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Modifiche e integrazioni a piano casa (legge regionale 11 agosto 2010, n. 21) (2-7-2020)
Calabria
Legge n.10 del 2-7-2020
n.66 del 2-7-2020
Politiche infrastrutturali
7-8-2020 /
Impugnata
La legge regionale, che apporta modifiche e integrazioni alla legge regionale 1 agosto 2010, n. 21 - cd. Piano Casa - presenta aspetti di illegittimità costituzionale con riferimento alle disposizioni contenute negli artt. 2, 3, commi 1 e 3, 4, commi 1 e 2, lett. b), della legge regionale n. 10 del 2020, per violazione dell’articolo 117, secondo comma, lett. s), della Costituzione – in relazione agli articoli 135, 143 e 145 del Codice dei beni culturali e del paesaggio – nonché per la violazione dell’articolo 9 della Costituzione e del principio di leale collaborazione.
In via preliminare, si deve rilevare che, in attuazione delle disposizioni di cui all’articolo 135, comma 1, e 143, comma 2, del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, la Regione Calabria e il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo hanno avviato sin dal 2012 un rapporto di collaborazione istituzionale finalizzato all’elaborazione congiunta del piano paesaggistico regionale.
Il suddetto percorso ha già condotto all’adozione del Quadro Territoriale Regionale con valenza paesaggistica (QTRP), approvato dal Consiglio regionale con la deliberazione n. 134 del 1° agosto 2016 (pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Calabria n. 84 del 5 agosto 2016). Il QTRP prevede la successiva redazione del piano paesaggistico, costituito da sedici piani paesaggistici d’ambito, destinato a rappresentare lo strumento di tutela, conservazione e valorizzazione del paesaggio; nelle more dell’approvazione del predetto strumento di pianificazione territoriale, sono stabilite apposite norme di salvaguardia, attinenti al sistema delle tutele, alla difesa del suolo e alle previsioni dei rischi a scala territoriale.
Ciò posto, si osserva come con la legge regionale in esame la Regione Calabria apporti modifiche e integrazioni alla legge regionale 11 agosto 2010, n. 21 – cd. Piano Casa – la quale com’è noto disciplina l’esecuzione di interventi di razionalizzazione del patrimonio edilizio esistente, di riqualificazione di aree urbane degradate, di sostituzione edilizia, di ampliamento e di demolizione e ricostruzione di edifici esistenti, in deroga alle previsioni dei regolamenti comunali e degli strumenti urbanistici e territoriali comunali, provinciali e regionali.
In particolare:
a)con l’art. 2, di modifica del comma 1 dell’art. 4 della legge regionale n. 21 del 2010, si provvede, fra l’altro, a incrementare i limiti percentuali di superficie lorda, nel cui ambito sono permessi gli interventi straordinari di ampliamento, di variazione di destinazione d’uso e di variazioni del numero di unità immobiliari disciplinati dalla legge regionale n. 21 del 2010. Nel dettaglio:
- con il comma 1, lett. a), n. 1 e lett. b), n. 1, si prevede che tali interventi sono consentiti entro il limite del 20 per cento (anteriormente alla modifica il limite era pari al 15 per cento) della superficie lorda, per unità abitativa/immobiliare già esistente, fino ad un massimo di 70 metri quadrati di superficie interna netta per unità abitativa, quanto agli edifici residenziali, e fino ad un massimo di 200 metri quadrati di superficie interna netta per unità immobiliare, con riferimento agli edifici non residenziali;
- con il comma 1, lett. a), n. 2, si prevede che l’ampliamento volumetrico ai fini abitativi fino al 20 per cento della superficie lorda che non ecceda comunque il valore massimo di incremento realizzabile di 70 metri quadrati, è consentito anche nel caso di un’unica unità immobiliare, qualora superi i 1000 metri cubi a patto che si effettuino contestualmente sull'intero fabbricato lavorazioni atte ad innalzare il livello di efficienza termica o strutturale (sismica) di almeno una classe; prima di siffatta modifica, gli interventi straordinari di ampliamento, di variazione di destinazione d’uso e di variazioni del numero di unità immobiliari potevano riguardare unicamente le unità immobiliari residenziale con volumetria già esistente non superiore a 1000 metri cubi;
- con il comma 1, lett. b), n. 2, 3, 4 e 5, si prevedono poi degli ulteriori aumenti percentuali con riferimento agli interventi straordinari di ampliamento, di variazione di destinazione d’uso e di variazioni del numero di unità immobiliari riguardanti gli immobili non residenziali, nonché l’inserimento della destinazione d’uso commerciale fra quelle prese in considerazione dall’art. 4, comma 1, lett. b), ai fini dell’ulteriore incremento del limite percentuale di superficie lorda, nel cui ambito i citati interventi sono consentiti;
b) con l’art. 3, comma 1, della legge si prevede innovativamente che gli interventi straordinari di demolizione e ricostruzione sono ammessi anche qualora determinino un riposizionamento dell’edificio all’interno delle aree di pertinenza catastale dell’unità immobiliare interessata, anche conformata con atti successivi alla realizzazione dell’edificio stesso, con realizzazione di un aumento in volumetria entro un limite del 30 per cento su immobili esistenti. Il comma 3 del medesimo articolo dispone poi che l’altezza massima della nuova edificazione – prima derogabile di un solo piano rispetto all’altezza massima prevista dalle Norme Tecniche di Attuazione per le zone B, C, D, F ed E, e di un solo piano rispetto alla preesistenza per gli edifici la cui volumetria era stata legittimata a seguito definizione di condono edilizio – possa essere derogata fino all’utilizzo della volumetria realizzabile.
