Terzo settore e le organizzazioni di volontariato (enti del Terzo settore costituiti in forma specifica) e prevede quale requisito costitutivo ai fini della qualificazione degli stessi l'iscrizione al Registro unico nazionale del terzo settore o ai registri istituiti ai sensi della normativa rivista ad opera del Codice del Terzo settore (d.lgs. n. 117/2017). Il parametro di costituzionalità invocabile è l'art. 117, secondo comma, lett. l) della Costituzione in quanto la materia dell’ordinamento civile, che necessita di uniformità sull'intero territorio nazionale, è oggetto di legislazione esclusiva statale.
Si segnala inoltre che l'art. 9, comma 3, in capo alle predette associazioni di volontariato stabilisce che i regolamenti comunali possano prevedere lo svolgimento da parte delle "associazioni" di volontariato di "compiti di affiancamento e supporto all'azione della polizia locale" e "l'effettuazione di servizi per conto terzi"; questi ultimi, ai sensi del successivo articolo 20, consistono in "attività o servizi richiesti da soggetti privati e pubblici", sulla base di "tariffe decise dall'ente locale", ovvero dietro corresponsione di un corrispettivo.
Ai sensi del Codice del Terzo settore, le organizzazioni di volontariato (art. 33), "per l'attività di interesse generale prestata… possono ricevere soltanto il rimborso delle spese effettivamente sostenute e documentate, salvo che tale attività sia svolta quale attività secondaria e strumentale nei limiti di cui all'articolo 6 " del medesimo Codice. Pertanto, non sembra che la previsione di specifiche tariffe stabilite con regolamenti comunali di cui alla legge regionale sia sovrapponibile a quella del mero rimborso delle spese sostenute dall'organizzazione o, secondo analogo principio, dal singolo volontario appartenente all'associazione (art. 17, comma 3, del Codice).
Inoltre, mentre è pacifica, per espressa previsione del Codice, attuativa anche del principio di sussidiarietà orizzontale ex art. 118, ultimo comma della Costituzione, la possibilità per gli enti locali e le altre amministrazioni pubbliche, di coinvolgere gli enti del Terzo settore attraverso forme di coprogrammazione, co-progettazione e il ricorso a forme di partenariato, più problematica sembrerebbe la previsione recata dall'articolo 18 della legge regionale secondo cui la Regione promuove e sostiene la partecipazione delle "associazioni" di volontariato ad iniziative finalizzate, tra l'altro, ad assistere la polizia locale in occasione di eventi (non viene specificato il contenuto dell'assistenza), "svolgere attività di ausilio nella sorveglianza dei luoghi pubblici".
Il codice del Terzo settore individua puntualmente all'articolo 5 le attività che possono costituire oggetto delle attività istituzionali degli enti del terzo settore; le attività indicate dall'articolo 18 della legge regionale in esame sono difficilmente riconducibili a queste ultime data la mancanza di autonomia che le caratterizza.
In ordine allo svolgimento - non in via residuale ma in via primaria - da parte degli enti di attività diverse da quelle individuate dall'articolo 5 del Codice del Terzo settore, considerato che lo svolgimento delle attività individuate al predetto articolo 5 costituisce requisito di qualificazione quale ente del Terzo settore, si ipotizza la violazione dell' art. 117, secondo comma , lett. l) della Costituzione in quanto la materia del diritto civile, che necessita di uniformità sull'intero territorio nazionale, è oggetto di legislazione esclusiva statale.
In ordine all'attribuzione agli enti del Terzo settore di compiti ausiliari di quelli propri delle Amministrazioni dello Stato o degli enti locali (quali quelle della polizia locale), data l'assenza di autonomia che qualifica la funzione ausiliaria, si ipotizza una violazione dell'articolo 118, ultimo comma della Costituzione, che chiarisce che l'iniziativa dei cittadini singoli o associati per lo svolgimento di attività di interesse generale deve essere autonoma rispetto ai pubblici poteri e in rapporto di sussidiarietà con essi.
Quanto alla limitazione unicamente alle "associazioni di volontariato" delle attività volte a "favorire la partecipazione dei cittadini" (art. 18, comma 1), essa risulta vìolativa oltre che del citato art. 118, ultimo comma, anche dell'articolo 3 della medesima Costituzione (principio di uguaglianza), considerato che, fatta salva la possibilità per ciascun ente di individuare autonomamente i propri assetti istituzionali, tutti gli enti del Terzo settore possono svolgere le attività di cui all'articolo 5 e sono strumento di partecipazione dei cittadini allo svolgimento delle attività di interesse comune.
