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Disposizioni finanziarie per la redazione del Bilancio di previsione finanziario 2021-2023 della Regione Abruzzo (Legge di stabilità regionale 2021). (20-1-2021)
Abruzzo
Legge n.1 del 20-1-2021
n.16 del 22-1-2021
Politiche economiche e finanziarie
19-3-2021 /
Impugnata
La legge Abruzzo n. 1/2021, è la Legge di stabilità regionale 2021, recante “Disposizioni finanziarie per la redazione del Bilancio di previsione finanziario 2021 - 2023 della Regione Abruzzo” e che manifesta i seguenti profili di incostituzionalità.
L’articolo 19, comma 36 della legge in esame, rubricato “Attuazione del principio di leale collaborazione, modifiche alle leggi regionali, proroga di termini previsti da disposizioni legislative e ulteriori disposizioni urgenti”, prevede testualmente che “Nell'ambito del demanio marittimo regionale con finalità turistico-ricreative e nei lidi e spiagge destinati alla balneazione è consentita, esclusivamente per uso domestico o personale e senza scopo di lucro, la raccolta di tronchi e masse legnose spiaggiati e ivi depositati dalle mareggiate invernali. La raccolta può essere effettuata dal 15 ottobre al 31 marzo, nei giorni feriali, dalle ore 8.00 alle ore 17.00. La raccolta del materiale legnoso è vietata nelle aree del demanio marittimo tutelate o vincolate ai sensi della disciplina nazionale e regionale in materia ambientale e paesaggistica, quali parchi, riserve marine, SIC, biotopi, foce dei fiumi e zone di dimora di fauna e flora protetta. Con Ordinanza da emanarsi entro il 15 ottobre, i comuni costieri possono individuare aree vietate alla raccolta del materiale legnoso. Resta ferma a carico di chi effettua le operazioni di prelievo la responsabilità, anche verso terzi, della raccolta e trasporto del materiale legnoso”.
Premesso che con tale previsione normativa la Regione, per finalità destinate a favorire la balneazione e la frequentazione per scopi turistico-ricreativi delle spiagge e degli arenili demaniali, regolamenta in modo dettagliato, anche mediante orari, calendario e luoghi di esecuzione, la raccolta del materiale legnoso spiaggiato a seguito di fenomeni meteorologici, concedendone la libera raccolta.
Al fine di cogliere i motivi che ne giustificano l’impugnativa, si impone una preliminare ricostruzione delle previsioni legislative statali suscettibili di assumere in materia la valenza di parametri interposti.
L’art. 183, comma 1, lettera b-ter), del d.lgs. 152/2006, al punto 4, stabilisce che nella classificazione di rifiuti urbani rientrano “i rifiuti di qualunque natura o provenienza, giacenti sulle strade ed aree pubbliche o sulle strade ed aree private comunque soggette ad uso pubblico o sulle spiagge marittime e lacuali e sulle rive dei corsi d'acqua”.
Il medesimo art. 183, comma 1, alla lettera n), del d.lgs. 152/2006, in merito alla definizione delle operazioni di gestione dei rifiuti stabilisce che costituiscono attività di gestione dei rifiuti “la raccolta, il trasporto, il recupero, compresa la cernita, e lo smaltimento dei rifiuti, compresi la supervisione di tali operazioni e gli interventi successivi alla chiusura dei siti di smaltimento, nonché le operazioni effettuate in qualità di commerciante o intermediari. Non costituiscono attività di gestione dei rifiuti le operazioni di prelievo, raggruppamento, selezione e deposito preliminari alla raccolta di materiali o sostanze naturali derivanti da eventi atmosferici o meteorici, ivi incluse mareggiate e piene, anche ove frammisti ad altri materiali di origine antropica effettuate, nel tempo tecnico strettamente necessario, presso il medesimo sito nel quale detti eventi li hanno depositati”.
Infine, riguardo alle possibili esclusioni del materiale legnoso dalla disciplina sui rifiuti, si richiama quanto contenuto nell’art.185, comma 1, lettera f) del più volte citato decreto, che, per i materiali legnosi, stabilisce di escludere “…. paglia e altro materiale agricolo o forestale naturale non pericoloso quali, a titolo esemplificativo e non esaustivo, gli sfalci e le potature effettuati nell’ambito delle buone pratiche colturali, utilizzati in agricoltura, nella silvicoltura o per la produzione di energia da tale biomassa, anche al di fuori del luogo di produzione ovvero con cessione a terzi, mediante processi o metodi che non danneggiano l’ambiente né mettono in pericolo la salute umana”.