c) con l’art. 4, comma 1, viene ampliato l’ambito oggettivo di applicazione della citata legge regionale n. 21 del 2010, prevedendosi che gli interventi straordinari di ampliamento, demolizione e ricostruzione possano essere realizzati su immobili esistenti alla data del 31 dicembre 2019 (anziché 2018); il medesimo articolo 4 al comma 2, lett. b), proroga l’operatività temporale della legge regionale n. 21 del 2010, disponendosi che l’istanza per l’esecuzione degli interventi in conformità alle disposizioni della stessa possa essere presentata non più fino al 31 dicembre 2020, bensì fino al 31 dicembre 2021.
Ciò premesso, le anzidette modifiche, in assenza del necessario quadro di riferimento, che dovrebbe essere costituito dalle previsioni del piano paesaggistico, ai sensi degli articoli 135, 143 e 145 del Codice di settore, rischiano di compromettere l’ordinato assetto del territorio e dello sviluppo urbanistico. In particolare :
1) Posto che la finalità normativa della legge regionale concernente il Piano Casa era consentire interventi “straordinari” per un periodo temporalmente limitato, si deve evidenziare che le continue proroghe apportate con leggi regionali che si susseguono nel tempo – da ultimo quella prevista con l’art. 4, comma 2, lett. b), della legge in oggetto – rischiano invece di stabilizzare nel lungo periodo, con il risultato di accrescere enormemente, per sommatoria, il numero degli interventi assentibili in deroga.
Evenienza, quest’ultima, che presenta delle criticità rispetto alla disciplina di tutela dei beni culturali e paesaggistici contenuta nel Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e quindi si pone in contrasto con la potestà legislativa esclusiva spettante allo Stato ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lett. s), della Costituzione.
Infatti tali interventi, proprio a fronte della loro ammissibilità, in origine, per un arco di tempo limitato, sono collocati al di fuori del necessario quadro di riferimento che dovrebbe essere costituito, come innanzi detto, dalle previsioni del piano paesaggistico, ai sensi degli articoli 135, 143 e 145 del Codice di settore. Soltanto a quest’ultimo strumento, elaborato d’intesa tra Stato e Regione, spetta di stabilire, per ciascuna area tutelata, le c.d. prescrizioni d’uso (e cioè i criteri di gestione del vincolo, volti a orientare la fase autorizzatoria) e di individuare la tipologia delle trasformazioni compatibili e di quelle vietate, nonché le condizioni delle eventuali trasformazioni.
Deve pertanto ritenersi che la previsione di cui all’art. 4, comma 2, lett. b), della legge regionale in esame , di proroga dell’operatività temporale della legge regionale n. 21 del 2010, nonché quelle degli artt. 2, 3, commi 1 e 3 e 4, comma 1, che ne ampliano addirittura la portata applicativa, invadono la sfera di competenza esclusiva riservata allo Stato, ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lett. s), della Costituzione, e pregiudicano l’interesse costituzionale alla tutela del paesaggio, di cui all’articolo 9 della Costituzione, che, come rilevato dalla Corte costituzionale, costituisce valore primario e assoluto (sentenza n. 367 del 2007).
Le cennate disposizioni regionali contrastano infatti con la scelta del legislatore statale di rimettere alla pianificazione la disciplina d’uso dei beni paesaggistici (c.d. vestizione dei vincoli) ai fini dell’autorizzazione degli interventi, come esplicitata negli articoli 135, 143 e 145 del Codice dei beni culturale e del paesaggio, costituenti norme interposte rispetto al parametro costituzionale di cui agli articoli 9 e 117, secondo comma, lett. s), della Costituzione.