4) l’articolo 8, comma 1 e comma 2: le disposizioni articolano la struttura organizzativa di polizia locale prevedendo determinati ruoli funzionali e distintivi di grado (agenti, sottoufficiali, ufficiali e comandanti) e ne individuano anche i relativi rapporti gerarchici interni.
Le norme si pongano in contrasto con gli articoli 6 e 7, comma 3, della legge n. 65 del 1986, in quanto ultronee rispetto al perimetro della competenza legislativa regionale in materia di polizia locale definitivo dalla legge quadro ed in particolare disomogenea rispetto alle diverse qualifiche ordinamentali indicate, per il suddetto personale, dall’articolo 7, comma 3.
La disposizione viola, per tali profili, la competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile di cui all’articolo 117, secondo comma, lettera l) della Costituzione. Ad adiuvandum trattandosi, anche per il personale della polizia locale, di rapporto di diritto privato con una pubblica amministrazione, si considera che una diversa disciplina dei ruoli e delle qualifiche potrebbe impattare soprattutto per i profili economici, anche sulla relativa disciplina prevista dal contratto collettivo nazionale del Comparto enti locali che operano, secondo quanto considerato dalla Stessa Corte costituzionale, quali principi che “costituiscono tipici limiti di diritto privato, fondati sull’esigenza, connessa al precetto costituzionale di eguaglianza, di garantire l’uniformità nel territorio nazionale delle regole fondamentali di diritto che disciplinano i rapporti tra privati” (sentenza n. 189 del 2007). Per tali profili la norma regionale viola inoltre l’articolo 3 della Costituzione, in quanto introduce un principio di disparità di trattamento e di disomogeneità della disciplina ordinamentale generale, con presumibile effetti anche sull’articolo 97 della Costituzione in quanto altera il principio del buon andamento.
5) l’articolo 8, comma 3, prevede che la Giunta regionale definisca, sentita la Commissione consiliare, le caratteristiche delle uniformi e dei distintivi di grado, nonché dei mezzi e degli strumenti operativi e di autotutela in dotazione agli appartenenti alla polizia locale. Si evidenzia che l’art. 6, comma 2, nn. 4 e 5), della legge-quadro n. 65 del 1986 prevede che le Regioni disciplinino con legge regionale le caratteristiche delle uniformi, dei distintivi, dei mezzi e degli strumenti operativi in dotazione ai Corpi o ai servizi, mentre nel caso di specie la disposizione limita a delegare l’Esecutivo regionale ad individuare i suddetti segni distintivi e strumenti operativi tramite atti non legislativi. Ciò in violazione dell’articolo 117, secondo comma, lettera l) della Costituzione in materia di ordinamento civile.
6) l’articolo 13, comma 2, lettere d), e), g), ed i) riportano un tenore testuale tale da confliggere con il sistema delineato dal legislatore statale in materia di presidio del territorio, pianificazione e coordinamento delle forze di polizia di cui alla legge n. 121 del 1981 di competenza esclusiva dello Stato.
- lettera d): i processi di pianificazione e razionalizzazione dei presidi di polizia sono rimessi dall’ordinamento alla competenza esclusivamente statale esercitata ai sensi della legge 1 aprile 1981, n. 121, recante “Nuovo ordinamento dell’Amministrazione della pubblica sicurezza”. L’articolo 6, comma 1, lett. e) della suddetta legge prevede espressamente che la “pianificazione generale e coordinamento delle pianificazioni operative della dislocazione delle Forze di polizia e dei relativi servizi tecnici” rientra tra i compiti attribuiti al Dipartimento della pubblica sicurezza. In tale contestualizzazione sistematica la stessa legge conferisce al Prefetto e al Questore - in quanto autorità provinciali di pubblica sicurezza - rispettivamente, la facoltà di “disporre della forza pubblica” (art. 13) e “la direzione, la responsabilità e il coordinamento, a livello tecnico operativo, dei servizi di ordine e di sicurezza e dell’impiego a tal fine della forza pubblica” (art. 14). Per tale profilo la disposizione regionale, nel prevedere che la Giunta regionale rafforzi e valorizzi azioni coordinate finalizzate al potenziamento e alla condivisione degli strumenti e delle procedure necessarie al coordinamento degli apparati di sicurezza, violi, in difformità con la disposizione statale, la competenza esclusiva dello stato in materia di ordine e sicurezza di cui all’art. 117, secondo comma, lettera h).