L’attività appena descritta sembra dunque potersi configurare, sostanzialmente, come attività connessa alla pulizia degli arenili e, pertanto, la disposizione regionale - nella misura in cui esclude i materiali legnosi dalla applicazione della disciplina sui rifiuti quando prelevati dal luogo ove gli eventi naturali li hanno depositati - si pone in contrasto con l’anzidetta normativa statale disciplinante la materia de qua.
La stessa, difatti, non prevede eccezioni riguardo l’origine o la provenienza del materiale che si rinviene sulle spiagge marine, lacuali o sulle rive dei corsi d’acqua quando dalle stesse viene prelevato per finalità di pulizia degli arenili. Le uniche deroghe ammesse riguardano, esclusivamente, le operazioni preliminari svolte sull’arenile, in tempi tecnici contenuti, per separare le diverse frazioni merceologiche dei materiali spiaggiati, preliminarmente alla loro raccolta. Né, in ragione di quanto posto in rilievo, sono da ritenersi applicabili al caso di specie oggetto di specifica previsione normativa le esclusioni previste dal summenzionato art. 185 del decreto legislativo n. 152 del 2006.
Delineato, dunque, il contrasto delle citate previsioni regionali con i relativi parametri statali interposti in materia, si evidenzia che il Giudice delle Leggi nell’affermare che l’ambiente sia una materia “trasversale” – ovvero afferente più livelli di tutela – non ha mancato di ricordare che spettano comunque “allo Stato le determinazioni che rispondono ad esigenze meritevoli di disciplina uniforme sull'intero territorio nazionale” (cfr., da ultimo, sentenze n. 507 e n. 54 del 2000, n. 382 del 1999, n. 273 del 1998)” (Corte Costituzionale, sent. 407/2002).
L’esistenza di uno specifico limite all’esercizio del potere normativo delle Regioni in materia ambientale è stato, altresì, ribadito dalla stessa Corte Costituzionale con la sentenza n. 378/2007, ove si legge testualmente: “La potestà di disciplinare l'ambiente nella sua interezza è stato affidato, in riferimento al riparto delle competenze tra Stato e Regioni, in via esclusiva allo Stato, dall'art. 117, comma secondo, lettera s), della Costituzione, il quale, come è noto, parla di "ambiente" in termini generali e onnicomprensivi”.
Non è da trascurare che la norma costituzionale pone accanto alla parola "ambiente" la parola "ecosistema". Ne consegue che spetta allo Stato disciplinare l'ambiente come un’entità organica, dettare cioè delle norme di tutela che hanno ad oggetto il tutto e le singole componenti considerate come parti del tutto.
Alla luce di quanto fin qui rappresentato e del quadro normativo statale in cui si colloca la fattispecie normativa de qua, la legge n. 1 del 2021 della regione Abruzzo è da ritenersi in contrasto con il parametro costituzionale di cui al secondo comma, lettera s), dell'art. 117 Cost., in quanto essa interviene in una materia, quella della «tutela dell’ambiente e dell’ecosistema», attribuita in via esclusiva alla competenza legislativa dello Stato (ex multis, Corte Cost., sentenze n. 54 del 2012, n. 244 e n. 33 del 2011, n. 331 e n. 278 del 2010, n. 61 e n. 10 del 2009), nella quale rientra la disciplina della gestione dei rifiuti (Corte Cost., sentenza n. 249 del 2009), anche quando interferisca con altri interessi e competenze, di modo che deve intendersi riservato allo Stato il potere di fissare livelli di tutela uniforme sull’intero territorio nazionale, ferma restando la competenza delle Regioni alla cura di interessi funzionalmente collegati con quelli propriamente ambientali (tra le molte, sentenze n. 67 del 2014, n. 285 del 2013, n. 54 del 2012, n. 244 del 2011, n. 225 e n. 164 del 2009 e n. 437 del 2008).
Tale disciplina, «in quanto appunto rientrante principalmente nella tutela dell’ambiente, e dunque in una materia che, per la molteplicità dei settori di intervento, assume una struttura complessa, riveste un carattere di pervasività rispetto anche alle attribuzioni regionali» (sentenza n. 249 del 2009), con la conseguenza che la disciplina statale «costituisce, anche in attuazione degli obblighi comunitari, un livello di tutela uniforme e si impone sull’intero territorio nazionale, come un limite alla disciplina che le Regioni e le Province autonome dettano in altre materie di loro competenza, per evitare che esse deroghino al livello di tutela ambientale stabilito dallo Stato, ovvero lo peggiorino» (sentenze n. 58 del 2015, n. 314 del 2009, n. 62 del 2008 e n. 378 del 2007).
Per i motivi esposti, ai sensi dell’articolo 127 Cost. si impugna dinanzi alla Corte Costituzionale la legge regionale in oggetto, limitatamente all’articolo 19, comma 36, per violazione dell’articolo 117, comma lett. s) Cost., in riferimento ai parametri statali interposti dianzi citati.
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