Al riguardo, occorre tenere presente che la parte III del Codice dei beni culturali e del paesaggio delinea un sistema organico di tutela paesaggistica, inserendo i tradizionali strumenti del provvedimento impositivo del vincolo e dell’autorizzazione paesaggistica nel quadro della pianificazione paesaggistica del territorio, che deve essere elaborata concordemente da Stato e Regione. Tale pianificazione concordata prevede, per ciascuna area tutelata, le cd. prescrizioni d’uso (e cioè i criteri di gestione del vincolo, volti a orientare la fase autorizzatoria) e stabilisce la tipologia delle trasformazioni compatibili e di quelle vietate, nonché le condizioni delle eventuali trasformazioni.
Il legislatore nazionale, nell’esercizio della potestà legislativa esclusiva in materia, ha assegnato dunque al Piano paesaggistico una posizione di assoluta preminenza nel contesto della pianificazione territoriale. Gli articoli 143, comma 9, e 145, comma 3, del Codice di settore sanciscono infatti l’inderogabilità delle previsioni del predetto strumento da parte di piani, programmi e progetti nazionali o regionali di sviluppo economico e la loro cogenza rispetto agli strumenti urbanistici, nonché l’immediata prevalenza del piano paesaggistico su ogni altro atto della pianificazione territoriale e urbanistica (cfr. Corte cost. n. 180 del 2008).
Si tratta di una scelta di principio la cui validità e importanza è già stata affermata più volte dalla Corte costituzionale, in occasione dell’impugnazione di leggi regionali che intendevano mantenere uno spazio decisionale autonomo agli strumenti di pianificazione dei Comuni e delle Regioni, eludendo la necessaria condivisione delle scelte attraverso uno strumento di pianificazione sovracomunale, definito d’intesa tra lo Stato e la Regione. La Corte ha, infatti, affermato l’esistenza di un vero e proprio obbligo, costituente un principio inderogabile della legislazione statale, di elaborazione congiunta del piano paesaggistico, con riferimento ai beni vincolati (Corte cost. n. 86 del 2019) e ha rimarcato che l’impronta unitaria della pianificazione paesaggistica “è assunta a valore imprescindibile, non derogabile dal legislatore regionale in quanto espressione di un intervento teso a stabilire una metodologia uniforme nel rispetto della legislazione di tutela dei beni culturali e paesaggistici sull’intero territorio nazionale” (Corte cost., n. 182 del 2006; cfr. anche la sentenza n. 272 del 2009).
Questo profilo di illegittimità non viene meno per il fatto che la legge regionale n. 21 del 2010 comunque prevede delle eccezioni all’applicabilità della stessa (art. 6), alcune di queste peraltro meramente facoltative (cfr., in particolare, art. 6, comma 8). E ciò, in quanto, a essere compromessa è la necessità imprescindibile di una valutazione complessiva della trasformazione del contesto tutelato, quale dovrebbe avvenire nell’ambito del Piano paesaggistico, adottato previa intesa con lo Stato.
2) Gli artt. 2, 3, commi 1 e 3 e 4, commi 1 e 2, lett. b), della legge regionale n. 10 del 2020, si pongono altresì in contrasto con il principio costituzionale di leale collaborazione, in quanto costituiscono il frutto di una scelta assunta unilateralmente dalla Regione, al di fuori del percorso condiviso con lo Stato che, come innanzi detto, ha condotto all’adozione del QTRP.
Va ricordato al riguardo che, secondo l’insegnamento della Corte costituzionale, il principio di leale collaborazione “deve presiedere a tutti i rapporti che intercorrono tra Stato e Regioni”, atteso che “la sua elasticità e la sua adattabilità lo rendono particolarmente idoneo a regolare in modo dinamico i rapporti in questione, attenuando i dualismi ed evitando eccessivi irrigidimenti” (così in particolare, tra le tante, Corte cost. n. 31 del 2006). In particolare, la Corte ha chiarito che “Il principio di leale collaborazione, anche in una accezione minimale, impone alle parti che sottoscrivono un accordo ufficiale in una sede istituzionale di tener fede ad un impegno assunto” (così ancora la sentenza richiamata).
La scelta della Regione Calabria di assumere iniziative unilaterali e reiterate, al di fuori del percorso di collaborazione già proficuamente avviato con lo Stato, si pone, pertanto, in contrasto anche con il predetto principio.
3) Le citate norme regionali comportano, infine, un generale abbassamento del livello di tutela contrastando anche con l’art. 9 della Costituzione, ai sensi del quale il paesaggio rappresenta valore primario e assoluto (sentenza n. 367 del 2007).
Per questi motivi la legge regionale, limitatamente alle norme indicate, deve essere impugnata ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione.
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