-lettera e), g) ed i) analoghe considerazioni, come per la lettera d), si formulano laddove si prevede che la Giunta promuova e programmi azioni di sistema sul territorio coinvolgendo…. anche le forze dell’ordine per…. la lotta ad ogni forma di criminalità ed infiltrazione criminale e alla lettera g) che esplicitamente rimette alla Giunta interventi volti a razionalizzare e potenziare presidi di sicurezza presenti sul territorio regionale, e alla lettera i) secondo la quale la Giunta costituisce tavoli a livello provinciale per la definizione e l’implementazione continua delle politiche per la sicurezza.
Pur considerando che tale attività sarebbe svolta, ai sensi del comma 1, dell’articolo 13, anche mediante accordi sottoscritti con organi e autorità di pubblica sicurezza, che non paiono preliminarmente conformi a quanto disposto dall’articolo 2 del decreto-legge n. 14 del 2017, secondo il quale, come previsto dalle linee generali in materia di sicurezza integrata, sono sottoscritti dai Prefetti dei Capoluoghi di Regione, si osserva che la natura convenzionale dello strumento così delineato non sia compatibile con i processi di pianificazione e razionalizzazione dei presidi di polizia che l’ordinamento rimette alla competenza strettamente statale. Si considera inoltre che i meccanismi convenzionali e pattizi cui la legge regionale fa riferimento si riferiscono alle iniziative di sicurezza integrata rispetto alle quali la legge dello Stato, nel dare attuazione al principio del coordinamento normativo stato-regioni in materia di sicurezza, presuppone il rispetto delle rispettive competenze dei diversi livelli di Governo. Le politiche di sicurezza non si realizzano, attraverso trasferimento di funzioni, da un plesso all’altro dei livelli di governo, ma prevedono che essi operino nel rispetto delle rispettive sfere di competenza, nella trama definita dalla Costituzione.
La stessa giurisprudenza della Corte costituzionale ha, in tal senso, sempre ribadito e confermato la competenza esclusiva dello Stato in materia di presidio e controllo del territorio (sentenza n. 285 del 2019). La Corte ha infatti osservato che proprio con riguardo al controllo del territorio, il comma 8 dell’art. 12 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152 recante “Provvedimenti urgenti in tema di lotta alla criminalità organizzata e di trasparenza e buon andamento dell’attività amministrativa”, convertito, con modificazioni, nella legge 12 luglio 1991, n. 203, assegna al Ministro dell’interno il potere di emanare direttive «per la realizzazione a livello provinciale, nell’ambito delle potestà attribuite al prefetto […], di piani coordinati di controllo del territorio da attuarsi a cura dei competenti uffici della Polizia di Stato e dei comandi provinciali dell’Arma dei carabinieri e della Guardia di finanza, ai quali possono partecipare, previa richiesta al sindaco, contingenti dei corpi o servizi di polizia municipale». In tal senso, è al Ministro dell’interno e ai prefetti in ambito provinciale che spetta coinvolgere la polizia municipale per compiti di controllo del territorio, eventualmente promuovendo «le iniziative occorrenti per incrementare la reciproca collaborazione fra gli organi dello Stato, le regioni e le Amministrazioni locali in materia, anche attraverso la stipula di protocolli d’intesa o accordi per conseguire specifici obiettivi di rafforzamento delle condizioni di sicurezza delle città e del territorio extraurbano» (art. 7, comma 3, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 settembre 2000, recante «Individuazione delle risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative da trasferire alle regioni ed agli enti locali per l’esercizio delle funzioni e dei compiti amministrativi in materia di polizia amministrativa»).
Per i motivi esposti, si ritiene di sollevare la questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte Costituzionale degli articoli 3, comma 2, lettera b), articolo 9, comma 3, articolo 18, comma 1, articolo 8, comma 1 e comma 2, articolo 8, comma 3 e articolo 13, lettere d), e), g) ed i), in violazione dell’articolo 117, secondo comma, lettere l) ed h) in materia di ordinamento civile e ordine pubblico e sicurezza, nonchè degli articoli 3 (principio di uguaglianza) e 118, ultimo comma (sussidiarietà orizzontale), della Costituzione.
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